Il Programma minimo indica quali elementi possa contenere
un programma di partito comunista per l’intera classe, reputato e definito
minimo giacché è impensabile raggiungere, al momento, la costruzione della società
comunista (ma nemmeno la transizione a un modo di produzione socialistico),
poiché tutto ciò compete al
programma massimo del comunismo. Oggi è palese la
mancanza di ogni presa di conoscenza di massa dell’analisi marxiana, pratica e
teorica; questo è il significato da dare alla perdurante fase non
rivoluzionaria, in un’attesa di lotta profonda per ritrovare tempi meno bui.
Qui si mette implicitamente a confronto la strategia del
programma massimo del “partito” comunista, per cui è essenziale l’appendice che
include la Critica al programma di Gotha di Marx, perché quel partito aveva
progettato una strategia “operaia” con un programma inadeguato. Similmente,
Engels, elaborò una critica di opportunismo che riaffiorava nell’incoerente
programma del partito operaio tedesco di Erfurt. La distinzione fra un
programma strategico comunista e uno tattico di rivendicazioni così“minime”che
sono tutte interne alle regole capitalistiche borghesi, ma che nonostante ciò
sono irrealizzabili con i rapporti di forza esistenti, è quindi centrale. Marx
e Engels chiamarono “minimo” quello del Partito operaio francese del 1880,
scrivendone le considerazioni introduttive: in tale circostanza Marx – di
fronte alle parole di un “massimalista” ante litteram, Guesde, che negava l’importanza
delle lotte per le riforme da parte dei comunisti, entro e contro il potere
borghese – sbottò spazientito esclamando che se quella politica rappresentava
il marxismo, “tutto quel che so, è che io non sono marxista”.
[...]Come
narrava il mito dell’Araba fenice, che risorse dalle proprie ceneri, è
possibile che nel punto di maggiore arretramento dei rapporti di forza del
proletariato mondiale, Marx stia assumendo un nuovo fascino? Già dal 2008 le
vendite [per la lettura e lo studio è un altro affare – gli anni 1960-70 in
Italia o Francia lo attestano] dei suoi testi più noti sono aumentate
sensibilmente ovunque e, secondo un sondaggio del 2005 commissionato dalla Bbc,
egli è risultato essere il filosofo-rivoluzionario più importante della storia
nell’opinione degli interessati. Questo risultato, alquanto stupefacente [...
sit venia verbo!] va analizzato tenendo anche in considerazione il fatto che,
le nuove generazioni, nate dopo la fine dell’Urss, hanno svincolato gli scritti
del tedesco dall’esperienza politica dei paesi appartenenti all’area ex
sovietica. Peraltro, la recente pubblicazione del testo di Piketty – che, sia
chiaro, del Capitale mantiene solamente il titolo, assumendo una impostazione
teorica palesemente keynesiana – deve una gran parte del successo planetario
proprio al mercanteggiamento (nei fatti ogni riferimento effettuale è del tutto
insussistente) degli scritti del materialista dialettico di Treviri. [Nel
nostro ambito, l’uscita del volume Perla critica – dell’economia politica,
secondo Marx (a cura di Gianfranco Pala), ed. la Città del Sole, 2014, ha
incontrato un interesse significativamente superiore alle attese, stimolando
dibattiti e presentazioni in meno di un anno in decine di sedi, di partito, di
collettivi varii, o anche attraverso emittenti radiofoniche].
La crisi e la sua negazione