Leggi anche: http://temi.repubblica.it/micromega-online/%E2%80%9Csei-lezioni-di-economia%E2%80%9D-un-libro-per-capire-la-crisi-dell%E2%80%99europa-e-uscirne/
http://materialismostorico.blogspot.it/2016/12/le-lezioni-di-cesaratto-sulla-crisi.html
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
martedì 27 dicembre 2016
lunedì 26 dicembre 2016
Per una rinascita del materialismo storico negli studi di filosofia, storia e scienze umane*- Stefano G. Azzarà**
Da diversi decenni, gli studi di orientamento
storico-materialistico in ambito filosofico – ma considerazioni non molto
diverse potrebbero essere fatte per l’ambito storico e più in generale per le
scienze umane nel loro complesso – versano nelle università italiane in una
situazione di grave difficoltà. Non ricostruisco qui nei dettagli il rilevante
significato culturale che per una lunga stagione questa corrente ha avuto nel
nostro paese. La linea di pensiero che da Labriola conduce a Gramsci e al
gramscismo ha ripensato dalle fondamenta le categorie del marxismo,
riconducendole al loro rapporto genetico con la dialettica hegeliana e dunque
sia con l’esperienza della filosofia classica tedesca in senso stretto, sia con
tutto il dibattito politico-culturale che dalla Rivoluzione francese ha
attraversato il XIX secolo. Questa impostazione, che più volte si è misurata
con le autonome prese di posizione di Croce e Gentile e che dunque ha saputo dialogare
con i punti più alti della tradizione filosofica italiana, ha saputo proporre
poi su queste basi una riflessione originale. Una riflessione che dopo la
sconfitta del fascismo e la fine della Seconda guerra mondiale, e da quel
momento almeno fino agli anni Settanta del Novecento, non solo ha contribuito a
modernizzare il dibattito culturale di un paese che risultava ancora per larghi
tratti arretrato rispetto alle esperienze europee più avanzate ma ha anche
posto le basi intellettuali per una sua rinascita civile e politica.
Ritengo sbagliata, largamente immaginaria e persino
strumentale la tesi assai diffusa che parla di un interminabile inverno del
pensiero all’insegna dell’egemonia culturale marxista in Italia, sia quando
questa tesi assume il tono nostalgico del rimpianto di una nobiltà perduta, sia
– come per lo più in verità accade – quando si presenta come il sospiro di
sollievo caricaturale di chi ritiene di essersi liberato una volta per tutte da
una dittatura ideologica soffocante e persino totalitaria. Tuttavia, è vero
che, proprio prendendo sul serio la riflessione gramsciana sulla posizione
decisiva della produzione culturale nel funzionamento della società, sul ruolo
degli intellettuali e sull’importanza della dimensione del consenso nella
politica, il marxismo italiano aveva saputo esercitare su molteplici piani
un’influenza assai profonda, in grado di confrontarsi ad armi pari con altre e
diverse tradizioni – dal liberalismo all’azionismo, dall’esistenzialismo al
personalismo cattolico – che rendevano un tempo quanto mai ricco e pluralistico
il panorama filosofico nazionale. E da qui aveva saputo proiettarsi
all’avanguardia del dibattito internazionale, facendo conoscere e apprezzare in
tutti i paesi l’afflato umanistico, storicistico e universalistico – e dunque
profondamente democratico – della sua ispirazione.
Oggi la situazione appare molto diversa per questa
impostazione e un patrimonio culturale di grande rilievo è andato in frantumi e
sembra essersi del tutto disperso. Lasciato libero il campo dalle vecchie
generazioni di studiosi, il materialismo storico non ha pressoché più
cittadinanza nel mondo accademico in quanto tradizione di studi con una sua
legittimità e autonomia. E se ancora persiste un certo rispetto “archeologico”
nei suoi confronti quando si guarda alle acquisizioni del passato, la sua
stessa dignità scientifica non viene più riconosciuta e viene semmai contestata
quando si tratta invece di affrontare le grandi questioni del presente.
mercoledì 21 dicembre 2016
Epoca, fasi storiche, Capitalismi. ("Forme" e "figure" nella teoria della Storia di Marx)*- Roberto Fineschi
lunedì 19 dicembre 2016
CONTROSTORIA DEL SECOLO BREVE, Il fascismo, La crisi del 1929. - Renato Caputo
10 LEZIONE: LA GRANDE CRISI ECONOMICA DEL 1929 E LE SUE CONSEGUENZE: La crisi del 1929; tentativi di uscire dalla crisi: protezionismo e autarchia; gli Usa dal dopoguerra al New Deal; la Francia dal dopoguerra al Fronte popolare:
9 LEZIONE. IL FASCISMO: la sconfitta del movimento operaio e la controffensiva fascista; l’avvento del fascismo; le istituzioni dello stato fascista in Italia; il Concordato con la Chiesa: https://www.youtube.com/watch?v=TQfcE7LlFQE&feature=share
9 LEZIONE. IL FASCISMO: la sconfitta del movimento operaio e la controffensiva fascista; l’avvento del fascismo; le istituzioni dello stato fascista in Italia; il Concordato con la Chiesa: https://www.youtube.com/watch?v=TQfcE7LlFQE&feature=share
Lezioni precedenti: (1/2) https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/10/controstoria-del-secolo-breve-dalla.html
martedì 13 dicembre 2016
Populismo*- Elena Maria Fabrizio
Tra i sintomi che affliggono le democrazie occidentali, la
manipolazione dell’opinione pubblica e la manipolazione del voto sono i più
noti. E non c’è consultazione politica e referendaria, con o senza quorum, che
non confermi questo trend. Così, puntualmente, nell’ultima consultazione la
tutela della Costituzione e il conseguente rigetto di una riforma
irresponsabile che non ci avrebbe protetto da maggioranze retrograde, populiste
e autoritarie, viene surclassato da altri dati, dotati di scarsa oggettività e
più semplicistici. Non solo i cittadini avrebbero innanzi tutto votato per dire
Sì o No al Presidente del Consiglio Renzi e al suo governo, ma con questa
scelta, più che esprimersi sulla sua politica e le sue leggi, si sarebbero di
fatto espressi sull’alternativa Renzi o il populismo, che è ovviamente sempre
quello degli altri, Salvini e Grillo in primis. Sembra quasi superfluo
evidenziare che la carente analiticità di questa lettura eleva il populismo a
giudizio di secondo grado cui scadono nell’analisi del voto, ma già prima nei
modi e nei toni della campagna referendaria, quegli stessi sostenitori che
hanno eretto il Pd a partito antipopulista per eccellenza; il quale non cede
alla tentazione di dividere ancora una volta l’elettorato nel popolo che interpreta
correttamente i propri valori (cambiamento, bellezza, sogno, futuro) dal popolo
che al contrario ne sarebbe incapace.
La comunicazione sistematicamente
distorta dell’ideologia dominante
domenica 11 dicembre 2016
Fidel e la religione*- Alessandra Ciattini
In un articolo dedicato al marxismo cubano, Aurelio
Alonso Tejada sottolinea giustamente le capacità tattiche e
strategiche di Fidel Castro in quanto dirigente politico [1], ma occorre
aggiungere che il pragmatismo del capo storico della Rivoluzione cubana non
costituisce un’opzione che fa strame dei principi, ma anzi ad essi si richiama
per individuare la tattica più adeguata per metterli in pratica.
A mio parere tali capacità risaltano in particolare
nell’atteggiamento politico che Fidel ha tenuto nei confronti
della religione, che a Cuba si presenta in un ventaglio complesso di
manifestazioni, e nei confronti delle correnti progressiste sorte sia in seno alla
Chiesa Cattolica che alle Chiese protestanti in America Latina.
Ricorderò, in primo luogo, i rapporti che stabilì, durante
un suo viaggio in Cile, con il Movimento dei cristiani per il
socialismo, quando si riunì con un gruppo di sacerdoti (dicembre 1971) e
formulò i due principi a cui si sarebbe dovuta ispirare la collaborazione tra i
marxisti e i cristiani. Essi sono: 1) i cristiani costituiscono <<alleati
strategici>> dei marxisti per portare avanti il processo di liberazione
dell’America Latina; 2) il cristiano può accettare tranquillamente la
metodologia analitica marxista, senza mettere in discussione la propria fede
religiosa.
Successivamente, l’anno seguente, Fidel invitò a Cuba dodici
sacerdoti cileni, i quali parteciparono ad attività di lavoro volontario. Alla
conclusione di questa significativa esperienza questi sacerdoti pubblicarono
sul Granmaun’importante dichiarazione che evidenziava una
convergenza di intenti tra i cristiani rivoluzionari e i marxisti. In tale
dichiarazione si evidenziavano queste 3 considerazioni: 1) l’origine dei mali
dell’America Latina sta nello sfruttamento capitalistico; 2) il socialismo
costituisce una necessità storica; 3) i cristiani debbono considerarsi
obbligati moralmente a lottare insieme ai marxisti contro la violenza
istituzionalizzata generata nel subcontinente dal capitalismo [2].
sabato 10 dicembre 2016
Dal fordismo al capitalismo bio-cognitivo - Andrea Fumagalli
"Il passaggio dal capitalismo fordista-industriale al capitalismo cognitivo-immateriale è quindi
la metamorfosi del ciclo del capitale dalla formula: denaro-merce-denaro (D-M-D')
a quello: denaro-conoscenza-denaro (D-M(K)-D')."
Leggi anche: http://effimera.org/produttivita-del-lavoro-precarieta-circolo-vizioso-delleconomia-italiana-andrea-fumagalli-2/
la metamorfosi del ciclo del capitale dalla formula: denaro-merce-denaro (D-M-D')
a quello: denaro-conoscenza-denaro (D-M(K)-D')."
Leggi anche: http://effimera.org/produttivita-del-lavoro-precarieta-circolo-vizioso-delleconomia-italiana-andrea-fumagalli-2/
venerdì 9 dicembre 2016
ELEMENTI DI ECONOMIA DEL LAVORO - Guglielmo Forges Davanzati
L’economia del lavoro ha come proprio campo d’indagine lo studio del funzionamento del mercato del lavoro, con particolare riferimento all’individuazione delle cause della disoccupazione e dei meccanismi che sono alla base della determinazione dei salari, sia sul piano teorico, sia sul piano empirico. A tal fine, e per quanto riguarda la trattazione che segue, si fa propria un’opzione metodologica che rinvia alla coesistenza di paradigmi alternativi e competitivi, non riconducibili a un schema teorico unitario e unanimemente condiviso. Questa opzione si basa sulla convinzione che ogni schema teorico si basa su assiomi, ovvero su premesse non dimostrate né dimostrabili, che sono radicalmente in contrapposizione con gli assiomi propri di altri schemi teorici e che, per questa ragione, non si rende possibile giungere a una sintesi. In quanto segue, verranno descritti i principali orientamenti teorici presenti nel dibattito contemporaneo: il modello neoclassico, il modello keynesiano, il modello postkeynesiano nella sua variante della c.d. teoria monetaria della produzione.
Si propongono, a seguire, due appendici: la prima dà conto del dibattito su diseguaglianze distributive e crescita economica; la seconda riporta un breve importante saggio di M. Kalecki, rilevante per la comprensione dello studio del funzionamento del mercato del lavoro in una prospettiva postkeynesiana e marxista. Alla trattazione di queste teorie vengono qui aggiunte due sezioni dedicate, rispettivamente, agli effetti delle politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro sull’occupazione e al dibattito sugli effetti dell’accumulazione di capitale umano sulla crescita economica e dell’occupazione.
Alla stesura di questi appunti hanno contribuito Andrea Pacella (Università di Catania) che ha scritto parte del cap.1 e Gabriella Paulì (Università del Salento), che ha scritto parte del cap.4 e del cap. 5. Lecce, marzo 2016
LEGGI TUTTO: https://www.dropbox.com/s/lqbu9gy1iqvepoe/ELEMENTI%20DI%20ECONOMIA%20DEL%20LAVORO%20-FORGES%20DAVANZATI.pdf?dl=0
mercoledì 7 dicembre 2016
La “Via Cinese” e il contesto internazionale
Tutti gli interventi e le relazioni a questi indirizzi:
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/cina/27292-la-via-cinese-e-il-contesto-internazionale-tutti-i-materiali-dal-convegno
https://ilgiornaledelriccio.wordpress.com/2016/11/04/la-via-cinese-e-il-contesto-internazionale-relazione-del-forum-europeo-2016-con-giulietto-chiesa-domenico-losurdo-vladimiro-giacche-ed-esponenti-cinesi/
martedì 6 dicembre 2016
Referendum “sociale” o costituzionale? Torna il problema delle “periferie” per il Pd - Marco Valbruzzi
Quali sono state le principali motivazioni che hanno spinto
gli elettori alle urne? E, soprattutto, perché hanno deciso di promuovere o
bocciare il progetto di revisione costituzionale del governo Renzi? Quali sono
stati gli strati sociali maggiormente favorevoli (o contrari) alla riforma? Per
rispondere a tali quesiti, l’Istituto Cattaneo ha analizzato la distribuzione
del voto nelle sezioni di Bologna per cercare di capire se i settori dove il
disagio sociale è maggiore hanno avuto un comportamento più critico nei
confronti del governo e della sua riforma. Un’analisi di questo tipo è resa
possibile dall’esistenza di dati socio-demografici della popolazione (età,
genere, reddito, presenza di immigrati ecc.), disaggregati a livello di singola
sezione elettorale e messi liberamente a disposizione dal comune di Bologna. Il
problema del Pd nelle periferie, sia geografiche che “sociali”, era già emerso
chiaramente nelle elezioni amministrative del 2016: nel territorio, il partito
di Renzi aveva perso progressivamente contatto e consenso negli strati sociali
più deboli, appartenenti a quel “ceto medio impoverito” di cui stanno
discutendo in questi giorni analisti e commentatori. Il referendum
costituzionale di domenica ha rappresentato un nuovo laboratorio d’analisi
all’interno del quale verificare se il voto favorevole alla riforma – sostenuto
dal Pd – ha “sofferto” in misura maggiore nelle aree di Bologna più disagiate o
in difficoltà. [...]
In sintesi, con il voto nel referendum costituzionale del 4
dicembre si conferma l’orientamento degli elettori a votare “contro” il governo
in carica, sia nelle elezioni politiche (comprese quelle amministrative) che in
quelle referendarie. Il voto diventa lo strumento attraverso il quale i
cittadini esprimono il loro malcontento verso una situazione di crisi –
economica e sociale – dalla quale non vedono ancora alcuna via d’uscita. Il
voto contro l’establishment, in opposizione alla classe di governo di turno, ha
trovato un nuovo canale di espressione nel referendum costituzionale,
trasformando un giudizio sulla riforma della Costituzione in una valutazione
sull’operato del governo Renzi e sulla condizione sociale degli elettori. Se ogni
occasione elettorale è buona per esprimere la propria insoddisfazione, anche un
referendum costituzionale può facilmente trasformarsi in un referendum
“sociale”. Con i risultati che ora sappiamo.
Leggi tutto: http://www.cattaneo.org/wp-content/uploads/2016/12/Analisi-Istituto-Cattaneo-Referendum-4-dicembre-2016-Pd-referendum-e-periferie-sociali-05.12.16.pdf
Leggi anche: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/12/05/referendum-dire-no-stati-giovani-disoccupati-meno-abbienti/
Leggi anche: http://www.infodata.ilsole24ore.com/2016/12/05/referendum-dire-no-stati-giovani-disoccupati-meno-abbienti/
lunedì 5 dicembre 2016
Rosa Luxemburg e la teoria del capitalismo*- Una recensione di Paul M. Sweezy
Questa recensione dell’opera di Rosa Luxemburg, The
Accumulation of capital [trad. di Agnes Schwarzschild, intr. di Joan
Robinson, London and New Haven 1951], apparve in “The New statesman and Nation”
il 2 giugno 1951 ed è riportata nel volume Paul M. Sweezy, Il
presente come storia, trad. di Ruggero Amaduzzi, Torino 1962
L’edizione italiana dell’opera è L'accumulazione del
capitale. Contributo alla spiegazione economica dell'imperialismo e ciò che gli
epigoni hanno fatto della teoria marxista. Una anticritica [trad. di
Bruno Maffi, introduzione di Paul M. Sweezy, Torino, 1968]
Per comprendere L’accumulazione del capitale ci
si deve collocare nella letteratura socialista della fine del secolo XIX e
dell’inizio del secolo XX. Era quello il periodo del grande dibattito fra i
marxisti “ortodossi” e i “revisionisti”, un dibattito che, sul piano puramente
analitico, si accentrava attorno alla questione: può il capitalismo continuare
ad espandersi indefinitamente, o presto o tardi crollerà in forza delle
contraddizioni economiche che gli sono congenite? I revisionisti sostenevano la
tesi dell’espandibilità indefinita e ne traevano la conclusione che non c’era
fratta per il socialismo e non c’era bisogno di prepararsi alla situazione
d’emergenza: tutto si poteva aggiustare tranquillamente e gradualmente. Gli
“ortodossi” erano unanimi nel respingere questa teoria, ma tutt’altro che unanimi
sulla teoria che ritenevano giusta. Fu proprio questo problema che Rosa
Luxemburg si propose di risolvere con L’accumulazione del capitale.
Il titolo stesso rivela dove essa riteneva di aver individuato il nucleo del
problema e riassume, come può farlo un breve titolo, l’argomento dell’intera
opera.
domenica 4 dicembre 2016
L'EGEMONIA DIGITALE - Renato Curcio
"Io sono l'automa", così si è presentato a una visita medica obbligatoria, un lavoratore deella ACEA di Roma. "In che senso scusi?" gli ha chiesto la dottoressa. E lui, con un tono angosciato: "Nel senso che ormai non sono più una persona, il tablet personale mi comanda come un robot, nel senso che mi sento un automa, gli presto le mani è vero, ma per il resto quasi non decido più nulla; nel senso che questi ci pilotano: 'vai qua e vai là', 'inserisci il tuo numero matricola e poi segui i comandi'; nel senso che il tablet attivato mi geo-localizza e mi programma la giornata; nel senso che ogni spostamento è controllato e se mi fermo a prendere un caffè o a urinare in un luogo non previsto il tablet lo registra; nel senso che è il tablet che mi porta in giro e ho paura! Ho paura che il tablet registri anche quello che le sto dicendo adesso che siamo in visita. Ecco in che senso".
Questo libro restituisce il percorso di un cantiere socianalitico che, partendo dalle narrazioni d’esperienza dei suoi partecipanti, si è interessato ai modi in cui l’impero virtuale cerca di costruire la sua capacità egemonica sul mondo del lavoro. Ripercorrendo la micro-fisica dei processi innescati dai dispositivi digitali che mediano l’attività lavorativa – smartphone, piattaforme, sistemi gestionali, registri elettronici – in queste pagine si esplorano alcune metamorfosi radicali che, mentre rovesciano il rapporto millenario tra gli umani e i loro strumenti, sconvolgono ciò che fino a ieri abbiamo familiarmente chiamato “lavoro”. Alcuni territori chiave – la digitalizzazione della scuola, della professione medica, dei servizi, dei trasporti condivisi, dei grandi studi legali e delle banche – assunti come analizzatori, ci raccontano l’impatto trasformativo delle nuove tecnologie e il disorientamento dei lavoratori. Ma, nello stesso tempo, fanno emergere le linee liberticide su cui questo processo procede: la cattura degli atti, la dittatura dei dati, il trionfo della quantità e le narrazioni sostitutive con cui esso si racconta. Proprio riflettendo su queste tendenze che velocemente ci attraversano fino al punto di chiamarci in causa singolarmente il libro, infine, indica quattro pericolose tendenze generali – l’autismo digitale, l’obesità tecnologica, l’ethos della quantità, lo smarrimento dei limiti – e si chiede se non sia forse giunto il momento, dopo le ambigue interpretazioni del Novecento, di cominciare a distinguere il progresso sociale dal progresso tecnologico.
sabato 3 dicembre 2016
CONTROSTORIA DEL SECOLO BREVE, il primo dopoguerra - Renato Caputo
8 LEZIONE. IL PRIMO DOPOGUERRA IN ITALIA - Problemi economico e sociali dell’Italia post-bellica; la crisi dello Stato liberale; il biennio rosso e l’occupazione delle fabbriche:
7. LEZIONE. DOPOGUERRA e REPUBBLICA DI WEIMAR. La Repubblica di Weimar e la sua crisi;
i fondamenti ideologici del nazionalsocialismo: https://www.youtube.com/watch?v=DIAEu36UWBY&feature=share
Lezioni precedenti: (1/2) https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/10/controstoria-del-secolo-breve-dalla.html
(5/6) https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/11/controstoria-del-secolo-breve-movimenti.htmlvenerdì 2 dicembre 2016
La Costituzione italiana e i trattati europei: convivenza possibile?*- Vladimiro Giacché
*Da. http://www.marx21.it/
Leggi anche: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/referendum-il-si-e-lattacco-finale-dei-mercati-al-benessere-dei-lavoratori/3224280/
Intervento di Vladimiro Giacché, Vice Presidente dell'Associazione politica e culturale MARX XXI,
nel corso del convegno organizzato dalla Casa Rossa di Milano, il 5 novembre 2016.
Leggi anche: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/11/30/referendum-il-si-e-lattacco-finale-dei-mercati-al-benessere-dei-lavoratori/3224280/
Intervento di Vladimiro Giacché, Vice Presidente dell'Associazione politica e culturale MARX XXI,
nel corso del convegno organizzato dalla Casa Rossa di Milano, il 5 novembre 2016.
giovedì 1 dicembre 2016
mercoledì 30 novembre 2016
Genere e famiglia in Marx: una rassegna*- Heather Brown**
**Eather Brown è
assistente di scienze politiche alla Westfield State University. Questo
articolo è un adattamento della conclusione del suo volume Marx on Gender and the Family: A Critical Study (Haymarket,
2013), dove compare in una forma leggermente diversa.
Molte studiose femministe hanno avuto, nel migliore dei
casi, un rapporto ambiguo con Marx e il marxismo. Una delle questioni oggetto
di maggiore contesa riguarda il rapporto Marx/Engels.
Gli studi di György Lukács, Terrel Carver e altri,
hanno mostrato significative differenze tra Marx ed Engels circa la dialettica,
così come su molte altre problematiche (1). Basandomi su tali lavori, ho
esplorato le loro differenze riguardo alle questioni di genere nonché della
famiglia. Ciò è di particolare rilevanza in rapporto ai dibattiti attuali,
considerato che un certo numero di studiose femministe hanno criticato Marx ed
Engels per quello che considerano il determinismo economico di questi ultimi.
Tuttavia, Lukács e Carver indicano proprio nel grado di determinismo
economico una notevole differenza tra i due. Entrambi considerano Engels
più monistico e scientista di Marx. Raya Dunayevskaya è tra le poche a
separare Marx ed Engels riguardo al genere, indicando nel contempo la natura
maggiormente monistica e deterministica della posizione di Engels, in contrasto
con una comprensione dialetticamente più sfumata delle relazioni di genere da
parte di Marx (2).
In anni recenti, vi è stata scarsa discussione intorno agli
scritti di Marx su genere e famiglia, ma negli anni Settanta e Ottanta, essi
erano oggetto di numerosi dibattiti. In alcuni casi, elementi della più
complessiva teoria marxiana andavano a fondersi con la teoria femminista,
psicoanalitica o di altra forma, nel lavoro di studiose femministe come Nancy
Hartsock e Heidi Hartmann (3). Queste hanno visto la teoria di Marx come
primariamente chiusa rispetto alle questioni di genere, insistendo sulla
necessità di integrazioni teoriche al fine di comprendere meglio le relazioni
di genere. Ciò nonostante, hanno continuato a ritenere il materialismo storico
di Marx come un punto di partenza per comprendere la produzione. Inoltre,
un certo numero di femministe marxiste hanno fornito il loro contributo, dai
tardi anni Sessanta fino agli Ottanta, in particolare nell’ambito dell’economia
politica. Per esempio, Margaret Benston, Mariarosa Dalla Costa, Silvia Federici
e Wally Seccombe, hanno tentato una rivalutazione del lavoro domestico (4). In
aggiunta, Lise Vogel ha cercato di andare oltre il sistema duale, verso una
comprensione unitaria dell’economia politica e della riproduzione sociale (5).
Ancora, Nancy Holmstrom ha mostrato come Marx possa essere utilizzato al fine
di comprendere lo sviluppo storico della natura femminile (6).
martedì 29 novembre 2016
La Politica in Spinoza - Carlo Sini
Vedi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/11/la-fortuna-nelletica-di-spinoza-maria.html
Dal minuto 2,22 la cattiva ricezione audio viene completamente risolta.
Dal minuto 2,22 la cattiva ricezione audio viene completamente risolta.
lunedì 28 novembre 2016
L'Occidente arretrato e l'Oriente avanzato*- Emiliano Alessandroni
Nelle Lezioni sulla filosofia della storia Hegel
ci insegna che «quando si parla di libertà, si deve sempre far caso se, in
realtà, non si stia parlando d'interessi privati» [1]. Già a suo tempo, dunque,
il filosofo tedesco ci metteva in guardia contro gli usi ideologici di
determinati termini e vocaboli.
Qualche decennio più tardi, in effetti, allorché si sviluppa
il dibattito sulla schiavitù nel sud degli Stati Uniti, i proprietari di
schiavi denunciavano quelle spinte che premevano verso la soppressione
dell'istituto della schiavitù, come degli attacchi alla libertà,
ovvero a quelli che definivano sacrosanti diritti di proprietà [2].
La libertà che si vedevano minacciata era la libertà di possedere schiavi e i
diritti che rivendicavano erano essenzialmente il diritto di commerciare carne
umana. Evidentemente i due termini, libertà e diritto, venivano
impiegati in una accezione tutta ideologica, al fine di difendere interessi
particolari.
Qualcosa di analogo si verifica anche ai giorni nostri: gli attuali mezzi di comunicazione sono soliti presentare l'Occidente come un insieme di stati avanzati e democratici e l'Oriente come un agglomerato caotico di stati dispotici e arretrati. Ma, dobbiamo domandarci, stanno davvero così le cose? L'Occidente promuove realmente un avanzamento ed un progresso storico nel mondo? O ci troviamo anche in questo caso di fronte ad un uso ideologico dei termini volto alla difesa di interessi particolari?
Per rispondere a queste domande soffermiamoci su alcuni dei
più significativi scenari internazionali, e osserviamo se l'Occidente abbia
assunto verso di essi un atteggiamento costruttivo e progressivo o distruttivo
e regressivo.
domenica 27 novembre 2016
Referendum costituzionale, le ragioni del No*- Luigi Ferrajoli
Le costituzioni sono patti di convivenza, sorrette da un
consenso generale. La Costituzione di Renzi, invece, è una costituzione che
divide, non essendo neppure di maggioranza, ma di minoranza
Le ragioni del No al referendum sull’aggressione in atto
alla nostra Costituzione investono sia il metodo con cui la riforma è stata
approvata, sia i suoi contenuti.
Anzitutto le ragioni di metodo. Questa riforma, cambiando 47
articoli su 139, non è una “revisione” dell’attuale costituzione, ma un’altra
costituzione, diversa da quella del 1948. Ma la nostra Costituzione non
consente l’approvazione di una nuova costituzione, neppure ad opera di
un’ipotetica assemblea costituente che pur decidesse a larghissima
maggioranza. Il solo potere ammesso dall’articolo 138 della Costituzione è un
potere di revisione, che non è un potere costituente ma un potere costituito.
Di qui il primo profilo di illegittimità: l’indebita trasformazione del potere
di revisione costituzionale previsto dall’articolo 138 in un potere costituente
non previsto dalla nostra Costituzione e perciò anticostituzionale ed eversivo.
In secondo luogo questa nuova costituzione, per il modo in
cui è stata promossa e approvata, è un oltraggio non tanto e non solo alla
Costituzione del 1948, ma al costituzionalismo in quanto tale, cioè all’idea
stessa di Costituzione. Le costituzioni sono patti di convivenza. Stabiliscono
le pre-condizioni del vivere civile, idonee a garantire tutti, maggioranze e
minoranze, e perciò tendenzialmente sorrette da un consenso generale quale fu
quello con cui fu approvata la Costituzione del ’48. Servono a unire, e non a
dividere, dato che equivalgono a sistemi di limiti e vincoli imposti a
qualunque maggioranza, di destra o di sinistra o di centro, a garanzia di
tutti.
sabato 26 novembre 2016
Omaggio a Fidel* - Lia
Io non ho amato Cuba, nei tre anni trascorsi a studiare lì.
Tanto è vero che mi spostavo in Messico ogni volta che potevo, e alla fine a
Cuba ci avrò trascorso un anno e mezzo in totale. Non l’ho amata perché amo
poco le isole, in generale, e perché i cubani mi davano sui nervi, parecchio.
E la pativo: l’embargo è uno stillicidio di cose che non funzionano, che
non si trovano, che sono difficilissime da fare. L’embargo crea paesi logoranti
dove la sopravvivenza è legata all’organizzazione che ti dai, e dove tu,
straniero, sei sempre in torto: perché hai più soldi – credono loro – e vieni
dalla parte di mondo che la vorrebbe vedere cadere, Cuba, e l’isola risponde
togliendoti ogni tratto umano e trasformandoti in un portafogli che cammina,
caricaturizzandoti nel cliché dello straniero a Cuba che, nove volte su dieci,
non è una bella persona. Io, quindi, ogni volta che potevo prendevo il mio
Cubana de Aviación e in 50 minuti ero in Messico, dove la gente era normale e
non si aspettava di essere pagata anche solo per rispondere a un “buongiorno”.
E dove, perdonatemi, mangiavo: un’insalata che non fosse di cavolo, una
minestra che non fosse sempre e solo di riso con fagioli, un frutto che non
fosse l’unico che si trova a Cuba di trimestre in trimestre. Un’introvabile
patata. Un gelato che non fosse stato scongelato e ricongelato quaranta volte.
A Cuba, a meno che tu non voglia spendere molti soldi – e anche lì, uhm –
apprendi cos’è la deprivazione sensoriale, dopo mesi passati a provare un
sapore solo. Io a Cuba una volta sono quasi svenuta in un supermercato, dopo
due giorni trascorsi all’infruttuosa ricerca di un pomodoro. Il corpo ti chiede
certe vitamine, certi sali minerali, e tu non riesci a darglieli. Atterravo in
Messico e, i primi due giorni, mi strafogavo.
Eppure, Cuba funzionava. A modo suo. Davanti a ogni facoltà,
all’università, c’era una targa che ringraziava la tale Comunità Autonoma
spagnola che aveva finanziato il sistema elettrico. All’interno della facoltà
sembrava di essere negli anni 50 dopo un bombardamento: banchi, cattedre,
lavagne, tavoli sbilenchi, lampadine a intermittenza, computer e telefoni
arcaici, sedie metalliche incongruenti, tutto in rovina, tutto cadente, e in
mezzo a tutto questo professori trasandati, sciupati, malvestiti, che però ti
facevano lezioni durante cui il tempo volava, che sapevano quello che facevano,
che erano bravi. A volte proprio bravi. L’assoluta incongruenza tra lo
squallore del luogo e la qualità delle parole. E la serietà, la severità,
l’inflessibilità dietro la trasandatezza. La gente che ho visto bocciare
all’esame di dottorato. L’incongruenza che tu, straniera, avvertivi tra come si
presentava il tutto e la loro altissima considerazione di sé. Perché i cubani
hanno un’immensa stima di sé. I cubani si sentono speciali, bravissimi, una
specie di razza eletta. E questo non te lo aspetti, da un paese che cade a
pezzi. E siccome te la fanno pesare, la loro presunzione, la loro certezza di
essere degli immensi fighi, un po’ li strozzeresti e un po’ ti ritrovi ad ammettere
che tutti i torti non ce li hanno. Li strozzeresti per i modi, ma poi devi
ammettere che la loro forza è tutta lì. Nel sentirsi i migliori di tutti e
quelli che non hanno paura di nessuno.
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