mercoledì 25 novembre 2015

IL TERRORE - Giorgio Langella


... E allora ricordiamo, in questi giorni così pieni di paura e indignazione per il terrore scatenato a Parigi e non solo, che migliaia di persone sono morte a causa di condizioni di lavoro colpevolmente insicure. È successo e succede qui, nel nostro paese, nella nostra civile Italia. Ricordiamo i morti a causa dell’amianto, quelli della Breda, dell’Eternit. Ricordiamo cosa è successo alla ThyssenKrupp di Torino, all’ILVA di Taranto, alla ex Tricom di Tezze sul Brenta. Ricordiamo cosa è successo alla Marlane-Marzotto di Praia a Mare.
 Sono centinaia, migliaia di vite spezzate in nome del profitto personale di qualcuno. Centinaia, migliaia di morti senza colpevoli perché i responsabili sono gli stessi che controllano il potere e difficilmente vengono condannati da qualche tribunale. Tutti assolti perché il reato è prescritto, o perché non sussiste. O perché è considerato meno importante la vita di un lavoratore rispetto al guadagno che si può ottenere dalla mancanza di sicurezza nei luoghi di lavoro.  Non è logico né civile andare al lavoro e non tornare a casa o tornarci con qualche malattia che ci ucciderà. È una vera e propria guerra non meno oscena di quella scatenata dai “signori del terrore”.
 Cosa si può fare? Resistere e lottare per affermare il proprio inalienabile diritto a un lavoro sicuro e garantito. E non dimenticare …

 … per non dimenticare si riporta la testimonianza (sotto forma di intervista) di un operaio della Marlane-Marzotto che spiega le condizioni alle quali erano costretti i lavoratori (rif. “Marlane: La fabbrica dei veleni” di Francesco Cirillo e Luigi Pacchiano – ed. Coessenza)

Mi chiamo Depalma Francesco ed ho lavorato alla Marlane di Praia a Mare dal 1964 al 1990.
Domanda: Con che mansione?
Risposta: Operaio specializzato in tintoria.
D.: Vi ricordate cosa facevate di specifico?
R.: La tintura delle presse la miscelazione delle lane terital. Si facevano delle buche grosse vicino al capannone e si mettevano dentro il rimanente del rifiuto del colore.
D.: Cioè voi pigliavate i coloranti che non erano più servibili e li portavate fuori?
R.: Si c’erano delle buche grandissime.
D.: E chi le faceva queste buche?
R.: La direzione le faceva fare agli addetti ai lavori e quando erano piene queste buche si ricoprivano.
D.: E voi facevate questo lavoro?
R.: Si ma non tutte le volte …si coprivano almeno un paio di volte al mese.
D.: Insomma prendevate i coloranti della fabbrica e li mettevate nei bidoni?
R.: Si poi li sotterravamo dalla parte del mare.
D.: Sempre nel terreno della Marlane?
R.: Si, vicino agli alberi.
D.: Ma chi vi comandava per questo lavoro?
R.: Carlo Lomonaco e Cristallino per la tintoria mentre per il finissaggio Nicodemo e Tripano.
D.: Lomonaco e Cristallino vi chiamavano e vi dicevano prendete questi rifiuti e seppellitevi
R.: Si.
D.: Ma non vi rendevate conto che era una cosa illegale?
R.: Si ma non potevi dire non lo voglio fare, se non lo facevi tu lo faceva un altro, in quelle condizioni dovevi farlo per forza.
D.: E lo facevate di giorno o di notte?
R.: Sempre di sabato mattina o di sera quando la fabbrica era chiusa e nessuno lavorava.
D.: Con voi c’erano altri operai?
R.: La maggior parte delle volte lo facevo io e Ruggeri di Praia a Mare.
D.: E quando facevate questo lavoro avevate delle mascherine di protezione, dei guanti, non pensavate che era pericoloso quel materiale?
R.: No andavo come sono adesso, non ci davano né guanti né protezioni.
D.: Quindi prendevate tutto con le mani?
R.: Si con le mani nude.
D.: E vi ricordate per quanto tempo avete fatto questo lavoro?
R.: L’ho fatto fino a 15 giorni prima di licenziarmi.
D.: Vi ricordate per quante volte lo avete fatto? 10-15 volte? più o meno?
R.: Parecchie volte, si faceva quasi tutti i sabato.
D.: E si facevano sempre buche nuove o si usavano sempre le stesse?
R.: Le ruspe scavavano fino a 3-4 metri di profondità.
D.: Quindi tutta l’area della Marlane è piena di rifiuti tossici?
R.: Si tutta la parte a mare è piena di rifiuti tossici.
D.: Parliamo della zona vicino al depuratore.
R.: Si in quella zona. Io ho anche pulito il depuratore. Quando si riempiva di melma io ripulivo tutta la vasca e buttavo i rifiuti sotto un pergolato di uva.
D.: Quando il depuratore era pieno scaricava a mare?
R.: Dopo che lo avevamo pulito scaricavano a mare, ma l’acqua era sporca lo stesso color terra e finiva a mare.
D.: Poi vi siete ammalato e continuavate ad andare lo stesso al lavoro?
R.: Si anche da ammalato andavo a lavorare.
D.: Quali erano le condizioni di lavoro all’interno della fabbrica?
R.: Le condizioni erano che dall’inizio c’erano fumi e nebbia che non si vedeva ad un metro di distanza, agli inizi degli anni 70.
D.: Questa nebbia da dove proveniva?
R.: Dal fumo delle caldaie dove si tingevano le stoffe.
D.: C’era un ambiente unico o c’erano divisori?
R.: No era tutto unico.
D.: Vi ricordate di altri operai che stavano con voi e che sono morti?
R.: Erano operai che stavano vicino a me, Tonino Maffei, Vittorio Oliva, Vincenzo Lamboglia, erano amici con i quali ci davamo il cambio.
D.: Non avete mai pensato che quell’aria fosse velenosa?
R.: Si, pensavamo che a lungo andare poteva far male, ma pensavamo anche al vivere oggi, alla pagnotta.
D.: E voi dicevate al medico di queste condizioni di lavoro?
R.: E quando c’è stato il medico? chi l’ha mai visto, non ho mai fatto una radiografia, 26 anni esatti ho lavorato e mai visto un medico, si tirava avanti così.
D.: Avete mai pensato ad una protesta, c’erano dei sindacalisti in fabbrica?
R.: Si, io ero iscritto alla CGIL, tutti promettevano e nessuno faceva niente. C’erano la CGIL e la CISL, tutti promettevano miglioramenti economici e di lavoro quando c’erano le votazioni e poi facevano poco e niente.
D.: Voi che tipo di lavoro facevate?
R.: Io lavoravo alla lisciatrice, una macchina 16 metri lunga.
D.: Usavate coloranti?
R.: Al tops ed alle pezze si usavano coloranti per tingere.
D.: Avevate mascherine, tute, qualche protezione?
R.: No niente, a fine turno di lavoro ci davano una busta di latte, poi abbiamo saputo che ci faceva più male che bene, ci procurava parecchie sofferenze allo stomaco.
D.: Ma questi coloranti li preparavate voi?
R.: Si, preparavamo i coloranti per la stampa, a parte quelli della lisciatrice che li preparava un magazziniere, per la stampa li dovevo preparare io.
D.: E come avveniva questa preparazione?
R.: Si preparavano duecento litri di acqua, si prendeva il colore e si scioglievano piano piano.
D.: E come lo facevate a mano?
R.: Si prendeva un bastone e un bidone di ferro a volte anche di plastica, quando si era sciolto bene il prodotto si portava il bidone vicino alla macchina e si versava un secchietto alla volta e piano piano si stendeva sulla fibra da tingere.
D.: E neanche per questo lavoro usavate misure di sicurezza?
R.: Solo le mani usavamo.
D.: pensavate che con quella busta di latte risolvevate tutto?
R.: Si pensava di risolvere i guai che avevamo dentro ed invece con il passare degli anni i guai sono venuti fuori tutti in una volta e chi più chi meno tutti quanti abbiamo avuto qualcosa.
D.: Sapevate questi coloranti da cosa erano composti?
R.: Non l’ho sentito, erano tutti sigillati, mi ricordo per esempio gli acidi che si usavano per la lana.
D.: Su questi fusti che voi pigliavate non c’erano scritte che dicevano pericolo, dei simboli con il teschio di morte?
R.: Queste cose non esistevano proprio, quando i fusti arrivavano al magazzino, il magazziniere le strappava, scompariva vano.
D.: E voi sapevate che in questi fusti c’erano questi veleni e che quindi facevano male?
R.: Lo sapevamo noi e lo sapevano anche i dirigenti degli uffici che erano velenosi, ma purtroppo come ho detto prima quando si va a lavorare bisogna subire il bello ed il cattivo tempo.
D.: Ma Lomonaco non era l’esperto chimico?
R.: Si era il capo della tintoria, doveva sapere ma non si metteva contro la direzione. Cristallino faceva gli acquisti dei coloranti e quindi sapeva se erano nocivi o no.
D.: E Lomonaco non vi vedeva come facevate questi coloranti?
R.: Certo veniva nel corridoio e guardava il nostro lavoro, si avvicinava un secondo e se ne andava.
D.: A seguito delle denunce che ci sono state siete state ascoltato da qualche autorità?
R.: Si è venuto un maresciallo dei carabinieri e mi ha chiesto come si lavorava i pericoli che c’erano.
D.: E questo maresciallo è stato mandato dalla Procura di Paola?
R.: Non lo so, non me lo ha detto. Ma ad un certo punto quando parlavo del mio lavoro mi ha detto di non continuare più altrimenti avrebbe indagato anche me.

 Francesco Depalma è deceduto pochi mesi dopo questa intervista. La sua testimonianza filmata non è stata  ammessa al processo di primo grado che ha visto assolti tutti gli imputati. è la giustizia di “lorsignori”. 

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