giovedì 9 gennaio 2020

Vent’anni di fondi pensione - Sandor Kopacsi

Da: Sandor Kopacsi - 

Il prof. Roberto Pizzuti ci consegna il consueto curatissimo rapporto sullo stato sociale (http://www.editricesapienza.it/…/Pizzuti_Rapporto_2019_estr…). Il lavoro è talmente ricco di dati e osservazioni che non è possibile darne nemmeno una sintesi qui. Mi concentro perciò sul tema dei fondi pensione.
Per decenni, l’intero quadro politico, i media e ovviamente l’industria finanziaria hanno spinto per la crescita dei fondi pensione. Tutti tutti tutti erano a favore. Persino nella FIOM CGIL, chi si opponeva veniva liquidato come residuato bellico, e i sindacati usavano i delegati come promotori finanziari per piazzare i fondi. I governi hanno varato uno sgravio fiscale dopo l’altro gettando sui contribuenti l’onere del decollo dei fondi pensione. Nel 2007 un geniale governo di centrosinistra fece una legge sul silenzio-assenso per costringere i lavoratori ad aderire senza nemmeno volerlo. In quei mesi, chi provava in assemblee o direttivi sindacali a dire che si trattava di una porcata veniva aggredito non solo verbalmente.
Dopo tutto questo enorme circo, in cui nulla è stato lasciato intentato per spingere i lavoratori italiani ai fondi pensione, qual è stato l’esito? Pizzuti lo sintetizza magistralmente. Innanzitutto non molti hanno creduto alle sirene della finanza: “Il tasso di adesione rispetto a tutti gli occupati che c’era nel 2007 – prima dell’entrata in vigore del «silenzio assenso» era del 15%; dopo è salito fino al 28,9% del 2017 che, tuttavia, si ridimensiona al 22,1% considerando solo gli iscritti che versano i contributi. Tuttavia, questa quota è ancora lontana dal 40% fissato come obiettivo di quel provvedimento agevolativo” (p. 47). 4 lavoratori su 5 hanno fatto il dito medio alla finanza. Che ingrati!
Venendo al rendimento, i fondi hanno reso di più del TFR (in particolare quelli negoziali il 13% in più, che poi per vent’anni significa meno dell’1% in più annuo e solo grazie alle migliaia di miliardi di espansione monetaria delle banche centrali dopo la crisi del 2008); spiega Pizzuti: “Tuttavia, i proventi offerti dal TFR sono stati molto più stabili e sempre positivi cosicché il suo titolare – non potendo scegliere l’anno del pensionamento in base all’andamento dei mercati finanziari – non avrebbe mai rischiato di doversi ritirare con un capitale addirittura minore ai versamenti effettuati” (p. 48). A meno che uno non sia un giocatore patologico, non sceglierebbe mai quel rischio a fronte di un esile e variabilissimo rendimento…Per ottenere questi miseri e incerti risultati, come detto frutto della politica monetaria espansiva a livello mondiale e non certo delle capacità dei gestori, le commissioni arrivano a incidere in alcuni casi per il 36% dell’ipotetico capitale accumulato. Del resto, la professionalità si paga! E la finanza ha dato decisamente prova di elevata competenza, come si è visto nel 2008, quando ha gettato l’economia mondiale giù da un dirupo.
È anche interessante notare che quasi il 73% dei fondi è investito in titoli di debito (in pratica BTP). Ossia quello che facevano i risparmiatori italiani già 40 anni fa, solo senza pagare commissioni a nessuno. Quindi lo stato elargisce sgravi fiscali ai fondi pensione che lo finanziano comprandosi titoli di stato. Che marchingegno finanziario efficiente! Faccio sconti a un mio debitore così che possa prestarmi dei soldi! Non avrebbe molto più senso, allora, che lo stato chiedesse soldi ai contribuenti retribuendoli? Si risparmierebbero commissioni, sgravi fiscali, speculazioni…ma appunto, poi dove finirebbe la finanza? Infine una prece per chi, soprattutto tra i centrosinistri iper-moderni, ci spiegava che i fondi pensione servivano per sviluppare la “democrazia economica” permettendo a tutti di avere azioni: “una parte irrisoria del patrimonio dei fondi viene impiegata in azioni di imprese italiane” (p. 49). I cortigiani del capitale avevano come sempre torto, difficile dire se sia peggio che fosse in buona o in mala fede.
È facile oggi prendersi gioco della finanza e degli entusiasti dei fondi pensione. Dopo tutto siamo reduci dalla più grande crisi finanziaria della storia e già se ne annuncia un’altra. Ma in effetti era facile anche ieri, nel senso che queste dinamiche erano assolutamente prevedibili e sono state previste da chi non aveva fette di salame (magari gentilmente offerte da banche e assicurazioni) sugli occhi. Per fare un esempio, i marxisti lo dicevano già nel 2009 (http://old.marxismo.net/…/nuovo-opuscolo-la-trappola-dei-fo…) o nel 2007 (https://old.marxismo.net/…/art…/no-al-tfr-nei-fondi-pensione) opponendosi alla legge sul silenzio assenso, e, saltando diversi passaggi intermedi, con noiosa ripetitività già nel 1998 (https://old.marxismo.net/…/i-fondi-pensione-non-migliorano-…), quando c’era ancora la lira e i fondi pensione erano una cosa esotica tipo i koala.
Oggi dopo vent’anni tutti capiscono che le pensioni integrative non danno benefici ai lavoratori. Questo ovviamente, tolti i dirigenti sindacali, che sono rimasti gli unici fedeli difensori della finanza. E se qualche complottista sostiene che sono pagati da Soros, non possiamo che far notare che Soros di finanza ci capisce e di sicuro non farebbe investimenti così penosi. È che sono proprio così! fedeli a un capitalismo decadente sino all’ultimo nostro centesimo. 

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