*Riproduzione di
alcuni passaggi tratti dalla discussione del 2/04/99 sul CAP. 24° DEL TERZO
LIBRO DEL CAPITALE. https://www.facebook.com/groups/
Qui l’audio di tutto l’incontro https://www.youtube.com/playlist?list=PLF3B95A47287B917B
Qui tutta la trascrizione dell'incontro: https://www.facebook.com/mirko.bertasi.7/posts/10212727174763040
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Stefano Garroni:
[...]L’affermazione “la dottrina marxista-leninista” è
totalmente folle, perché non esiste empiricamente.
Perché esiste
una ricerca che non è conclusa, e sulla base di una non-conclusione
Marx ne ha pubblicata una parte. Quindi è tutto un lavoro da fare
ancora. E va sempre ricordato che Marx di libri ne ha pubblicati
pochissimi. Ha pubblicato Miseria della filosofia, La sacra famiglia,
e il primo libro de Il capitale. Il resto sono opuscoli e materiale
enorme per libri che non vengono mai scritti.
Poi ovviamente con
Lenin la cosa è ancora più evidente perché essendo un uomo
politico interviene sempre sul “momento”, sostanzialmente:
modifica, rettifica, cambia, e quindi il senso fondamentale è quello
di una elaborazione in movimento, in sviluppo.
[...]I termini vanno
intesi come schemi di ragionamento, come problematiche, come
impostazione dei problemi. Voglio dire: c’è un’osservazione che
fece Bertrand Russell, a proposito di Hegel. Russell dice che Hegel è
un pensatore il cui intento è superare le contraddizioni, togliere
le contraddizioni. Generalmente quando si parla di Hegel si parla del
filosofo che mette in evidenza le contraddizioni. Russell sottolinea
che Hegel vuole toglierle le contraddizioni. Questa osservazione è
estremamente importante e giusta, nel senso che per Hegel è chiaro
che se io metto in evidenza l’esistenza di una realtà
contraddittoria, allora metto in evidenza anche l’esistenza di un
processo oggettivo che tende al superamento di quella contraddizione.
Hegel prende posizione per questo processo obiettivo che
potenzialmente toglie le contraddizioni. La contraddizione per Hegel
è scandalo che va tolto.
[...]Se io mi muovo
per il superamento delle contraddizioni vuol dire che io ritengo sia
che le contraddizioni debbano essere tolte, sia che le contraddizioni
possono essere tolte.
[...]Tradurre un
testo da una lingua all’altra è ovviamente una cosa estremamente
complicata, perché di primo acchito c’è la difficoltà che devi
trasportare delle espressioni da un certo contesto formale – ogni
lingua si costruisce in un certo modo – ad un altro contesto
formale. Banalmente: il tedesco consente di fare dei periodi molto
lunghi, senza punti. In italiano non è più consentito, lo faceva
Machiavelli, ma adesso devi spezzare. Spezzando però modifichi la
struttura formale della proposizione. Ma questo è ancora banale.
La difficoltà di
fondo sta nel fatto che, come è ovvio, le parole vengono usate, e
quindi vengono caricate sempre di significati dichiarati e non
dichiarati, cioè hanno un significato ma anche delle sfumature di
significato. Ed è chiaro che quella stessa parola trasportata da una
lingua all’altra, perde quelle sfumature di significato che ha
nella prima lingua, e ne acquista delle altre nella seconda lingua.
Allora succede che a
volte hai una traduzione non letterale, perché c’è quel lavoro
interpretativo che mira a rendere il più possibile il senso del
discorso del testo di partenza.
[...]Questo lo dico
perché questo capitolo di Marx, inizia in una maniera, diciamo che
nella traduzione italiana è così: “Nel capitale che produce
interesse, succede una serie di cose”. Ora, nel testo tedesco non
c’è “che produce”, ma c’è un qualcosa di quasi analogo, e
cioè Zins tragen: tragen è portare, trasportare, Zins
è l’interesse. Ora, Marx conosce perfettamente il linguaggio
dell’economia, e produrre è un termine del linguaggio economico
molto ovvio anche per Marx. Ed è curioso allora il fatto
che lui parlando di una forma di capitale, non usi il termine tedesco
per “produrre”, e usi invece questo termine generico “portare” - in realtà la faccenda si giustifica per quello che si vedrà dopo -. Per cui qui hai un caso in cui, come dire, formalmente la traduzione
è plausibile, ma tradurre in quel modo in italiano significa perdere
una sfumatura del testo …
Domanda:
Concettuale?
Stefano Garroni:
Concettuale in questo senso: Marx in realtà in questo capitolo vuole
mettere in evidenza che all’interno dell’economia capitalistica,
si ha un progressivo processo di feticizzazione, in cui mano a mano,
all’autentico processo che di fatto si svolge, si sostituisce
un’apparenza ingannatoria. Allora ecco perché il “produrre”
viene sostituito da un verbo sinonimo, perché quello che
ti vuol far capire è che in realtà i processi non sono chiari, che
non sono traducibili in termini esattamente e tecnicamente precisi.
Che cosa succede nel
capitale che porta con sé interesse? Succede questa stranezza che si
esprime nella formula D – D’, e cioè: tu hai un capitale di
partenza, il quale produce un surplus di denaro: presti denaro
e ne hai poi una quantità maggiore. La caratteristica è che
manca il termine intermedio, cioè il momento della produzione: non
hai denaro, produzione, e denaro accresciuto.
Hai invece questa
cosa curiosissima, per cui il denaro stesso produce altro denaro.
Allora è chiaro che se tu in italiano dici “il denaro che produce
altro denaro”, usi produzione in senso metaforico, perché non c’è
produzione, ma è D-D’.
Qui dobbiamo subito
notare una faccenda, una faccenda che esemplifica il rapporto stretto
con Hegel.
Quindi la stranezza
è data dal fatto che denaro iniziale comporta poi un denaro
maggiorato, senza il termine medio. La stranezza e misteriosità, il
carattere feticistico, sta proprio nel fatto che manca il termine
medio. La mancanza del termine medio è caratteristico delle
situazioni di tipo mistico: il mistico è quella persona che ha un
immediato e diretto rapporto con il dio, con la verità; è un
invasato, nel senso che il dio si è immediatamente trasferito dentro
di lui. Il mistico è sempre stato visto con molta diffidenza dalla
chiesa cattolica, perché non avendo bisogno di mediazione, ma avendo
un rapporto diretto con dio, non ha bisogno di una Chiesa. E il
mistico è portatore di una forza che gli viene dall’esterno, ma
che è entrata dentro di lui, per cui quel personaggio si è
trasfigurato, ha assunto un potere che lui porta – tragen – e che
misteriosamente gli è venuto perché non si vede il processo
attraverso cui è avvenuta la trasformazione della persona.
E’ l’analogo di
ciò che succede nel denaro. Quindi questo potere del denaro, ha
caratteristiche formalmente tali da accostarlo ad un atto mistico,
religioso, proprio per la mancanza della mediazione.
[...]La polemica
anche contro la cultura romantica, contro tutte le forme di cultura
che immaginano la possibilità di una relazione diretta con il vero.
La relazione diretta è inevitabilmente una relazione non esprimibile
attraverso un discorso, perché il discorso è proprio quella
mediazione, è proprio l’indicazione delle fasi intermedie. Consentitemi questo esempio: è un qualcosa di assolutamente
allarmante quando i nostri figlioli oggi per scrivere “per”,
fanno questo segno [X]. Questo disprezzo per il linguaggio è
fondamentale perché è il disprezzo verso la mediazione, cioè verso
l’operazione logica che media gli estremi, mi fa vedere i processi,
e quindi mi consente un rapporto non immediato con il reale, ma
mediato, in cui la ragione trova la sua possibilità di esprimersi,
di svolgersi. Quindi è possibile la presa di coscienza. E infatti
non a caso tutte le culture irrazionalistiche sono culture
anti-linguaggio.
[...]Un ateo vero
non si mette a discutere dell’esistenza di dio, ma spiega i
processi storici, sociali, culturali, che hanno prodotto la credenza
in dio. Non si mette a perder tempo a discutere se dio esiste o non
esiste.
[...]Nella
situazione in cui il valore (denaro) si traduce in valore maggiorato,
la categoria economica è sola, non torna mai alla relazione umana,
quindi si è raggiunto il trionfo dell’economia: il rapporto umano
è assolutamente scomparso, la cosa economica, il denaro, il valore,
funziona per conto suo e produce altro denaro, altra categoria
economica. Quindi in realtà succede che tu hai progressivamente –
sviluppandosi la società capitalistica, quindi raggiungendo la
società capitalistica questo suo vertice per cui lo stesso denaro
produce denaro -, quest’automatismo nella produzione di valore. Hai
il progressivo imporsi della categoria economica al posto di
qualunque relazione umana. Hai l’emergere dell’economia nella sua
purezza, che diventa essa stessa produttrice di sé.
Questo è il
feticismo.
[...]Il feticismo in
Marx si lega esattamente a questa situazione (denaro–nuovo denaro)
in cui non c’è la mediazione. Cioè il collegamento è
direttamente al sapere immediato, al sapere che manca di mediazione,
al misticismo, all’irrazionalismo, al primato del sentimento; tutte
figure culturali determinate dell’800 tedesco, con cui Hegel ha
polemizzato, con cui Kant aveva già polemizzato, e che in una parola
possono essere indicate come filosofia speculativa.
[...]Cioè voglio
dire: quando tu hai una cultura basata sul diverso, ad un certo
momento ti accorgi che la nozione di diverso non viene diversificata.
Il diverso è una categoria che viene usata a destra e a manca, senza
ulteriore qualificazione. Il che vuol dire che è una categoria auto
contraddittoria. In concreto vuol dire che non ti consente nessuna
ricerca, nessuno sviluppo del pensiero, perché in realtà è un
frasario dogmatico, rigido, che non ha sbocco.
[...]Per questo io
dicevo che uno tenderebbe a dire: “Va beh, che scemo, si tira un
attimo fuori e vede le cose”. No, perché quel tirarsi fuori,
significa rovesciare il quadro dell’esperienza che si ha. E
quell’insistenza per esempio di Lenin sul fatto che c’è una
differenza tra la coscienza che porti al lavoratore e la coscienza
spontanea, è di grandissima importanza, perché è chiaro che tu
devi riuscire ad operare un cambiamento profondo dell’ottica, in
mancanza di un’esperienza che la sostenga. Perché l’esperienza
sostiene quell’altra ideologia.
[...]Le
contraddizioni si ripropongono, si creano nuove contraddizioni.
Voglio dire che, per esempio -schematizzando- oggi, che so, in Germania non esiste la contraddizione tra servo
della gleba e proprietario terriero. Cioè è reale che la storia è
un continuo processo di superamento e riproposizione di
contraddizioni che cambiano ecc. ecc., su questo non c’è dubbio.
Infatti è fondamentale il fatto che per Hegel è nel sapere assoluto
che la contraddizione è risolta. Il sapere assoluto è il momento in
cui il pensiero pensa sé stesso, non i fatti. Quindi nei fatti non
si risolvono le contraddizioni nel senso che scompaiono, ma si
ripropongono in continuazione.
E, ovviamente, le
contraddizioni di un’epoca non sono quelle di un’altra.
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