martedì 29 agosto 2017

LE TEORIE DEL VALORE*- Stefano Garroni**

*Da:  mirkobe79
**Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.



[...]Il fatto, che il modo in cui è stata criticata l’economia classica da parte del pensiero economico borghese contemporaneo, è un anticipo, proprio delle modalità dell’ideologia postmoderna; questo non è un fatto da poco. Perché noi sappiamo per esempio che effettivamente la sinistra – è mostruoso ma ormai sono decenni in cui si dice ‘la sinistra’ per intendere i comunisti e gli altri, come se i comunisti fossero la sinistra e non i comunisti. Questo è un gran casino!- la sinistra ha accettato l’ideologia postmoderna, e quest’ideologia, non dico che sia nata lì, ma ha avuto uno dei suoi momenti di nascita nella critica al pensiero economico classico. Il pensiero economico classico è quello che dà il centro al tema della produzione e non alla circolazione, quello che si pone il problema del valore, quello che cerca di elaborare un sistema economico, cioè che ha tutte le caratteristiche di una cultura che ritiene che la ragione possa conoscere il mondo. Voi lo sapete, quella mostruosa affermazione di Hegel “Il reale è razionale”, è stata presa nel modo più incredibile. Lì Hegel sta dicendo una cosa semplice: la realtà è comprensibile, la ragione umana è in condizioni di capire la realtà, la ragione del mondo è la stessa ragione della capoccia. Sta dicendo che il mondo è conoscibile: io uomo sono a casa mia nel mondo, il mondo non è il luogo dell’estraneità, del mistero. Pensate a tutto il discorso postmoderno sulla scienza che non conosce, la scienza che è solamente pragmatica e che non ha senso cercare di arrivare all’essenza perché tutto è superficie incomprensibile, ecc. ecc. (Nietzsche, Heidegger e tutte queste cose), la sinistra le ha fatte proprie. L’idea stessa di un partito debole si lega esattamente all’idea che la ragione sia debole. Se la ragione è debole, cioè non capisce, non va a fondo, non ha nessun senso un partito rigoroso. Che senso ha?

L’economia classica – prima di Marx -, si pone il problema della costruzione di un sistema economico, di una ragione che conosce le regole di fatto, cioè non è scettica in questo senso, ma è pienamente mondana, è consapevole per esempio che non si può parlare di fenomeno economico se non parli di fenomeno politico, se non parli di fenomeno storico, se non parli di fenomeno morale, cioè che l’economia fa parte del complesso dell’esperienza umana e che ogni aspetto dell’esperienza si capisce in connessione con l’altro e se rompi la connessione non capisci più nulla. Questo pensano gli economisti prima di Marx.

E' un modello della maniera in cui procede la storia della scienza; e qui noi ci mettiamo subito in contatto con una delle più grandi fregnacce della sinistra: nel ’68 improvvisamente tutti divennero conoscitori di storia della scienza e tutti applaudivano il libro di Thomas Kuhn che spiegava come procede la storia della scienza, il concetto di rivoluzione scientifica, rivoluzione epistemologica, ecc. ecc. In Francia, Althusser riprende anche lui questa tematica, la rottura epistemologica, la révolution philosophique, e ci fa conoscere persone come Bachelard, come Meyerson, grandi epistemologi francesi. Ovviamente voi capite perfettamente che storia della scienza significa per esempio storia della fisica. Onestamente: chi può sensatamente parlare di storia della fisica senza conoscere la fisica? E chi può dire:”Conosco la fisica” nel nostro ambiente? Cioè voi capite che quando improvvisamente tutti si fanno conoscitori della storia della scienza, teorici della rottura epistemologica … beh siamo in un mondo di imbroglioni, di gente che parla di ciò che non sa, sulla base di una lettura di un testo, in edizione tascabile.

È interessantissimo che su quel testo di Kuhn fu fatto in seguito un seminario con tutti studiosi seri, e gli atti di questo convegno furono pubblicati da Feltrinelli. Da questo convegno risultava che per esempio un termine chiave di Kuhn, il termine paradigma, veniva usato da Kuhn in ben nove o dieci modi diversi, e che quindi non aveva nessun rigore scientifico, non aveva nessun senso. È ovvio che questo seminario, in cui erano fisici, logici, matematici che parlavano, questo non ebbe successo di massa, questo non uscì in edizione economica, ma questo distrusse teoricamente il discorso di Kuhn. Anche nella Germania democratica uscirono articoli, nella rivista di filosofia della Germania democratica, in cui si analizzava il libro di Kuhn se ne mostravano gli errori. Voi figuratevi se queste cose son diventate faccende di massa! No! È restato Kuhn. Ma Kuhn faceva comodo perché questa tesi della storia della scienza come alternarsi di fratture ha delle conseguenze irrazionalistiche evidenti perché è chiaro che la scienza di un periodo, siccome nasce dalla frattura rispetto alla scienza del periodo precedente, non può discutere la scienza precedente, perché appartiene a un altro universo, e quella successiva apparterrà a un altro universo, e allora comincia a venir fuori la separazione, le isole, e voi ce li avete questi temi nell’antropologia, ma nell’antropologia quella diffusa per cui ogni cultura ha il suo valore, non è possibile mettere in gradazione le culture ...

L’economia post- classica è l’economia che rinuncia a tutto questo e che quando elabora un sistema lo elabora da un punto di vista puramente linguistico nel senso cioè che raccoglie degli strumenti di analisi che sono puri e semplici strumenti di analisi, ma che non colgono, non vanno dentro le strutture del reale (il neopositivismo, il funzionalismo, e tutte queste cose americane). [...]

Il fatto che Marx prenda dall’economia classica un linguaggio per pensare degli eventi, degli avvenimenti, dei momenti, ma che prenda le mosse anche dalle contraddizioni non risolubili all’interno del contesto, è interessantissimo.

Una delle contraddizioni non risolubili da cui Marx prende le mosse. cioè tale per cui i termini di essa nascono dall’interno di un certo contesto ma non riescono a comporsi questi termini, è indicato da Marx, ma anche da Hegel prima, con il termine widerspruche, mentre con il termine gegensatz viene indicato un altro tipo di contraddizione, cioè una contraddizione che nasce all’interno di un contesto, ma che trova in quel contesto una possibilità di risoluzione.
Allora questo ci dice già una cosa importante: noi siamo abituati a pensare che dialettica si lega con contraddizione. Questo è errato, perché dialettica si lega con contraddizioni, cioè con tipi diversi di contraddizioni, e noi in effetti, se andiamo a vedere Hegel e Marx, possiamo indicare una serie di termini che sono anche concetti diversi e che rientrano tutti, diciamo così, nell’universo della contraddizione: scompensi, dissonanze, contraddizioni nel senso di gegensatz, contraddizioni nel senso di widerspruche.
Quando si ragiona dal punto di vista della dialettica si ragiona dentro una dimensione reale per cui esistono dissonanze, squilibri, opposizioni widerspruche, contraddizioni gegensatz; esiste questo complesso di cose, ecco perché ad esempio è cretino descrivere la forma delle contraddizioni, perché le contraddizioni hanno varie forme, a seconda che si tratti di gegensatz, di widerspruche ecc. ecc.
Già questo suggerisce l’idea che il pensiero dialettico non è un pensiero scolastico, riducibile a una formula, ma è ampio, vago, articolato, complesso.
Widerspruche è un termine maschile, e sono opposizioni non risolvibili all’interno di un contesto, quindi per esempio l’opposizione tra forma privata dell’appropriazione e forma sociale della produzione: questa contraddizione il capitale non solo non la risolve, ma se la porta appresso in modo sempre più esplosivo.
Quando noi per esempio diciamo: attenti che il problema della scuola non termina ma si riproporrà, quello che noi stiamo dicendo è che il sistema capitalismo produce, sviluppa forze produttive (forze produttive oggi è fondamentalmente mano d’opera qualificata, scientificamente formata, il che vuol dire scuole, università, istituti, cioè la produzione di una massa di persone che hanno un livello culturale estremamente più elevato che decenni e decenni fa) ma questi diventano disoccupati, questi non trovano lavoro. Questo vuol dire che appunto questa grande massa di forze produttive non riesce ad essere usata, perché se venisse usata salterebbe la proprietà privata, salterebbero i salari, cioè verrebbe messo in questione il dominio capitalistico sugli strumenti di produzione, questo è il punto. Questa è una Widerspruche, una contraddizione non risolvibile. [...]

Perché è un problema importante questo del rapporto tra logica e storia, tra struttura oggettiva e processo storico? Dovrebbe essere chiaro, però non lo è: se per me gli astri sono delle divinità, quando io guardo la luna, non vedo la stessa cosa che vede, fate conto, l’uomo del ‘900 che osserva la luna: per lui la luna non è un astro. Voglio dire che il fatto - la luna -, in realtà non c’è mai fuori del modo in cui il fatto viene giudicato, valutato ecc., quindi per esempio fare una storia della luna non è una cosa chiara, nel senso che appunto, la luna di cui parla Platone, per il quale la luna è una divinità, non parla della stessa cosa di cui parlo io quando parlo della luna. Questo vuol dire che in realtà il modo di concepire le cose, modifica le cose. Appunto, la luna non è esattamente la stessa. In fin dei conti gli economisti non distinguevano con chiarezza tra lavoro e forza-lavoro per una ragione molto semplice: come tutti gli economisti anche oggi, non guardavano le cose dal punto di vista del proletariato, ma le guardavano dal punto di vista di chi fa i soldi. Se prendete Ilsole24ore ci sono allucinanti articoli, fatti benissimo, ma in cui per esempio vengono trascurate alcune questioni, per esempio la disoccupazione: “Negli ultimi decenni ci sono stati grandi sviluppi economici”. Come sarebbe a dire? Ci sono il 20% di disoccupati! … Ma questo non conta! Che voglio dire? Voglio dire, appunto, che se per me la luna è una divinità, io vedo nella luna tutto ciò che è coerente con il fatto che la luna è divinità. Se per me non è divinità vedo altre cose. Nessuno può arbitrariamente dire: “La luna è questo e non quell’altro”. Che vuol dire? All’interno di questo mondo è questo, all’interno di quest’altro mondo è quest’altro. Ci sarà da studiare il rapporto tra un mondo e l’altro ma questo vuol dire appunto che la teoria dentro cui ti muovi determina i fatti, contribuisce a dare ai fatti una o un’altra immagine. Allora voi capite che non si può dire: “Io adesso faccio storia dei fatti, poi dopo faccio le teorie”. Non è vero! Perché tu non hai mai rapporto con i fatti se non all’interno di una teoria, quindi quando tu fai storia in realtà la fai sul presupposto di una teoria, e allora, se dobbiamo fare per esempio un discorso sull’economia moderna, dobbiamo prima fare una storia del pensiero economico e poi un’analisi di come è fatto il mondo economico, o in realtà dobbiamo fare diversamente, proprio l’opposto? Cioè anticipare la teoria, perché la teoria è poi la chiave anche per capire come andiamo a ricostruire i fatti [...]

Si è sul piano della dialettica quando si individua la centralità dei processi economico-sociali. Economico-sociali non è esattamente lo stesso che economico. Per esempio il salario, non è semplicemente una categoria economica, perché il salario presuppone che una grande massa di uomini sia priva di strumenti di produzione, e un’altra massa di uomini più stretta disponga dei mezzi di produzione. Solo se c’è questo sfondo, allora si realizza il rapporto salariale: la categoria economica di salario vien fuori se ci sono certi rapporti sociali. Allora voi capite che il rapporto sociale è il rapporto tra persone, le quali hanno credenze, aspirazioni, rappresentazioni del mondo; cioè succede che all’inizio dell’economia ci sono gli uomini reali. Ecco perché poi l’economia serve a spiegare gli uomini reali, perché all’inizio già c’erano gli uomini reali, all’inizio stesso dell’economia. Allora non si tratta di dire: E’ l’economia che ci permette di leggere la storia”, no, “E’ la storia – dice Marx – che ci permette di leggere l’economia” e rimprovera Proudhon di non capire nulla di economia perché non capisce di storia. 

Il marxista dogmatico resta meravigliato: “Come sarebbe a dire, Marx dovrebbe dire il contrario: <Tu Proudhon non capisci la storia perché non capisci l’economia>”. No. Marx dice: “Non capisci l’economia perché non capisci la storia”, certo, perché l’economia è l’espressione del movimento sociale, è l’espressione dei rapporti sociali. Insomma, la storia è sempre fatta da uomini, in situazione ma da uomini, non da categorie, da concetti. Allora, attenti: nessun riduzionismo della politica all’economia, ma invece comprensione a fondo che l’economia è economia-società.
E’ rapporto sociale. Ci sono degli uomini posti in situazione che stanno alla base della categoria economica. E’ questo che va capito. In questo senso, noi dobbiamo comprendere bene che è certo che è possibile un economista marxista. 

Voglio dire che voi sapete perfettamente che in quelle due lezioni che hanno fatto Pala e Giacchè (qui: https://www.youtube.com/watchv=LG_iYwXZR2E&list=PL13F26B4E2814A139&index=1), si ricavavano delle indicazioni molto precise per capire meglio quello che succede giorno per giorno, e capire meglio anche che decisioni politiche prendere. Erano cose utilissime. E già, però il fatto è che ovviamente il movimento comunista non è che prende solo decisioni giorno per giorno, ma ha grandi prospettive, si pone il problema di un rovesciamento dei rapporti sociali, dell’instaurazione di un nuovo clima di civiltà. Da dove lo ricava? Dall’analisi, giorno per giorno, dei fenomeni economici? E no! Perché in realtà proprio quella finalità fondamentale, sta alla base dell’analisi stessa. E allora quello che dobbiamo capire è che il marxismo non si riduce all’analisi economica in questo senso del termine. Perché comprende la dissoluzione dell’economia nei rapporti sociali, perché comprende un modo di concepire la storia, perché comprende un modo di concepire il rapporto tra etica e politica ecc ecc., perché comprende la dialettica. Allora è una cosa più complessa che la lettura economica degli eventi politici. [...] 

Qui la riproduzione scritta completa dell'incontro: https://www.facebook.com/mirko.bertasi.7/posts/10214413286914790 







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