venerdì 21 novembre 2025

Tensione alta tra Cina e Giappone, la lady di ferro nipponica soffia sul fuoco - Marco Santopadre

Da: https://pagineesteri.it - Marco Santopadre, giornalista, già direttore di Radio Città Aperta di Roma, è un analista dell’area del Mediterraneo, del Medio oriente e del Nord Africa. Collabora con il Manifesto, Catarsi e Berria. Scrive, tra le altre cose, di Spagna e movimenti di liberazione nazionale. - marco.santopadre 


Alla tensione con Pechino provocata dalla politica dei dazi di Washington si aggiunge quella generata dall’aggressività in politica estera del nuovo primo ministro giapponese, Sanae Takaichi, esponente dell’ala più conservatrice e nazionalista del Partito Liberale Democratico, la formazione di destra al governo a Tokio.


Le minacce della “lady di ferro”  

La prima premier donna giapponese della storia, insediatasi il 21 ottobre scorso dopo le dimissioni del moderato Shigeru Ishiba, ha immediatamente inasprito le relazioni con la Repubblica Popolare sostenendo una politica estera orientata a “contenere” l’egemonia di Pechino in Asia e allineata con le direttive del governo statunitense. 

giovedì 20 novembre 2025

Così ha votato l’Iraq, la terra delle nostre menzogne - Alberto Negri

Da: https://ilmanifesto.it - Alberto Negri è giornalista professionista dal 1982. Laureato in Scienze Politiche, dal 1981 al 1983 è stato ricercatore all'Ispi di Milano. Storico inviato di guerra per il Sole 24 Ore, ha seguito in prima linea, tra le altre, le guerre nei Balcani, Somalia, Afghanistan e Iraq. - alberto.negri 


Gli osservatori iracheni riscontrano comunque una sfiducia diffusa tra i cittadini, prigionieri di un sistema dominato da interessi settari considerato responsabile del fallimento del paese


L’Iraq è la terra delle bugie. Delle nostre menzogne. Perciò tendiamo a dimenticare quanto è accaduto: persino la rievocazione della strage dei militari italiani a Nassiriya qualche giorno fa è avvenuta fuori da ogni contesto, come provocata da un uragano o un terremoto.

La prima bugia è che l’Iraq di Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa, la seconda è che il regime iracheno fosse legato ad Al Qaeda. Nel 2003 ce le siamo bevute tutte, quelle di Bush jr., Dick Cheney e di Blair: abbiamo partecipato a una insensata guerra di aggressione che ha ridotto il Paese in frantumi.

Oggi leggendo i risultati delle elezioni in Iraq quasi non si crede che tutto sia avvenuto più o meno pacificamente. Sembra che l’Iraq sia diventato un sorta di isola di stabilità nel cuore di un Medio Oriente sanguinante. Ovviamente non è così. Eppure è come se ci fossimo dimenticati delle sofferenze immani della popolazione irachena che tra occupazione e terrorismo ha visto in oltre un decennio almeno 500mila morti e milioni di profughi. Ricordo delle elezioni, sotto occupazione americana, mentre con Giuliana Sgrena e Stefano Chiarini andavamo da un seggio all’altro e intorno esplodevano colpi di mortaio e attentatori suicidi.

mercoledì 19 novembre 2025

Milei e il Bonapartismo moderno: un’analisi marxista della crisi del capitale - Damián Sasson

Da: https://futurasocieta.org - dal Canale YouTube Frases de Marx traduzione a cura di Alessandra Ciattini - Damian Sasson docente Università di Congreso Mendoza argentina. Curatore dei 2 canali YouTube Frases de Marx e Sociología para Entender la Sociedad.



In questo breve saggio Damián Sasson analizza l’attuale fase capitalistica in Argentina, che vede il predominio del capitale finanziario, sostenuto dallo Stato, il quale si indebita constantemente comprando dollari per favorire la speculazione borsistica e imponendo severe misure di austerità alla popolazione. L’autore sviluppa anche un’interessante analisi del concetto di Bonapartismo forgiato da Marx, indivuando una serie di tratti comuni alla política di Luigi Napoleone e quella di leader quali Trump, Milei, Bolsonaro. 



Il fantasma che ritorna

Gli ultimi anni hanno generato un fenomeno inquietante nella politica mondiale: l’emergere quasi simultaneo di leader che promettono di distruggere l’establishment consolidando al contempo il potere del capitale più concentrato. Javier Milei in Argentina, Donald Trump negli Stati Uniti, Jair Bolsonaro in Brasile. Ognuno con la propria retorica, ma seguendo un copione che Marx ha identificato più di 170 anni fa: il Bonapartismo.

Questo schema non è casuale. È la manifestazione di una logica storica che emerge quando il capitalismo entra in una crisi sistemica e le forme tradizionali di dominio non riescono più a contenere le contraddizioni sociali. Per comprendere cosa sta accadendo in Argentina e in America Latina, dobbiamo tornare all’analisi che Marx ha sviluppato nella sua opera Il 18 Brumaio di Luigi Bonaparte. Il Bonapartismo come forma di dominio borghese.

martedì 18 novembre 2025

Marx e la società comunitaria - John Bellamy Foster

Da: https://monthlyreview.org - John Bellamy Foster è direttore della Monthly Review. e docente di sociologia presso l’Università dell’Oregon. - John Bellamy Foster 

"In definitiva, l' unica cosa importante del pensiero di [Karl] Marx è il comunismo", osservò nel 1983 il teorico politico britannico di origine ungherese RN Berki.1Sebbene si tratti di un'esagerazione, è innegabile che l'ampia concezione di Marx della società comunitaria/comunismo abbia costituito la base della sua intera critica della società di classe e della sua visione di un futuro sostenibile per l'umanità. Tuttavia, sono stati pochi i tentativi di affrontare sistematicamente lo sviluppo di questo aspetto del pensiero di Marx così come emerse nel corso della sua vita, a causa della complessità del suo approccio alla questione della produzione comunitaria nella storia e delle sfide filosofiche, antropologiche e politico-economiche che ciò presentava, estendendosi fino ai giorni nostri. Ciononostante, l'approccio di Marx alla società comunitaria è di autentico significato non solo per comprendere il suo pensiero nel suo complesso, ma anche per contribuire a guidare l'umanità oltre la gabbia di ferro della società capitalista. Oltre a presentare un'antropologia filosofica del comunismo, egli approfondi la storia e l'etnologia delle reali formazioni sociali comunitarie. Ciò ha portato a indagini concrete sulla produzione e lo scambio comunitari. Tutto ciò ha contribuito alla sua concezione del comunismo del futuro come società di produttori associati.2

Ai nostri giorni, la produzione e lo scambio comunitari, nonché elementi di uno stato comunitario, sono stati sviluppati, con vari gradi di successo, in diverse società socialiste a seguito di rivoluzioni, in particolare in Unione Sovietica, Cina, Cuba, Venezuela e altrove nel mondo. La comprensione di Marx della storia, della filosofia, dell'antropologia e dell'economia politica della società comunitaria/collettiva è quindi un'importante fonte di intuizione e visione, non solo rispetto al passato, ma anche al presente e al futuro.

L'ontologia sociale della produzione comunitaria

Marx fu un prodotto fin dai suoi primi anni dell'Illuminismo radicale, influenzato in questo senso sia dal padre, Heinrich Marx, sia dal suo mentore e futuro suocero, Ludwig von Westphalen. A ciò si aggiunse il suo profondo incontro con la filosofia idealista tedesca, esemplificata dall'opera di GWF Hegel. Marx fu un affermato studioso dell'antichità greca, impegnato in intensi studi sia di Aristotele, che considerava il più grande dei filosofi greci, sia di Epicuro, il principale pensatore materialista del mondo ellenistico. Completò la sua tesi di dottorato sulla filosofia della natura di Epicuro nel 1841, emergendo come un materialista ben presto interessato all'idea del comunismo.3

lunedì 17 novembre 2025

Decreto flussi migratori e questioni strategiche e rivoluzionarie del nuovo lavoro e del welfare - Fosco Giannini

Da: https://futurasocieta.org - Fosco Giannini è un politico e giornalista italiano. Ex senatore di Rifondazione Comunista. 


Il capitale impone al governo Meloni, per il profitto, una nuova entrata in Italia di lavoratori stranieri: le contraddizioni della destra e i compiti dei comunisti e dei soggetti della trasformazione sociale. 


Lo scorso 30 giugno il governo Meloni, in relazione ai lavoratori migranti, vara il nuovo decreto flussi 2025, pubblicato poi in Gazzetta Ufficiale come DL 146/2025 lo scorso 3 ottobre ed entrato in vigore il successivo 4 ottobre 2025. Cosa caratterizza e cosa colpisce di questo decreto? Colpisce il fatto che (in un contesto ancora fortemente segnato dalla polemica, portata specialmente avanti da Fratelli d’Italia e dalla Lega, oltreché dai movimenti di estrema destra italiana, contro “l’immigrazione clandestina”, polemica che, tuttavia, per i toni e le evocazioni generali, finisce per dirigersi sempre, tout-court, contro tutti gli “stranieri”, contro gli “estranei”, cioè, alla concezione meloniana della “Nazione”) il governo Meloni, subordinandosi ai desiderata delle imprese, del grande, medio e piccolo capitale, avvia, con il decreto flussi 2025, un’imponente entrata, in Italia, di lavoratori immigrati. Saranno, infatti, 497mila i lavoratori migranti ai quali sarà consentito l’ingresso nel triennio 2026-2028. Si parla di stagionali, non stagionali, lavoratori di vari settori produttivi, colf e badanti che rappresenteranno il 10% in più della quota lavoratori migranti del triennio appena trascorso e ciò che, ancora, colpisce è il fatto che per la prima volta, per decreto, si stabilizzano quote di entrate di lavoratori migranti su basi territoriali.

Nel dettaglio: i lavoratori immigrati ai quali sarà consentito il nuovo ingresso saranno 164.850 per il 2026, 165.850 per il 2027 e 166.850 per il 2028 (nel triennio precedente si era data la possibilità di entrare, complessivamente, a 450mila lavoratori migranti). Inoltre, il decreto legge n.146 del 2025 varato dal governo di destra, “fissa e semplifica l’iter per il permesso di soggiorno”.

domenica 16 novembre 2025

All’ombra di Mao - con Luciano Canfora, Sandro Teti e Marco Sioli

Da: èStoria - Marco Sioli insegna Storia dell'America del Nord all'Università degli Studi di Milano La Statale. - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast) - 

L’incredibile vita di W.E.B. Du Bois, il più importante attivista per i diritti dei neri della prima metà del Novecento. Amico di Chruščëv e Mao, grande sociologo, storico, scrittore e pubblicista, primo afroamericano a laurearsi a Berlino e ad Harvard. Un uomo straordinario quanto sottovalutato in Occidente e negli Stati Uniti, dove fu perseguitato per le sue simpatie comuniste. Nella sua lunga e intensissima esistenza – morì a 95 anni in Africa nel pieno delle sue attività – ha creato diverse organizzazioni che gli sono sopravvissute. Da alcuni anni, soprattutto negli Usa, è in atto un meritorio lavoro di riscoperta e valorizzazione del suo pensiero e delle sue opere. 
Intervengono Luciano Canfora e Marco Sioli. Coordina Sandro Teti
                                                                                                                                                                           

sabato 15 novembre 2025

Genocidi visibili e genocidi invisibili - Alessandra Ciattini

Da: https://futurasocieta.com - Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni - Membro del Coordinamento Nazionale del Movimento per la Rinascita Comunista) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza di Roma. E' docente presso l'Università Popolare Antonio Gramsci (https://www.unigramsci.it). 


Vi sono vari modi di perpetrare genocidi: il più eclatante è determinato dalla guerra e da tutte le azioni che l’accompagnano come nel caso della distruzione con tutti i mezzi del popolo palestinese. Ma vi è anche un altro modo più subdolo, i cui effetti spesso restano nell’ombra o vengono occultati. Si tratta delle sanzioni, un atto del tutto illegittimo, con cui le potenze occidentali colpiscono i paesi più deboli allo scopo di sottometterli ai loro diktat, provocando milioni di morti, senza suscitare quello scandalo e indignazione invece suscitati dalle guerre. 



Dopo aver sperimentato sotto i nostri occhi impotenti il drammatico genocidio dei palestinesi, non ancora terminato, che taluni tacciono o arrampicandosi sugli specchi negano, forse è giunto il momento di tentare di stabilire quale è stato finora il regime più sanguinario della storia moderna, tenendo in conto le varie modalità non sempre visibili con cui questo ha liquidato popoli inermi e intere generazioni. Certo è tragico-comico udire personaggi, come il secolare monopolista della storia alla Rai, Paolo Mieli, e la filosofa Donatella Di Cesare, studiosa del ben noto Heidegger ed esponente della “sinistra compatibile”, che parlare di genocidio nel caso dei Palestinesi alimenterebbe solo sentimenti di odio ben presenti nel comportamento dell’Idf. Evidentemente non sanno, o fanno finta di non sapere che il diritto nazionale o internazionale si basa sulla classificazione dei comportamenti in base alla quale individua una colpa e la pena relativa; pertanto, non si preoccupa minimamente delle reazioni soggettive che tale identificazione può comportare. Un furto è un furto, un genocidio è un genocidio, uno stupro è uno stupro con buona pace di chi ipocritamente cerca di cavillare in nome di non so quali interessi o di un penoso abbaglio ideologico.

venerdì 14 novembre 2025

L'Ambasciata russa pubblica le "risposte di Lavrov che il Corriere della sera si è rifiutato di pubblicare" -

Da: https://www.lantidiplomatico.it - 

Nei suoi profili social l'Ambasciata della Federazione russa in Italia ha accusato il Corriere della Sera di aver tagliato in modo pretestuoso l'intervista che il ministro degli esteri russo Lavrov gli ha concesso.

Questo il suo messaggio dal suo canale Telegram:

"Negli ultimi mesi abbiamo assistito a un incremento, sui media italiani, della già elevata quantità di fake news riguardanti la Russia. Per cercare di arginare in qualche modo questo fiume di bugie, abbiamo proposto a una delle principali testate italiane, il “Corriere della Sera”, di intervistare in esclusiva il Ministro degli Affari Esteri della Federazione Russa Sergey Lavrov.
 
La redazione del quotidiano ha acconsentito con entusiasmo, inviandoci lunghe domande ai fini dell’intervista. A ciascuna delle domande il Ministro ha fornito una risposta esauriente. Il testo dell’intervista è stato preparato rapidamente. Lo si poteva pubblicare.
 
Tuttavia, il quotidiano si è rifiutato di pubblicare le risposte del Ministro Lavrov a quelle domande che il quotidiano stesso gli aveva posto.
 
Ci hanno “spiegato” che le parole del Ministro Lavrov “contenevano diverse affermazioni di natura controversa le quali avrebbero richiesto una verifica dei fatti, oppure delle spiegazioni aggiuntive; e che la pubblicazione di tali approfondimenti avrebbe portato al superamento dei ragionevoli limiti di spazio”. Alla nostra proposta di pubblicare sul giornale cartaceo una versione più breve dell’intervista e di pubblicarne la versione integrale sul sito web, la redazione del quotidiano ha risposto con un totale rifiuto.
 
Riteniamo che questa condotta costituisca uno sfacciato atto di censura.
 
Crediamo che i cittadini italiani debbano godere del diritto di accesso alle informazioni; diritto che è garantito ai sensi dell’Articolo 19 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (https://www.ohchr.org/sites/default/files/UDHR/Documents/UDHR_Translations/itn.pdf).
 
Vi mostriamo i testi delle due interviste: quello integrale (https://telegra.ph/Risposte-di-Sergey-Lavrov-Ministro-degli-Affari-Esteri-della-Federazione-Russa-alle-domande-del-Corriere-della-Sera-che-la-testa-11-12) e quello modificato (https://telegra.ph/Intervista-scritta-a-Serghej-Lavrov-per-il-quotidiano-italiano-Corriere-della-Sera-versione-censurata-11-12) dal “Corriere della Sera”.
 
Tutti i punti che sarebbero stati “scomodi” per la Roma ufficiale sono stati intenzionalmente omessi.
 
Questa circostanza rappresenta un chiaro esempio di come ai cittadini italiani non vengano fatte arrivare informazioni obiettivi riguardanti la situazione in Ucraina, e di come gli italiani vengano deliberatamente tratti in inganno."

DI SEGUITO L'INTERVISTA COMPLETA CON LE RISPOSTE CHE IL CORRIERE DELLA SERA NON HA PUBBLICATO: 

giovedì 13 novembre 2025

Cina, Brics e Occidente: come sta cambiando il mondo - Pino Arlacchi

Da: Giuseppe Salamone - Pino Arlacchi è un sociologo, politico e Ex vice-segretario dell'Onu. (https://www.facebook.com/PinoArlacchi - Pino Arlacchi). 



Mentre parlavamo col Prof. Pino Arlacchi, ho appreso una cosa che mi ha riempito il cuore di speranza e di gioia!
Discutevamo, in una live su YouTube, dell'ONU e del fatto che vada totalmente rifondata, visti i fallimenti soprattutto sul genocidio a Gaza e nella guerra in Ucraina. Questa la sua risposta:
"L'Onu non si può riformare perché è costruita per non essere riformata. Ma si può rifondare, si può fare un'organizzazione che prenda il meglio di quello che è stata l'Onu, e che diventi la vera garanzia operativa della pace mondiale. Sto ricevendo molte pressioni da parte di organizzazioni regionali e di diversi Paesi, perché diventi un candidato alla successione di Guterres che apra questo processo."
Mi auguro vivamente che il Prof. Arlacchi possa diventare il nuovo Segretario Generale dell'Onu. Sarebbe una fortuna per l'Italia e per il mondo intero. (Giuseppe Salamone

                                 

mercoledì 12 novembre 2025

Censura democratica: Clara Statello intervista Angelo d'Orsi

Da: l'AntiDiplomatico - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (angelo.dorsi

Censurare un docente universitario, in nome della libertà? Succede in Italia a Torino, con il supporto del PD. 
La vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno (Pd) ha definito l'incontro programmato per il 12 novembre, un «evento di propaganda putiniana» e ha ringraziato, su X anche il sindaco Stefano Lo Russo e il Polo del ‘900 per la decisione: «Difendere i luoghi istituzionali e culturali del nostro Paese dalla peste della propaganda putiniana significa proteggere la libertà e la democrazia. Il vero pericolo non è chi smaschera la propaganda, ma chi la giustifica». 
Questo è il clima in Italia, chi vuole portarci in guerra con la Russia, si autodefinisce democratico e di conseguenza censura chiunque, anche un docente universitario di Storia.

                                                                             

Cos'è il potere sovietico - Vladimir Lenin (1919)

Da: https://www.marxists.org - Discorso pronunciato alla fine di marzo 1919 pubblicato sulla Pravda n.18 il 21 gennaio 1928. Originale reperibile in V.I.Lenin Opere, ed.russa, vol.38 pp.238-239. Si ringrazia Davide Spagnoli per la trascrizione.

Leggi anche: Lenin - Opere complete  

Come funziona il Soviet*- John Reed  

Cinque anni di rivoluzione russa e le prospettive della rivoluzione mondiale - Lenin  

Sulla Nostra Rivoluzione*- Vladimir Lenin (1923)  

"Riflessioni" 4.0 - Stefano Garroni  

Alle operaie - Vladimir Lenin (1920)  

Sullo Stato* - Vladimir Lenin  

Better Fewer, But Better*- Vladimir Lenin (1923)  

I dieci giorni che sconvolsero il mondo. - John Reed (1919) 


Che cos'è il potere sovietico?

Qual è la natura di questo nuovo potere che nella maggior parte dei paesi non si vuole o non si può ancora capire?

Il tratto essenziale, che attira sempre più gli operai di ogni paese, è che lo Stato, prima amministrato in un modo dai ricchi o dai capitalisti, oggi, per la prima volta, è amministrato, e su scala di massa, proprio dalle classi che il capitalismo opprimeva.

Anche nella repubblica più democratica, più libera, finché permane il dominio del capitale, finché la terra resta proprietà privata, lo Stato è sempre amministrato da una esigua minoranza composta per i nove decimi da capitalisti o da ricchi.

Per la prima volta al mondo, da noi, in Russia, si è organizzato il potere dello Stato in modo che soltanto gli operai, soltanto i contadini lavoratori, escludendo gli sfruttatori, compongano le organizzazioni di massa, i Soviet; e a questi Soviet è stato trasmesso tutto il potere dello Stato.

Ecco perché, nonostante le calunnie della borghesia di tutti i paesi contro la Russia, in tutto il mondo la parola «Soviet» è diventata non soltanto comprensibile, ma popolare, cara agli operai, a tutti i lavoratori.

Ed ecco perché il potere sovietico, quali che siano le persecuzioni contro i fautori del comunismo nei diversi paesi, trionferà certamente, inevitabilmente in tutto il mondo e in un non lontano avvenire.

Sappiamo benissimo che ci sono ancora molti difetti nell'organizzazione del potere sovietico. Il potere sovietico non è un talismano miracoloso. Non guarisce di colpo i difetti del passato, l'analfabetismo, l'arretratezza culturale, le conseguenze di una barbara guerra, l'eredità di un capitalismo rapinatore.

Ma in compenso dà la possibilità di passare al socialismo, permette a coloro che erano oppressi di levarsi e di prendere sempre più nelle loro mani tutta la direzione dello Stato, tutta la direzione dell'economia, tutta la direzione della produzione.

Il potere sovietico è la via verso il socialismo scoperta dalle masse lavoratrici, e perciò giusta, e perciò invincibile.

V.I.Lenin

martedì 11 novembre 2025

Crimini infami contro i palestinesi - Luciano Beolchi

Da: https://transform-italia.it - Luciano BeolchiUniversità degli Studi di Milano - State University of Milan (Italy), History, Emeritus. (https://transform-italia.it/autori)

Leggi anche: RAKEFET SIGNIFICA CICLAMINO. Il nome di fiore per un luogo senza sole. - Reportage del The Guardian sul carcere inumano dove molti detenuti vengono trattenuti senza accuse né processo. Al momento ci sarebbero almeno 100 Palestinesi. - https://www.facebook.com/permalink.php? - Lavinia Marchetti 

Il linguaggio del terrore: quando un ex parlamentare israeliano cita Hitler per Gaza. Paolo.Consiglio

LA RIMOZIONE DEL GENOCIDIO PALESTINESE DOPO IL "CESSATE-IL-FUOCO", COME PREVEDIBILE. - Lavinia Marchetti 


A metà ottobre Israele ha restituito a Gaza 120 corpi, poi altri 15, in base a un accordo con Hamas che prevede la restituzione di 15 corpi di palestinesi per ogni corpo di ostaggio che sarà recuperato da Hamas sotto le macerie di Gaza distrutta dai bombardamenti israeliani. 

I corpi restituiti erano ancora ammanettati, orrendamente offesi, con segni di torture e impiccagioni, o bendati e giustiziati con un colpo di arma da fuoco tra gli occhi. 

Questo dice poco sugli autori dei misfatti, anche perché i corpi sono stati consegnati senza nome, accompagnati solo da un numero. E’ un fatto però che tutti i detenuti usciti dalle carceri israeliane denunciano sistematiche e violente torture fisiche e psichiche e lo stesso hanno fatto gli oltre quattrocento attivisti imbarcati sulla flotilla, arrestati illegalmente in acque internazionali. I venti ostaggi israeliani liberati, nelle centinaia di interviste rilasciate non hanno parlato di torture e la cosa è stata spiegata come un effetto della sindrome di Stoccolma, il fenomeno psicologico per cui nel corso di una lunga detenzione il detenuto si affeziona al carceriere. Curioso clima, quello di Palestina e curiosa anche la sindrome di Stoccolma che ha colpito tutti e venti gli ostaggi israeliani e nessuno tra le centinaia di migliaia di palestinesi che Israele ha detenuto nelle sue carceri. E’ prevedibile che le autorità israeliane diranno e faranno dire che l’autore dell’orrendo sfregio è Hamas, ma ciò che rende le loro accuse poco credibili non è tanto che i corpi straziati vengono dai cimiteri dei numeri, dagli obitori israeliani, dalle carceri di Megiddo e di Ofer e da altri luoghi di detenzione come la base militare di Sde Teiman, ma il fatto che esse si rifiutano sistematicamente di rivelare i nomi e le circostanze, i luoghi e le date in cui quei cadaveri sono venuti nella loro disponibilità, tutte informazioni che avvicinerebbero indubbiamente alla verità e che la comunità internazionale deve richiedere con forza. Dobbiamo pretendere da Israele nomi e non numeri. 

lunedì 10 novembre 2025

Mao era un mostro? - Carlos Martinez

Da: https://socialistchina.org - Carlos Martinez, condirettore di Friends of Socialist China

Leggi anche: L’Oriente è rosso – ancora!Stefania Fusero (https://www.lacittafutura.it/recensioni

"Cina 2013" - Samir Amin

Per celebrare il 130° anniversario della nascita di Mao Zedong, pubblichiamo di seguito un estratto dal capitolo "No Great Wall: on the continuitys of the Chinese Revolution" del libro di Carlos Martinez L'Oriente è ancora rosso – Il socialismo cinese nel XXI secolo , che valuta l'eredità politica di Mao e si concentra in particolare su alcuni degli episodi più controversi associati alla sua leadership.

L'estratto si propone di fornire un'analisi dettagliata ed equilibrata del Grande balzo in avanti e della Rivoluzione culturale, e di spiegare perché la maggior parte della popolazione cinese continua a venerare Mao e perché, come disse Deng Xiaoping , "il Partito comunista cinese e il popolo cinese lo considereranno sempre come un simbolo, un tesoro molto prezioso".

La ragione fondamentale è che, più di ogni altro individuo, Mao Zedong simboleggia ed è responsabile della liberazione della Cina e della costruzione del socialismo cinese. Carlos scrive:

Gli eccessi e gli errori associati agli ultimi anni di vita di Mao devono essere contestualizzati in questo quadro generale di progresso trasformativo senza precedenti per il popolo cinese. Il tasso di alfabetizzazione in Cina prima della rivoluzione era inferiore al 20%. Alla morte di Mao, era intorno al 93%. La popolazione cinese era rimasta stagnante tra i 400 e i 500 milioni per circa cento anni, fino al 1949. Alla morte di Mao, aveva raggiunto i 900 milioni. Crebbe una fiorente cultura letteraria, musicale, teatrale e artistica, accessibile alle masse popolari. La terra fu irrigata. La carestia divenne un ricordo del passato. Fu istituita l'assistenza sanitaria universale. La Cina – dopo un secolo di dominazione straniera – mantenne la propria sovranità e sviluppò i mezzi per difendersi dagli attacchi imperialisti.

domenica 9 novembre 2025

Le condizioni per tornare a parlare di socialismo - Piero Bevilacqua

Da: https://volerelaluna.it - Piero Bevilacqua, già professore di storia contemporanea all’Università La Sapienza di Roma, è scrittore, saggista e politico. 

Leggi anche: "Riflessioni" 2.0 - Stefano Garroni  

"Riflessioni" 4.0 - Stefano Garroni 

Riflessioni 16 - Alienazione/Estraneazione - Stefano Garroni  

Riflessioni 18 - Smarrimento - Stefano Garroni  

PER UNA RIPRESA DI RIFLESSIONE* - Stefano Garroni   

Una problematica politica odierna. Il comunismo libertario - Stefano Garroni

SUL PARTITO* - Stefano Garroni  

Comunisti, oggi. Il Partito e la sua visione del mondo. - Hans Heinz Holz.  

L’onda lunga della crisi del marxismo (tra prassi e teoria) - Roberto Fineschi 

Vedi anche: LOSURDO ed il REVISIONISMO STORICO - Alessandra Ciattini e Gianmarco Pisa

Un tempo le forze politiche che ora definiamo Sinistra, e che in passato si nominavano anche Movimento operaio (Partito comunista e socialista, organizzazione sindacale di classe ecc.), agivano sulle proprie scene nazionali animate dalla consapevolezza di essere eredi di un lungo passato di lotte e di conquiste, di essere parte di un movimento internazionale e di avanzare verso il futuro secondo un programma di rivendicazioni immediate e un progetto di società da costruire. L’intero processo, che coinvolgeva milioni di persone, era accompagnato da una costante attività di analisi e di elaborazione intellettuale, dentro e fuori i partiti, che forniva alle rivendicazioni quotidiane analisi, conoscenze, orizzonti. 

Da qualche decennio questa dimensione intellettuale, culturale, morale, escatologica che accompagnava l’agire politico è stata abbandonata pressoché da tutti i partiti. Il patrimonio teorico che dava profondità all’agire pratico è stato dismesso come un ferro vecchio. Oggi tutto è inchiodato al presente e l’orizzonte del fronte riformatore si limita, nel migliore dei casi, alla rivendicazione di “più risorse alla sanità pubblica”, “più soldi alla scuola”, “maggiore equità sociale” e alle note bagattelle del chiacchiericcio propagandistico. 

Quel che vorrei qui illustrare è perché questo è accaduto e quali sono state le forze storiche che hanno portato alla disfatta presente. E, sulla base di questo chiarimento, provare a indicare le condizioni che possono far rinascere la politica quale agente di trasformazione sociale, progetto di una nuova organizzazione della società. Premettendo che il grande crollo subito dal movimento operaio organizzato è stato provocato, a mio avviso, da due agenti e processi convergenti: il successo dell’iniziativa capitalistica in due grandi Paesi, UK e USA, e il crollo dell’Unione Sovietica.

sabato 8 novembre 2025

LA RIMOZIONE DEL GENOCIDIO PALESTINESE DOPO IL "CESSATE-IL-FUOCO", COME PREVEDIBILE. - Lavinia Marchetti

Da: Lavinia Marchettihttps://laviniamarchetti.altervista.org - Lavinia Marchetti - 

Leggi anche: "contro le due destre" - Moni Ovadia

Moni ovadia qualche mese fa lo disse chiaramente che il periodo peggiore sarebbe stato subito dopo il cessate-il-fuoco. L’attenzione internazionale si sarebbe allentata e dopo la distruzione il piano di sostituzione etnica avrebbe avuto il suo acme. Aveva ragione, ma lo sapevamo bene anche noi che sarebbe successo. Come avrete notato la narrazione pubblica sulla Palestina è stata drasticamente ridimensionata dopo il cosiddetto cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Quello che si rivela un falso armistizio, una tregua solo nominale, ha coinciso con un calo brusco dell’attenzione mediatica, graduale, succede sempre così, una notizia in meno al giorno, un po’ come quando si scala un farmaco: l’algoritmo dei social network pare aver “declassato” i contenuti sulla Palestina e le testate mainstream hanno quasi azzerato le notizie sul tema. La crisi non è risolta tutt’altro. Non è che improvvisamente non muoia più nessuno. Semplicemente, l’orrore in Terra Santa è stato rimosso dal discorso pubblico dominante, congelando l’indignazione collettiva proprio quando ce ne sarebbe più bisogno. È un processo subdolo di oblio programmato, in cui la sofferenza di un popolo viene progressivamente espunta dalla coscienza globale: un caso esemplare di come si manipola l’opinione pubblica affinché un genocidio venga dimenticato, e soprattutto vengano dimenticati, alla chetichella, i carnefici. 

Sui social network, attivisti e utenti hanno denunciato un sensibile calo di visibilità dei post legati a Gaza e Cisgiordania, quasi fossero oggetto di shadow banning. Del resto, un rapporto delle Nazioni Unite ha confermato che le piattaforme occidentali hanno rimosso in modo sproporzionato i contenuti di solidarietà col popolo palestinese, molto più rigorosamente di quanto abbiano filtrato contenuti apertamente violenti anti-palestinesi (ci sono dati oggettivi in merito). Questa censura algoritmica, mascherata da politica di moderazione, contribuisce a seppellire la causa palestinese sotto un assordante silenzio digitale. 

venerdì 7 novembre 2025

"I pestelli della guerra" - Luciano Canfora

Da: Succedono cose - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast
Leggi anche: A che serve la storia?*- Luciano Canfora  

Lettura magistrale di Luciano Canfora sul tema della guerra come fenomeno permanente della storia umana: da Aristofane a Tucidide, da Machiavelli a Kant, da Hegel a Grozio, fino a Wilson e Giovanni XXIII. 
Un viaggio attraverso duemilacinquecento anni di pensiero politico e filosofico sul conflitto e sulla pace.

                                                                            

giovedì 6 novembre 2025

Rivoluzione Geopolitica Mondiale - Lucio Caracciolo

Da: Geopolitica Quotidiana - 4 ottobre 2025 – Pianeta Terra Festival, Lucca - 
Lucio Caracciolo è un giornalista italiano, fondatore e direttore della rivista italiana di geopolitica Limes (https://www.limesonline.com). (Lucio Caracciolo

                                                                           

mercoledì 5 novembre 2025

Merkel e la vecchia Europa: con Putin trattavamo - Sabato Angieri

Da: https://ilmanifesto.it - Sabato Angieri, giornalista del il manifesto. Inviato in aree di crisi e conflitti. Traduttore ·Formazione: Sapienza Università di Roma.

Leggi anche: https://www.ilmitte.com/2025/10/angela-merkel-polonia-e-stati-baltici-boicottarono-il-dialogo-con-putin 

LUCIO CARACCIOLO, fondatore della rivista LIMES, sulla guerra in Ucraina (https://www.facebook.com)


Che esista un’Europa prima della guerra in Ucraina e un’altra, diversa oggi è indubbio. Ma che l’invasione russa stia mettendo in luce visioni del mondo e della geopolitica totalmente differenti tra le generazioni di politici europei è molto meno ovvio. L’8 novembre 2011 a Lubmin, in Germania, Angela Merkel era raggiante mentre girava la grossa valvola che doveva aprire simbolicamente il flusso di gas attraverso le condutture del Nord Stream. La cancelliera si trovava al centro, in primo piano, tra il premier francese François Fillon, il capo del governo olandese Mark Rutte e l’allora presidente russo Dmitri Medvedev.

OGGI MEDVEDEV è il vice-capo del Consiglio di sicurezza russo che minaccia di bombardare l’Europa con l’atomica almeno una volta a settimana; Rutte è il capo della Nato e non perde occasione per ricordare che la Russia è il nostro nemico numero uno e che bisogna riarmarsi in fretta e senza risparmio; il capo di Fillon, Nicolas Sarkozy è stato condannato per «associazione a delinquere» per aver preso soldi da Gheddafi durante la campagna elettorale del 2007, ma questa è un’altra storia. E Angela Merkel rilascia interviste dicendo che nel 2021 lei sapeva come trattare con Putin, che aveva intuito che stesse per scoppiare qualcosa al confine orientale del Vecchio continente, ma che Polonia e Paesi baltici hanno posto un veto sui suoi tentativi di negoziare.

Non è la prima volta che un politico di quella generazione si lamenta di come Bruxelles ha gestito i rapporti con la Russia. Bakhmut stava per cadere quando un gruppo di militari ucraini che stava evacuando in tutta fretta ci disse: «italiani? Ah, Berlusconi». L’ex premier il giorno prima aveva dichiarato che se lui fosse stato capo del governo con «Zelensky non ci avrebbe neanche parlato». Eppure le posizioni di Berlusconi e Merkel erano molto distanti. Erano gli stessi anni dell’assalto degli oligarchi russi alla city di Londra, trasformata in un cantiere a cielo aperto per gli “investimenti” provenienti dai petroldollari russi e chissà da quali altre attività.

ALLA COSTRUZIONE del Nord Stream partecipò mezza Europa: le italiane Snam e Saipem, la francese GDF-Suez, la britannica Rolls-Royce, per citare solo alcuni dei pezzi da 90. E oggi si parla come cosa fatta del sequestro degli asset russi per finanziare l’Ucraina e delle sanzioni che hanno imposto alle aziende occidentali di lasciare la Federazione russa (prima di essere nazionalizzate da Mosca).

Il Nord Stream è forse uno dei massimi esempi del riavvicinamento tra Russia e Europa dopo da caduta del Muro di Berlino, del riavvicinamento tra pari almeno e non della spoliazione delle ricchezze ex-sovietiche da parte delle aziende occidentali negli anni ’90. Gli Usa non hanno mai visto di buon occhio questa comunanza e tuttora la osteggiano in modo evidente.

Basti pensare che uno dei tanti diktat di Donald Trump alla debolissima Bruxelles è stato quello di acquistare gas liquido dagli Usa e di interrompere totalmente ogni rapporto con la Russia, mentre Washington stessa, di contro, progetta di stringere i suoi legami energetici con il gigante eurasiatico. Non che 15 anni fa fosse l’età dell’oro, o che la Russia dove Anna Politkovskaja era stata brutalmente assassinata e i ceceni erano trucidati fosse un alleato democratico. Si chiudevano tutti e due gli occhi, in nome di quel termine che oggi va tanto in voga tra chi vorrebbe un accordo con la Russia, la realpolitik. Con l’enorme differenza che all’epoca era realmente politica – spietata e interessata – oggi sono perlopiù chiacchiere smentite nel giro di poche ore.

VENERDÌ SCORSO in un’intervista al media ungherese Partìzan Angela Merkel ha voluto dichiarare che: «Nel giugno 2021, ho avuto la sensazione che Putin non prendesse più sul serio l’accordo di Minsk ed è per questo che volevo un nuovo formato in cui noi, come Unione europea, potessimo parlare direttamente con lui». In occasione di una riunione del Consiglio europeo tenutasi quello stesso mese, Merkel e Macron hanno proposto negoziati diretti con altri leader in risposta all’accumulo di truppe russe vicino al confine ucraino. Ma l’idea di trattare «non è stato sostenuto da alcuni. Si trattava principalmente degli Stati baltici, ma anche la Polonia era contraria». Questi ultimi si sono offesi mortalmente, dichiarando che Merkel fa il gioco di Putin, che è incredibile che l’ex cancelliera non abbia cambiato idea. Il Cremlino, ovviamente, ha dato ragione a Merkel, affermando che «l’Ue è ostaggio della linea politica dei Paesi baltici e della Polonia». Ma è più interessante una dichiarazione dell’attuale premier polacco, Donald Tusk: «Il problema con Nord Stream 2 non è che sia stato fatto saltare in aria. Il problema è che sia stato costruito». Si torna sempre lì. Alcuni dei leader attuali hanno fatto della lotta alla Russia la loro ragion d’essere al governo – fermo restando che l’invasione dell’Ucraina è un fatto incontrovertibile – e i Paesi più importanti della Ue hanno delegato la propria politica estera agli Usa. Ma i vecchi capi non stanno dicendo «eravamo meglio noi», la reprimenda è più sottile: si sta iniziando a preparare il terreno in caso di disastro in Ucraina. Di chi sarà la colpa?

Certamente non nostra, sembrano dire i vecchi leader. Il rischio è che se tutto dovesse andar male e l’unità costruita intorno a Kiev dovesse sgretolarsi, inizierà lo scaricabarile. Gli Usa diranno che è stata colpa dell’Ue, gli stati europei si rimpalleranno le responsabilità e, quasi certamente, alla fine la colpa ricadrà sugli ucraini stessi. Qualcuno più furbo, come Merkel, già ha iniziato a farsi da parte.

martedì 4 novembre 2025

Marx a Gaza: quando il capitale gronda sangue - Frasi di Marx (8)

Da: l'AntiDiplomatico - https://www.lantidiplomatico.ithttps://giuliochinappi.com - 
Marx e la crisi migratoria negli Usa: gli immigranti non sono nostri nemici - Frasi di Marx (6)
"Collasso Ecologico": cosa direbbe Marx oggi - Frasi di Marx (5)
Lo Stato minimo: l’ipocrisia del neoliberismo - Frasi di Marx (4)
MARX ANALIZZA JOKER (3)
L'accumulazione originaria: perchè i ricchi sono ricchi - KARL MARX (2)
L'inizio della lotta di classe - "Frasi di Marx" (1)


Nonostante alcuni accusino ingiustamente Marx di eurocentrismo, egli resta il pensatore più citato per analizzare il colonialismo contemporaneo, da cui hanno preso spunto autori come per esempio Maurice Godelier, Nestor Kohan, Vijay Prashad etc., per approfondirne le dinamiche. Gaza non è un "conflitto ancestrale", etnico o religioso: è un laboratorio capitalista dove le tecniche di controllo vengono perfezionate e poi esportate a livello globale. Si tratta di un complesso processo che, senza tema di smentita, possiamo definire "Accumulazione primitiva permanente". 

Su di esso si basa il progetto E-1 che Netanyahu ha presentato nell'agosto 2025: 1.214 ettari da sottrarre alla Cisgiordania, con l’occupazione dei quali si spezzeranno i legami territoriali tra le città palestinesi. Non si tratta di un'espansione casuale: è un intervento chirurgico territoriale per rendere impossibile un'economia indipendente e per minare qualsiasi possibilità di costruzione di uno Stato palestinese autonomo. 

Oltre 63.700 morti a Gaza, 2.014 assassinati in cerca di aiuti umanitari, senza contare coloro i cui corpi giacciono ancora sotto le macerie provocate dalle bombe sioniste, che hanno reso invivibile la striscia di Gaza. Israele controlla ogni caloria in entrata, mentre produce una carestia artificiale, il cui scopo dichiarato è l’estinzione del popolo palestinese. 

"Il sionismo come appropriazione dell'ebraicità". La Stella di David è ben visibile sui carri armati che bombardano Gaza senza pietà in una guerra del tutto asimmetrica, mentre i rabbini ebrei ortodossi e i giovani statunitensi sono arrestati a New York per aver protestato contro il genocidio. Il sionismo impiega i simboli ebraici millenari, trasformandoli in simboli di uno Stato coloniale, che poco ha a che fare con l’ebraismo, che presenta molteplici tendenze. Migliaia di rabbini condannano le azioni israeliane, considerandole contrarie ai valori ebraici fondamentali. La classe dirigente sionista li accusa paradossalmente di antisemitismo, ignorando che anche gli arabi sono semiti in senso etnico-linguistico. 

 L’importanza dell’analisi di Marx sta nel fatto che non esamina in senso moralistico le azioni di guerra sioniste, condannandole semplicemente come violazione di valori; egli mostra come esse sono generate dallo stesso sistema capitalistico, che per mantenersi in vita ha bisogno dell’espansione coloniale e dell’imperialismo, nel caso di Israele statunitense. Pertanto, possiamo considerare "Gaza come un laboratorio del capitalismo globale", in cui ogni giorno si verifica sul terreno il funzionamento di un’arma. Non sono chiacchere: Israele ha esportato tecnologia "collaudata in combattimento" in 134 paesi. Ogni bambino assassinato testa un'arma; ogni famiglia sterminata perfeziona un algoritmo. Iron Dome, nonostante sia stato violato in molte occasioni, è diventato il sistema antimissile più venduto al mondo. Nel 2025 lo Stato sionista, grazie a chi lo finanzia, ha esportato 8,2 miliardi di dollari di sistemi di sorveglianza. Ogni tecnica testata sui palestinesi viene poi utilizzata contro i lavoratori in tutto il mondo, anche in quei paesi che con vuote chiacchere sacralizzano i cosiddetti diritti umani, accusando i regimi autoritari di non rispettarli. Questi sono i paradossi dell’attuale sistema economico-sociale. 
Alessandra Ciattini 
                                                                           

Fonti principali: Marx, K. "Il Capitale" (accumulazione primitiva, feticismo della merce); 
Rapporti ONU sugli insediamenti israeliani 2025, 
Ministero della Salute di Gaza: dati relativi alle vittime, 
Analisi delle esportazioni militari israeliane 2025.

lunedì 3 novembre 2025

Migliaia di soldati ucraini accerchiati a Pokovsk - Gianandrea Gaiani

Da: Il Contesto | Analisi economica e geopolitica -  Gianandrea Gaiani. Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. 

Le forze armate russe continuano a registrare progressi particolarmente significativi, soprattutto nei settori di Pokrovsk, Kupyansk, Siversk e Kostyantynivka, mentre il Kiel Institute documenta una caduta verticale della capacità degli sponsor occidentali dell’Ucraina di rifornire adeguatamente Kiev di materiale militare. La penuria di armi e munizioni va peraltro a combinarsi con un netto calo dell’efficacia dei sistemi di difesa aerea Patriot, con conseguente aumento della distruttività degli attacchi missilistici russi e incremento delle vittime tra le fila ucraine. «Dalle mie fonti risulta che il rapporto di perdite tra ucraini e russi è di 36 a 1. Sono le perdite ucraine ad essere vicine a un milione […]. La guerra d’attrito attuata fin dall’inizio dai russi è stata un successo, sono gli ucraini ad essere sull’orlo del disastro», ha dichiarato ai microfoni di «Sky News Australia» l’ex consigliere Dipartimento di Stato statunitense James Carden. La piega assai difficilmente reversibile presa dal conflitto rafforza la posizione negoziale della Russia, che l’amministrazione Trump ha recentemente bersagliato con sanzioni dirette contro le compagnie petrolifere russe Rosneft e Lukoil. Sullo sfondo, le forze missilistiche russe testano con successo il Burevestnik, missile da crociera a propulsione nucleare. «Si tratta di un’arma unica che nessun altro al mondo possiede», ha affermato il presidente Putin in tenuta mimetica durante un incontro con i vertici delle forze armate. Ne parliamo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore della rivista «Analisi Difesa». 
Giacomo Gabellini

                                                                            

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