Mi pare che pochi sappiano, almeno in Italia se non in
Europa, che Eduard Cunha[1], presidente della Camera dei Deputati
brasiliana che ha diretto il procedimento per giungere alla destituzione di Dilma
Roussef, appartiene ad una chiesa pentecostale. Egli ha agito di concerto
con altri deputati, di orientamento conservatore e reazionario (circa 70), che esplicitano
chiaramente la loro fede religiosa e che, partecipando alla procedura
di impeachment, hanno dedicato il loro voto a Dio.
A mio parere, questo fatto merita un qualche approfondimento
per far sì che anche il comune lettore sia informato delle trasformazioni
religiose che hanno investito negli ultimi decenni l'America Latina, su
cui dibattono quasi esclusivamente gli specialisti o che sono denunciate con
preoccupazione dalla Chiesa cattolica, perché da queste risulta
fortemente danneggiata, essendo ridimensionato il suo ruolo egemonico tra le
masse popolari. Considero tale riflessione quanto mai opportuna per delineare
in maniera complessiva la strategia imperialista elaborata dagli Stati
Uniti, che – dopo le sfiancanti e non popolari guerre in Afganistan e Iraq
– sono tornati a guardare alla regione, che hanno sempre considerato parte
integrante della loro sfera d'influenza. E ciò non solo per la grande quantità
di risorse diversificate che essa contiene, ma anche perché rappresenta da
sempre un mercato vicino e conveniente per la produzione
statunitense. Ma ovviamente la possibilità di mantenere sotto controllo
entrambe queste due dimensioni deve essere supportata da un intenso lavoro
ideologico, volto a diffondere i “valori americani”, di cui si fa
portavoce Obama e che sono incentrati essenzialmente sull'individualismo,
sulconsumismo, sul raggiungimento del successo.