martedì 30 dicembre 2025

Marx America First - Frasi di Marx n.9.


Il capitale non ha una patria e si dirige dove trova il massimo rendimento. Gli Stati Uniti confermano questa tesi con la loro svolta protezionistica: quando non si riesce più a dominare i mercati mondiali con il "libero scambio", si adotta il nazionalismo economico come ultima risorsa. 
In questo video, spiego perché il protezionismo americano è la pubblica confessione del suo declino imperiale, come Wall Street abbia distrutto la propria industria con quattro decenni di finanziarizzazione e perché le promesse di "reindustrializzazione" siano materialmente impossibili da realizzare. 
Perché l'Inghilterra predicava il libero scambio nel XIX secolo, ma adottava preferenze imperialistiche di fronte alla concorrenza? Come sono passati gli Stati Uniti dall'inondare il mondo con i loro prodotti alla chiusura delle frontiere, quando la Cina li ha superati settore per settore? Perché i lavoratori che hanno votato Trump, credendo di poter recuperare posti di lavoro ben pagati nell'industria, dovrebbero solo assumere atteggiamenti patriottici, mentre il capitale continua a fluire dove produce i maggiori profitti? 
Ve lo spiegherò attraverso la mia analisi storica, mostrando come il fascismo svolga la sua funzione classica: incanalare la legittima rabbia degli sfruttati verso capri espiatori accuratamente selezionati (es. i migranti), lasciando completamente intatto il sistema che in realtà causa la loro miseria. 
Il nazionalismo borghese è la forma che assume il dominio capitalistico quando la democrazia formale non riesce più a contenere le sue contraddizioni esplosive, dimenticando che l’estensione planetaria del capitalismo nella fase attuale non può riprodursi se gli vengono imposti dei limiti. In questo contesto è anche inimmaginabile l’ipotesi di una svolta autarchica in paesi che non hanno le risorse necessarie alla riproduzione dei loro sistemi economici (Europa), o non hanno materie prime indispensabili come il petrolio pesante del Venezuela o della Russia (Usa). L’illusione è che con atti di forza, del tutto illegittimi, si possano raggiungere i propri obiettivi in un mondo in cui il predominio euroatlantico si trova in una grandissima crisi. 
Ma il capitalismo non può abbandonare la sua legge morale (“produrre il massimo possibile di plusvalore”, Marx, Capitolo IV inedito) basata sulla più spietata concorrenza, quando solo la cooperazione potrebbe farci superare l’attuale crisi sistemica. 
Alessandra Ciattini
                                                                            

Bibliografia 
Marx K., Il Capitale, Libro I, capitolo VI inedito, Firenze 1969.

lunedì 29 dicembre 2025

USA E IL BOOMERANG CON IL VENEZUELA - Pino Arlacchi

Da: Pino Arlacchi - Originale: ilfattoquotidiano.it | 27 dicembre 2025 - Pino Arlacchi è un sociologo, politico e Ex vice-segretario dell'Onu. (Pino Arlacchi). 

Leggi anche: Invasione-suicidio: ecco perché Trump fallirà col Venezuela - Pino Arlacchi 


L'ILLUSIONE MILITARE OCCIDENTALE 

Nei confronti di Maduro l’America e i suoi alleati stanno ripetendo la stessa prova di imbecillità e paranoia messa in atto con la Russia, che doveva finire in ginocchio per le sanzioni.


Mi trovavo a Caracas due mesi fa, ospite di un Forum internazionale. Trump tuonava da tempo minacce d’invasione e guerra. 

Una formazione navale Usa si trovava a circa 700 km a Nord della capitale. Ma la città e il Paese apparivano immersi in una calma surreale. Niente coprifuoco né proclamazione d’emergenza nazionale, zero panico di massa. Piazze e strade illuminate. Nessuna fuga dai centri urbani né assalto a supermercati e distributori di benzina. Incoscienza latina? Testa sotto la sabbia? Strategia governativa di rassicurazione e minimizzazione del pericolo? Quest’ultimo punto veniva smentito dalla presenza, nella piazza antistante l’evento cui partecipavo, di un meeting della milizia popolare nazionale, una forza passata da 5 a 7 milioni di unità dopo l’intensificazione degli attacchi Usa. Ma anche qui niente discorsi accesi. La sindaca di Caracas e il ministro della difesa, all’ingresso della sala del Convegno, conversavano pacatamente con gli ospiti accrescendo il mio senso di sconcerto. Solo dopo il mio ritorno, ripensando il tutto alla luce di quanto ho scritto sulla guerra che non ci sarà tra Cina e Usa, ho elaborato una risposta compiuta. 

Il punto di partenza è il punto-nave della portaerei Gerald Ford, meraviglia tecnologica ed estetica che viene alla grande in tv, ma è in realtà una bara galleggiante, un potenziale rottame che deve stare ad almeno 700 km dalla costa per non essere colata a picco da missili e droni venezuelani. Come tutte le altre navi della vulnerabile Armada. Se la supremazia militare Usa fosse quella di un tempo, le navi si troverebbero a 7 e non a 700 km di distanza dalla costa. Stazionerebbero nelle acque di Trinidad, isola quasi attaccata al Venezuela, e il cui governo ha dato pieno accesso alla flotta Usa. Starebbero lì a fare il tiro a segno contro città, porti, centrali elettriche, raffinerie. Avrebbero concluso in poche settimane la missione, eliminato Maduro e il chavismo, installato la Machado di turno e preso possesso dell’agognato petrolio. Le forze armate si sarebbero divise, e la popolazione riversata nelle piazze celebrando la fine della feroce tirannia. Ma è wishful thinking occidentale, un esercizio d’imbecillità e paranoia simile a quello che aveva visto la Russia in ginocchio sotto le sanzioni, Putin malato e fuori gioco, Ucraina e Ue trionfanti sotto la spinta di una furia popolare antirussa, guidata da una leadership euroamericana rispettata e ammirata ovunque. Beh, abbiamo visto com’è andata qui, e siamo all’inizio di come andrà in Venezuela. 

domenica 28 dicembre 2025

Per il Socialismo - Alessandra Ciattini

Da: https://volerelaluna.it - https://giuliochinappi.com - Alessandra Ciattini (collettivo di formazione marxista "Stefano Garroni”) ha insegnato Antropologia culturale alla Sapienza, collabora con https://www.unigramsci.it


"Marx e Engels scrivevano nel Manifesto che la lotta fra le classi può esitare, nel caso che nessuna di esse riesca a prevalere, nella distruzione delle classi stesse e della società nel suo complesso. A me sembra che oggi ci si trovi in una condizione di questo genere. Una grande ricchezza teorica ed etica occupa gli scaffali delle biblioteche: una terribile povertà, e non solo materiale, imperversa in un mondo paradossalmente oppresso da un ' ipertrofia finanziaria mai vista in precedenza. La "legge del valore" sembra infine ridursi alla feroce sentenza che l'uomo non vale nulla e il denaro tutto. E mi tornano in mente i versi di una vecchia canzone di De Gregori (Titanic): "Il capitano disse al mozzo di bordo/ "Giovanotto, io non vedo niente/ c'è solo un po' di nebbia che annuncia il sole/ andiamo avanti tranquillamente". Invece c'era l'iceberg... (A. Bellacicco, per il collettivo)

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Mi pare opportuno iniziare questo intervento sulla necessità di tornare a parlare di socialismo con una definizione di quest’ultimo. Infatti, regna molta confusione attorno a noi, che viviamo in un mondo situato sotto un cielo oscuro illuminato solo dai terribili lampi lanciati dagli strumenti bellici più avanzati e più distruttivi. In primo luogo, per affrontare questo difficile tema, occorre prendere atto, benché le attuali classi dirigenti delle società a capitalismo avanzato (il cosiddetto Occidente, che non coincide con l’Occidente geografico) si rifiutino di farlo, che quest’ultimo, passato negli ultimi decenni attraverso varie fasi, è tragicamente fallito, almeno per la maggioranza della popolazione mondiale, mostrando oggi tutta la sua irrazionalità, brutalità e spietatezza. Soprattutto non si sono realizzate le sue esagerate promesse di benessere e prosperità per tutti, dell’abbattimento dei sistemi autoritari, della diffusione della cosiddetta democrazia, di un futuro di pace etc.; promesse che sostanzialmente si fondavano sulla balzana teoria dello sgocciolamento: la ricchezza prodotta dalle “libere imprese” e incamerata dai proprietari dei mezzi di produzione sarebbe scivolata verso il basso, sollevando dalla miseria coloro che stavano alla base della piramide sociale. Come sappiamo, invece, i poveri si sono ulteriormente impoveriti e i ricchi si sono arricchiti in modo osceno. 

Per noi, che non abbiamo creduto alla democrazia formale (Canfora parla giustamente di sistemi rappresentativi e non democratici), né al ruolo salvifico della Ue, né alla fine della guerra fredda dopo “l’apertura del muro di Berlino”, ciò non costituisce una grande scoperta. E non perché siamo più intelligenti degli altri, ma perché sappiamo – grazie a chi ha studiato questi temi – che il capitalismo è un sistema insaziabile volto sempre alla massimizzazione dei profitti, senza nessuna preoccupazione per le esigenze della popolazione mondiale, anzi spesso in contrasto con queste ultime. Tuttavia, questo processo, descritto talvolta come un fluido che scorre, incontra ostacoli e deve superare stridenti contraddizioni, per David Harvey addirittura diciassette. Per questa ragione il capitalismo tenta sempre di rimodellarsi per sopravvivere, ma prima o poi è costretto a fare i conti con gli impedimenti incontrati, benché possa anche salvarsi in extremis.

sabato 27 dicembre 2025

L’allarme di Orban: l’Unione Europea ci porta alla guerra - Gianandrea Gaiani

Da: Il Contesto | Analisi economica e geopolitica -  Gianandrea Gaiani. Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa (https://www.analisidifesa.it/). 

Mentre i negoziati tra Russia, Ucraina, Stati Uniti e Unione Europea si trascinano faticosamente, a Mosca, un ordigno esplosivo collocato sotto il telaio di un’automobile ha assassinato il generale Fanil Sarvarov, a capo del Dipartimento di Addestramento Operativo dello Stato Maggiore russo. La portavoce del comitato investigativo russo Svetlata Petrenko ha ipotizzato fin da subito il coinvolgimento dei servizi di sicurezza ucraini nell’attentato, specialmente alla luce dei numerosi precedenti – dalla giornalista Darya Dugina al generale Igor Kirillov. Parallelamente, il Consiglio d’Europa ha stabilito che il finanziamento dell’Ucraina verrà espletato attraverso l’erogazione di un prestito a tasso zero a favore di Kiev garantito dal bilancio europeo. L’intesa, raggiunta con l’astensione di Slovacchia e Ungheria che non parteciperanno allo sforzo al pari della Repubblica Ceca (che ha votato però a favore), sancisce la marginalizzazione della linea oltranzista sposata dai vertici della Commissione Europea (Ursula Von der Leyen e Kaja Kallas) e dal cancelliere Friedrich Merz che puntava al reimpiego dei fondi russi congelati a favore dell’Ucraina. Secondo la premier Giorgia Meloni, il verdetto sfornato dal Consiglio d’Europa indica che «ha prevalso il buon senso». Per il primo ministro magiaro Viktor Orban, invece, l’intesa sul credito da 90 miliardi di euro, a cui l’Ungheria non parteciperà al pari di Slovacchia e Repubblica Ceca, rappresenta un passo avanti verso il baratro. Il leader ungherese sottolinea che «il rimborso non è legato alla crescita economica o alla stabilizzazione, ma alla vittoria militare. Per recuperare questo denaro, la Russia dovrebbe essere sconfitta». Questa «non è la logica della pace, ma quella della guerra. Un prestito di guerra rende inevitabilmente i suoi finanziatori interessati alla continuazione e all’escalation del conflitto, perché una sconfitta significherebbe anche una perdita finanziaria. La logica bellica di Bruxelles si sta quindi intensificando. Non sta rallentando, ma si sta istituzionalizzando. Il rischio oggi è maggiore che mai, perché la continuazione della guerra è ora associata a un interesse finanziario». Ne parliamo assieme a Gianandrea Gaiani, giornalista, saggista e direttore della rivista «Analisi Difesa».

                                                                           

venerdì 26 dicembre 2025

Rebranding del genocidio - Chris Hedges

Da: https://www.lantidiplomatico.it - Originale: https://scheerpost.com -  Chris Hedges è un giornalista vincitore del Premio Pulitzer, è stato corrispondente estero per quindici anni per il New York Times, dove ha lavorato come capo dell'Ufficio per il Medio Oriente e dell'Ufficio balcanico per il giornale. - 


Non vedo il male, non sento il male, non parlo del male — di Mr. Fish 

In primo luogo, Israele aveva il diritto di difendersi. Poi è diventata una guerra, anche se, secondo  i dati dell'intelligence militare israeliana , l'83% delle vittime erano civili. I 2,3 milioni di palestinesi di Gaza,  che vivono sotto un blocco  aereo, terrestre e marittimo israeliano  , non hanno esercito, aviazione, unità meccanizzate, carri armati, marina, missili, artiglieria pesante, flotte di droni killer, sistemi di tracciamento sofisticati per mappare tutti i movimenti, né un alleato come gli Stati Uniti, che hanno  fornito  a Israele almeno 21,7 miliardi di dollari in aiuti militari dal 7 ottobre 2023.

Ora è un "cessate il fuoco". Solo che, come al solito, Israele ha rispettato solo la prima delle 20 clausole. Ha  liberato  circa 2.000 prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane – 1.700 dei quali detenuti dopo il 7 ottobre –  e  circa 300 corpi di palestinesi, in cambio della restituzione dei 20 prigionieri israeliani rimasti.

Israele ha  violato  ogni altra condizione. Ha gettato l'accordo – mediato dall'amministrazione Trump senza la partecipazione palestinese – nel fuoco insieme a tutti gli altri  accordi  e patti di pace riguardanti i palestinesi. La violazione estesa e palese da parte di Israele degli accordi internazionali e del diritto internazionale – Israele e i suoi alleati si rifiutano di rispettare  tre serie  di  ordinanze giuridicamente  vincolanti   della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) e due  pareri consultivi della CIG , nonché la  Convenzione sul Genocidio  e  il diritto internazionale umanitario  – presagisce un mondo in cui la legge è ciò che i paesi militarmente più avanzati affermano che sia. 

Il  finto piano di pace  – il "Piano globale del presidente Donald J. Trump per porre fine al conflitto di Gaza" – in un clamoroso tradimento del popolo palestinese, è stato  approvato  dalla maggior parte del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a novembre, con  l'astensione di Cina  e  Russia  . Gli stati membri si sono lavati le mani di Gaza e hanno voltato le spalle al genocidio.

giovedì 25 dicembre 2025

“Camilo Torres, Messaggio ai cristiani, 1964” - Alessandra Ciattini, Gianni La Bella

Ciclo di incontri «Le Strade dei libri»
Una selezione di testi decisivi da conoscere o riscoprire.
Una opportunità per pensare di nuovo i pensieri che ci hanno pensato.

introduce
Maurizio Locusta, responsabile biblioteca Fondazione Basso
intervengono
Alessandra Ciattini, antropologa e filosofa della religione
Gianni La Bella, storico del cristianesimo e dell’America Latina

«La rivoluzione non solo è permessa, ma obbligatoria per i cristiani che vedono in essa
l’unica maniera efficace e ampia per realizzare l’amore per tutti».

L'amor eficaz spinge il cristianesimo ai confini del Concilio Vaticano II.
La grazia e le opere instaurano un dialogo nuovo nella lotta per la giustizia, aprendo nuove prospettive a credenti e non credenti.

                                                                          

mercoledì 24 dicembre 2025

il prezzo della Verità (The Price of Truth) -

Una testimonianza e una condanna solenne ! 
Prima parte:
                                                                         


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martedì 23 dicembre 2025

Imperialismo USA: dalla Dottrina Monroe al Delirio Biden - Massimo Zucchetti

Da: https://contropiano.org - Massimo Zucchetti è professore ordinario dal 2000 presso il Politecnico di Torino, Dipartimento di Energia. Attualmente è docente di Radiation Protection, Tecnologie Nucleari, Storia dell’energia, Centrali nucleari. - https://zucchett.wordpress.com

Vedi anche: Dottrina Monroe. L’egemonia statunitense nell’emisfero occidentale - Giacomo Gabellini -

LOSURDO ed il REVISIONISMO STORICO - Alessandra Ciattini e Gianmarco Pisa

Leggi anche: IL PAESE DELLE LIBERTÀ: stermini, repressione e lager nella storia degli Usa. - Maurizio Brignoli

1. Una noiosa premessa storica

La dottrina Monroe è uno dei testi di riferimento della politica estera americana: in quasi duecento anni di vita è stata spesso invocata a sostegno delle guerre e dei trattati, delle azioni e delle omissioni, delle promesse e delle minacce che hanno propiziato l’ascesa degli Stati Uniti da fragile repubblica a potenza regionale e, infine, a superpotenza mondiale.

Occorre partire da lì per capire le trasformazioni del rapporto tra gli Stati Uniti e il mondo, lungo quasi due secoli di storia.

I principi enunciati da James Monroe nel 1823 (la divisione del mondo in due sfere contrapposte, il veto a interferenze e tentativi di colonizzazione europea nel Nuovo Mondo, l’impegno americano a evitare analoghe interferenze nel Vecchio Continente) si sono dimostrati molto longevi soprattutto per il loro contributo alla definizione dell’identità nazionale e, conseguentemente, della definizione dell’interesse nazionale degli Stati Uniti.

lunedì 22 dicembre 2025

Assange denuncia la Fondazione Nobel: “trasformato il Premio per la pace in “strumento di guerra” - Ignacio Ramonet

 Da: https://contropiano.org - Ignacio Ramonet è uno scrittore e giornalista spagnolo, direttore del periodico francese Le Monde diplomatique dal 1991 al 2008. 


Julian Assange ha presentato una denuncia penale oggi in Svezia accusando 30 individui associati alla Fondazione Nobel, compresa la sua leadership, di aver commesso presunti crimini gravi, tra cui il reato di appropriazione indebita grave di fondi, facilitazione di crimini di guerra e crimini contro l’umanità e finanziamento del crimine di aggressività. 


La denuncia mostra che il testamento di Alfred Nobel del 1895 impone esplicitamente che il premio per la pace sia assegnato all’individuo che nel corso dell’anno precedente “ha conferito il maggior beneficio all’umanità” facendo “la più grande o migliore opera per la fraternità tra le nazioni, per la abolizione o riduzione degli eserciti permanenti e per la celebrazione e la promozione di congressi di pace”.

Assange sostiene che “La decisione politica della commissione di selezione norvegese non sospende il dovere fiduciario dei gestori dei fondi svedesi“. “Qualsiasi esborso che contraddica questo mandato costituisce un’appropriazione indebita della dotazione”.

domenica 21 dicembre 2025

La guerra su Gaza - Paola Caridi

Da: Feltrinelli Editore - Paola Caridi, scrittrice e giornalista. Da oltre 20 anni si occupa di Medio Oriente e Nord Africa. (Paola Caridi)

Non conosciamo i numeri né i volti di chi a Gaza ha perso la vita, ma conosciamo a memoria le immagini dei corpi avvolti nei teli bianchi o di plastica, con il nome della vittima scritto sopra. Quei sudari, per Paola Caridi, servono a riconoscere nei morti e nella cura dei morti, il simbolo dei vivi che non abbiamo salvato. 
I sudari di Gaza

                                                                          

Ep. 2: Il genocidio in diretta https://www.youtube.com/watch?v=NSaUWMZSB4Y 
Ep. 3: E noi che cosa possiamo fare? https://www.youtube.com/watch?v=C3L8Y_f2ovo&t=6s 
Ep. 4: Riprendiamoci la parola https://www.youtube.com/watch?v=IoNCZ0U8Dcg 

La guerra su Gaza è un podcast Feltrinelli di Paola Caridi. Prodotto da Michele Rossi, creative producer Francesca Baiardi, producer Federica Tudisco, supervisione editoriale Alessia Dimitri, Ermanno Guarneri, Laura Mattavelli. Il podcast è stato realizzato da Streamland con la produzione esecutiva di Andrea Amato e la regia di Sebastiano Fernandez.

sabato 20 dicembre 2025

FUGA DA LIMES. DIMISSIONARI, FILOPUTINIANI, TANTA PROPAGANDA PER NULLA. - Lavinia Marchetti

Da: Lavinia Marchetti - https://laviniamarchetti.altervista.org - Lavinia Marchetti



Per quanto si possa essere in disaccordo con svariate posizioni prese negli anni, per me Limes resta una sorta di oggetto raro, oserei dire un lusso, dentro un paese che vive di politica estera come vive di meteorologia, a spanne, per sentito dire. Iniziai a leggerla dai primi anni Duemila, conscia che lì non avrei trovato il coraggio di una posizione netta, ma anche convinta che l’Italia, fuori da riviste di settore più specialistiche e quindi più ostiche nella lettura e spesso filoatlantiste, abbia avuto a disposizione poche cose capaci di tenere insieme mappe, storia, interessi materiali, rapporti di forza, senza scadere nel bollettino militare di giornata. 

Sull’Ucraina, per esempio, Limes è stata utilissima. Per quanto i social sembrino un coacervo di tuttologi, in realtà dobbiamo ricordarci che in media si conoscono bene 2-3 argomenti. Io ho sempre studiato, sul lato storico, il medio oriente, quindi, prima dell’invasione russa, dell'Ucraina avevo in testa un bagaglio da liceo mal digerito e qualche nome lanciato in aria, Stalin, il salto nel vuoto di Janukovyč, un’idea vaga di frontiera postsovietica, ma avrei saputo nominare giusto due regioni. Poi arriva la guerra e ti accorgi che “sapere” significa sapere poco, oppure sapere male. Limes ti mette davanti cartine, geografie energetiche, dati concreti e analisi e ti fa vedere dove finisce la retorica e dove iniziano i vincoli storici. Anche quando sbaglia, è successo, anche a Caracciolo, almeno sbaglia davanti ai fatti, con un testo firmato e una presa di responsabilità. 

IL FUGGI FUGGI, COSI', "DE BOTTO" 

Negli ultimi giorni quattro nomi illustri hanno sbattuto la porta, denunciando un insostenibile "filoputinismo" strisciante fra le pagine dirette da Lucio Caracciolo. Il generale Vincenzo Camporini, già capo di Stato maggiore e oggi responsabile Difesa per Azione, ha dichiarato al Corriere: «Non potevo restare un minuto di più accanto a tutti quei filoputiniani sfegatati». Si, a me ha fatto ridere, un po'. Non troppo. Dietro a queste parole, via social, abbiamo saputo delle sue dimissioni dal Consiglio scientifico di Limes. Il motivo? L’incompatibilità con quella che definisce “la linea politica di mancato sostegno ai principi del diritto internazionale, stracciati dall’aggressione russa all’Ucraina”, insomma, secondo l’ex generale, Caracciolo e soci peccano di ignavia quando c’è da condannare Mosca: troppa equidistanza (in tempi di guerra inventata non si può), se non aperta indulgenza, verso Putin (sic.). Camporini non è solo. Lo hanno preceduto di poche ore Federigo Argentieri (politologo della John Cabot University), Franz Gustincich (analista) e Giorgio Arfaras (economista), veterani dei comitati di Limes. Anche loro, con un telegramma gelido, hanno chiesto la rimozione immediata dei propri nomi dalla prestigiosa testata. Si sono svegliati tutti assieme, così, "de botto". Una defezione collettiva mai vista in oltre trent’anni di storia della rivista, paragonabile a un ammutinamento in piena regola. Il professore Argentieri, penna presente sin dal primo numero del 1993, ha spiegato ad Adnkronos di aver maturato una scelta “politica e morale”, dettata dall’escalation della guerra in Ucraina e dall’impossibilità di tollerare oltre il bias anti-Kiev del magazine: «Il vero problema è il pregiudizio strutturale che la rivista ha nei confronti dell’Ucraina da oltre vent’anni», accusa Argentieri Già dalla Rivoluzione Arancione del 2004, a suo dire, Limes avrebbe assunto una postura diffidente se non ostile verso Kiev. Ci ha messo solo 21 anni per farlo presente. In passato la rivista avrebbe persino ospitato contenuti discutibili come L’autobus di Stalin di Antonio Pennacchi, “un’orrenda apologia cinica del dittatore”, proprio mentre altrove si denunciavano i crimini staliniani in Ucraina. Insomma, una linea editoriale giudicata filorussa ante litteram, divenuta per Argentieri “irrespirabile” nel contesto attuale: «La copertura mediatica sull’Ucraina ormai è una nube tossica che avvelena il pubblico» ha dichiarato, puntando il dito contro Caracciolo come responsabile di contribuire alla disinformazione invece di combatterla. 

venerdì 19 dicembre 2025

𝗤𝗨𝗔𝗟𝗖𝗨𝗡𝗢 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗗𝗔 𝗜 𝟭𝟱 𝗣𝗔𝗟𝗘𝗦𝗧𝗜𝗡𝗘𝗦𝗜 𝗠𝗢𝗥𝗧𝗜 𝗜𝗟 ​​𝟭𝟲 𝗠𝗔𝗥𝗭𝗢 𝟮𝟬𝟮𝟱? - 𝗖𝗮𝗶𝘁𝗹𝗶𝗻 𝗝𝗼𝗵𝗻𝘀𝘁𝗼𝗻𝗲

Da: Sergio Scorza - https://www.caitlinjohnst.one - https://www.lantidiplomatico.it - (traduzione dall'inglese di Aldo Lotta - grazie a Fawzi Ismail). 

Caitlin-Johnstone è una giornalista, saggista, pittrice e poetessa finanziata dai lettori che vive a Melbourne, in Australia. Scrive con il marito americano, Tim Foley. Ha pubblicato i suoi scritti su numerose testate.

Leggi anche: Aggiornamento sulle regole per discutere delle guerre israeliane - Caitlin Johnstone 


Questo commento di un'australiana dal pensiero libero riassume, per me, tantissimi temi cruciali (e in modo davvero struggente) e meriterebbe una ampia diffusione e profonda riflessione. Le vittime del massacro in Australia non dovrebbero preoccuparci più delle vittime dei massacri palestinesi. (Fawzi Ismail) 


𝗤𝗨𝗔𝗟𝗖𝗨𝗡𝗢 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗗𝗔 𝗜 𝟭𝟱 𝗣𝗔𝗟𝗘𝗦𝗧𝗜𝗡𝗘𝗦𝗜 𝗠𝗢𝗥𝗧𝗜 𝗜𝗟 ​​𝟭𝟲 𝗠𝗔𝗥𝗭𝗢 𝟮𝟬𝟮𝟱?
𝗱𝗶 𝗖𝗮𝗶𝘁𝗹𝗶𝗻 𝗝𝗼𝗵𝗻𝘀𝘁𝗼𝗻𝗲 (𝟭𝟱 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲 𝟮𝟬𝟮𝟱) 

Il 16 marzo di quest'anno la Reuters ha pubblicato un articolo intitolato "I medici palestinesi affermano che nell’ultimo giorno gli attacchi israeliani hanno ucciso 15 persone a Gaza".
Qualcuno ricorda i 15 palestinesi morti il ​​16 marzo 2025?
Quel giorno è particolarmente significativo nella memoria di qualcuno in termini di omicidi di massa?
No? 

Questo vale anche per me: onestamente non riesco a ricordarlo affatto. Sarebbe avvenuto negli ultimi giorni del primo falso "cessate il fuoco", un paio di giorni prima che Trump autorizzasse Israele a riprendere le sue operazioni di bombardamento su larga scala a Gaza, quindi non è stato uno di quei giorni caratterizzati da enormi massacri e un bilancio delle vittime impressionante. Non è esattamente un giorno che rimane impresso nella memoria. 

Non ho idea su chi fossero quelle persone. Non conosco i loro nomi. Non ho mai visto le loro foto comparire nel mio feed di notizie. Non ho mai visto funzionari occidentali denunciare la loro morte, né istituzioni mediatiche dare ampia copertura alla notizia della loro uccisione. Quindi non li ricordo. 

giovedì 18 dicembre 2025

La svolta epocale della politica estera degli Stati Uniti è una luce nel buio - Carlo Rovelli

 Da: facebook.com/Prof.Rovelli - https://www.corriere.it - Carlo Rovelli, fisico, saggista e divulgatore scientifico è stato docente universitario in Italia, Francia e Usa. 


“Dopo la fine della Guerra Fredda, le élite della politica estera americana si erano convinte che il dominio permanente americano sul mondo intero fosse nel migliore interesse del Paese. […] Le élite americane hanno mal calcolato la disponibilità dell'America ad assumersi per sempre oneri globali e […] hanno sopravvalutato la capacità dell’America.” Queste parole non vengono da un post su Facebook di un pacifinto putinista anti-occidentale. Sono parole centrali del recente documento ufficiale sulla “National Security Strategy” del governo dello stato più potente del mondo. 

Ci sono aspetti di questo documento che piacciono alla destra europea, non a me. Per esempio sul rischio per la civiltà rappresentato dalle migrazioni in atto. O ancor più sulla feroce opposizione agli organismi sovranazionali. Ma questi aspetti mi sembrano secondari rispetto alla epocale svolta politica rappresentata dal cambiamento dell'obiettivo generale della politica estera degli Stati Uniti. Questa svolta è un raggio di luce nel buio della situazione attuale della politica internazionale. Biden insisteva che il mondo aveva bisogno di essere guidato dagli USA ("The US led world order” erano le sue parole ricorrenti). La nuova amministrazione riconosce che era un errore. Penso che abbia ragione. Perché? 

Perché il mondo è a un bivio. Un bivio drammatico. Il progresso economico si è diffuso nel pianeta alterandone in profondità gli equilibri economici. Il blocco occidentale che fino a pochi decenni fa rappresentava tre quarti del prodotto lordo del mondo, ora si è ridotto a meno della metà. Non perché l’Occidente si sia impoverito, tutt’altro, ma perché il resto del mondo, fortunatamente, è cresciuto in economia, istruzione, scienza, successi, fiducia in se stesso, forza. Questa non è una cattiva notizia —il mondo sta meglio— eccetto per coloro che pensano che i privilegi dell’Occidente rispetto al resto del mondo siano diritto divino, da difendere con le armi. 

mercoledì 17 dicembre 2025

Da Mao al XXI secolo: capire la Cina attuale - Guido Samarani

Da: Pandora Rivista - Guido Samarani insegna Storia della Cina e Storia e Istituzioni dell'Asia Orientale presso l'Università Ca' Foscari di Venezia.

Con Guido Samarani ricostruiamo alcune tappe della storia cinese degli ultimi decenni, per ricostruire il percorso che ha condotto alla Cina attuale. (2001)

                                                                              

martedì 16 dicembre 2025

I russi espugnano Sivers’k: crolla un altro caposaldo ucraino - Francesco Dall’Aglio

Francesco Dall'Aglio, Medievista, saggista, ricercatore presso l’Istituto di Studi Storici al Dipartimento di Storia Medievale dell’Accademia delle Scienze di Sofia e gestore del canale Telegram «War Room». È coautore del volume, scritto assieme a Carlo Ziviello, Oppenheimer, Putin e altre storie sulla bomba (Ad Est dell’Equatore, 2023). 


                                                                           

Il deputato Massie: gli Stati Uniti fuori dalla Nato

Pochi giorni dopo la pubblicazione della National Security Strategy da parte dell’amministrazione Trump, il deputato repubblicano del Kentucky Thomas Massie ha presentato un disegno di legge che pone le basi giuridiche per l’uscita degli Stati Uniti dalla Nato.

Il deputato del Kentucky Thomas Massie presenta il disegno di leggeche preve l'uscita degli Stati Uniti dalla Nato.

Massie identifica la Nato come «un relitto della Guerra Fredda» destinato ad assorbire denaro che gli Stati Uniti dovrebbero impiegare «per difendere se stessi, non i Paesi socialisti».

Massie porta a sostegno della sua proposta l’impegno assunto nel 1990 dall’allora segretario di Stato James Baker di fronte al segretario del Pcus Mikheil Gorbačëv a non espandere la Nato verso est. Massie ripercorre inoltre le varie tornate che hanno scandito l’allargamento dell’Alleanza Atlantica, ponendo l’accento sulle legittime preoccupazioni strategiche della Russia.

Non solo Massie: i rilievi di Thomas Graham

Mentre Massie presentava il disegno di legge, il politologo Thomas Graham scriveva in uno stupefacente articolo per «Foreign Affairs» che «il momento è maturo per una risoluzione del conflitto nei prossimi mesi. La vera questione è se l’amministrazione Trump riuscirà a raccogliere le competenze, la pazienza e la resistenza per portare a termine un processo diplomatico con successo».

lunedì 15 dicembre 2025

Il più grande inganno di Israele: nascondere il vero numero delle vittime a Gaza - Jonathan Cook

Da: La Zona Grigia - Fonte: https://www.jonathan-cook.net - Jonathan Cook è uno scrittore britannico e giornalista freelance precedentemente residente a Nazareth, in Israele, che scrive sul conflitto israelo-palestinese. Scrive una rubrica fissa per The National of Abu Dhabi e Middle East Eye


Israele ci ha rinchiusi tutti in un "dibattito", completamente slegato dalla realtà, che riguarda solo coloro che sono stati uccisi direttamente dalle sue bombe e dai suoi colpi d'arma da fuoco, non il genocidio che sta conducendo con altri mezzi.

Il più grande imbroglio messo in atto da Israele negli ultimi due anni è stato quello di imporre parametri del tutto fasulli al “dibattito” in Occidente sulla credibilità del bilancio delle vittime a Gaza, che ora ufficialmente ammonta a poco più di 70.000.

Non è solo che siamo rimasti impantanati in infinite discussioni sull'affidabilità delle autorità sanitarie di Gaza o su quanti dei morti siano combattenti di Hamas. (Nonostante le campagne di disinformazione israeliane, l'esercito israeliano stesso ritiene che oltre l'80% dei morti siano civili.)

O addirittura che questi "dibattiti" ignorino sempre il fatto che, fin dall'inizio, Israele ha distrutto la capacità di Gaza di contare i propri morti, distruggendo gli uffici governativi e gli ospedali dell'enclave. La cifra di 70.000 morti è probabilmente una drastica sottostima.

domenica 14 dicembre 2025

La responsabilità globale della Cina del XV Piano Quinquennale in un mondo in subbuglio - Zhou Shucheng

Da: https://contropiano.org - Zhou Shucheng è membro del XIII Comitato Nazionale della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese (CPPCC) e ricercatore senior presso l’Istituto di Studi sull’Attualità della Cina e del Mondo. Questo articolo è stato pubblicato sul n. 16 (2025) della rivista “China Economic Report” (Zhongguo Jingji Baogao).
Leggi anche; ARLACCHI SPIEGA LA CINA ALL'OCCIDENTE MA L'OCCIDENTE E' DISPOSTO AD ASCOLTARE? - Carlo Formenti 

Ascolta anche: La Cina e il XV Piano Quinquennale - https://grad-news.blogspot.com/2025/12/yesterdays-papers-la-cina-e-il-xv-piano.html?m=1


l testo, traduzione rimaneggiata di un articolo della rivista Zhongguo Jingji Baogao ‘Rapporto sull’economia cinese’ (2025 n. 16), è significativo tanto per quello che dice quanto per quello che tace.

A essere sottaciuta (sotto la dizione anodina: ‘ostacoli lungo il percorso’) è evidentemente tutta l’esperienza maoista, gli strappi e le accelerazioni del Grande Balzo in Avanti e della Rivoluzione Culturale (scatenati dal sospetto che in uno sviluppo pianificato dalle alte sfere della tecnocrazia alle masse popolari non rimanesse che un ruolo da formiche operaie), ad essere esaltata è un’economia mista pubblica e privata ma interamente sottoposta alla direzione centralizzata statale e con un accesso al benessere ‘graduato’, prima i ceti urbani poi quelli contadini, in un rovesciamento del primo decennio delle riforme; il modello è quello dell’imborghesimento graduato di tutto il popolo anziché la sua proletarizzazione in senso maoista, il mito è quello del consumismo, a fondamento dello sconfinato mercato interno, confortato da redditi sufficienti a sorreggerlo.

Ad essere esaltata è insomma la concezione olistica della società ben diretta dall’alto, preoccupata di assicurare in parallelo con lo sviluppo economico una crescita sociale che lo sostenga e se ne compiaccia. Difficile non sentire riecheggiare in sottofondo l’antica formula di Giovenale: ‘panem et circensens’.

Impressionante l’ammissione di essere un ‘paese ritardatario’, qualifica data dal grande capitalismo internazionale, solo per la certezza di potersene liberare presto, quando la Cina si sentiva all’avanguardia proprio perché non faceva parte né si commisurava ai due blocchi del capitalismo statunitense e europeo e del revisionismo sovietico. Ora si ambisce a sconfiggere il nemico sul suo stesso terreno invece che a imporre un terreno diverso.

Ciò detto, è pur sempre confortante assistere alla crescita di un paese che concede alla propria popolazione un ruolo essenziale in piani sostenibili per pura razionalità, piuttosto che con gli sconci richiami suprematisti, razzisti ed eccezionalisti di troppa parte del resto del mondo, e che ripudia (finora) la guerra (per citare l’art. 11 della Costituzione italiana) e l’espansionismo militare.

In sostanza, la chiave del ‘miracolo cinese’ è un capitalismo imbrigliato dai piani quinquennali e un’autorità politica sufficientemente forte da farli rispettare. Il successo del capitale pubblico nella concorrenza con quello privato, pur assai forte, è dato dal geloso monopolio del potere di pianificare, dal comando della forza pubblica, dal primato giudiziario e legislativo. Nella concorrenza intercapitalistica, la componente statale prevale su quella privata anche per questo monopolio: Xi Jinping può far finire in galera Jackie Ma quando alza troppo la testa, il contrario non può avvenire.  (G.C.)

sabato 13 dicembre 2025

“L’Europa è in marcia verso la morte” - Michael Hudson

Da: frontezero - Video originale: Richard D. Wolff & Michael Hudson: EU–US S... Michael Hudson è Professore emerito di Economia presso l'Università del Missouri-Kansas City. È stato analista finanziario e consulente finanziario a Wall Street, ed è presidente dell'Istituto per lo Studio delle Tendenze Economiche di Lungo Termine (Institute for the Study of Long-term Economic Trends - ISLET)

Michael Hudson ricostruisce passo dopo passo le ragioni per cui, secondo lui, l’Unione Europea sta entrando in una fase di declino strutturale. Analizza le decisioni che hanno portato alla perdita di competitività industriale, alla crisi energetica e alla crescente dipendenza dalle scelte di politica estera degli Stati Uniti.

                                                                              

venerdì 12 dicembre 2025

Caccia alle streghe: l'eretico e l'Inquisizione: perché l'Occidente teme Francesca Albanese - Michele Leonardi

Da: https://www.counterpunch.org - Michele Leonardi - Francesca Albanese è una giurista e docente italiana, specializzata in diritto internazionale e diritti umani. Dal 2022 è relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.- Francesca Albanese -


Francesca Albanese, Relatrice Speciale delle Nazioni Unite sulla situazione dei diritti umani nei territori palestinesi occupati dal 1967 , rappresenta una minaccia sistemica ed esistenziale alla narrazione della "civiltà occidentale" e al mito della supremazia propagandato quotidianamente dall'establishment. 

Nel panorama mediatico italiano, Maurizio Molinari (ex direttore de La Repubblica e La Stampa ) e l'opinionista televisivo Davide Parenzo sono i principali esempi di questo marciume sistemico, rappresentando due dei peggiori esempi di media dominati dal sionismo in Italia. Come ha sottolineato Chris Hedges lo scorso fine settimana in un forum a Roma, queste persone – come i loro omologhi americani del New York Times o del Washington Post – non possono essere considerate giornalisti, ma servitori del potere e, in questo caso, dell'hasbara israeliana (il sistema di propaganda sionista).

La ferocia della caccia alle streghe contro Albanese non è casuale; è una risposta al panico. È pericolosa per l'establishment non perché sia ​​una politica che usa slogan, ma perché brandisce l'arma tecnica e inattaccabile del diritto internazionale contro una macchina propagandistica costruita sulla menzogna. Questa paura si è manifestata in attacchi che sono degenerati in isteria medievale, perpetrati non solo da Israele, ma da un'alleanza occidentale – che include gli Stati Uniti e la maggior parte degli Stati membri dell'UE – profondamente complice del genocidio in corso.