*Da “L’Ernesto”,
N. 3 Settembre/Ottobre 2005
**Hans_Heinz_Holz (26 2 1927 – 11
12-2011), intellettuale
tedesco, saggista, fra i massimi pensatori marxisti europei.
Professore Emerito di Filosofia presso l’Università di Groningen,
Olanda.
Traduzione a cura di
Stefano Garroni, primo ricercatore di Filosofia del CNR di Roma,
traduttore di gran parte delle opere di H.H. Holz in Italia.
Il punto di vista
critico del filosofo marxista tedesco Hans Heinz Holz, in merito al
progetto tedesco “di sinistra” alternativa alla SPD,
La fondazione di un
partito di sinistra (Linkspartei), che potesse raggiungere anche il
numero di suffragi per essere rappresentato al Bundestag (parlamento
federale) ha fatto nascere euforiche aspettative negli ambienti
tedeschi, critici del sistema.
Nel periodo del cancellierato di G.
Schroeder, la Spd si era comportata, in politica interna, come
esecutrice degli interessi del grande capitale e, in politica estera,
come sostenitrice di un attivo imperialismo germanico-europeo. Già
da anni, in effetti, la politica socialdemocratica si era andata
distinguendo solo per sfumature da quella della Cdu. Contro il ruolo
guida degli Usa, i quali nel periodo della “guerra fredda”
avevano operato, nell’interesse della borghesia europea, per
ricacciare indietro l’Unione Sovietica, dopo il 1990 l’Unione
Europea – dominata da Francia e Germania – aveva maturato l’idea
di una propria posizione di dominio mondiale: iniziò così la lotta
per la conquista del mercato mondiale, in cui dovunque – perfino
nel loro “cortile di casa” latino-americano – gli Usa andavano
perdendo terreno.
Gli Usa reagirono, usando il pretesto della lotta
al terrorismo, con una politica mirante all’impossessarsi delle
fonti energetiche mediorientali e dell’Asia centrale. La Germania e
la Francia, che non possono accettare il monopolio statunitense sulle
fonti energetiche – perché significherebbe accettare, anche, la
loro riduzione a potenze di secondo rango – si contrapposero
all’escalation militaristica. La guerra contro l’Iraq rese chiaro
che gli Usa erano pronti a perseguire l’obiettivo della loro
egemonia anche ricorrendo a mezzi militari, nel caso anche contro
propri alleati. La concorrenza intercapitalistica entrava in
contraddizione con il complessivo interesse capitalistico allo sfruttamento. Questa contraddizione, che nasce da una coesistenza
solidale ma anche da rivalità inter-monopolistiche, determina oggi –
anche se in modo non apparente e complesso – la situazione politica
mondiale.
Già a partire dagli
anni novanta, esistevano negli Usa e in Europa dei piani diretti non
più al solo controllo dei Paesi sfruttati, ma anche
all’intimidazione delle grandi potenze imperialistiche loro
concorrenti.
Questa strategia diretta a conquistare le chances di massimo profitto per il capitale, doveva comportare limitazioni agli impegni dello Stato. Venne introdotta una radicale politica di risparmio (politica che non ha ancora raggiunto i suoi massimi livelli), la quale riguardava prima di tutto gli impegni sociali a livello comunale, dei Lander, e federale, particolarmente rispetto all’educazione, alla cultura e alla sanità pubblica.
La socialdemocrazia
– che fino ad ora ha potuto contare sulla tradizionale lealtà dei
sindacati – è divenuta lo strumento politico appropriato a portare
avanti questo nuovo corso di politica interna, così ricca di
conflitti, dell’imperialismo tedesco. Su questa linea si è
costituita una Grosse Koalition tra Spd e Cdu – il che dimostra
quanto i meccanismi del sistema parlamentare funzionino nel senso
voluto dagli interessi del grande capitale.
Per anni,
sindacalisti e cittadini della sinistra liberale si sono limitati al
ruolo di spettatori della revoca dei diritti sociali e della
costruzione di un potere autoritario, con indignazione ma senza
opporre resistenza. Nel 2005 fece la sua comparsa una sdegnata
minoranza, che lasciò il partito socialdemocratico e
l’organizzazione dei Verdi, la quale si mosse nella prospettiva di
formare un nuovo raggruppamento socialdemocratico di sinistra.
Il colpo di forza
politico, operato da Schroeder, di anticipare le elezioni federali,
costrinse questo gruppo all’alleanza elettorale con la Pds,
attraverso la costruzione – in vista appunto della battaglia
elettorale – di un nuovo partito (la Linkspartei), le cui
componenti però non costituiscono assolutamente un tutto omogeneo.
Gli interessi dei
tedeschi dell’est e dell’ovest non sono assolutamente gli stessi
– come dimostra con chiarezza la differenza nella ripartizione del
reddito nazionale: ad esempio, il valore medio del reddito per
abitante, nei Lander tedesco-occidentali, sta fra i 23.000 e i 30.000
euro l’anno, mentre nei Lander della Germania orientale si colloca
tra i 17.000 e i 18.000 euro. La percentuale di disoccupazione nella
Germania orientale sta tra il 17 e il 20%, mentre in quella
occidentale oscilla tra il 6 e il 10%. I motivi, di cui si nutre
l’opposizione ai partiti esistenti, hanno fonti diverse nelle due
parti della Germania.
Significa questo che
il nuovo partito si fregia solamente dell’appellativo “di
sinistra”? Il nome del partito non sta ad indicare nessun contenuto
programmatico, ma solo un tipo di collocazione nello spettro degli
orientamenti politici: destra e sinistra sono classificazioni entro
la cornice parlamentare; nella prima forma che il Parlamento assunse,
in Inghilterra, Tories, (ovvero i conservatori) e Whigs (ovvero i
liberali) erano rispettivamente la destra e la sinistra del
Parlamento, per la collocazione che avevano rispetto alla Presidenza
del Parlamento stesso. I primi erano per il mantenimento dei valori e
delle condizioni esistenti, gli altri, invece, erano orientati ad
introdurre cambiamenti e riforme; entrambi, nelle circostanze
determinate, prendevano decisioni pratiche rispetto agli interessi
degli strati sociali, da loro rappresentati. E lo stesso avviene
ancor oggi.
La Cdu si richiama
si ai valori del sistema sociale cristiano, tuttavia opera
nell’interesse del capitale; ed un politico scaltro, come Heiner
Geissler, quando non ha più un ruolo pubblico, mostra un’inquieta
meraviglia se fa esperienza della contraddizione tra ideologia e
prassi.
Destra e sinistra è
una differenziazione che sta ad indicare due frazioni, interne ad uno
stesso sistema di potere, caratterizzato da contraddizioni e
compromessi – e con ragione in Inghilterra il partito, che non sta
al governo, viene chiamato “l’opposizione di sua maestà”:
all’interno del sistema di potere, le due frazioni si ricompongono
in unità ad opera del Trono.
Più tardi si
aggiunsero i rappresentanti dei partiti della classe lavoratrice, che
andava crescendo e sviluppandosi: in Inghilterra il Labour Party, sul
Continente i Socialdemocratici. Gruppi sociali tra loro in
concorrenza si organizzarono in partiti diversi. Coloro i quali si
orientavano con maggior decisione verso cambiamenti e riforme, si
collocarono nel lato sinistro del Parlamento.
La funzione delle
due diverse collocazioni, di render chiara la differenza tra funzione
governativa e di opposizione, tese a sfumarsi; i concetti assunsero
una colorazione “filosofica” (weltanschauliche Farbung), nel
senso che “sinistra” assunse il significato della direzione verso
cui il cuore batte e “destra”, invece, il luogo in cui si colloca
il giusto ordine. Ma va detto che questo spostamento di significato è
ingannevole: nei fatti, restano i segni dell’unità
dell’ordinamento parlamentare, il cui scopo è appianare i
conflitti entro i margini del sistema.
I cadetti erano la
destra, i menscevichi erano la sinistra, ma i bolscevichi si
collocavano fuori di questo schema. Sinistro in quanto di sinistra
non è un luogo logico, ma solo un luogo appartenente alla
realpolitik. Da questo punto di vista, la “sinistra” è parte
funzionale della stabilizzazione del sistema.
Quanto detto basta a
comprendere il ruolo della Linkspartei in Germania e della cosiddetta
Sinistra europea nell’Unione europea. La “sinistra” occupa un
posto nel sistema, che i socialdemocratici non hanno mai occupato: il
posto di chi auspica un capitalismo “dal volto umano”, ovvero di
chi sogna la possibilità di varianti “sociali” della politica di
aggressione verso l’esterno ed, all’interno, di sfruttamento.
Una “sinistra”,
che considera propria funzione principale svolgere il ruolo
dell’opposizione parlamentare, non è altro se non uno strumento
propagandistico di pacificazione, che dà l’illusione di poter
curare una malattia, che di fatto diviene sempre più grave.
Naturalmente è del
tutto significativo il fatto di costruire una piattaforma
parlamentare, da cui si possano ricavare alternative alla società
capitalistica. Ora non si dovrebbe dare l’illusione che la presenza
in Parlamento possa essere anch’essa, una via per il cambiamento
politico del sistema. Nelle società borghesi, i Parlamenti sono loro
organi, non il terreno di scontri rivoluzionari.
Gli architetti e i
capitani della Linkspartei non hanno compreso l’impossibilità di
togliere le deficienze del sistema capitalistico restando all’interno
del sistema, dato che queste deficienze sono inseparabili dalle leggi
di autoconservazione dello stesso sistema.
Chi accetta
l’accumulazione del capitale quale forza trainante la vita sociale,
non può impedire il verificarsi della disuguaglianza, dello
sfruttamento, dell’impoverimento e dell’oppressione.
Al posto del
capitalismo, deve comparire un altro ordinamento economico, che sia
in grado di utilizzare in maniera sensata la ricchezza sociale. La
Spd ha tolto il socialismo dal suo programma e si mantiene nei limiti
dell’ideologia della giustizia sociale, dei diritti umani, della
libertà, che resta priva di una concezione dell’ordinamento
politico-economico della società.
Certamente comunisti
e riformatori sociali d’ispirazione cristiana possono riconoscersi,
entrambi, in certe finalità etiche; ma gli strumenti e gli obiettivi
per la realizzazione di quelle finalità richiedono concrete
strategie politiche.
I problemi della
proprietà degli strumenti di produzione e del potere politico nello
Stato non si pongono più sul piano puramente etico, ma su quello dei
rapporti di forza tra le classi, senonchè la Linkspartei non pone
più tale problema, dato che lo dissolve in una critica del tutto
nebulosa del neoliberalismo.
Un partito, che
voglia contrapporsi al monopolio del potere della classe dominante,
ha bisogno di disegnare il profilo di un nuovo mondo, che sia capace
di portare le masse alla mobilitazione. Il titolo della rivista
teorica della Spd è un promettente Utopia creativa; il fatto, però,
è che nella politica del partito non si coglie né una visione
utopistica, né una creatività innovativa. Al contrario, l’attività
del partito si svolge lungo i binari abituali, fino al prender parte
a coalizioni di governo, nelle quali esso è costretto ad assumersi
la responsabilità di atteggiamenti politici, che pure,
precedentemente, aveva criticato.
Il contenuto
emozionale, che è legato al termine di sinistra (là dove conduce il
cuore), si risolve nel marchio di un partito d’opposizione interno
al sistema.
Gregor Gysi ha detto
che sinistra è un nome “bello e ricco di pretese”. Ma, si
potrebbe dire con Goethe, il nome è, di per sé, qualcosa di
insignificante.
Ciò che Gysi
intende con sinistra è ancora meno chiaro che in Oskar Lafontaine,
il quale con questo termine pensa ad un tipo di politica economica
neo-keynesiana. Ciò che effettivamente era la socialdemocrazia,
prima della questione dei crediti di guerra del 1914, realmente
appartiene ad un secolo fa ed è per questo che trova spazio una
sinistra della sinistra, i comunisti, cosa che Lenin, Liebnecht e la
Luxemburg non persero mai di vista: sinistra della sinistra che è
formata da coloro i quali non si lasciano incantare dal termine
sinistra.
Nel 1963 si
trovarono insieme, per iniziativa dello scrittore e redattore
radiofonico tedesco-occidentale Horst Kruger, dodici autori, i quali
risposero alla domanda che cos’è oggi la “sinistra”? Tra
questi, il liberale Ralf Dahrendorf (nobilitato in Gran Bretagna con
l’appellativo di sir) dichiarò che quel nome - sinistra – era
ormai inattuale (unzeitgemass) per il fatto di essere
tradizionalmente connesso alla questione sociale, la quale nella
Germania Federale era ormai un fenomeno marginale, dunque riduceva il
suo significato alle questioni “dei profughi e del loro
inserimento, della riqualificazione di coloro i quali avevano perso
il lavoro a causa dello sviluppo tecnologico e dell’impegno a
favore degli anziani e della loro solitudine”.
Oggi, con una media
del 12% di disoccupazione a livello federale, con il taglio delle
pensioni e con il prolungamento dei tempi di lavoro, questa maniera
liberale di vedere il mondo non è più tanto cinica, quanto
piuttosto comica.
Wolfgang Abendroth
assunse una posizione del tutto contraria: di sinistra sono coloro i
quali vogliono portare i rapporti di produzione al livello dello
sviluppo delle forze produttive. “Per la prima volta nella storia
dell’uomo (si dà) la possibilità che la società garantisca la
libertà dal bisogno e dalla privazione,… a patto che
l’orientamento a favorire il profitto privato dei proprietari di
capitale venga abbandonato in nome di una redditività economica,
orientata al benessere comune”.
Ciò è vero anche
oggi. Ma dove troviamo noi negli attuali partiti di sinistra –
tedeschi o europei che siano – anche solo un accenno a tutto
questo?
Sara Wagenknecht,
che certamente è una critica della politica di resa all’esistente
(Anpassung) della Pds, ne ha difeso l’esistenza: “la Pds è
l’unica forza politica, che viene dalla Ddr e che sopravvive nello
spettro dei partiti della Germania federale. Per quanto veementemente
i rappresentanti della Pds neghino questa eredità e tradizione, il
partito in quanto tale, nonostante tutto, ha rappresentato per lunghi
anni una reale alternativa anticapitalistica” (Junge Welt,
n.161-2005). Che la dirigenza della Pds si sottragga a ciò è una
faccia della medaglia, ma l’altra faccia è che per i suoi
militanti e i suoi stessi elettori il partito ha questa funzione
simbolica: questo è un aspetto della realtà tedesca, che i
conquistatori occidentali della Ddr intendono assolutamente
rimuovere. Quanto a Lothar Bisky – il cui atteggiamento politico è
socialdemocratico e disponibile ai compromessi – a cui per tre
volte è stata negata la vicepresidenza del Parlamento federale, va
detto che tale rifiuto non era diretto all’uomo o al dirigente
politico ma, piuttosto, era volto a dimostrare che la possibilità di
integrarsi nel sistema restava vietata agli esponenti di un partito –
la Pds – che era legato al ricordo della Ddr; e questa maggioranza
doveva far capire ad una dirigenza di partito, disposta alla
cooperazione anche a costo di auto-distruggersi, che da essa ci si
attendeva una capitolazione incondizionata. Già nel 2002, André
Brie aveva indicato come obiettivo finale, per la Pds, “di
governare questo paese insieme alla Spd”. E per Gregor Gysi era
necessaria “solo per un certo periodo, l’esistenza di una forza a
sinistra della Spd” (Stern, n.1-2005).
No, la Linkspartei
non è la sinistra tedesca, se con il termine sinistra si intende una
forza politica orientata al mutamento del sistema.
La Linkspartei è
uno strumento per raccogliere l’insoddisfazione, che è in continua
crescita, nei confronti delle condizioni politiche e sociali; è il
canale istituzionale, nel quale indirizzare l’irrequietezza dei
movimenti sociali; la Linkspartei serve come freno delle attività
extraparlamentari, quando la classe dirigente sa molto bene che i
cambiamenti del potere politico non avvengono in Parlamento, ma nelle
piazze.
In tempi di
congiuntura favorevole e come segno del sistema di concorrenza con il
socialismo in sviluppo, in Europa occidentale il capitale poteva e
doveva assicurarsi condizioni sociali che riuscissero a nascondere le
contraddizioni di classe. Nel periodo del “miracolo economico”
tedesco, il problema del potere e della proprietà non si
presentavano più alla luce del sole e la strategia riformistica
sembrava trovare un riscontro nella realtà.
Con il
capovolgimento politico mondiale del 1990 tutto divenne
improvvisamente diverso. Il capitalismo si mostrò di nuovo in tutto
il suo spietato disprezzo per l’umanità. Nel 1963, nel già citato
volume collettaneo Cos’è oggi la sinistra? scrissi dell’
“occultata lotta di classe”: “occupazione del potere politico
da appartenenti alla classe dominante, privilegi culturali, giustizia
di classe, manipolazione delle coscienze, snaturamento della sfera
privata sono tutti indizi di quale sia la forma di dominio nella
società di classe”. Oggi bisognerebbe parlare, anche, della
crescente distruzione ambientale. Se allora il dominio di classe si
diffondeva mediante la crescita generalizzata del benessere, oggi,
invece, quel dominio si esercita di nuovo senza nessuna copertura o
mascheramento e gli interessi delle masse non possono esser difesi da
una Linkspartei, perché pretendono invece la ripresa della lotta di
classe.
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