* https://traduzionimarxiste.wordpress.com/ Il
testo seguente è una versione più lunga di un precedente
saggio: Perpetrator
or victim? Russia and contemporary imperialism,
di Renfrey Clarke e Roger Annis, pubblicato sul sito Links
International Journal of Socialist Renewal, nel febraio del 2016.
**Renfrey Clarke, scrittore ed attivista australiano, nel corso degli anni Novanta ha svolto il ruolo di corrispondente da Mosca per Green Left Weekly. Roger Annis, lavoratore del settore aerospaziale oggi in pensione, attivista e blogger, ha compiuto numerosi viaggi di ricerca in Crimea e nel Donbass. Entrambi sono tra i curatori del sito New Cold War (newcoldwar).
In
tempi recenti, un’aspra controversia si è sviluppata in seno alla
sinistra internazionale riguardo al posto occupato dalla Russia
nell’odierno sistema capitalistico mondiale. Nello specifico, si
tratta di una potenza imperialista, parte integrante del “centro”
del capitalismo globale? Oppure le sue caratteristiche economiche,
sociali e politico-militari la rendono parte della “periferia”, o
semi-periferia, globali – ovvero, parte della maggioranza dei paesi
che, a diversi livelli, sono oggetto dell’aggressione e del
saccheggio imperialisti? [1]
Tradizionalmente,
la sinistra marxista ha utilizzato il termine “imperialismo” con
un alto grado di discernimento. Dunque, per i marxisti,
l’imperialismo non è un qualcosa che emerge misteriosamente quando
i leader si lasciano sovrastare dall'”avidità”. Né può essere
ridotto alla semplice azione militare esterna, per quanto aggressiva.
Per i marxisti, viceversa, l’imperialismo attuale nasce da
specifiche caratteristiche dell’ordine economico e sociale dei
paesi capitalistici più avanzati.
La
classica definizione marxista di imperialismo nell’epoca moderna è
stata fornita da Lenin nel suo pamphlet del 1916, L’imperialismo,
fase suprema del capitalismo.
Secondo il punto di vista del leader bolscevico, il capitalismo
avanzato emerso nei decenni precedenti presentava le seguenti
caratteristiche salienti:
“1) la concentrazione della produzione e del capitale, che ha raggiunto un grado talmente alto di sviluppo da creare i monopoli come funzione decisiva nella vita economica; 2) la fusione del capitale bancario col capitale industriale e il formarsi, sulla base di questo «capitale finanziario», di un’oligarchia finanziaria; 3) la grande importanza acquistata dall’esportazione di capitale in confronto con l’esportazione di merci; 4) il sorgere di associazioni monopolistiche internazionali di capitalisti, che si ripartiscono il mondo; 5) la compiuta ripartizione della terra tra le più grandi potenze capitalistiche.” [2]
A partire dagli ultimi decenni del XIX secolo, affermava Lenin, le economie dei paesi più industrializzati si erano mosse in direzione di una nuova fase di “capitalismo monopolistico”. Il controllo sulla vita economica da parte delle maggiori concentrazioni di capitale era giunto al punto che, in ognuno di questi paesi, l’influenza detenuta da un gruppo strettamente interconnesso dei più potenti capitalisti, finanziari e industriali, era fuori questione.