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La crisi italiana viene da lontano ed è provocata da numerosi fattori, tra cui l’imbarbarimento culturale e il dominio delle istituzioni UE, che riducono i politici a grossolani saltimbanchi.
Se interpretiamo il problema da un certo punto di vista, la cosiddetta fine delle ideologie costituisce un fatto concreto e reale, la cui conseguenza è stata sostanzialmente il subdolo ritorno all’ideologia liberale naturalizzata, fondata sull’individualismo, sul particolarismo, sul pragmatismo, sull’abbandono delle grandi visioni onnicomprensive (le famose metanarrazioni). Tutti aspetti che purtroppo sono stati recepiti in maniera acritica ed inconsapevole anche dalla cosiddetta sinistra radicale, alcuni settori della quale li hanno rimessi insieme per dare vita all’ambiguo sovranismo e/o costituzionalismo, basato sulla convinzione che, partendo dal basso (quale?) e dalla Costituzione (mai realizzata ed ampiamente cambiata) si possa uscire dalla crisi, la cui natura internazionale nessuno può negare. Aprendo così il cammino a posizioni politiche ambigue e confuse, non so se per ignoranza o per opportunismo, da cui potrebbero derivare conseguenze devastanti per le classi popolari.
Sin dalla fine degli anni ‘60, in seguito alle grandi trasformazioni, da cui è scaturito il tardo capitalismo, Zbigniew Brzezinski descriveva il fenomeno della disgregazione delle grandi organizzazioni di massa come uno slittamento dall’utopismo idealistico, assai critico del presente e prefigurante un futuro assai diverso, verso una politica pragmatica volta a risolvere problemi sempre più circoscritti dominati da personalità competenti (o che si presentano tali), i cosiddetti tecnocrati.
Questo processo di sfaldamento è dimostrato dalla grande astensione dal voto (alle elezioni europee del 2019 in Italia il 43,7% della popolazione non ha votato), dalla volatilità delle opinioni politiche dei votanti [1], sempre più confusi e ammaliati dalle capacità mediatiche degli “imprenditori della politica”, dalla spoliticizzazione di ogni attività “culturale”. Si pensi per esempio ai tanto celebrati talk show, dove non si fa che parlare degli scontri personali tra i grandi capi, delle loro bizze strampalate, del loro sfrenato interesse per il potere, che viene paradossalmente negato nel momento stesso in cui è affermato.