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venerdì 7 marzo 2025

Unione Europea, impresa di morte - Luca Cangemi

Da: https://www.kulturjam.it - Luca Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

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Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi 


“RearmEurope” – un nome agghiacciante, evocativo degli anni Trenta – è il piano criminale presentato da Ursula von der Leyen, che trasforma definitivamente l’Unione Europea in un’impresa di guerra e devastazione sociale. 


RearmEurope, impresa di morte

Il nuovo compito dell’UE, intrecciato a quello consueto di promuovere e imporre il mercato e le privatizzazioni, è ora l’orientamento verso la guerra, in particolare la costruzione di armamenti, destinandovi enormi risorse finanziarie, industriali e tecnologiche, che devono essere sottratte – lo si afferma esplicitamente – alla vita civile. Questa scelta comporta un ulteriore e accelerato ridimensionamento delle garanzie che furono proprie del cosiddetto modello sociale europeo.

Si tratta di una svolta dura e impressionante, soprattutto per l’entità delle risorse finanziarie annunciate dalla presidente della Commissione europea. Tuttavia, non possiamo considerarla una sorpresa assoluta. Storicamente, e nonostante le sciocchezze spesso riportate nei documenti del PD, lo stato sociale in Europa è stato costruito nell’ambito degli Stati e sotto la spinta delle lotte popolari.

Al contrario, le istituzioni europee – prima la CEE, poi, con maggiore capacità di condizionamento, l’UE e la BCE – hanno sempre agito come guardiani del mercato, imponendo politiche economiche neoliberiste e persino norme costituzionali, con esiti regressivi spesso tragici, come in Grecia, e sempre estremamente pesanti.

Sul piano militare, dopo il fallimento della Comunità Europea di Difesa negli anni ’50 (una vicenda storica su cui varrebbe la pena tornare), il protagonismo “europeista” è rimasto sottotraccia.

Tuttavia, non bisogna dimenticare che, negli ultimi trent’anni, NATO e Unione Europea hanno proceduto congiuntamente nell’espansione verso Est e, in particolare, negli ultimi tre anni, le istituzioni continentali – basti pensare ai deliri messi in scena al Parlamento Europeo – sono diventate le roccaforti della retorica bellicista e hanno iniziato a sperimentare soluzioni di finanza di guerra.

Ora, von der Leyen tenta una forzatura nel bel mezzo della crisi nei rapporti atlantici, esplosa con le iniziative di Trump, in particolare sulla questione ucraina. Attenzione: è fondamentale interpretare correttamente la situazione e non vedere nel riarmo europeo un possibile strumento di autonomia dell’Europa rispetto agli USA, come fanno tante anime belle.

Il riarmo promosso da von der Leyen, esplicitamente orientato in senso anti-russo, esprime in realtà la volontà di ricompattare l’Occidente, in continuità con l’ideologia diffusa a piene mani negli ultimi anni. Certo, nelle profondità di alcuni settori delle classi dirigenti europee – in particolare inglesi e francesi – permane un (stanco) riflesso imperiale, ma manca completamente una visione strategica di un nuovo sistema multipolare, in cui un’Europa capace di un ruolo autonomo possa essere protagonista.

Anzi, come non vedere che l’aumento della spesa militare europea corrisponde esattamente alla prima richiesta di Trump? Inevitabilmente, questo rappresenta un enorme finanziamento per l’industria militare americana, da cui verrà acquistata gran parte dei sistemi d’arma, rafforzando così la stabilità economica e sociale interna degli Stati Uniti, un aspetto di cui non si valuta mai abbastanza la centralità.

Il senso profondo di questo europeismo bellicista è dunque la ricostruzione e ricontrattazione dei legami atlantici. Sul piano interno, si configura come una risposta autoritaria e centralizzata alla crisi economico-sociale, particolarmente acuta in Germania. Non a caso, gli ultimi due dei cinque capitoli del “RearmEurope” sono dedicati alla mobilitazione del capitale privato attorno alle necessità belliche: con l’industria della morte, si cerca una via di ripresa per l’indebolita economia europea, con l’idea di plasmare l’intera società integrando nel sistema militare-industriale gli apparati produttivi, tecnologici e formativi, ma anche i meccanismi di costruzione del consenso.

È il modello israeliano. E non è un bel modello. 

martedì 9 aprile 2024

Lenin, a cento anni dalla morte -


Jutta Scherrer m.13,47 - Luciano Canfora m.36,02 - Rita Di Leo m.50,57 - 
Etienne Balibar m.1,09,25 - Luciana Castellina m.1,34,13 - 
Giacomo Marramao m.2,03,41 - Stefano G. Azzarà m.2,24,51 -

                                                                          


lunedì 11 luglio 2022

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi

 Da: https://agoraxxisecolo.blogspot.com - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano.

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L’ALTERNANZA SCUOLA-LAVORO NEL PROCESSO DI RISTRUTTURAZIONE DEL CAPITALISMO ITALIANO - Franceco Spedicato

Le «competenze cognitive» che snaturano la scuola - Ernesto Galli della Loggia

Scuola, non mercato - Teachers For Future Italia

Vedi anche: Però c’è un problema... - Emiliano Brancaccio 

Alessandro Barbero s'infiamma contro la "Buona Scuola"

Critica economica della riforma della scuola - Emiliano Brancaccio 

"Avete reso l'Università un'azienda...". Il discorso di tre neodiplomate alla Scuola Normale di Pisa 


Studi, ministro, studi…. il grido (inascoltato) di Romano Luperini, uno dei maggiori studiosi della Letteratura Italiana , dopo un’altra manifestazione d’approssimazione del ministero dell’istruzione (in questo caso la “traccia” su Verga alla maturità), stigmatizza significativamente un’atmosfera cialtronesca e confusa che avvolge il dicastero guidato da Patrizio Bianchi. Impossibile citare tutto: dal disastro culturale e organizzativo dei concorsi alle mille inadempienze anche gravissime, basti pensare alle questioni della sicurezza (e non solo rispetto al Covid …). E poi un’insopportabile e quotidiana pratica della menzogna propagandistica su ogni capitolo della vita della scuola; tanto per dirne una ancora aspettiamo le scuse per l’annuncio settembrino “tutte le cattedre sono coperte” dopo un anno scolastico tormentato dalla ricerca spasmodica di supplenti…


Questi aspetti vergognosi sono significativi di caratteristiche consolidate delle classi dirigenti italiane (anche quelle che in ogni frase pronunciano almeno tre volte la parola innovazione ...) eppure non ci devono distrarre rispetto al cuore del disegno politico che il governo Draghi sta realizzando, senza annunci, contro la scuola pubblica nel nostro paese. Un disegno coerentemente ed efficacemente reazionario.

Questo disegno era chiarissimo sin dall’insediamento di Draghi ma dopo l’inizio della guerra ha avuto una fortissima accelerazione, anche a costo di forzature istituzionali pesantissime (decreto e doppia fiducia su materie tra l’altro tipicamente contrattuali).

In che cosa consiste questo disegno? 

Sostanzialmente si tratta di portare a compimento un’organica controriforma della scuola in pista da più di due decenni ma rallentata dalla resistenza (e dalla complessità) del mondo dell’istruzione. Una controriforma delineata nei pensatoi padronali (Fondazione Agnelli, Fondazione scuola della compagnia San Paolo, Associazione TreLLLE, servizio studi di Confindustria...) che si pone tre obiettivi fondamentali : il ridimensionamento della scuola statale come parte essenziale dell’attacco al welfare residuo ma soprattutto al lavoro pubblico, una funzionalizzazione totalizzante del ruolo dell’istruzione alle esigenze del sistema delle imprese, la neutralizzazione di ogni istanza critica di quello che, con tutti i suoi limiti e le sue ferite, è lo spazio pubblico più importante del paese (che cosa è rimasto di pubblico o anche solamente di sociale in tante periferie o in tanti piccoli centri, in tutto il territorio nazionale, se non la scuola?). 

Questo disegno controriformatore ha trovato nel PNRR il suo ariete principale. Tutti i provvedimenti di intervento del mondo della scuola vengono imposti come strumentali all’utilizzo dei fondi del PNRR e neanche lo scandalo dei bandi per gli asili nido ha bloccato questo meccanismo infernale, che dovrebbe suggerire un’analisi critica assai più radicale dello stesso strumento del PNRR che sta svolgendo il medesimo ruolo dei vecchi fondi di aggiustamento strutturale del FMI nell’imporre politiche neoliberali estreme. E' così nel disegno di legge sugli ITS (Istituti Tecnici Superiori, la formazione post-diploma) che appalta direttamente a imprese e fondazioni un pezzo di istruzione pubblica (persino nel reclutamento del personale!). 

E' così -soprattutto- nel decreto-legge 36/2022 (denominato appunto “Ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”), a cui si faceva riferimento prima: passano contro gli insegnanti interventi pesantissimi massacrando il contratto (senza alcun confronto con le organizzazioni sindacali e con il plauso del centrosinistra) in materie come orario di lavoro, formazione, reclutamento. Sono interventi che destrutturano e umiliano la funzione docente (basti pensare alla formazione a premi), limitano la libertà d’insegnamento, colpiscono le condizioni concrete di lavoro, prefigurano una scuola del (prossimo) futuro pronta a sfornare la manodopera flessibile e acritica che desiderano gli industriali. 

A chiarire ulteriormente il quadro Bianchi parla di “ri-addestrare” gli insegnanti. Infine, con il decreto si tagliano migliaia di cattedre, in aggiunta a quelle che il ministro (nelle pause dei congressi in cui parla di centralità dell’istruzione…) ordina ai suoi uffici di tagliare in via amministrativa, in silenzio. E così le risorse della scuola possono essere destinate alle spese militari. 

Quest’attacco alla scuola si incrocia-significativamente- nei tempi, nei contenuti e negli obiettivi con altre iniziative del governo dello stesso segno, in particolare con la proposta dell’”autonomia differenziata “ che anch’essa tende a destrutturare lo stato e in particolare ogni intervento pubblico sul piano economico-sociale e a colpire il contratto nazionale di lavoro. 

Che cosa fare di fronte a quest’attacco? Alcune risposte di mobilitazione vi sono state, nonostante il periodo conclusivo dell’anno scolastico, a febbraio avevamo assistito a un’importante ripresa di mobilitazione studentesca, in particolare sulla questione dell’alternanza scuola /lavoro (di straordinaria rilevanza anche simbolica). Tra chi lavora e studia nella scuola italiana vi sono ancora energie significative che possono dare vita, alla ripresa delle lezioni, a lotte importanti. 

Decisivo è però lo sforzo di mettere in campo un collegamento tra la difesa della scuola pubblica e una battaglia più generale contro la guerra e contro le politiche di massacro sociale. Dobbiamo lavorare a questa connessione, capace di dare profondità e respiro alla mobilitazione, di allargarne i confini e di rafforzarne l’impatto, di rompere la cappa bellicista che grava anche sul dibattito politico e sul conflitto sociale. È un compito senz’altro difficile e faticoso, ma possibile e necessario. 

lunedì 8 febbraio 2021

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi

Da: https://www.marx21.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue  


Da qualche giorno si parla nel mondo (molto meno in Italia, a parte un utile articolo di Alessandro Aresu su Limesonline) di un documento pubblicato dal “China Strategy Group” dal titolo (abbastanza eloquente), Asymmetric Competition: A Strategy for China & Technology Actionable Insights for American Leadership.

Si tratta in effetti di un testo di grandissimo interesse - sotto molti e diversi profili - che mette in fila alcune delle questioni essenziali della scena mondiale di oggi e di domani, operando proposte assai significative,

Intanto qualche parola sugli estensori del documento, le cui biografie ci illustrano, oltre ogni possibile dubbio, la caratteristica certamente non accademica del testo.

La mente del China strategy group e del documento risponde al nome di Eric Schmidt, ex CEO di Google, tra i più ascoltati guru e oligarchi del mondo digitale. E della grande famiglia di Google sono altri tra gli estensori del rapporto, a partire da Jared Cohen, attuale CEO di Jigsaw (tech incubator di Google) nonché ex consigliere di Condoleeza Rice e Hilary Clinton. Accanto poi a top manager dell’intelligenza artificiali e a nomi delle più importanti università americane (a partire da Stanford), vale, almeno, la pena di segnalare la firma di Richard Fontaine, CEO del Center for a New American Security, direttore esecutivo della Commissione Trilaterale già collaboratore della campagna presidenziale del famigerato senatore repubblicano McCain e oggi tra i personaggi più vicini a Biden.

Siamo dunque di fronte a figure di straordinaria influenza, trasversali in quanto a collocazione politica, istituzioni e aziende frequentate, rappresentanza di interessi.

giovedì 25 gennaio 2024

Il mondo di Lenin. Passaggio a Oriente - Luca Cangemi

Da: https://www.girodivite.it - Luca Antonio Cangemi Docente di Filosofia e Storia, dottore di ricerca in Scienze Politiche, fa parte della segreteria nazionale del Partito Comunista Italiano. 

Leggi anche: Lenin - Opere complete 

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)

LENIN - CENTRALITA' DELLA TEORIA (1996) - Stefano Garroni 

LENIN: LA RIFLESSIONE SUL PARTITO. UN USO DELLA DIALETTICA* - Stefano Garroni

RICERCHE MARXISTE - L’ambivalenza di Lenin - Stefano Garroni 

RICERCHE MARXISTE - Lenin: teoria, ideologia, burocrazia - Aristide Bellacicco 

RICERCHE MARXISTE - Materialismo dialettico, materialismo non dialettico - Aristide Bellacicco

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel

l concetto di «capitalismo di Stato» in Lenin - Vladimiro Giacché 

Lenin, 150 anni dopo la sua nascita - Atilio A. Boron 

Dialettica, oggettivismo e comprenetrazione degli opposti. Il pensiero di Lenin tra filosofia e politica*- Emiliano Alessandroni 

Il mito dell’imperialismo russo: in difesa dell’analisi di Lenin*- Renfrey Clarke, Roger Annis**

La luxemburg, Lenin e la democrazia. - Stefano Garroni. 14/06/2006 

Domenico Losurdo: Il fondamentalismo occidentale - Emiliano Alessandroni 

Esiste oggi un imperialismo europeo? - Domenico Losurdo

Il governo della guerra attacca la scuola - Luca Cangemi  

Un blocco imperialista digitale? - Luca Cangemi 

Vedi anche: Rivoluzione socialista e Rivoluzione anticoloniale - Domenico Losurdo 

PENSARE LA RIVOLUZIONE RUSSA* - Luciano Canfora 

Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo 

L'idea di socialismo: ritornare all'utopia o completare il percorso che conduce dall'utopia alla scienza? - Domenico Losurdo


Il discorso di Lenin sull’Oriente è anche il discorso di un nuovo, necessario, rapporto tra il movimento operaio dei paesi capitalistici dell’occidente e i popoli in lotta per la liberazione dal giogo coloniale. La Rivoluzione russa viene vista come il ponte tra queste due realtà. La sconfitta del movimento operaio e del marxismo in occidente pongono ora problemi enormi. 

Lenin è tornato, o forse non se è n’è mai andato in questo secolo trascorso dalla sua morte, anche se nell’ultimo trentennio l’abbattimento delle sue statue è stato uno sport abbastanza diffuso. Oggi qui e lì qualche statua viene ripristinata ma soprattutto in modo abbastanza improvviso (specie per i più distratti) riemerge il valore fondativo della frattura politica e, diremmo, epistemologica operata da Vladimir Ilic.

Se la cifra di questi nostri anni convulsi è il tendenziale rovesciamento della ri-colonizzazione (americana) del mondo, più nota sotto il nome di globalizzazione, e persino il tramonto del dominio occidentale sul globo (esito tutt’altro che scontato ma possibile), allora è necessario tornare a studiare l’iniziativa leniniana poi sviluppatisi lungo assai tortuosi sentieri ben oltre la fine del Secolo Breve (che sembra pretendere di diventare molto lungo) che di questi sconvolgimenti è, indiscutibilmente, la matrice. È come se attraverso la faglia leniniana prorompesse una nuova ondata di materiale storico incandescente, che non si può comprendere se non si torna alle caratteristiche originarie di quella frattura.

Che di frattura decisiva si tratti fu chiaro subito ai protagonisti di questa lunga storia. Il carattere “sconvolgente” e “costituente” delle idee di Lenin e degli atti del governo sovietico (sin dai primi giorni) sull’autodeterminazione dei popoli sono rilevati con stupore praticamente da tutti gli esponenti che da posizioni assai diversificate (a volte lontanissime da quelle dei comunisti) si pongono il tema dell’emancipazione delle nazioni costrette dagli europei alla condizione di colonie o semicolonie.

A Canton Sun Yat Sen fece chiudere i teatri per tre giorni alla notizia della morte di Lenin. È notissima la lettera che (siamo già nel 1930) Nehru scrive da una prigione inglese alla figlia Indira Gandhi indicando come memorabile l’anno di nascita della ragazzina (il 1917!) grazie all’opera di “un grande uomo”, ma valutazioni e attenzioni simili le troviamo in nazionalisti turchi, intellettuali persiani persino in qualche principe afghano con volontà di emanciparsi dal controllo inglese. Senza parlare ovviamente di coloro per cui militanza comunista e militanza anticoloniale da subito si identificarono.