Da: Lavinia Marchetti - Moni Ovadia, Salomone Ovadia detto Moni, è un attore, cantante e scrittore italiano di origine bulgara. (moniovadia)
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Per anni ho militato nella sinistra, e poi, da parecchi anni – persino tre decenni – mi sono sentito come un criceto nella ruota. Ogni elezione continuo a girare, ma non succede nulla di nulla. Poi ho capito che nei confronti di noi cittadini veniva perpetrata una truffa. L’elezione era solo una sanzione di parvenza democratica per non cambiare niente.
Secondo me lo si è capito dal linguaggio che ha cominciato a entrare in circolo. Il linguaggio annuncia le trasformazioni. Quando ho sentito per la prima volta la parola “risorse umane”, ho capito che stavano fottendo i lavoratori.
Mi è capitato di essere invitato a parlare in contesti sindacali, e siccome io sono gloriosamente un estremista – lo rivendico – l’ho detto anche una volta a quel ciuciolone di David Parenzo. È stata una delle rare volte in cui sono stato invitato in TV. Soprattutto perché vengo considerato un terrorista, un ebreo antisemita. “State attenti, perché lui è un estremista”. Io ho detto a Parenzo, che purtroppo conosco da quando portava ancora i pantaloncini all’inglese: “Grazie per la definizione. Ma chi ha governato questo Paese per 75 anni? I moderati.”
E guarda dove cazzo siamo finiti. L’Italia è l’unico Paese in cui la parola “moderazione” porta con sé una ferocia dilatoria. Qui siamo molto moderati, per cui la mafia impera, ma guai a fare troppo chiasso.
Anche la parola “divisivo”, d’origine americana: cosa significa? Che non c’è più opposizione, perché se critichi sei divisivo. Ebbene, io sono antifascista. Non posso non essere divisivo. Persino l’ANPI è caduta in questa trappola.
Ho persino pensato di restituire le mie due tessere dell’ANPI: una con medaglia d’onore, l’altra mia. Stavo già pensando di strapparle, perché io vorrei vedere, il 25 aprile, un corteo che sfili con le bandiere del popolo palestinese. Solo così oggi si fa Resistenza.
Per me, dunque, è stata una grande boccata d’ossigeno essere coinvolto, pur nei miei limiti. Sono un teatrante, lo ripeto, ma porto il piccolo contributo che posso, perché riesco a raggiungere persone che da anni non militano più, che non votano più, ma che conservano un sentimento. Nella loro amarezza per essere stati raggirati, mantengono ancora un ardore d’indignazione per ciò che stiamo vedendo.
La democrazia – se mai c’è stata – è morta. A mio modesto parere, votare ciclicamente non è democrazia. In fondo, come diceva Gaber, libertà è partecipazione.
Poi un’altra cosa fondamentale: è stato bandito dal linguaggio – hanno cominciato le destre – il principio più alto che l’umanità abbia mai conquistato, a mio parere, nel suo travagliato e doloroso cammino: il principio dell’uguaglianza.
Io, come teatrante e un po’ giarratano, mi sono persino permesso di criticare i rivoluzionari francesi, dicendo che commisero un errore: non “liberté, égalité, fraternité”, ma “égalité, liberté, fraternité”. Perché solo fra uomini uguali si può parlare di libertà. Altrimenti, la parola “libertà” diventa l’arbitrio dei ricchi e dei potenti. Infatti, Berlusconi l’amava moltissimo: “Casa della Libertà”, che significava “faccio i cazzi miei, e i poveracci si fottano”.
Questa iniziativa è un’iniziativa per cui vale la pena rimboccarsi le maniche. Io sono un uomo ormai proprio sul crinale della vecchiaia – l’anno prossimo compirò 80 anni – ma è una battaglia per cui vale la pena combattere. Mettere a menare fendenti – intendo, metaforicamente. Sarà una lotta non facile, perché – come è stato detto – l’informazione è in mano al potere. Anzi, direi che l’informazione non c’è, perché non informano su nulla, tranne che autoreferenzialmente. L’abbiamo visto con la questione della Palestina.
Per me è stato un dolore terribile. Come ebreo, mi sono sentito pugnalato alla schiena, al cuore, alla gola. I sionisti sono, a mio parere, il più grande fallimento della storia ebraica. Una catastrofe – non solo per i palestinesi, con cui io sto – ma anche per l’ebraismo.
Il monoteismo ebraico è la prima fonte culturale e spirituale che dichiara l’uguaglianza degli uomini su una base incontrovertibile, perché afferma – parlo del Genesi – che tutti gli uomini discendono da un solo esemplare. I sionisti hanno distrutto il presupposto fondante della Torah ebraica.
Per questo io considero Netanyahu non una deviazione, ma la vera anima del sionismo.
Il velato “due popoli due stati” è una truffa sanguinosa. I moderati che dicono che Israele “ha diritto a difendersi” sono complici di questo genocidio, che è stato definito tale dal professor Amos Goldberg, docente di Storia dell’Olocausto presso il Dipartimento di Storia Ebraica dell’Università Ebraica di Gerusalemme.
E poi, c’è la dolorosa questione dei sopravvissuti alla Shoah, e noi ne siamo stati coinvolti. Io sono un grandissimo amico della senatrice Liliana Segre, che da qualche tempo non frequento più per non crearle problemi. Però mi corre l’obbligo di dire una cosa.
A Londra, il sopravvissuto Stephen Kapos, deportato ad Auschwitz all’età di sette anni, gira davanti al numero 10 di Downing Street con appeso al collo un cartello: “Stop genocide in Gaza”. E con lui ci sono altri sopravvissuti. Quindi lasciamo fuori la Shoah da questa storia.
Io, come ebreo, dico che lo sfregio più grande alla Shoah lo hanno fatto i sionisti, facendone uno strumento di aggressione, da sbattere addosso ai galantuomini che difendono i diritti di tutti gli esseri umani su questa terra.
Grazie."