giovedì 19 novembre 2015

UN CONFRONTO TRA FREUD E JUNG* - Stefano Garroni

*Da  QUADERNO FREUDIANO, Stefano Garroni, Ed. BIBLIOPOLIS 

 Per Freud (quel livello "ulteriore" dello psichico, non esauribile da una descrizione causalistica),  non si tratta di un universo più ricco e articolato rispetto a quello pensabile dal "sano intelletto"; sì piuttosto di un dominio limaccioso, in cui fluidità si coniuga con inerziale ripetitività, in cui l'imprevedibilità consegue alla deficienza  di strutturazione e l'intricatezza alla povertà di forme.

 Se per Jung il dominio del "sano intelletto" è una sorta di deposito immiserito delle potenzialità inconsce e, quindi, ogni interpretazione (che si uniformi alle procedure intellettuali) non può che ridurne, rimpicciolirne la misteriosa, imprevedibile ricchezza; per Freud, invece, (almeno per il Freud che più è distante da Jung), è solo trasponendosi sul piano della coscienza che l'inconscio, il pulsionale, acquista un senso, una consistenza. Tuttavia, questo passaggio, anche per Freud, è un autentico cambiamento di terreno, un effettivo passaggio da una dimensione ad un'altra. 

 Ciò significa che, realizzandosi, qualcosa di sostanziale muta, viene a cadere, non perché  una sovrabbondanza di senso venga contratta, immiserita; sì invece, perché dalla mancanza di senso si passa alla produzione di senso. 













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