Da: https://www.lacittafutura.it -
Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Il Nicaragua tra passato e presente, tra progressismo e liberismo in un mondo multipolare.
È
sempre molto difficile esprimersi sulla politica di un paese lontano,
che inevitabilmente conosciamo di seconda mano e che per più ha
portato avanti per decenni una politica sociale progressista e
antimperialista, per liberarsi dal giogo degli Stati Uniti, i quali –
come è ampiamente documentato – hanno finanziato, tramite la CIA
vendendo le armi all’Iran [1], l’attività controrivoluzionaria
dei contras contro
il movimento sandinista, che nel 1979 aveva scalzato il dittatore
Anastasio Somoza.
Come
del resto avviene nel caso di Cuba, se mettiamo in evidenza
qualche problematicità,
finiamo per essere tacciati di filo-imperialisti e se non di
traditori; tuttavia, se difendiamo il paese in questione in tutto e
per tutto fino alle estreme conseguenze, proponiamo una visione che
non aderisce alla realtà, di cui non solo noi stessi pagheremo le
conseguenze, ma è anche il paese oggetto di riflessione, che rischia
di non vedere il vicolo
cieco in
cui si è cacciato. Purtroppo, quando si parla di tali fenomeni
occorre essere precisi e documentati e non richiamarsi a slogan
precostituiti, che non ci aiutano certo a capire. E la risposta deve
essere modulata secondo gli stessi criteri, altrimenti non si
arriverà a nulla di concreto e di condiviso.
D’altra
parte, non costituisce questa una strana pretesa, dal momento che nel
movimento operaio si è sempre discusso, partendo da posizioni assai
distanti, basti ricordare la Critica
al programma di Gotha,
scritta da Marx nel 1875, ma pubblicata nel 1891, in cui esprimeva un
aperto disaccordo con il Programma del Partito operaio tedesco,
esponendo allo stesso tempo le fasi di transizione dalla società
capitalistica a quella comunista [2]. Inoltre, può anche darsi che
chi vede le cose da lontano e con meno partecipazione emotiva, abbia
forse la capacità di capire meglio e più a fondo.
Vediamo
ora di ricostruire lo svolgimento delle vicende nicaraguensi. Il 5
settembre il governo, guidato da Daniel
Ortega,
ha organizzato una grande marcia pacifica per riconciliare i vari
settori in conflitto, che è stata seguita anche dalla marcia dei
giornalisti che hanno denunciato la diffusione di false notizie sul
paese. La moglie di Daniel Ortega, Rosario Murillo, anche
vicepresidente del paese, ha dichiarato che il Nicaragua trionfa
perché nel suo paese c’è
pace e amore.
In
una recente intervista a France 24 Ortega
ha affermato che la sua presa del potere del 2007 non è stata
gradita all’amministrazione statunitense, che ha cominciato ad
armare i gruppi di opposizione e a sostenerli tramite i mezzi di
comunicazione di massa. Tale attività è esplosa
nelle manifestazioni
iniziate nello scorso mese di aprile,
caratterizzate da atti vandalici e dall’aver provocato centinaia di
vittime.
Da
parte sua, l’OSA, il
famoso ministero delle colonie degli Stati Uniti, ha elaborato un
documento, firmato da 19 paesi, vicini alla grande potenza, in cui si
invita il Nicaragua a riprendere il dialogo con le opposizioni ed
avviare concretamente il processo elettorale. L’ultima marcia degli
oppositori si è svolta in maniera pacifica, scandita da slogan in
cui si denuncia il carattere corrotto e dittatoriale del regime di
Ortega e si chiede la liberazione di 300 persone incarcerate durante
le manifestazioni. Recentemente è stata pubblicata nel
periodico Rebelión una
lettera scritta da
una serie di intellettuali spagnoli e latino-americani, nella quale
si afferma che certo non è cosa buona coincidere con le idee del
nemico, ma nemmeno è opportuno negare la realtà degli avvenimenti.
Seguendo
questa linea, cercherò di ricostruire le ragioni di quello che è
accaduto in Nicaragua, senza negare che gli Stati Uniti e i loro
sostenitori cerchino di trarre vantaggio da tutto ciò, magari
liberandosi di un Ortega dal passato troppo scomodo.
Nella
lettera appena citata si legge che il Fronte
sandinista di liberazione nazionale,
a partire dagli anni ’90, si è incamminato in un processo di
scomposizione, che ha prodotto la scissione del Movimiento Renovador
Sandinista [3] e l’allontanamento di esponenti significativi come
Ernesto Cardenal, ministro della Cultura, e Sergio Ramírez,
vicepresidente nel 1984. Il ritorno al potere nel 2006 è avvenuto e
si è protratto sino ad oggi, con il richiamo a un programma politico
“socialista, cristiano e solidaristico”, che accantonava ogni
forma di radicale trasformazione sociale e che apriva gradualmente e
in maniera pragmatica alle politiche neoliberali. Ortega si
affiancava così alla chiesa reazionaria del cardinale Miguel Obando
y Bravo [4], alla destra di Arnoldo Alemán, alla nuova borghesia del
FSLN e al COSEP (Confindustria locale).
Con
Arnoldo Alemán, presidente del Nicaragua dal 1997 al 2002 e membro
del Partito Costituzionalista liberale fortemente antisandinista nel
1999 Ortega stilò un patto:
patto che assicurò a due leader il controllo del 90% della
legislatura (1999-2001) e il mantenimento dei due seggi nei
successivi due mandati nell’Assemblea nazionale; mandati che
garantivano l’immunità parlamentare ad entrambi, accusati di abuso
sessuale il primo, di frode e appropriazione indebita il secondo.
D’altra parte, il 16 gennaio 2009 la Corte suprema de Nicaragua ha
annullato la precedente sentenza che aveva condannato Alemán per i
suoi crimini; decisione che qualche malevolo vede come risultato del
famigerato patto.
Nel
2006 quando Ortega fu rieletto alla presidenza con il 38% dei voti
molti hanno notato una crepa tra il politico guerrillero e
il presidente avvezzo ad essere rieletto e a godere dei privilegi
inerenti alla sua carica. Qualcuno ha parlato della creazione
di un equilibrio tra
il Socialismo del XXI secolo legato alla figura di Chávez e le
sirene del libero mercato. Come Ortega ha portato avanti questo
equilibrio? In primo luogo, aiutato dalla bonanza
venezolana (i
cui flussi non è del tutto chiaro dove siano finiti) con una
politica sociale volta allo scopo di combattere la povertà con
il Programa
Hambre Cero (fame
zero), abbassando le tariffe dell’elettricità, dei trasporti,
rafforzando l’agricoltura di cui ancora vive gran parte della
popolazione, e sconfiggendo così l’endemica malnutrizione.
Tuttavia, non è riuscito a far uscire dal mercato informale
quell’80% di nicaraguensi che di esso vivono. Nello stesso tempo,
Ortega e la sua famiglia estesa hanno intessuto relazioni aperte con
la élite imprenditoriale nicaraguense, promulgando una serie di
leggi vantaggiose per i capitalisti, potenziando le infrastrutture
loro necessarie, aumentando il salario minimo, ma vincolandolo alla
produttività. E infatti, in questi anni, non è stato molestato
dalle amministrazioni statunitensi che se la sono presa invece con
paesi come il Venezuela, la Bolivia, sono intervenute per cambiare il
presidente in Honduras, Paraguay, Brasile.
Entrando
più nel dettaglio, molti sono i punti di disaccordo tra il governo
Ortega-Murillo e le masse popolari, dei quali menziono solo quattro,
rimandando il lettore al bell’articolo
di Rebelión, che
cito: 1)
la decisione di costruire il canale
intraoceanico affidandolo
ad un’impresa cinese, che ne sarà proprietaria per un secolo, con
la conseguente distruzione di molte comunità rurali e la
deportazione di forse 200.000 persone; 2) il raddoppio delle aree
concesse per lo sfruttamento minerario con le medesime conseguenze;
3) lo sviluppo di monoculture industriali e dell’allevamento sempre
nell’ottica di non rispettare i bisogni dei contadini; 4) la
riforma poi abrogata dell’INSS (Istituto nicaraguense di sicurezza
sociale), che avrebbe aumentato i contributi per malattia, pensioni
etc., e che sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.
Quando
alla politica estera, giudicata secondo criteri non diversi da quelli
di Fidel Castro e di Hugo Chávez e con richiami alla retorica
antimperialista, nel 2005 il Nicaragua ha visto azzerato il debito
estero con FMI e BM, ma ha dovuto sottoporsi ad una serie di misure,
come per esempio l’istituzione delle free-zones,
dove soprattutto cinesi e statunitensi possono produrre e commerciare
senza pagare tasse e senza essere obbligati a reinvestire. Inoltre,
pur incorporato nell’Alba, il Nicaragua fa parte del DR-CAFTA, un
accordo che lega i paesi centroamericani agli Stati Uniti sulla scia
del vecchio NAFTA ora rimodellato, favorendo questi ultimi ed
alimentando la svendita delle campagne e l’emigrazione.
A
spulciare tra le notizie che ci arrivano dall’America Latina, messe
in luce da vari analisti, credo che sicuramente gli USA non abbiano
gradito l’epocale contratto con la Cina, che significa l’apertura
di un altro corridoio di materie prime e di mercanzie, che rende
sempre più obsolete le reti transazionali tradizionali. Inoltre, se
è effettivamente vero quanto affermato da Germán
Gorraiz López, analista
geopolitico, ossia che l’imposizione di un embargo al Nicaragua
(Nica-Act) sarebbe una risposta all'installazione nei pressi di
Managua di una base
satellitare russa,
nello scorso aprile, il cui scopo sarebbe quello di creare una rete
di spionaggio militare; paradossalmente specialità nella quale a
Gringolandia primeggiano.
Come
si vede, sono tanti i fattori in gioco e diventa sempre più
complicato per un paese povero uscire dall’arretratezza,
soprattutto se si dimenticano gli obiettivi primari per i quali
avevamo intrapreso la partita, seguendo Sandino che ci ha insegnato i
rudimenti della guerriglia.
Note:
[1] Che in quegli anni era impegnato nella guerra contro l’Iraq.
[2] Per esempio, Marx oppone alle leggi ferree del salario l’idea che esse siano invece complesse e molto elastiche.
[3] I suoi membri, che hanno condannato la repressione governativa delle manifestazioni, si sono recati a Washington a chiedere aiuto, incontrandosi con i repubblicani più reazionari come Marco Rubio, ai quali Trump ha fatto dono di un embargo iniziale contro il Nicaragua per soddisfare il loro viscerale odio anticomunista (il Nica-Act), che dovrà essere votato.
[4] Il cui appoggio si deve all’abrogazione dell’aborto terapeutico in vigore dal 1837
[1] Che in quegli anni era impegnato nella guerra contro l’Iraq.
[2] Per esempio, Marx oppone alle leggi ferree del salario l’idea che esse siano invece complesse e molto elastiche.
[3] I suoi membri, che hanno condannato la repressione governativa delle manifestazioni, si sono recati a Washington a chiedere aiuto, incontrandosi con i repubblicani più reazionari come Marco Rubio, ai quali Trump ha fatto dono di un embargo iniziale contro il Nicaragua per soddisfare il loro viscerale odio anticomunista (il Nica-Act), che dovrà essere votato.
[4] Il cui appoggio si deve all’abrogazione dell’aborto terapeutico in vigore dal 1837
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