*Da: http://www.rivistapaginauno.it https://sinistrainrete.info
** http://clashcityworkers.org/
Leggi anche: Vaterland http://gondrano.blogspot.it/
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Il ruolo svolto dalla Germania a livello politico ed economico all'intemo del contesto europeo - e, più in generale, di quello mondiale - è sotto gli occhi di tutti e nelle parole di molti di più.
Il
nesso che si è affermato tra le sue performance economiche e la sua
preminenza politica ha, inoltre, posto la Germania alternativamente
come nemico da combattere o come modello da imitare.
La
luce del 'miracolo' tedesco non dovrebbe però impedirci di
ricostruirne la genesi, considerarne i fondamenti e, così facendo,
cogliere la vasta zona d'ombra che, come vedremo, lo avvolge se si
guarda alla realtà sociale. Così facendo emergono delle linee di
frattura assai diverse: non tanto lungo i confini geografici bensì
interne alla società tedesca stessa, che la accomuna a una
situazione presente in tutta Europa.
Due
eventi possono essere considerati al contempo come spartiacque della
recente storia tedesca e come snodi nel processo di edificazione
della sua egemonia: da un lato, la riunificazione del Paese, avvenuta
nel 1990 e condotta come una vera e propria colonizzazione dell'Est
da parte dell'Ovest, e dall'altro l'operazione politica condotta
sotto il secondo governo del cancelliere socialdemocratico Schroder,
in carica dal 2002 al 2005, meglio nota come "Agenda 2010"
e concretizzatasi nel "Piano Hartz", il tutto nel quadro
della costruzione dell'eurozona. Libertà, democrazia, spirito
umanitario, lotta alla disoccupazione e alla povertà, queste sono le
parole chiave con cui sono stati caratterizzate queste fasi e
provvedimenti. Qualche dubbio sulla loro correttezza però può
sorgere e in questo testo proveremo a leggere nelle pieghe dei numeri
del mercato del lavoro tedesco e capire meglio come è fatto.
Il
Piano Hartz prende il nome da Peter Hartz (1), importante manager
della Volkswagen divenuto consigliere di Schroder proprio per la
riforma del mercato del lavoro con il fine di "risollevare
l'economia tedesca".
In
un discorso divenuto poi celebre (2), però, Schroder dichiarò
quello che forse era il vero obiettivo della legge: "Abbiamo
costruito il migliore Niedriglohnsektor che c'è in Europa". La
parola tedesca è traducibile come "settore a basso salario",
ovvero una porzione del mercato del lavoro strutturalmente
caratterizzata da salari più bassi, e deliberatamente creata per
giocare questo ruolo. Negli ultimi anni, dal 2010 in poi, in Germania
tale settore risulta stabilmente costituito da una porzione degli
occupati oscillante tra il 20 e il 25%. Poco oltre, Schroder,
rivendica come il programma dell'Agenda 2010, "imposto contro
una rilevante opposizione sociale", stia cominciando a
funzionare, producendo tra le altre cose una stagnazione del costo
unitario del lavoro, ovvero del rapporto tra costo di un'ora di
lavoro e sua produttività. In un contesto, come quello tedesco, dove
la produttività è aumentata dal 1995 lentamente ma costantemente,
ciò vuol dire che la retribuzione del lavoro ha subito un
abbassamento, si guadagna uguale producendo di più. Questi due
passaggi, in sostanza, ci restituiscono plasticamente il vero senso
delle riforme Hartz, e per giunta per bocca del loro massimo
sostenitore: abbattere il costo del lavoro.