giovedì 13 aprile 2017

LOCKE E DINTORNI - Stefano Garroni

*Riproduzione di alcuni passaggi tratti dalla discussione: Risposta a un testo di Eugenio Di Rienzo, Dal filosofo allintellettuale politico (11/99)
Qui l'audio dell'incontro:  https://www.youtube.com/watch?v=nCSYIPwWd9s&list=PL2FEDB228D4F2E69B&index=1



[...]buona parte della tematica di Locke è tematica in realtà pre-borghese.

[...]Questo senso del valore che è dato dal lavoro che io ho impiegato nel trasformare la materia, questo è un motivo medievale, è un motivo che trovi in Tommaso d’Aquino per esempio, e di cui Tommaso d’Aquino si serve quando scrive contro l’usura. Cioè, il giusto profitto, è quello che io ricavo dal lavoro che esercito su una materia. Ovviamente questo è in un quadro in cui la dimensione economica è ancora vista dentro una dimensione morale: non è ancora avvenuto quel fenomeno capitalistico di emancipazione dell’economico, e allora da questo punto di vista c’è un altro collegamento con il testo di Marx, proprio quando Marx sottolinea questo emergere dell’economico nella sua autonomia, nel volgersi della società capitalistica.

[...]Ma dal testo viene fuori anche un altro elemento a cui accennavamo in un’altra occasione, e cioè che succede qualche cosa di importante quando il capitalismo, da prevalentemente commerciale, diventa prevalentemente industriale, qualcosa di importante sia a livello della teoria, sia a livello, ovviamente, della vita economica quotidiana, cioè l’emergere sempre di più dell’interesse privato e la rottura della comunità. Questo ha ripercussioni a livello teorico,  come anche per esempio ha ripercussioni importanti a livello religioso, cioè processi interni in particolare al cristianesimo protestante, in cui viene più o meno accentuato l’elemento comunitario individuale del rapporto con il testo sacro. Questo pone anche una relazione importantissima con un fenomeno che Marx chiama il feticismo della merce.

[...]Chiamiamo feticismo quella situazione per cui io attribuisco un potere alla cosa, la cosa è dotata di una sorta di potere magico che agisce su di me. Per esempio gli economisti del '700 affrontano sotto questo aspetto il problema del valore: nell’opinione comune si dice che le cose hanno valore, ma questa è, in sostanza, una mentalità feticistica, è quella mentalità magica che attribuisce valore, potere, alle cose.

[...]In realtà, la lotta contro questo mondo magico, incantato, deve portarci, a livello economico, per esempio a concepire, a renderci conto che il valore delle cose è una decisione dell’uomo, il valore delle cose è l’apprezzamento che l’uomo da alla cosa, quindi tu vedi proprio il meccanismo analogo alla lotta del protestante contro il cattolico: cioè non ha valore in sé il detto del dio. Il problema è quello di cogliere invece la consonanza con il soggetto, quindi emerge il soggetto come elemento giudicante: la fonte del valore è il soggetto, anche del valore economico. E’ interessante che la critica al feticismo in questo senso la trovi in Marx, con un esito diverso da questa soggettivizzazione.


[...]C’è un altro elemento, che forse per noi è importante, e cioè, per Locke, nella condizione naturale, gli uomini vivono, lui dice, in commonwealth, cioè la condizione naturale non è quella dell’individuo separato, ma è una comunità, gli uomini vivono in comunità, lavorano, si appropriano del risultato del loro lavoro e non c’è conflitto, non c’è lotta: tutto è retto da una ragione naturale, che è quella che fonda questa naturale comunità. Lui usa proprio il termine collective commonwealth. Questo è interessante perché è un modo di concepire lo stato di natura diverso da quello di altri illuministi, in cui verrà invece sottolineato che nello stato di natura l’individuo si scontra con l’altro individuo, quindi una situazione di continua lotta, contrasto ecc.

Un pochino misteriosamente, dallo stato di natura nel modo concepito da Locke, si passa allo Stato. Un pochino misteriosamente perché appare il fatto che nello stato di natura, anche se tutto è dominato da questa ragione naturale, però c’è l’incertezza, allora per dare certezza emerge lo Stato.

E qui comincia un’analisi molto interessante anche per Marx, perché comincia a venir fuori, esplicitamente nel discorso di Locke, un potere politico che si distacca dalla comunità naturale. Quindi comincia a delinearsi una contrapposizione tra comunità naturale e Stato. Non solo, ma la comunità naturale, per Locke, è caratterizzata dall’attività economica e dall’attività di produzione della vita, quindi insomma, si fanno i figli, si educano i figli, e si lavora. Questo mondo dello stato di natura è fondamentalmente attività sessuale ed economica. E’ interessante che però è considerato – questo mondo – come una comunità. Il momento naturale non è il momento dello scontro, ma di una naturale razionalità. Questo senso che sotto lo Stato, esiste una dimensione fondamentalmente economica e sessuale, che non è il luogo del conflitto tra gli individui, ma che ha una socialità propria, questo mi pare che sia un motivo che in Marx torna, e che in fin dei conti ti spiega anche la polemica sua contro gli hegeliani. Cioè l’enfasi sullo Stato come elemento equilibratore, da Marx viene denunciato richiamando l’attenzione sul momento economico, il quale però non è visto da Marx come momento della giungla, ma è giungla all’interno di una certa situazione. E’ possibile addirittura ricostruire la società superando lo Stato, riguadagnando una naturale – per così dire – razionalità dell’organizzazione economica.

[...]Locke presenta l’introduzione del denaro come un’assurdità priva di giustificazione: a un certo momento gli uomini hanno deciso di dare – ad un pezzo di metallo – più valore di quello che ha. Questo ha determinato un cambiamento di tutto. E’ interessante che l’emergere del denaro non ha spiegazioni, ma è un interruzione brusca che capovolge l’ordine naturale. Non ha spiegazioni per Locke. E quell’aumento di capacità di acquisto che determina, fa si appunto, che non ci sia più la terra bastevole per tutti, donde il mito degli Stati Uniti. Gli Stati Uniti come luogo dove – se in Inghilterra non ho più terra – posso andare. Ed è interessante che Locke delinea, configura, gli Stati Uniti nel modo della mitologia attuale, cioè è il luogo della libertà, in cui ognuno può affermare sé stesso, del grande spazio, ecc. ecc. E’ interessante che nel ‘600 c’è questo mito insomma.

[...]l’invenzione della moneta è la tacita convenzione onde gli uomini gli attribuiscono un valore. E questo appunto, non solo è un valore, ma valore – e su questo Locke ci insiste – non giustificato. Nel senso che anche per lui ovviamente, il valore del pezzo d’oro, è la quantità di lavoro necessario a produrlo. Mentre invece il pezzo d’oro, per convenzione, ha un valore superiore, questa è l’assurdità. Quindi appunto, il mondo dell’astratto, della convenzione, del singolo, che diventa ad un certo momento il mondo dominante che rompe l’equilibrio naturale.

[...]Nel cristianesimo antipapista, si combattono in realtà due tendenze: una tendenza a sottolineare l’intimità dell’esperienza religiosa e quindi la soggettività è di carattere individuale in quest’esperienza, dall’altro lato però, c’è anche la tendenza a tornare all’istituzionalizzazione, quindi a sottolineare il momento comune.

[...]la maggiore sottolineatura del momento privato, individuale, diciamo che va di pari passo, tanto per intenderci, proprio con l’emergere più forte del carattere individuale del capitale industriale. Quello che mi interessava sottolineare, è il fatto che, per esempio, quando si dice che i romani perseguitavano i cristiani per motivi religiosi, questo è vero e falso, nel senso che la religione era immediatamente la struttura teorica su cui si organizzava una società, per cui tu puoi altrettanto bene dire che li combattevano per motivi politici.
Ora, è interessante che per almeno, direi quasi tutto il ‘700, la disputa politica si nutre di elementi religiosi, si stringe, si articola, su tematiche religiose, per cui la difficoltà, quando hai di fronte una tematica religiosa, è quella di riuscire a comprendere che lì certo si sta parlando di religione, ma analogamente si sta parlando di politica, di scienza ecc. Quindi bisogna tener presente tutto questo quadro complesso, e che l’emergere della religione come una dimensione accanto alle altre, staccata e separata, questo è un fenomeno molto moderno. In fin dei conti, mi pare un aspetto evidente, che il carattere ateo di Hegel è questo: a lui gli sta benissimo una religione che nel privato, nell’intimità e nella particolarità della sua esperienza, riconosce l’autorità dello Stato in tutti quanti gli altri ambiti. A questo punto la religione l’ha messa in un cantuccio, e tutto il resto è in mano allo Stato, alla comunità ecc.

[...]Ecco, questa separazione però, come dire, non è processo originario, anzi, è un fenomeno molto moderno, molto recente...



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