Da: ilfattoquotidiano.it - Jeffrey Sachs, professore universitario presso la Columbia University, è Direttore del Center for Sustainable Development presso la Columbia University e Presidente del Sustainable Development Solutions Network delle Nazioni Unite. Ha servito come consigliere di tre Segretari generali delle Nazioni Unite e attualmente ricopre il ruolo di avvocato SDG sotto il Segretario generale António Guterres. - Riccardo Antoniucci, Filosofo. Dal 2013 al 2016 è stato responsabile comunicazione e ufficio stampa per la casa editrice DeriveApprodi. Attualmente continua a lavorare nello stesso ambito come freelance, collaborando, tra gli altri, con le case editrici manifestolibri e Stampa Alternativa. Traduce dal francese ed è animatore della rubrica Francesismi per il blog filosofico di Micromega Il rasoio di Occam
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Sachs: «Il grande errore degli Stati Uniti è credere che la Nato sconfiggerà la Russia» - Federico Fubini Vedi anche: Dove vanno Europa, Usa, Ucraina e Russia - Elena Basile, Alessandro Orsini e Jeffrey Sachs
Il leader ucraino fuori gioco: consigliato male da Biden e dagli europei.
Ci sono buone ragioni per credere che il conflitto ucraino sia sulla buona strada per concludersi, ritiene Jeffrey Sachs. Il motivo è strategico: Donald Trump ha rotto la tradizione neoconservatrice a cui si è uniformata la politica estera degli Stati Uniti dagli anni 90, incentrata sull’espansione della Nato a est. Così, è la tesi di Sachs, si elimina la principale ragione di preoccupazione strategica della Russia.
È meno certo, però, che lo stile trumpiano riesca a concludere l’oltre mezzo secolo di conflitto israelo-palestinese: “Mi sembra assai probabile che Trump proseguirà la politica disastrosa” di sostenere “la pulizia etnica e le colonie illegali di Israele”, dice l’economista e saggista della Columbia University. Con un caveat: quando si parla di politica estera di Trump, non va sottovaluto il suo “alto grado di improvvisazione”.
L’amministrazione Trump è davvero in rottura con la politica estera Usa?
Non su tutto. Per quanto riguarda l’Ucraina, Donald Trump sta dichiarando la fine del piano neo-conservatore di espansione della Nato all’Ucraina e alla Georgia, e questo è un segnale chiaro. Sul dossier Israele-Palestina, invece, la posizione di Washington rimane incerta. È vero che Trump, da un lato, ha spinto per il cessate il fuoco, ma dall’altro lato a Gaza continua a sostenere la pulizia etnica dei palestinesi, e in Cisgiordania appoggia la violenza estrema e le colonie illegali di Israele.
La pace in Ucraina, se arriverà, e la tregua a Gaza saranno durature?
Per quanto riguarda l’Ucraina, sì per le ragioni che ho spiegato. La guerra in Medio Oriente finirà soltanto quando verrà creato uno Stato di Palestina accanto a quello di Israele. Finora, Washington ha posto il veto su questo piano, e mi sembra assai probabile che Trump proseguirà con questa politica disastrosa. L’Europa dovrebbe far sentire la sua voce e pretendere che la Palestina venga accolta a pieno titolo come membro delle Nazioni Unite. È molto semplice.
Nella politica estera trumpiana è emerso il protagonismo di Steve Witkoff. Un uomo d’affari, non un diplomatico, che sembra aver messo in ombra l’inviato Usa per il conflitto ucraino Keith Kellog. È così influente?
Witkoff sembra essere il negoziatore preferito di Trump, e sì, sembra che Kellogg sia emarginato al momento. Ma non bisogna dimenticare un altro importante fattore. Ovvero che la politica estera di Trump è basata su una forte dose di improvvisazione, sia del presidente che del suo team.
Il vertice di Riad è stato “solo” un bilaterale che ha sancito la riapertura di un dialogo tra Stati Uniti e Russia, oppure l’inizio di negoziati di pace in Ucraina veri e propri?
Direi che è stato l’inizio di un ripristino di normali relazioni tra Stati Uniti e Russia, il che comprende anche l’apertura di una discussione sulla fine della guerra in Ucraina.
L’Europa è fuori dai giochi? E come si sta riorganizzando il rapporto tra Ue e Usa?
L’Europa si è tagliata fuori da sola, rifiutando la diplomazia. Fondamentalmente, si è schierata sulla linea neo-con: ha riecheggiato i loro discorsi e sposato i loro obiettivi. Così facendo ha gettato al vento la storia delle relazioni diplomatiche tra Russia ed Europa. Ora che gli Stati Uniti di Trump stanno rompendo con l’approccio neo-con, gli europei si ritrovano disorientati e senza strategia. L’Europa ha bisogno di rimettersi in sesto. Non le conviene supplicare gli Stati Uniti, ma deve impegnarsi direttamente con la Russia sulle questioni di sicurezza europea. E dovrebbe riallacciare i rapporti economici con Mosca.
Zelensky è fuori dai giochi, invece?
Assolutamente sì. Zelensky è disprezzato a Washington, impopolare in Ucraina ed è perdente sul campo di battaglia. Governa solo in virtù della legge marziale. Ha fatto pessime scelte, ma la cosa più tragica è che le ha fatte consigliato dagli Usa di Biden e dall’Europa. Ho cercato più volte di avvertire gli ucraini di quanto fosse disastrosa la politica dell’allargamento della Nato e ho sottolineato la necessità per Kiev di cercare garanzie di sicurezza in una strategia di neutralità. Ma nessuno ha voluto ascoltare la verità.
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