domenica 15 aprile 2018

Riflessioni 10... - Stefano Garroni

Da: mirko.bertasi - Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. - Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/04/riflessioni-9-stefano-garroni.html
https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/04/locke-e-dintorni-stefano-garroni.html 


Sul materialismo 
Con l’espressione <materialismo volgare> (particolarmente frequente nella letteratura marxista –basti pensare, per fare un solo esempio, al Materialismo ed empiriocriticismo, scritto da Lenin), si intende una certa immagine del mondo, a cui si lega una determinata maniera di concepire la conoscenza scientifica.
Il <materialismo volgare> ha una lunga storia ed in epoca moderna domina il pensiero scientifico e filosofico: di esso il filosofo inglese secentesco John Locke in particolare offrì, nel suo Saggio sulla conoscenza umana, una rappresentazione perspicua.
Con questo scritto, intendo esporre appunto tale rappresentazione, qual è contenuta nel libro 2° del Saggio citato –ma, in realtà, il mio obiettivo ha una più lunga gittata: mi interessa, infatti, precisare attraverso Locke cosa sia il <materialismo volgare> per iniziare una sorta di cammino di avvicinamento al Materialismo ed empiriocriticismo, che Lenin scrisse e che divenne il testo epistemologico fondamentale del marxismo terzointernazionalista.
Ma torniamo a Locke, precisando che leggo il testo nell’edizione inglese della Everyman Paperback, a cura di J.W.Yolton, pubblicato a Londra nel 1965.
Così si legge nel paragrafo (d’ora in avanti prf) 1 del libro 2° del Saggio lockiano: 1.“…riguardo alle semplici idee di sensazione, tutto ciò che è naturalmente costituito in modo da esser capace di impressionare i nostri sensi, produce nella mente (mind) una percezione ed al tempo stesso determina nell’intelletto (understanding) un’ idea semplice, della quale, indipendentemente dalla sua causa esterna, quando la nostra facoltà di discernimento, ne prende cognizione (notice), viene contemplata (to look on) e considerata come se fosse una positiva idea nell’intelletto, così come qualunque altra, mentre forse la causa di essa non è altro che una privazione del soggetto.”
Schematizziamo: (a) c’è qualcosa che è naturalmente costruito in modo tale, da impressionare i nostri sensi, producendo così una percezione nella mente e una cognizione, per la mediazione del nostro intelletto. (b) esiste, dunque, un mondo esterno ed indipendente dalla nostra volontà e facoltà conoscitiva; (c) quando tale mondo impressiona la nostra mente e, mediatamente, pone in movimento il nostro intelletto, in noi c’è la tendenza a concepire quella impressione come qualcosa di positivo e non come manifestazione di una mancanza della ‘cosa’, che ci impressiona. Per fare un esempio, se siamo impressionati da un che di inerte, tendiamo a concepire quel qualcosa come dotato di una qualità determinata (l’inerzia) e non invece come qualcosa che manca di movimento. In questa maniera, una negatività (l’inerzia) viene scambiata da noi come una proprietà positiva e non come mancanza. Distinguere le proprietà positive da un lato e le mancanze dall’altro, è fondamentale, se vogliamo comprendere che tipo di particelle e quale organizzazione le caratterizza, nel caso di una qualità positiva o, invece, di una privazione.
(a) Come si vede, Locke ribadisce l’esistenza di un mondo esterno all’uomo e l‘origine obiettiva delle percezioni, nel senso che esse dipendono dalla presenza o meno di un tipo di particelle (gli atomi) e della loro organizzazione.
Per chiarire ancora meglio, consideriamo il prf 3, nel qual leggiamo: (b) Un pittore o un tintore, che pure non si interroga mai circa le loro cause, ha l’idea di bianco e di nero e degli altri colori, distintamente, chiaramente, perfettamente nel suo intelletto– e forse più distintamente del filosofo, che si è occupato nel considerar la loro natura e che ritiene di conoscere in che misura ognuna di esse è, nella propria causa, positiva o privativa; nella mente del pittore o tintore l’idea di nero è altrettanto positiva di quella di bianco, per quanto la causa di quel colore possa essere, nel mondo esterno, solo una privazione.
Nel prf successivo Locke chiama in cusa un concetto assai diffuso tra Sei e Settecento: quello di spiriti vitali, che si inscrive, anch’esso, in una prospettiva di matteralismo meccanicistico o corpuscolare, che è quella di cui Locke è grane sostenitore. Così leggiamo nel prf 4: “Se mio scopo fosse, nella presente occasione, di indagare le cause naturali e il modo della percezione, offrirei la spiegazione del perché una causa privativa possa, almeno in alcuni casi, produrre un’idea positiva, ovvero che essendo tutte le percezioni prodotte in noi a differenti livelli e modi di movimento nei nostri spiriti vitali, variamente agitati dagli oggetti esterni, l’abolizione di un precedente movimento deve necessariamente produrre una nuova sensazione come la variazione o l’incremento di essa, così introducendo una nuova idea, che dipende unicamente da un differente movimento degli spiriti animali nell’organo in questione.”
Per concludere, possiamo dire che il materialismo meccanicistico ( o volgare, nella terminologia marxista) non esclude –anzi implica- una specifica attività della mente e dell’intelletto umani, come anche una riduzione della materia in corpuscoli o atomi che, a secondo della loro organizzazione, colpiscono variamente l’apparato psichico o mentale dell’uomo. 

aprile 2012


sabato 14 aprile 2018

"La Tenda di Pitagora" - Carlo Sini


Da: Dante Channel - Carlo_Sini è un filosofo italiano. CarloSiniNoema

Lezione 0 - "La Tenda di Pitagora":


Lezione 1 - Il boccio, il fiore, il frutto”: https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/02/il-boccio-il-fiore-il-frutto-carlo-sini.html 



venerdì 13 aprile 2018

Chi sta preparando la guerra? - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it -  insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/04/la-pietra-dinciampo-siriana-orazio-di.html
                      https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/10/le-pipeline-in-siria-e-iraq-il-vero.html


Siamo entrati in una nuova Guerra fredda che potrebbe sfociare in una guerra vera e propria.



Come è noto, Papa Bergoglio ha dichiarato che si sta già combattendo la terza guerra mondiale, ma a pezzi, ossia in diversi luoghi simultaneamente. Però, come tutti i papi, si è dimenticato di indicare chi sono i veri colpevoli di questo immane disastro, al di là della responsabilità generica da attribuire a tutti gli esseri umani.
A differenza del papa, noi invece siamo interessati a scoprire i veri responsabili, analizzando alcuni degli eventi più gravi in questo senso che si stanno verificando sotto i nostri stessi occhi e che però non sono notati dall’uomo comune distratto, né ricomposti in un disegno d’insieme dai mass media egemoni.
In primo luogo, sulla base di quanto scrive Manlio Dinucci, ricorderò che nel Rapporto del Pentagono 2018 si può leggere che la Russia viola i confini delle nazioni limitrofe ed esercita il potere di veto sulle decisioni dei suoi vicini. A ciò il Rapporto aggiunge: “Il modo più sicuro di prevenire la guerra è di essere preparati a vincerne una”. Con queste finalità il Pentagono chiede ai paesi alleati di aumentare le spese militari per rendere la NATO più potente.
Questi temi sono stati tutti ignorati dagli squallidi contendenti della campagna elettorale italiana, che hanno anche evitato di parlare dei contingenti militari italiani stanziati a ridosso della Russia e delle nuove bombe nucleari B61-12. Queste ultime saranno presto posizionate in Italia al posto delle B61 già presenti (circa 70). Come scrive sempre Dinucci: “La B61-12… è una nuova arma: ha una testata nucleare a quattro opzioni di potenza selezionabili a seconda dell’obiettivo da colpire; un sistema di guida che permette di sganciarla non in verticale, ma a distanza dall’obiettivo; la capacità di penetrare nel terreno per distruggere i bunker dei centri di comando in un first strike nucleare”.
Nel luglio del 2017 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha elaborato un trattato con lo scopo di individuare uno strumento legalmente vincolante atto a proibire la fabbricazione e l’impiego delle armi nucleari, a favore del quale hanno votato 122 paesi. Gli Stati dotati di armi nucleari, inclusi i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza, non hanno partecipato ai negoziati né alla votazione. Alcuni paesi, come Cuba, Venezuela, Messico, Palestina, Tailandia lo hanno già ratificato, mentre i 29 paesi della Nato hanno dichiarato che il trattato ignora i pericoli che oggi il mondo deve fronteggiare, ossia la Corea del Nord. Esso entrerà in vigore dopo che sarà firmato e ratificato da 50 paesi.

giovedì 12 aprile 2018

"Fenomenologia ed esistenzialismo - Husserl"- Paolo Vinci

Da: AccademiaIISF - Paolo Vinci è docente di Filosofia pratica presso la Facoltà di Filosofia dell’Università “La Sapienza” di Roma.  http://www.iisfscuoladiroma.it
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/08/la-logica-di-hegel-una-grottesca.html




martedì 10 aprile 2018

1978: “LA SVOLTA DELL’EUR”

Da: http://tempofertile.blogspot.it - http://www.pietroichino.it -  https://www.ilpost.it
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/04/7-aprile-una-interpretazione-degli-anni.html
                   
IL Contesto: 1977/78 un paio d'anni particolarmente difficili. 

il 15 gennaio 1977, ad un convegno di intellettuali al teatro Eliseo di Roma, Berlinguer lancia la "politica dell'austerià" - [https://www.ilpost.it/2010/08/27/berlinguer-austerita/];

il 26 gennaio 1977, per "frenare l’inflazione e difendere la moneta attraverso il contenimento del costo del lavoro e l’aumento della produttività”, CGIL-CISL-UIL firmano un accordo con la Confindustria che prevedeva l’eliminazione degli scatti futuri di contingenza dal conteggio del TFR e l’abolizione di sette festività, inoltre aumenta l'orario di lavoro;  

il 17 febbraio 1977 Lama parla all’università La Sapienza di Roma, ma è violentemente contestato da studenti dell’Autonomia in lotta contro la riforma Malfatti. Seguono scontri fra servizio d’ordine del PCI e studenti, e Lama è costretto a fuggire. 

Disordini alla Sapienza nel giugno 1977 per "favorire l’occupazione” viene varato il “contratto di formazione lavoro” che avvia in Italia il processo di precarizzazione e frantumazione del rapporto di lavoro che farà molta strada da allora; 

la nuova linea proposta da Lama nell'intervista è ratificata, dopo un'ampia discussione nelle diverse federazioni, dall'Assemblea della CGIL-CISL-UIL che si svolge nel quartiere romano dell’EUR; 

il 28 febbraio 1978, Aldo Moro avanza finalmente all'assemblea delle DC l'ipotesi di un futuro governo con il PCI; 

il 16 marzo 1978, Aldo Moro è rapito dalle Brigate Rosse mentre si reca al giuramento del governo Andreotti (monocolore DC) che vede il decisivo appoggio esterno del PCI; 

il 9 maggio Aldo Moro è ritrovato ucciso; 

il 13 dicembre 1978 l'Italia ratifica, con il voto contrario del PCI annunciato da un vigoroso discorso [http://tempofertile.blogspot.com/2014/03/giorgio-napolitano-il-rilevante.html] di Giorgio Napolitano l'adesione allo SME. 


L'intervista a Luciano Lama, a cura di Eugenio Scalfari - la Repubblica il 24 gennaio 1978

1978: In un momento di crisi economica nazionale grave il Segretario Generale della CGIL illustra le basi teoriche e i contenuti pratici della "SVOLTA DELL'EUR" che vede in quel periodo impegnate unitariamente CGIL, CISL, UIL.

lunedì 9 aprile 2018

INTRODUZIONE a “Scritti filosofici” di Mao - Stefano Garroni


Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. 


Il lettore non si lasci ingannare: il titolo del libro è Scritti filosofici, ma con le pagine qui raccolte la filosofia in realtà ha ben poco a che fare e, quando invece è evidentemente presente, lo è ad un livello assai modesto, che non esclude addirittura errori.

La realtà è che il marxismo deve la sua complessità anche al fatto di essere varie cose, per quanto collegate l’una all’altra.

Il marxismo, ad esempio, è un certo modo di disporsi di fronte al mondo, riconoscendosi il soggetto umano parte attiva di esso, principalmente perché orientato – il soggetto – all’umanizzazione del mondo (e qui si vede la grande influenza, in particolare, della Fenomenologia hegeliana su Marx); impegnato a fare del mondo qualcosa, che concreta, potenzia ed arricchisce la libertà umana e non l’avvilisce, invece, alla condizione della mèra dipendenza dalla “leggi del mondo” (o di dio: è la stessa cosa).

In altre parole il marxismo è una visione del mondo (Weltanschauung), il che significa non solo un modo di giudicar le cose (ad esempio, l’affermazione del loro esser conoscibili e non rappresentare, invece, quella sostanza vera, che travalicando le apparenze, si colloca oltre le possibilità conoscitive umane).

Ma proprio perché visione del mondo, il marxismo è, anche, assunzione di un atteggiamento morale (per fare gli esempi più ovvi, si pensi all’anti-talmudismo di cui diceva Togliatti o alla serrata critica della tradizione giudaico-cristiana – e di ogni religione –, che si trova                                                                          esplicitamente in Marx, non a caso allievo di Hegel e di una lunga tradizione classica).

È utile qui ricordare Lenin, quando afferma della religione che essa è << … una delle cose più ignobili, che possano esistere al mondo …>>. 

Si potrebbe dire che è, quindi, quasi ovvio il fatto che l’interesse del marxismo sia focalizzato essenzialmente sulla storia e sull’economia, dunque, sulle complessità della concreta vita sociale umana.

E proprio qui il marxismo raggiunge quelli, che forse sono i suoi più rilevanti risultati: riuscire a fornire la scienza sociale degli strumenti per cogliere le connessioni (anche variamente contraddittorie) tra i diversi livelli della realtà sociale; ed ancora una riorganizzazione della tradizionale disciplina economica, che così diventa effettivamente parte fondamentale della vicenda storica complessiva.

Dunque, il marxismo come visione del mondo, come modo di concepire la storia dell’uomo ed, ancora, il marxismo come critica dell’economia politica, in nome di una radicale riorganizzazione dell’economico.

Ma non basta.

domenica 8 aprile 2018

La pietra d’inciampo siriana - Orazio Di Mauro

Da: https://www.lacittafutura.it

Perché la Siria si è dotata delle armi chimiche. 


Dal 2013 nella guerra di Siria si ripete un tema che allarma le cancellerie occidentali e rimbalza nel mainstream dell’informazione occidentale in modo ossessivo. Il tema è quello dell’uso da parte delle forze siriane governative di gas nervini contro i civili. La prima volta questo sarebbe accaduto è il 21 agosto 2013 in alcune aree del Goutha orientale in mano ai ribelli jihadisti; evento smentito due anni dopo dall’ONU.
La storia è nota: gli Stati Uniti di Obama volevano punire il governo siriano, ma poi non attuarono la loro decisione per l’opposizione della Russia che si fece garante del disarmo chimico della Siria avvenuto successivamente sotto il controllo americano. Altre volte l’accusa di impiegare le armi chimiche contro i civili ha aleggiato sul governo siriano.
La dotazione delle armi chimiche
Ma perché la Siria si era dotata di armi chimiche e da quando lo ha fatto? Per rispondere a questa domanda bisogna risalire agli anni ’70 del XX secolo, in un tempo nel quale i paesi arabi limitrofi di Israele combattevano con esso guerre guerreggiate con incerta fortuna. 

sabato 7 aprile 2018

7 aprile. Una interpretazione degli anni Settanta e dell’autonomia operaia proposta da undici imputati detenuti a Rebibbia

Di: Lucio Castellano, Arrigo Cavallina, Giustino Cortiana, Mario Dalmaviva, Luciano Ferrari Bravo. Chicco Funaro, Antonio Negri, Paolo Pozzi, Franco Tommei. Emilio Vesce, Paolo Virno. 
Da: https://www.autistici.org/operaismo/Autonomi3/index.html  - Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/11/storia-del-sessantotto-michele-brambilla.html 




Il manifesto 20-02-83/22-02-83
Queste pagine, scritte da undici detenuti del 7 aprile a Rebibbia, non sono un documento per la difesa. Sono un tracciato di identità e una proposta di interpretazione di quel che è stata l’Autonomia nella realtà sociale e politica dell’Italia degli anni ’70. Da sottoporre una discussione, che già noi cominceremo.
Fin d’ora vorremmo dire due cose. La prima è che questo scritto è un atto di lealtà; gli imputati del 7 aprile non si presentano come vittime e tanto meno come pentiti, anche se si interrogano su una sconfitta; pur sapendo che questo non accattiverà loro la benevolenza di una opinione che oggi rigetta lontano da sé ogni memoria (e di qui il titolo ironico e autoironico da loro scelto). La seconda è che di questo loro documento tutto, ci sembra, può essere discusso, e anche radicalmente ma dovrebbe esserlo con onestà, ricollocando le parole e il loro senso nel contesto degli anni cui si riferiscono («violenza» sarà il test del buon teorico). Dopo di che, si può anche dissentire da tutto. Il manifesto è aperto a ogni contributo che abbia questo spirito. (r. r.)


Do you remember revolution? Proposta di lettura storico-politica per il movimento degli anni Settanta
Guardando indietro, riesaminando ancora una volta con la memoria e la ragione gli anni ’70, di una cosa almeno siamo certi: che la storia del movimento rivoluzionario, dell’opposizione extraparlamentare prima e dell’autonomia poi, non è stata storta di emarginati o di eccentrici, cronaca di allucinazioni settarie, vicenda catacombale o furore di ghetto. Crediamo realistico affermare, viceversa, che questa storia – una cui parte è divenuta materia processuale – sia intrecciata inestricabilmente alla storia complessiva del paese, ai passaggi cruciali e alle cesure che l’hanno scandita.
Tenendo fermo questo punto di vista (In sé banale, eppure, di questi tempi, temerario e persino provocatorio), avanziamo un blocco d’ipotesi storico-politiche sul passato decennio, che esulano da preoccupazioni d’immediata difesa giudiziaria. Le considerazioni che seguono sovente in forma di semplice posizione di problemi, non sono rivolte ai giudici, finora interessati solo alla mercanzia dei «pentiti», ma a tutti coloro che negli anni trascorsi hanno lottato: ai compagni del ’68, a quelli del ’77, agli intellettuali che hanno «dissentito» (è così che s’usa dire, ora?) giudicando razionale la rivolta. Perché intervengano a loro volta, rompendo il circolo vizioso della rimozione e del nuovo conformismo.
Riteniamo sia venuto il momento di riaffrontare la verità storica degli anni ’70. Contro i pentiti, la verità. Dopo e contro i pentiti, un giudizio politico. Una complessiva assunzione di responsabilità è oggi possibile e necessaria: e uno dei passi funzionali all’affermazione piena del «post-terrorismo» come dimensione propria del confronto fra nuovi movimenti e istituzioni.
Che non abbiamo nulla da spartire col terrorismo è ovvio; che siamo stati «sovversivi» lo è altrettanto. Fra queste due «ovvietà» si gioca il nostro processo. Nulla è scontato, la volontà dei giudici di omologare sovversione e terrorismo è nota, è intensa: condurremo con i mezzi idonei, tecnico-politici, la battaglia difensiva. Ma la ricostruzione storica degli anni ’70 non può svilupparsi convenientemente solo nell’aula del Foro Italico: occorre che si apra un dibattito franco e di ampio respiro, in parallelo al processo, fra i soggetti reali che sono stati protagonisti della «grande trasformazione». È, questo, fra l’altro o soprattutto, un requisito irrinunciabile per parlare in termini adeguati delle tensioni che pervadono i nostri anni ’80.

venerdì 6 aprile 2018

Per la rivoluzione e per la controrivoluzione: Gramsci e Gentile - Emiliano Alessandroni

Da: http://www.marxismo-oggi.it  - emiliano-alessandroni* è ‎Dottore di ricerca - ‎Università degli Studi di Urbino 'Carlo Bo'. 
Nei Quaderni del carcere, allorché si trova a illustrare il concetto di unità tra teoria e pratica, e tra storia e filosofia, Antonio Gramsci insisterà più volte sull'affermazione di Engels secondo cui, non già una corrente culturale, ma il proletariato tedesco in carne e ossa sarebbe l'autentico «erede della filosofia classica tedesca»1. Quelle spinte universalistiche che lo sviluppo, ancorché critico, dell'Aufklärung avevano sprigionato, sotto l'influsso di un evento di portata mondiale come quello della Rivoluzione Francese, trovavano ora una nuova incarnazione nelle lotte di classe ai tempi di Engels e in un'altra Rivoluzione dagli effetti planetari, come presto fu quella dell'Ottobre, ai tempi di Gramsci.
Diametralmente opposto, a tal proposito, risulta il giudizio di Giovanni Gentile. Per questi, tutte le lotte ingaggiate dai ceti subalterni per acquisire diritti sociali e i tentativi di sollevazione da parte delle masse popolari, costituiscono una forza anetica e materialistica suscettibile di disgregare lo spirito statale. Egli condanna quest'ascesa a partire dal superamento delle restrizioni censitarie nel suffragio, affermando che con l'estensione del diritto di voto «il potere centrale dello Stato» si è visto «indebolito, piegato al vario atteggiarsi della volontà popolare attraverso il suffragio popolare»2.
Il primo responsabile di questa degenerazione viene individuato nella «propaganda socialista, di marca marxista» colpevole di aver lavorato per una «educazione morale delle classi lavoratrici» e per la formazione «in esse, di una coscienza politica» ovvero di una «coscienza rivoluzionaria...congiunta a un sentimento di umana solidarietà» da suscitare nell'«incolta e primitiva psicologia del basso popolo italiano». Una coscienza di classe che non promuoveva, ma distruggeva la coscienza dello Stato, «che restringeva l'orizzonte morale e...non lasciava più scorgere quello che stringe insieme in unità d'interessi, di sentire e di pensare tutti i cittadini di una stessa patria». Una coscienza che mortificava lo spirito, giacché esaltava dei tipi di «legami...tutti fondati nel sentimento che ognuno ha del proprio benessere da conquistare o difendere»: si trattava, per Gentile, di una vera e propria sciagura, il risorgere di quella tipica «concezione materialistica della vita, che il Mazzini aveva combattuto»3

giovedì 5 aprile 2018

Hegel velato dall'occhio di Marx - Luigi Cavallaro

Da: https://marxdialecticalstudies.blogspot.it


Roberto Fineschi affronta il rapporto Marx-Hegel alla luce di un'analisi filologica dei testi e di larga parte del dibattito italiano e internazionale svoltosi intorno alla questione. Cerca di ricostruire lo sviluppo della comprensione marxiana di Hegel, per definire rigorosamente che cosa egli intenda quando dice "Hegel" e "dialettica", che mette poi a confronto con gli scritti di Hegel. In tale confronto individua da una parte limiti significativi e dall'altra mostra che l'origine di essi deriva dalla ricezione del maestro nella sinistra hegeliana. 

su il manifesto del 07/01/2007

Nel suo ultimo saggio, edito da Carocci, Roberto Fineschi dimostra attraverso un'analisi rigorosa dei testi come il limite del dibattito sui rapporti fra metodo marxiano e dialettica hegeliana consista nel non essere mai usciti dall'ottica interpretativa dell'autore del «Capitale»
Il rapporto Marx-Hegel è uno dei luoghi classici del marxismo. Da Althusser a Colletti, da Croce (e Gentile) a della Volpe, da Lukács a Popper, la bibliografia sul tema è sterminata e ha dato luogo a interpretazioni antitetiche, in cui il metodo marxiano è stato di volta in volta definito «dialettico-hegeliano», «dialettico-antihegeliano», «antidialettico-antihegeliano-empirista», e così via. Ed è proprio nell'approccio a un tema così complesso che possiamo nuovamente apprezzare la competenza con cui nel suo importante volume Marx e Hegel. Contributi a una rilettura (Carocci, pp. 206, euro 18), Roberto Fineschi sta procedendo nel suo scavo di lungo periodo all'interno della problematica marxiana.

Fineschi è un maratoneta della filologia. La sua esposizione (sempre chiara nonostante l'obiettiva complessità dei temi affrontati) rifugge da ogni sensazionalismo: niente frasi a effetto, niente slogan, solo una paziente e rigorosa analisi dei testi condotta sulle versioni originali, dei cui termini-chiave non di rado egli offre nuove traduzioni, in modo da svelarne l'essenza categoriale. Non che trascuri la letteratura secondaria, beninteso: lo confermano diciassette pagine fitte di bibliografia in coda al volume. Solo che ogni affermazione, interpretazione o traduzione proveniente da quanti hanno scritto su Marx e Hegel è da lui sottoposta a una rigorosa verifica diretta sui testi di Marx e Hegel, in modo da evitare quanto più possibile quel ricorrente equivoco che si genera quandi l'intentio lectoris (specie se lettore «autorevole») si sovrappone, soffocandola, all'intentio operis.

mercoledì 4 aprile 2018

Ingerenze elettorali e svolta a destra in America Latina - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it -  Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.



L’ingerenza elettorale statunitense sta producendo una svolta a destra in America Latina.



È veramente paradossale che negli Stati Uniti si continui ad agitare il tema dell’ingerenza russa nelle elezioni presidenziali che, anche per la particolarità del loro sistema elettorale, hanno portato al potere quel grottesco personaggio che è Donald Trump. Come d’altronde la recente scoperta dell’uso di dati di circa 50 milioni di utenti di Facebook da parte della società Cambridge Analytica, per favorire il trionfo di Trump rende, se è possibile, la situazione ancora più sconcertante.
Lo stesso tipo di comportamento si può riscontrare nell’ostilità verso la Corea del Nord per essersi dotata della bomba nucleare, o in quella verso la Siria e ultimamente verso la Russia per il possesso e l’uso delle armi chimiche, dal momento che tale accusa proviene da un paese che possiede l’armamento più sofisticato al mondo ovviamente comprensivo di bombe atomiche [1], sottoposte ora ad un processo                                                                                                  di aggiornamento, e di armi chimiche.
Per bollare tale comportamento si potrebbe ricordare il celebre passo del Vangelo di Luca: “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?”. Purtroppo questa considerazione non basta a comprendere l’atteggiamento arrogante e prepotente degli Stati Uniti, che negli ultimi anni con vari espedienti, tra cui il tanto esecrato attentato alle Torri gemelle del World Trade Center di New York [2], hanno fatto a pezzi il diritto internazionale, imponendo la legge del più forte.
Tornando al tema dell’ingerenza elettorale, è noto e documentato che gli Stati Uniti hanno sempre pilotato le elezioni in varie regioni del mondo, giungendo a sollecitare e appoggiare colpi di stato, quando gli eletti alle cariche più importanti non erano di loro gradimento. 

martedì 3 aprile 2018

Riflessioni 9... - Stefano Garroni




Come leggere il rapporto di Marx ad Hegel.


Sappiamo bene come la costruzione di un linguaggio scientifico sia opera assai complessa e, quasi sempre dall’esito assai dubbio. 

La stessa distinzione fra metodo della ricerca (Forschungsweise) e metodo dell’esposizione (Darstellngsweise) non fa che segnalare il non univoco rapporto fra inferenza logica e strumenti extra-logici – come l’immaginazione, l’intuizione, il caso. 

E’ come se l’a-logico, cacciato dalla porta della conoscenza chiara e distinta, rientrasse inevitabilmente dalla finestra dell’effettiva ricerca scientifica. 

Ed è utile riscontrare che la distinzione, tra metodo della ricerca e metodo dell’esposizione, non sia qualcosa che si trovi solo in Hegel e in Marx, ma che, ad es., è centrale per lo stesso Freud, il quale distingue la procedura della psychanalitische Behandlung (il trattamento analitico), dal modo di costruire una relazione scientifica circa una determinata Krankgeschichte o caso clinico

E’ noto inoltre come la rigida distinzione tra mondo delle regole e delle forme, da un lato, e dominio dell’esperienza, dall’altro, che è coessenziale al formalismo hilbertiano, abbia incontrato –e vada incontrando- critiche sempre più puntuali, ampliandosi e complicandosi l’universo delle scienze naturali, della matematica e della logica. 

Insomma, si potrebbe dire che, per quanto resti fuori discussione il nesso scienza/ragione, non solo il momento della sperimentazione, ma anche quello dell’elaborazione teorica, in ambito scientifico, ha sempre bisogno di un intreccio di forme (regole) e materiale (Wahrnehmungen, sense data), per non finire col ridursi a speculazione più o meno ebbra, arbitraria. Cosa comportano queste elementari considerazioni, a proposito del rapporto di Marx ad Hegel? 

Per quanto possa sorprendere, la più parte della letteratura marxista su tale argomento procede secondo angolazioni speculative e, perfino, metafisiche (nel senso in cui Engels usava questo termine). Non sorprenderà, dunque, che finisca col proporre come soluzioni dalla pretesa scientifica null’altro che metafore dall’oscuro significato. 

Per fare un esempio Chi non sa che Marx ha rovesciato in senso materialistico, quella dialettica, che in Hegel ha invece un senso speculativo? 
Ora, a prescindere dal fatto che non risulta chiaro cosa possa significare “rovesciare materialisticamente” il metodo dialettico (posto che la dialettica sia appunto un metodo e che non faccia, invece, immediatamente corpo con e non derivi da un Weltbild, che probabilmente Hegel ricava da Leibniz); le acque risultano ancora più torbide se appuntiamo la nostra attenzione su quel “materialisticamente”, il quale ha ovviamente un senso, se è accertabile un preciso significato o una delimitata famiglia di significati rinviabili all’espressione materialismo. 
Ma, in realtà, non è questo il caso, dato che ampi studi hanno documentato come storicamente, l’espressione materialismo abbia avuto significati non solo diversi, ma anche opposti, tanto che –per fare un solo esempio- la storica rivista gramsciana Ordine Nuovo lodava l’idealismo di Lenin! 

Insomma, questa storica polisemia del termine materialismo (ed ovviamente anche del suo opposto idealismo) comporta anche il fatto che, nello stesso momento, nella stessa epoca, in culture diverse, si possa intendere con l’un termine ciò, che altri intendono con il suo contraddittorio. Il che è un ottimo sostegno alla tesi di chi propone di porre la questione del rapporto di Marx ad Hegel su tutt’altro terreno. 

Che poi è il più ovvio (ma anche il più complicato): bisogna, per così dire, contemporaneamente immergersi nella diretta lettura dei testi dei due autori; aprirsi alle sollecitazioni, suggestioni, indicazioni e prospettive, che essi aprono; e così ‘sentir risuonare’ la lezione di Hegel in Marx, ma anche la necessità di un rinvio a Marx per precisare sia l’ambito di ricerca specificamente hegeliano, sia per mettere con i piedi per terra (vale a dire in un ambito determinato) ciò, che in Hegel ha piuttosto il senso di un riflessione sulla storia im Algemeine del naturalizzarsi dell’uomo e dell’umanizzarsi della natura. 

lunedì 2 aprile 2018

PROMETEO... TECNICA E POTENZA - CARLO SINI

Da: Dante Channel - Casa della Cultura Via Borgogna 3 Milano - Carlo_Sini è un filosofo italiano.
Vedi anche: https://www.youtube.com/watch?v=FNmfkyBOELM
                    http://www.casadellacultura.it/videoincontro.php?id=121


"Non è l'uomo che fa il bastone... è il bastone che fa l'uomo..." 

domenica 1 aprile 2018

...MA LA FELICITÀ È UN’ALTRA COSA - Gianfranco Pala


Da: la Contraddizione, 141, Roma 2012 gianfrancopala è un economista italiano. - https://rivistacontraddizione.wordpress.com/ 




limiti, risorse, sostenibilità ... felicemente “decrescendo”

Sono molti, troppi, anni che gli imbonitori vanno cianciando di limiti delle risorse, di sostenibilità dello sviluppo, di altro-mondo-possibile (l’“altro mondo” forse?), ... “felicemente” affidandosi all’assenza di qualunque fondamento nella realtà mondiale, magari alla ricerca della pietra filosofale di una felicità interna lorda [dicono un fil che deve sostituire il pil, prodotto interno lordo]. Ma guai a toccare il modo di produrre, da cui dipende quel pil che teoreticamente deve misurare solo la scambiabilità della merce prodotta come valore, e non invece stimare l’auspicabile raggiungimento di una felicità attraverso la ricchezza, non solo quella materiale ma anche quella spirituale, prodotta e utilizzabile in quanto tale dall’intera comunità. Già è stato discusso, nelle linee generali, nel numero scorso il tema complesso della “felicità dei cittadini”, come fine formale dello stato, secondo Hegel. E prima ancora di lui, nel settecento, addirittura si ponevano le basi di tale obiettivo nei principii dello stato, in quanto all’epoca la felicità era intesa come “idea nuova”, “mutata ai nostri giorni nell’idea di "benessere" cui aggiungere, oltre al consumo di beni materiali, la conquista di "beni relazionali"” [cfr. no.140]. Non si ripete perciò qui che pure fin dalla remota antichità si è discusso di felicità entro le forme della vita associata e del reciproco controllo dei poteri. Ma lo stato borghese, non assolutista e tuttavia sempre più corrotto, dura soltanto dunque “finché le circostanze particolari impongono ai cittadini di sopportarlo, alla ricerca di risposte sociali alla "felicità" mancata”. Codesto fondamento attiene alla non permanenza del modo di produzione capitalistico, il cui rovesciamento diviene pertanto esiziale.

Dunque “la felicità è altra cosa; spesso è compagna della malinconia e perfino della tristezza e del dolore per la perdita e lo scempio” – ha scritto recentemente un compagno, Sergio Arioli – criticando contingentemente il turismo in montagna; ma l’osservazione si può riferire a tutta la natura originaria, la terra in senso lato, il mare e le acque. In una razionalità compiuta – secondo quello che Marx aveva chiamato “ricambio organico” con la natura, in cui la portata del pianeta si stabilisce in un rapporto dialettico con la crescita limitata della popolazione, di ogni popolazione, a finire quindi con quella umana che invece si è sottratta alle leggi della natura – ciò vuol dire che ci devono essere delle condizioni oggettive comuni, in maniera che si possano condividere tutte le situazioni non solo i momenti migliori ma anche le sofferenze. In simili circostanze sociali, qualora si riesca a determinarle, è altresì ovvio che miseria e dolori anche personali siano ineliminabili; molto spesso la consapevolezza fa sì che si abbia pure cognizione che “malinconia e tristezza, perdita e scempio” sono ineliminabili per la forza e l’arroganza del nemico – di classe.