domenica 6 agosto 2017

Primo maggio*- Gianfranco Pala

*Da:  http://www.webalice.it/gianfrancopala40/   http://www.contraddizione.it/quiproquo.htm 
L’OMBRA DI MARX - estratti da “piccolo dizionario marxista” contro l’uso ideologico delle parole 

... però a quelli in malafede, sempre a caccia delle streghe, dico: no! non è una cosa seria! non mettetemi alle strette, o, con quanto fiato ho in gola, vi urlerò: non c’è paura! ma che politica, che cultura, sono solo canzonette!...”. Allorché il giovane Edoardo Bennato irrideva così al potere, nella sua celebrazione di Peter Pan, forse non pensava di finire anche lui sul palco del “concertone” sindacale del primo maggio, dove la tragica ricorrenza di una giornata di dura lotta sindacale è finita – una seconda, una terza, un’ennesima volta – nella farsa delle “canzonette”: ma che politica, che cultura!

E pensare che il 1° maggio – al pari dell’8 marzo – è nata come giornata di lotta, in ricorrenza di una tragedia proletaria. Ma si sa: il tempo sana le ferite (della borghesia!).

Otto ore: di lavoro, di svago, di riposo – questo fu lo slogan lanciato dai lavoratori australiani nel 1855, e fatto proprio dalla I internazionale (Ail) come “limite legale della giornata lavorativa” nel 1866 a Ginevra. Già il primo maggio dell’anno successivo, a Chicago, allora principale città industriale degli Usa, vi fu una manifestazione di massa. Senonché, nel 1877, ancora a Chicago, la locale confindustria organizzò un comitato cittadino di “giustizieri” per la “lotta armata contro le organizzazioni operaie”, dopo aver compilato “liste nere” degli scioperanti, i primi a dover essere almeno licenziati se non addirittura soppressi. Parallelamente invalse il principio padronale che vietava l’appartenenza dei lavoratori a qualsiasi sindacato operaio. Ciononostante le organizzazioni sindacali sor­gevano spontaneamente e crescevano. La stampa già scriveva che ciò rappresentava “da parte del comunismo, una minaccia per tutta la società americana”, spingendo il potere a regolare definitivamente i conti con quei “nemici”.

Ma l’evento che segnò la storia fu legato al 1° maggio 1886, sempre a Chicago. Quasi mezzo milione di lavoratori sospese per quel giorno il lavoro, manifestando pacificamente. Col proseguire dello sciopero generale di protesta, contro i continui e massicci licenziamenti (la cui “cau­sa”, evidentemente, anche al­lora era ritenuta ...“giusta” dai padroni), con cui si facevano pagare ai lavoratori le conseguenze della grave crisi economica Usa, che durava dal 1882, gli industriali invocarono l’intervento di governo, magistratura e polizia. Que­st’ultima, col pretesto della voce messa in giro apposta, che i “comuni­sti” – chiunque protestava era “comu­nista” (“... comunista, comunista!”) – erano armati, il 3 e 4 maggio sparò sulla folla per “autodifesa preventiva”, uccidendo 21 persone.

Dopo che in piazza Haymarket, pro­vocatoriamente – secondo un piano, dei servizi segreti Pinkerton (poi Cia), che predispose dettagliatamente l’inciden­te – fu fatta scoppiare una bomba tra la folla e la polizia, vennero bandite le organizzazioni dei lavoratori, effettuate perquisizioni a tappeto e arrestati scioperanti e agitatori, tra cui i principali otto dirigenti sindacali; in base a quella falsa denuncia, che stava a testimoniare del completo arbitrio delle autorità, cinque di essi furono poi condannati a morte.

Appena sette anni dopo – tanto ormai i giochi del potere avevano fat­to il loro corso – tutti gli otto dirigenti furono riabilitati (anche quelli impiccati!), riconoscendo la totale infondatezza della provocatoria accusa e l’ingiustizia della conseguente condanna. Le provocazioni Usa hanno una lunga carriera alle spalle!

Ma il dado della giornata di lotta era tratto, almeno fino all’esito attuale delle “canzonette”. Così, il 1° maggio 1890 vide per la prima volta manifestazioni in tutto il mondo. L’anno dopo, il partito operaio francese organizzò la manifestazione del 1° maggio 1891, incentrata sulla riduzione dell’orario di lavoro e, quindi, sulla rivendicazione dei diritti dei lavoratori e sul loro sviluppo intellettuale. Come scrisse un testimone di rilievo quale Paul Lafargue [che pubblicò quello stesso anno la sua nota sulla Francia, in Die neue zeit, n.36], l’appello dei lavoratori francesi era stato appena affisso che in molte città la polizia lo fece lacerare dato che – come si “giustificarono” al ministero degli interni – “i manifesti turbavano la circolazione, perché la folla si ammassava per leggerli”! L’appello fu riprodotto da tutta la stampa.

Dovunque esistessero camere del lavoro, organizzazioni sindacali e gruppi socialisti, si cercò con ogni mezzo di organizzare la sospensione generale del lavoro e manifestazioni di piazza. Nonostante gli sforzi dei padroni e del governo per ostacolare l’agitazione, questa fu portata avanti in modo tanto tranquillo quanto fermo. Disertò il lavoro un numero considerevole di lavoratori e la popolazione affluì in massa per appoggiare la propria delegazione. Il presidente della camera, che – come osservava ancora Lafargue – recitava la parte di Pulcinella nella commedia inscenata dal suo partito, rifiutò di ricevere i delegati perché ... il loro “numero era troppo grande”. Gli industriali, furibondi, dichiararono di non essere più padroni delle loro fabbriche, e tuttavia non osarono opporsi alla decisione presa, ricordandosi che l’anno pri­ma la loro resistenza aveva provocato parecchi scioperi. Fecero quindi conoscere la loro intenzione di proporre che il 1° maggio fosse riconosciuto come festa legale. La lotta proletaria fu santificata come festa borghese: ma per molti e molti anni ancora il carattere di lotta continuò.

In Italia, con la consueta cinica perfidia e infamia clericale, Leone XIII proprio il 1° maggio 1891 firmò l’en­ciclica Rerum novarum (che fu poi pubblicata il 15). Anche la strage di Portella delle ginestre fu ordinata dal potere ai banditi fascisti durante la manifestazione del 1° maggio 1947. Come durante il fascismo in Italia, negli Usa, proprio nel paese dove avvenne la strage conseguente allo scio­pero del 1° maggio 1886, si è continuato fino a oggi a considerare quel giorno come ricorrenza dei lavoratori “comunisti”, e perciò ostracizzata. Al suo posto è stato proclamato “giorno del lavoro” (e non dei lavoratori) la prima domenica (quindi già giornata festiva) di settembre: perché il “lavo­ro” riguarda tutti, a cominciare – e forse finendo lì – dai padroni. Non sembri un caso che oggi anche gli imitatori italioti degli yankee, anche nell’asinistra, vogliano varare un nuovo “statuto dei lavori” al posto di quello dei “lavoratori”.

Nei falsi colori dell’odierna “festa delle canzonette”, buonista e qualunquista, non è male ricordare alcune tra le ultime parole scritte da uno dei dirigenti sindacali che guidarono lo sciopero generale di Chicago a piazza Hymarket, prima di essere arrestato e poi impiccato. “I vostri padroni hanno scagliato contro di voi i loro cani da guardia, poliziotti assassini di chi, come voi, ha avuto il coraggio di disobbidire agli ordini padronali. Sono stati uccisi coloro che avevano osato chiedere una riduzione dell’orario di lavoro. Li hanno uccisi per mostrare a voi – "cittadini liberi d’America" – che dovete essere soddisfatti e contenti di quanto i padroni consentiranno di concedervi; in caso contrario, uccideranno anche voi. Se solo voi siete uomini liberi distruggerete il mostro ripugnante che vi vuole distruggere”. Il mostro, ancora vivo, ha distrutto chi lotta. A noi, dopo un secolo, ci dicono “sono solo canzonette”, in piazza si va per il “con­cer­tone”: il 1° maggio non è di lotta ma di festa! È qui la festa? 

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