Il
prof. Roberto Pizzuti ci consegna il consueto curatissimo rapporto
sullo stato sociale
(http://www.editricesapienza.it/…/Pizzuti_Rapporto_2019_estr…).
Il lavoro è talmente ricco di dati e osservazioni che non è
possibile darne nemmeno una sintesi qui. Mi concentro perciò sul
tema dei fondi pensione.
Per
decenni, l’intero quadro politico, i media e ovviamente l’industria
finanziaria hanno spinto per la crescita dei fondi pensione. Tutti
tutti tutti erano a favore. Persino nella FIOM CGIL, chi si opponeva
veniva liquidato come residuato bellico, e i sindacati usavano i
delegati come promotori finanziari per piazzare i fondi. I governi
hanno varato uno sgravio fiscale dopo l’altro gettando sui
contribuenti l’onere del decollo dei fondi pensione. Nel 2007 un
geniale governo di centrosinistra fece una legge sul silenzio-assenso
per costringere i lavoratori ad aderire senza nemmeno volerlo. In
quei mesi, chi provava in assemblee o direttivi sindacali a dire che
si trattava di una porcata veniva aggredito non solo verbalmente.
Dopo
tutto questo enorme circo, in cui nulla è stato lasciato intentato
per spingere i lavoratori italiani ai fondi pensione, qual è stato
l’esito? Pizzuti lo sintetizza magistralmente. Innanzitutto non
molti hanno creduto alle sirene della finanza: “Il tasso di
adesione rispetto a tutti gli occupati che c’era nel 2007 – prima
dell’entrata in vigore del «silenzio assenso» era del 15%; dopo è
salito fino al 28,9% del 2017 che, tuttavia, si ridimensiona al 22,1%
considerando solo gli iscritti che versano i contributi. Tuttavia,
questa quota è ancora lontana dal 40% fissato come obiettivo di quel
provvedimento agevolativo” (p. 47). 4 lavoratori su 5 hanno fatto
il dito medio alla finanza. Che ingrati!
Venendo
al rendimento, i fondi hanno reso di più del TFR (in particolare
quelli negoziali il 13% in più, che poi per vent’anni significa
meno dell’1% in più annuo e solo grazie alle migliaia di miliardi
di espansione monetaria delle banche centrali dopo la crisi del
2008); spiega Pizzuti: “Tuttavia, i proventi offerti dal TFR sono
stati molto più stabili e sempre positivi cosicché il suo titolare
– non potendo scegliere l’anno del pensionamento in base
all’andamento dei mercati finanziari – non avrebbe mai rischiato
di doversi ritirare con un capitale addirittura minore ai versamenti
effettuati” (p. 48). A meno che uno non sia un giocatore
patologico, non sceglierebbe mai quel rischio a fronte di un esile e
variabilissimo rendimento…Per ottenere questi miseri e incerti
risultati, come detto frutto della politica monetaria espansiva a
livello mondiale e non certo delle capacità dei gestori, le
commissioni arrivano a incidere in alcuni casi per il 36%
dell’ipotetico capitale accumulato. Del resto, la professionalità
si paga! E la finanza ha dato decisamente prova di elevata
competenza, come si è visto nel 2008, quando ha gettato l’economia
mondiale giù da un dirupo.
È
anche interessante notare che quasi il 73% dei fondi è investito in
titoli di debito (in pratica BTP). Ossia quello che facevano i
risparmiatori italiani già 40 anni fa, solo senza pagare commissioni
a nessuno. Quindi lo stato elargisce sgravi fiscali ai fondi pensione
che lo finanziano comprandosi titoli di stato. Che marchingegno
finanziario efficiente! Faccio sconti a un mio debitore così che
possa prestarmi dei soldi! Non avrebbe molto più senso, allora, che
lo stato chiedesse soldi ai contribuenti retribuendoli? Si
risparmierebbero commissioni, sgravi fiscali, speculazioni…ma
appunto, poi dove finirebbe la finanza? Infine una prece per chi,
soprattutto tra i centrosinistri iper-moderni, ci spiegava che i
fondi pensione servivano per sviluppare la “democrazia economica”
permettendo a tutti di avere azioni: “una parte irrisoria del
patrimonio dei fondi viene impiegata in azioni di imprese italiane”
(p. 49). I cortigiani del capitale avevano come sempre torto,
difficile dire se sia peggio che fosse in buona o in mala fede.
È
facile oggi prendersi gioco della finanza e degli entusiasti dei
fondi pensione. Dopo tutto siamo reduci dalla più grande crisi
finanziaria della storia e già se ne annuncia un’altra. Ma in
effetti era facile anche ieri, nel senso che queste dinamiche erano
assolutamente prevedibili e sono state previste da chi non aveva
fette di salame (magari gentilmente offerte da banche e
assicurazioni) sugli occhi. Per fare un esempio, i marxisti lo
dicevano già nel 2009
(http://old.marxismo.net/…/nuovo-opuscolo-la-trappola-dei-fo…)
o nel 2007
(https://old.marxismo.net/…/art…/no-al-tfr-nei-fondi-pensione)
opponendosi alla legge sul silenzio assenso, e, saltando diversi
passaggi intermedi, con noiosa ripetitività già nel 1998
(https://old.marxismo.net/…/i-fondi-pensione-non-migliorano-…),
quando c’era ancora la lira e i fondi pensione erano una cosa
esotica tipo i koala.
Oggi
dopo vent’anni tutti capiscono che le pensioni integrative non
danno benefici ai lavoratori. Questo ovviamente, tolti i dirigenti
sindacali, che sono rimasti gli unici fedeli difensori della finanza.
E se qualche complottista sostiene che sono pagati da Soros, non
possiamo che far notare che Soros di finanza ci capisce e di sicuro
non farebbe investimenti così penosi. È che sono proprio così!
fedeli a un capitalismo decadente sino all’ultimo nostro centesimo.
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