La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
giovedì 14 agosto 2025
Il volto mostruoso dell’Occidente - Andrea Zhok
lunedì 28 luglio 2025
SUL COLLASSO MORALE DELL'OCCIDENTE - Andrea Zhok
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Il lavoro secondo Andrea Zhok - Alessandra Ciattini
COSA NON SI FA PER AMORE DELLA LIBERTÀ - Andrea Zhok (15/06/2025)
lunedì 23 giugno 2025
L'intero pianeta è tenuto in ostaggio da un culto della morte - Pepe Escobar
Da: La Zona Grigia - Fonte: https://www.unz.com/.../the-whole-planet-is-being-kept... - Traduzione: La Zona Grigia - Emilio Pepe Escobar è un giornalista brasiliano. È noto per la sua collaborazione con i media alternativi online e i suoi lavori sono apparsi su riviste come Asia Times, Mondialisation.ca, CounterPunch, Al-Jazeera, Press TV, Russia Today, Sputnik, Strategic Culture Foundation e Guancha.
domenica 22 giugno 2025
COSA NON SI FA PER AMORE DELLA LIBERTÀ - Andrea Zhok (15/06/2025)
Da: https://www.facebook.com/andrea.zhok.5 - Andrea Zhok, nato a Trieste nel 1967, ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex. È dottore di ricerca dell’Università di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
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Il lavoro secondo Andrea Zhok - Alessandra Ciattini
Il senso dei valori. Fenomenologia, etica e politica di Andrea Zhok, Mimesis, 2024.
martedì 27 maggio 2025
Il lavoro secondo Andrea Zhok - Alessandra Ciattini
Da: https://futurasocieta.org - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it -
Andrea Zhok ha studiato presso le Università di Trieste, Milano, Vienna ed Essex. È professore di Filosofia morale presso il Dipartimento di Filosofia dell’Università degli Studi di Milano e Master of Philosophy dell’Università di Essex.
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La logica della crisi corrente - Andrea Zhok
Le riflessioni sul concetto di lavoro di Andrea Zhok, docente di Filosofia morale all’Università Statale di Milano, meritano di essere prese in considerazione. Se nei decenni passati la concezione di lavoro come impegno, contributo alla vita collettiva aveva ancora un qualche spazio, oggi è stata cancellata dall’idea che esso deve essere divertimento, puro mezzo per soddisfare le nostre esigenze personali, sia primarie che secondarie. Questo cambiamento è stato generato da una serie di trasformazioni strutturali e non solo dall’imporsi di un punto di vista differente.
Mi sono imbattuta per caso in un video proposto dalla casa editrice Ibex, “che produce libri per chi scala il futuro” e che mira al “Rinascimento italiano”. Nel suo sito, che ha 27.100 iscritti, si può leggere anche: “Non trattiamo un unico argomento, perché l’arte di domare gli eventi futuri non è fatta di tecnicismi settoriali, ma di intraprendenza strategica, e quindi olistica”. Così, spaziano “dal marketing alla filosofia, dall’imprenditoria alla propaganda passando per la politica”; un interessante percorso che desta molta curiosità, soprattutto in chi vuole capire per quale parte gli autori di queste frasi si schierano nel confuso scenario politico contemporaneo.
giovedì 30 maggio 2024
Trasformazione sociale ed emancipazione della donna - Alessandra Ciattini
Da: https://www.marxismo-oggi.it - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.
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Discorso sulle donne - Thomas Sankara
Genere e famiglia in Marx: una rassegna*- Heather Brown
La donna, la nuova morale sessuale e la prostituzione*- Joseph Roth
La questione di classe è una questione di genere - Giovanna Vertova
Chi trasforma la società capitalistica?
Ovviamente nessuno può mettere in discussione che uno dei problemi centrali della società contemporanea, sia nei paesi a capitalismo avanzato che nel cosiddetto Sud globale, non toccati a fondo dalle rivoluzioni borghesi, è quello dell’emancipazione della donna, sesso a cui appartengono più della metà degli esseri umani.
Tuttavia, a mio parere, l’enfasi quotidiana sul problema donna e genere cela molte ambiguità e non ci conduce ad un miglioramento effettivo delle condizioni di vita di coloro che hanno il compito impegnativo e non facile di perpetuare la specie umana.
Anticipo che mi muovo in una prospettiva marxista, facendo presente che ovviamente non deve essere intesa nel senso vetero-positivista, spesso impiegato dagli antimarxisti o da semplici militanti radicali, che ricadono generalmente in uno sterile riduzionismo. Anticipo anche che la seguente analisi si riferisce alla condizione della donna nella contemporanea società capitalistica e avanzata, che però sta palesando chiari segni di regressione e di declino. Basti pensare che si è ristabilita la condizione dei cosiddetti lavoratori poveri dominante dall’esplosione del capitalismo al secondo dopoguerra. Non tratterò la questione della donna nelle società a capitalismo emergente o periferico, convinta che ampie generalizzazioni producano solo semplificazioni del tutto inutili a comprendere a fondo la storia e la vita sociale.
L’enfasi cui parlavo e che è divenuta il tema dominante di ogni discorso pseudo-trasformativo convogliato dai media consiste nell’insistere sulla convinzione che il cambiamento potrà esser realizzato da tutti quei gruppi critici dell’attuale sistema in senso ampio, come appunto il femminismo nelle sue varie forme, i sostenitori di una sessualità più ampia, le minoranze etniche o se volete, come si dice, altre.
Riprendendo l’osservazione del grande economista trotskista Ernest Mandel, ritengo che: “Ogni prospettiva di trasferire la funzione rivoluzionaria ad altri strati sociali che sono incapaci di paralizzare la produzione di un solo colpo, che non hanno un ruolo chiave nel processo produttivo, che non sono la fonte principale del profitto e dell’accumulazione del capitale, rappresenta un passo indietro dal socialismo scientifico al socialismo utopistico…” (1973: 119-121). Vedasi l’attuale situazione francese, ma anche quella statunitense. Naturalmente da ciò si evince che quegli strati o gruppi, che portano avanti rivendicazioni specifiche e in qualche modo limitate, sono integrabili nella cosiddetta classe rivoluzionaria nella misura in cui fanno parte dell’estesissima porzione della popolazione che per campare deve accettare un lavoro dipendente e salariato, anche nelle condizioni più svantaggiose. Pertanto, non credo che l’accento sul ruolo rivoluzionario dei salariati determini necessariamente “la limitazione delle soggettività che compongono la classe lavoratrice” (Toffanin 2018), perché la maggior parte delle donne appartengono a questa classe.
domenica 11 settembre 2022
Il conflitto in Ucraina accelera la fine del dominio dell’Occidente - Thierry Meyssan
Da: https://www.voltairenet.org - https://www.sinistrainrete.info - Thierry Meyssan, consulente politico, presidente-fondatore della Rete Voltaire. Ultima opera in italiano
Leggi anche: Il sabotaggio della pace in Europa - Thierry Meyssan
"La messa in scena come metodo della politica occidentale" - S.V. Lavrov
La logica della crisi corrente - Andrea Zhok
Le ragioni della Russia - Aristide Bellacicco
Cosa sta succedendo dentro l’ONU?
Vedi anche: Geopolitica. Gli USA perderanno anche la leadership energetica - Demostenes Floros
Il conflitto ucraino, presentato come un’aggressione della Russia, è invece l’applicazione della risoluzione 2202 del 17 febbraio 2015 del Consiglio di Sicurezza. Francia e Germania non hanno tenuto fede agli impegni assunti con l’Accordo di Minsk II, quindi per sette anni la Russia si è preparata allo scontro attuale. Mosca ha previsto le sanzioni occidentali con molto anticipo, sicché le sono bastati due mesi per aggirarle. Le sanzioni scompaginano la globalizzazione statunitense, perturbano le economie occidentali spezzando le catene di approvvigionamento, facendo rifluire i dollari verso Washington e provocando un’inflazione generale, causando infine una crisi energetica. Chi la fa l’aspetti: gli Stati Uniti e i loro alleati si stanno scavando la fossa con le proprie mani. Nel frattempo le entrate del Tesoro russo in sei mesi sono aumentate del 32%.
Nei sette anni appena trascorsi spettava alle potenze garanti dell’Accordo di Minsk II (Germania, Francia, Ucraina e Russia) farlo rispettare. Non l’hanno fatto, sebbene l’intesa sia stata avallata e legalizzata il 17 febbraio 2015 dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e a dispetto delle affermazioni sulla necessità di proteggere i cittadini ucraini, minacciati dal loro stesso governo.
Il 31 gennaio 2022, allorquando cominciavano a circolare notizie su un possibile intervento militare russo, il segretario del Consiglio di Sicurezza Nazionale di Difesa ucraino, Oleksy Danilov, sfidava Germania, Francia, Russia e Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dichiarando: «Il rispetto degli Accordi di Minsk significa la distruzione del Paese. Quando furono firmati sotto la minaccia armata dei russi - e sotto lo sguardo di tedeschi e francesi - era già chiaro a tutte le persone razionali che sarebbe stato impossibile applicarli» [1].
Sette anni dopo, quando il numero di ucraini uccisi dal governo di Kiev ha superato i 12 mila secondo la versione ucraina e i 20 mila secondo la Commissione d’inchiesta russa, solo allora Mosca ha lanciato un’«operazione militare speciale» contro i «nazionalisti integralisti» ucraini (come vogliono essere chiamati), che i russi definiscono «neonazisti».
Sin dall’inizio dell’operazione la Russia ha dichiarato che si sarebbe limitata a soccorrere le popolazioni e a «denazificare» l’Ucraina, non già a occuparla. Ciononostante gli Occidentali hanno accusata la Russia di voler prendere Kiev, di voler rovesciare il presidente Zelensky e annettere l’Ucraina; azioni che evidentemente i russi non hanno fatto. Soltanto dopo l’esecuzione di uno dei negoziatori ucraini, Denis Kireev, ucciso dai servizi di sicurezza del proprio Paese (SBU), e la sospensione dei colloqui da parte del presidente Zelensky, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato di voler inasprire le pretese russe. Ora la Federazione reclama la Novorussia, ossia tutto il sud dell’Ucraina, territorio storicamente russo dai tempi della zarina Caterina II, salvo un’interruzione di 33 anni.
giovedì 7 luglio 2022
La logica della crisi corrente - Andrea Zhok
Da: https://sfero.me - https://www.sinistrainrete.info - Andrea Zhok è un filosofo e accademico italiano, professore di Antropologia filosofica e Filosofia morale presso l’Università degli Studi di Milano. Si laurea in Filosofia teoretica all’Università degli Studi di Milano con una tesi su Max Scheler, discussa sotto la supervisione di Carlo Sini, di cui è allievo.
Per cercar di comprendere la situazione attuale e le sue tendenze di sviluppo è necessario alzare lo sguardo almeno all’altezza degli ultimi tre lustri, ricollegandoci alla crisi finanziaria del 2007-2008.
La crisi subprime ha mostrato, innanzitutto, nella maniera più chiara, chi detiene la sovranità effettiva nel mondo odierno. Alle origini della crisi sta la deregolamentazione del sistema finanziario americano avvenuto almeno a partire dall’abolizione dello Glass-Steagall Act (1999, presidenza Clinton), con cui si sono aperte le ultime dighe al predominio della finanza speculativa (processo iniziato sin dagli anni ’70). Quell’atto di delegificazione era stato auspicato da tempo dai principali attori finanziari statunitensi, ma solo alla soglia del 2000 le pressioni ottennero pienamente l’esito desiderato.
Da allora si è avviata una stagione di speculazione ruggente che ha prodotto un incremento costante del peso dell’economia finanziaria rispetto all’economia reale, promuovendo la creazione della pazzesca bolla immobiliare esplosa a fine 2007.
In quell’occasione per il sistema finanziario si trattava di capire una sola cosa, ovvero se, o in quale misura, gli stati avrebbero compensato per i rischi speculativi privatamente presi. Quando il governo americano decise (con molti tentennamenti) di lasciar fallire la Lehman Brothers, come "esempio" contro il "moral hazard" del sistema bancario, i vertici del sistema finanziario presero un discreto spavento. Per qualche lunghissimo giorno si percepì la possibilità di un effetto domino, di un collasso totale con il successivo fallimento del gigante AIG, che sarebbe stato incontenibile nelle conseguenze. Questa propagazione venne sventata dal governo USA all’ultimo momento, con la prima di una prodigiosa serie di “iniezioni di liquidità”.
L'UE rispose alla crisi con straordinaria flemma, mantenendo inizialmente alti i tassi di interesse e attendendo 4 anni prima di acconsentire ad un'operazione simile di immissione di liquidità (il "whatever it takes"). Questi 4 anni servirono al monetarismo tedesco per imporre il proprio dominio disciplinare incontrastato, spezzando le reni alla Grecia e avviando il processo di svendita in saldo degli ultimi pezzi pregiati dell'Italia.
lunedì 16 ottobre 2017
Semiotica e Moneta*- Carlo Sini**
**Carlo_Sini è un filosofo italiano. Laureatosi con Enzo Paci. È membro dell’Accademia dei Lincei e dell’Institut International de Philosophie di Parigi.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/luomo-e-il-denaro-carlo-sini.html#more
In una celebre pagina della Ricchezza delle nazioni Adam Smith si chiede se la tendenza umana a trafficare, a barattare, a scambiare una cosa con un’altra non sia se non la conseguenza della facoltà della ragione e della parola. Vi sarebbe dunque un nesso profondo tra economia e linguaggio, denaro e parola, e in effetti denaro e linguaggio sono due sistemi di segni che caratterizzano in modo eminente l’umano. Uno scambio semiotico come questo non ha riscontro nel mondo animale, se non per cenni embrionali in ogni senso incomparabili.
Che cosa è segno ricordiamolo qui in forma molto sintetica: segno, diceva Peirce, è qualcosa che sta al posto di qualcos’altro; quindi è qualcosa che rappresenta qualcos’altro sulla base dell’uso sociale, ovvero delle risposte comuni. Stando «al posto di», il segno favorisce dunque lo scambio, fornisce una cosa per un’altra o che vale come rappresentante di quell’altra, e ciò fondamentalmente in vista dello scambio di beni e di informazioni. Cioè del possesso di qualcosa e dell’acquisto di conoscenze. È interessante osservare che beni e informazioni si possono scambiare le parti; infatti anche il possesso di un bene informa: se vado in giro su una Ferrari, implicitamente informo che non sono un poveraccio. Se invece so come vanno le cose in luoghi difficilmente accessibili ma per me significativi, è evidente che il possesso di queste informazioni riveste per me la natura di un bene.
Chiediamoci ora quale sia rispettivamente il valore di un’informazione e il valore di uno scambio di beni. Nel primo caso, evidentemente, è che l’informazione sia corretta. Che cosa si debba intendere con il termine ‘correttezza’ non va appiattito, come spesso si fa, sulla base esclusiva delle teorie della informatica novecentesca, teorie che spesso hanno la ridicola pretesa di ridurre alle loro categorie analitiche ogni sorta di messaggio, come chiedersi per esempio quante informazioni contiene la Divina commedia. Le profezie della Sibilla prevedono una loro correttezza di formulazione e d’uso e così i criteri per l’infallibilità del papa o il significato di verità della statistica sociale.
Quanto al valore dello scambio di beni, credo che il criterio sia, in questo caso, che lo scambio sia equo. Ovvero produttivo per entrambi i contraenti, i quali devono altresì essere completamente liberi di addivenire allo scambio oppure no. Il senso di questa «libertà» è peraltro complesso e non facilmente determinabile. Esso non si identifica affatto con l’ottimismo liberistico che lo assegna senz’altro al desiderio soggettivo di aderire allo scambio. Se vi è disparità sul piano del bisogno, nel senso che un contraente può fare a meno senza danno dello scambio in questione e l’altro contraente invece no (è molto spesso il caso del mercato del lavoro), allora lo scambio non è socialmente equo. Così pure, se l’offerta è rivolta a persona ignorante o sprovveduta (per esempio un contraente conosce bene il valore dello scambio in questione e trae profitto dalla totale ignoranza dell’altro contraente circa il valore dei beni comparati), di nuovo lo scambio non è moralmente equo.