giovedì 22 marzo 2018

DIECI TESI SUL REDDITO DI CITTADINANZA - Andrea Fumagalli

Da: http://www.ecn.org/ - Andrea_Fumagalli è un economista italiano.



0. INTRODUZIONE (prima stesura settembre 1998)

Negli ultimi anni, il numero delle persone al di sotto della soglia di povertà é fortemente aumentato in tutta Europa. Parallelamente, la polarizazzione dei redditi é proseguita senza sosta in tutto il mondo, sia quello cd. più sviluppato che nei paesi emergenti e poveri del terzo e quarto mondo. Sono fatti noti, su cui ogni tanto i grandi quotidiani mostrano una certa indignazione (come per lo sfruttamento dei bambini in Asia e in Africa) ma che di fatto non entrano nell'agenda della politica economica nazionale e sovranazionalea(1).

La trasformazione delle economie occidentali negli ultimi anni, quella trasformazione che in modo rapido e grezzo possiamo indicare nel passaggio dal fordismo al post-fordismo, non ha solo modificato i processi reali che sottendono i meccanismi di accumulazione, di creazione di ricchezza e miseria, ma ha anche omogeneizzato e conformato in modo unilaterale buona parte del pensiero economico. Non sempre è stato così. Ad esempio, le trasformazione reali dell'economia e i sommovimenti sociali degli anni Settanta hanno creato le premesse per un rivolgimento della stessa teoria economica. Di più, negli anni del dopoguerra, lo sviluppo del modello fordista era stato accompagnato dal diffondersi della teoria economica keynesiana e delle diverse varianti in tema di programmazione economica, sino alla pianificazione centralizzata (creando in tal modo un distorto ponte tra Keynes e Marx nel tentativo di fornire un fondamento teorico ad un capitalismo monopolizzato dominante a Ovest e ad un capitalismo di Stato a Est): teorie diverse che comunque si fronteggiavano sempre alla teoria economica liberista in una pluralità di impostazioni anche sul piano metodologico. A partire dai primi anni Ottanta, contemporaneamente alla caduta del muro di Berlino, si assiste, invece, al trionfo senza rivali della teoria neoliberista. Viene a mancare qualunque contrapposizione teorica se non, in termini puramente formali, all'interno dell'impostazione neoclassica dominante. L'economia politica si trasforma in scienza oggettiva, la cui promulgazione é ad appannaggio di "specialisti" e di "tecnici", al di fuori delle diatribe teoriche tipiche delle scienze sociali. Indipendentemente dalla formula di governo al potere (destra o sinistra), la politica economica diventa una tecnica di sostegno dei meccanismi di accumulazione in modo che siano sempre più compatibili con le esigenze dell'impresa e della finanza anche nel brevissimo periodo. L'omogeneizzazione del pensiero economico, che permea oramai qualsiasi meandro dell'accademia e qualsiasi centro di ricerca di destra e di sinistra, rappresenta il pericolo maggiore che oggi ci troviamo ad affrontare. E può sembrare paradossale che proprio nel momento in cui vige il più alto livello di frammentazione delle prestazioni lavorative e in cui non é possibile individuare un unico modello di organizzazione produttiva dominante, siamo di fronte ad unico pensiero (e credo) economico, una vera e propria manipolazione delle coscienze.(2)

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lunedì 19 marzo 2018

La Cina corre...

Da: https://www.italiaoggi.it


La Cina corre e si prende un ruolo guida mondiale sui salari: ora la busta paga media cinese supera quelle dell'Est Europa - Tino Oldani


Ricordate ciò che tutti dicevano fino a ieri sulla povertà dei salari in Cina? Bastava investire dieci dollari per pagare cento operai, produrre scarpe da tennis a Shangai, e l'affare era fatto. Non è più così: la pacchia è finita. A Shangai le retribuzioni medie mensili ammontano a 1.135 dollari; a Pechino sono a 983 dollari, e a Shenzen poco di meno: 938 dollari. Un analista di Forbes, Kenneth Rapoza, le ha messe a confronto con le buste paga medie dei paesi dell'Est Europa, constatando che ora quelle cinesi sono più ricche. In Croazia, nuovo paese membro dell'Unione europea, lo stipendio medio netto è di 887 dollari al mese. I cinesi di Shangai, Pechino e Shenzen sono pagati meglio anche di quelli che lavorano in Romania, Bulgaria, Slovacchia, Albania e Montenegro, paesi nei quali molte imprese europee, italiane comprese, avevano delocalizzato gli impianti, prima di emigrare in Cina.

«La crescita dei salari in Cina è impressionante», scrive Rapoza. A conti fatti, tranne la Polonia (1.569 dollari) e la Repubblica Ceca (1.400 dollari), tutti i paesi dell'Europa orientale che fino al 1989 facevano parte dell'orbita sovietica, comprese Lituania, Lettonia ed Estonia, oggi hanno buste paga mensili inferiori a quelle cinesi. Un gap che si spiega con la maggiore velocità con cui l'economia cinese ha saputo integrarsi nell'economia globalizzata.

Nel 1990, sommando Cina e Europa orientale, la popolazione attiva potenziale tra 24 e 64 anni era pari a 820 milioni di persone: un serbatoio enorme di manodopera a basso costo che, grazie al crollo dell'Unione sovietica, alla globalizzazione e all'ingresso della Cina nel Wto (Organizzazione del commercio mondiale), è cresciuto fino a 1,2 miliardi di persone nel 2015. Un aumento di 380 milioni di lavoratori sottopagati, a cui si sono aggiunti circa 80 milioni di popolazione attiva nei paesi europei industrializzati, cresciuta da 685 milioni nel 1990 a 763 milioni nel 2014. «L'ingresso di questi due enormi bacini di manodopera a basso costo nella forza lavoro mondiale», scrive Rapoza, «ha posto le basi per la stagnazione dei salari tra i lavoratori meno qualificati delle catene di montaggio di tutto il mondo». Una stagnazione dalla quale la Cina sta uscendo più rapidamente dei paesi dell'Est europeo, grazie a due motori molto potenti: il commercio estero e gli investimenti strategici.

La quota del commercio cinese su scala mondiale, pari al 2% nel 1990, è oggi del 15%. Quanto agli investimenti, il presidente Xi Jinping (appena nominato a vita), con i 900 miliardi di dollari destinati alla conquista dell'economia globale attraverso il faraonico progetto chiamato «La nuova via della seta» (infrastrutture, trasporti e logistica), ha lanciato una vera e propria sfida agli Stati Uniti per la supremazia economica nel mondo. Un progetto immenso, a cui si affianca quello denominato «Risveglio cinese», che prevede, tra l'altro, un primo centro di studi sulle intelligenze artificiali del valore di 2,1 miliardi di dollari. Con un primo risultato clamoroso: in un solo anno, ben 440 mila tra ingegneri supertecnici, docenti universitari e colletti bianchi cinesi, cresciuti e arrivati al top negli Usa e in Canada, sono tornati in Cina per portarvi il meglio del sapere occidentale. Una fuga di cervelli verso Pechino, che sta attirando anche molti giovani laureati dei paesi europei.

Le statistiche dicono che la Cina è ormai a un passo dal sorpasso sugli Stati Uniti per quanto riguarda gli investimenti stranieri, con l'astronomica somma di 71 miliardi di dollari investiti dai «venture capitals» occidentali solo nel 2017. Inoltre, per quanto soggetto a restrizioni e censure governative, internet può contare in Cina su 751 milioni di utenti. Un fattore di crescita più che evidente, visto che, per ammissione di Bloomberg, «tre delle cinque più ricche startup del mondo sono in Cina, non in California».

In conclusione: la Cina sta assumendo un ruolo chiave nel mondo non solo per orientare in futuro le buste paga del settore manifatturiero, ma anche di quelli più evoluti, dall'e-commerce in su. Una tendenza che, proiettata sull'Europa intera, non solo su quella dell'Est, fa intravedere uno scenario impensabile fino a ieri: sperare che i salari cinesi salgano ancora di più, per avere poi buste paga più pesanti anche nella vecchia Europa. Quanto meno nei paesi europei che riusciranno a restare competitivi sul piano globale. Il che vale più che mai per l'Italia, ammesso che i partiti politici oggi vincitori, M5S e Lega, riescano a conservare per il nostro paese un posto nel G8. Impresa di cui, visti i programmi, è lecito dubitare assai.

venerdì 16 marzo 2018

"Il sapere e l'ignoto"- Carlo Sini

Da:  CarloSiniNoema - Carlo_Sini è un filosofo italiano.
Vedi anche: Lezione 1 - Hegel,"Filosofia e Metodo"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/hegelfilosofia-e-metodo-carlo-sini.html
                      Lezione 2 - Heidegger,"Il compito del pensiero"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/il-compito-del-pensiero-carlo-sini.html 
                          Lezione 3 - Nietzsche,"Il difetto ereditario dei filosofi"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/12/il-difetto-ereditario-dei-filosofi.html 
                              Lezione 4 - Nietzsche,"Il problema psicologico della conoscenza"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/il-problema-psicologico-della.html                                                       Lezione 5 - "Husserl e la Lebenswelt":  https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/husserl-e-la-lebenswelt-carlo-sini.html
                                       Lezione 6 - "Il neorealismo di Giulio Preti": https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/02/il-neorealismo-di-giulio-preti-carlo.html 

Lezione 7 - "Il sapere e l'ignoto":

giovedì 15 marzo 2018

La casa in Unione Sovietica - Katt Cremer

Presentazione fatta da Katt Cremer alla Stalin Society stalinsociety.net - Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 13/01/2017 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/la-donna-la-nuova-morale-sessuale-e-la.html 
                      https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/01/perche-e-fallito-il-comunismo-domenico.html

l primo presupposto di ogni esistenza umana, e dunque di ogni storia, il presupposto cioè che per poter «fare storia» gli uomini devono essere in grado di vivere. Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l'abitazione, il vestire e altro ancora. (K. Marx, F. Engels, L'ideologia tedesca, 1846, Cap. II) 

Compagni, prima del capitalismo, l'umanità ha costantemente sofferto della mancanza di beni essenziali per la vita. In parte, questo è accaduto a causa della tecnica primitiva che ha impedito di produrre quantità sufficienti di cose necessarie. I moderni metodi scientifici di produzione sono in grado di produrre in abbondanza. La scienza moderna e la tecnica avanzata, la grande industria e le macchine sono in grado di produrre molte più cose di quanto l'uomo possa consumare, ma a causa del capitalismo, a causa della proprietà privata, i lavoratori soffrono ancora la fame, la sete, il bisogno di alloggi, di vestiario e di molte altre cose ancora. Oggi in Gran Bretagna, tra i molti problemi e mali sociali, vi è una profonda crisi degli alloggi. Questo incontro alla Stalin Society, lungi dall'essere stato concepito come una rievocazione storica o una professione di fede, volgerà lo sguardo all'esempio dei lavoratori sovietici all'epoca della costruzione del socialismo, quando, guidati dal PCUS, con al timone il compagno Stalin, il popolo sovietico iniziò a sopprimere le terribili condizioni abitative che erano predominanti nella Russia pre-rivoluzionaria.

Prima di iniziare devo far notare che mi è stato chiesto di parlare di questo argomento oggi perché il segretario della Stalin Society ha pensato che potessi avere qualche informazione personale derivante dall'aver praticato come architetto in un tipico studio di architettura britannico. Posso dire che sulla base dell'esperienza maturata in tale veste, ho potuto apprezzare il ruolo positivo che la casa (e la pianificazione edilizia) può svolgere rispetto alle caratteristiche di un territorio e al benessere dei suoi abitanti. Mentre i centri delle città possono contenere i principali edifici simbolici o le piazze che danno loro un senso di unicità, non è lo spettacolo allestito dalle imprese capitalistiche e commerciali che da forma all'aspetto complessivo di una città - non fanno che occuparne il primo piano. Invece quelle strutture che indubbiamente arricchiscono un paesaggio e portano gioia allo sguardo, ciò che definisce lo spirito e l'aspetto complessivo di una città sono le centinaia di migliaia di edifici residenziali sullo sfondo, le strade e i viali che ne disegnano la forma, le milioni di case in cui il popolo lavoratore vive e fa vivere. Tenterò di illustrare alcuni esempi di ciò in questa mia presentazione. 

mercoledì 14 marzo 2018

Mario Vegetti

Da: PdCInazionale - Mario_Vegetti (Milano, 4 gennaio 1937 – Milano, 11 marzo 2018) è stato uno storico della filosofia, traduttore e accademico italiano, professore ordinario fino al 2005 di Storia della filosofia antica presso l'Università di Pavia.



martedì 6 marzo 2018

Che durata hanno le Costituzioni? - Paolo Massucci

Da: https://www.lacittafutura.it -  è membro del Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni


Quando lo scontro nel pensiero politico si riduce a opinioni tra generazioni diverse. 


Sulla rivista Le Scienze di febbraio 2018 (n. 594, p. 16) compare un articolo di Piergiorgio Odifreddi, quotato intellettuale, noto professore di logica matematica dell’Università di Torino, dal titolo “Un principio rivoluzionario. Thomas Jefferson calcolò dopo quanto tempo dovrebbe decadere una costituzione”.
Qui l’autore, con l’occasione di richiamare i fondamentali concetti statistici di “media”, “mediana” e “moda”- che dovrebbero essere ben chiari anche a coloro i quali si occupano di scienze sociali - ci espone un esercizio di applicazione di tali concetti ad una specifica enunciazione del 1789 del futuro terzo presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, la quale recita, a proposito della Costituzione americana, allora appena entrata in vigore: “La terra viene data in usufrutto ai viventi, e i morti non hanno poteri o diritti su di essa”, e continua: “le costituzioni e le leggi dei predecessori si estinguono naturalmente insieme a coloro che le hanno emanate”.
Partendo dal principio qui formulato, l’autore dell’articolo, che espressamente non entra nel merito della validità dello stesso, pur definendolo “rivoluzionario” (e “rivoluzionario” per l’autore è, si noti, il principio enunciato da Jefferson, non la Costituzione), ne deduce, assumendo l’enunciato come vero e applicando qualche calcolo di statistica delle popolazioni, che, ad esempio, la nostra Costituzione del 1948, sebbene non così vecchia come quella americana, sarebbe ormai da considerare decaduta, in quanto comunque risalente a “due generazioni” precedenti l’attuale.
L’argomento considerato nell’articolo, inerente le leggi fondamentali dell’ordinamento di uno Stato, merita una riflessione più articolata e sarebbe ingenuo ritenerlo semplicemente un mero mezzo, scelto casualmente dall’autore tra quelli più a portata di mano e utilizzato solo allo scopo di introdurre i sopracitati concetti statistici. Al contrario, proprio per il fatto che lo stesso autore non entra nel merito del giudizio sulla validità delle affermazioni di Jefferson, indica che viene dato per scontato, se non la validità, perlomeno la plausibilità delle stesse.

venerdì 2 marzo 2018

Telesur intervista Noam Chomsky - Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it -  insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/03/il-nemico-interno-limperialismo-usa-in.html 


L’intellettuale americano afferma che il potere degli Stati Uniti è dannoso all’umanità e ne analizza le diverse sfaccettature. 


Pochi giorni fa Telesur, la televisione latinoamericana voluta da Hugo Chavez, ha intervistato Noam Chomsky probabilmente il più importante studioso di linguistica al mondo e lucido analista politico controcorrente, le cui riflessioni hanno sempre una certa risonanza soprattutto al di fuori dei mass media dominanti. Infatti, non mi risulta che i mass media internazionali abbiano dato molto risalto a questo suo ultimo intervento, pur avendo dedicato spazio ad interviste precedenti [1].

Chomsky ha esordito affermando che il potere degli Stati Uniti è dannoso all’umanità, ma che assicura tutti i vantaggi possibili all’oligarchia governante. Nella sua interessante analisi ha osservato che la politica statunitense si sviluppa attualmente su due livelli; da un lato, l’attenzione del mondo è focalizzata sulla figura di Donald Trump, che è un uomo di spettacolo, presentato come un pazzo e non sappiamo se cosciente del proprio ruolo. Se non si agisse in questo modo, se non si desse spazio a tutte le bugie che racconta attirando moltitudini, nessuno si preoccuperebbe di lui né gli presterebbe attenzione. Dall’altro, nello sfondo dietro le quinte, l’oligarchia, in particolare nella persona di Paul Ryan, presidente ultraconservatore della Camera dei rappresentanti, opera con sistematicità per smantellare quel che rimane dei diritti del lavoro, della protezione dei consumatori, della difesa dell’ambiente.
L'oligarchia repubblicana si preoccupa solo della borsa e non di due problemi fondamentali quali il riscaldamento della terra e la guerra nucleare, che provocherebbero lo sterminio dell'umanità e la fine della civiltà. Quest’ultima si realizzerà se non si rallenta il riscaldamento del globo terrestre o si scatena una guerra nucleare. Le azioni di Trump non fanno altro che acuire questi problemi, prefigurando da un lato una possibile guerra nucleare; dall’altro con la decisione unilaterale di ritirarsi dagli accordi di Parigi sul clima e con il non rispetto dei parametri stabiliti. Nel suo discorso annuale Trump ha parlato del carbone pulito, che è invece assai contaminante. Tutto ciò è accompagnato dai tagli agli investimenti alla ricerca sull’individuazione di fonti di energia rinnovabile.

giovedì 1 marzo 2018

Il nemico interno: l’imperialismo USA in Siria - Patrick Higgins

Da: Viewpoint Magazine - https://traduzionimarxiste.wordpress.com - Patrick Higgins è dottorando in storia araba moderna alla University of Houston. 



Tutti i complotti sono uniti tra loro; come le onde che sembrano fuggirsi eppure si mescolano– Louis Antoine de Saint-Just

… là dove non esiste il disordine, gli imperialisti lo creano…– C.L.R. James, I giacobini neri


Nel 1971, al culmine della spaventosa e omicida guerra statunitense al Vietnam, un gruppo di cineasti radicali argentini e italiani, conosciuti come Colectivo de Cine del Tercer Mundo, realizzarono un film dal titolo provocatorio: Palestine, Another Vietnam. Un titolo che dice molto in poche parole, una breve dichiarazione gravida di possibili significati. La principale suggestione del titolo – ovvero, che tanto il Vietnam quanto la Palestina fossero obiettivi di un’aggressione imperiale, così come di una resistenza ad essa – non sarebbe stata in alcun modo fuori luogo, o insolita, negli ambienti della sinistra globale del 1971. In effetti, i rivoluzionari palestinesi dell’epoca prestavano non poca attenzione al Vietnam, studiando sia le brutali tattiche militari utilizzate dall’imperialismo USA al fine di schiacciare un movimento rivoluzionario di popolo, sia la storica resistenza del popolo vietnamita. Quale lezione si poteva trarre da tutto ciò?
A questo proposito, nel 1973, allorquando la rivoluzione anti-coloniale vietnamita proclamava la vittoria sulla superiorità militare degli Stati Uniti, un gruppo di rivoluzionari palestinesi e intellettuali arabi convocava una tavola rotonda moderata da Haytham Ayyoubi, capo della Divisione studi militari dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP). “Gli Stati Uniti, col loro violento intervento contro la rivoluzione e il popolo vietnamiti, hanno tentato di porre una questione, e lo hanno fatto nella pratica”, così dichiarava Tahsin Bashir, allora Assistente del Segretario generale della Lega araba. Gli Stati Uniti volevano lasciare intendere che “la scienza e tecnologia moderne, ricorrendo a computer e pianificatori, erano in grado di sconfiggere gli umani”. In risposta a questa arrogante affermazione, Bashir sosteneva quella che, a suo modo di vedere, era la principale lezione scaturita dalla fallimentare guerra USA al Vietnam: “Il successo dell’esperienza vietnamita si basa su quello degli umani sulla tecnologia”. Dawud Talhami, della Divisione studi mondiali del Centro di ricerche dell’OLP, proclamava il Vietnam come “l’esperienza più ricca fornitaci dall’eredità rivoluzionaria moderna nell’affrontare le più diverse forme di oppressione”. Dopo tutto, si trattava di una società, quella del Vietnam, che gli USA avevano cercato di distruggere – esattamente come le forze del colonialismo britannico e il sionismo in Palestina, anche prima delle devastanti vicende del 1948, quando le milizie sioniste, attuando una pulizia etnica, avevano espulso circa 750.000 palestinesi, riducendo la società palestinese in brandelli. Nel caso del Vietnam, ci si trovava di fronte ad una società che era riuscita a liberarsi dalle forze della distruzione
imperialista. 

mercoledì 28 febbraio 2018

JAFFE E IL COLONIALISMO - Enrico Galavotti

Da: http://www.homolaicus.com - enrico-galavotti è Docente in pensione di Storia e filosofia 



Giustamente Hosea_Jaffe sostiene, in Davanti al colonialismo: Engels, Marx e il marxismo (ed. Jaca Book, Milano 2007), che l’idea engelsiana di favorire il colonialismo europeo per accelerare il processo di industrializzazione nelle periferie coloniali, al fine di porre le basi per una transizione al socialismo, era un’idea non “socialista” ma “imperialista”, frutto di un’interpretazione meccanicistica o deterministica del materialismo storico-dialettico.

E ha altresì ragione quando afferma che la contraddizione principale, nell’ambito del capitalismo, è diventata, a partire dalla nascita del colonialismo, non tanto quella tra capitalista e operaio delle aziende metropolitane, quanto quella tra Nord e Sud, dove con la parola “Nord” non si deve intendere solo l’imprenditore ma anche lo stesso operaio che nell’impresa capitalista si trova a sfruttare, seppure in maniera indiretta, le risorse del Terzo Mondo.

Detto questo però Jaffe non è in grado di porre le basi culturali per comprendere la nascita del capitalismo (che non può essere considerato una mera conseguenza del colonialismo, in quanto quest’ultimo s’impose già nel Medioevo con le crociate ed esisteva già al tempo della Roma e della Grecia classica e non per questo è possibile parlare di capitalismo, che storicamente nasce solo nel XVI sec.). Jaffe non è neppure in grado di porre le basi politiche di un accordo tra il proletariato del  Nord e quello del Sud. 

Alla fine del suo percorso egli si ritrova su posizioni speculari a quelle engelsiane: laddove infatti si considerano interi continenti (Asia, Africa, America latina) incapaci di avviare l’industrializzazione borghese in maniera autonoma e quindi di favorire una transizione al socialismo, qui invece si considera l’occidente, en bloc, del tutto inadatto a comprendere i meccanismi mondiali dello sfruttamento economico; il che fa diventare assolutamente inutile il tentativo, da parte del proletariato coloniale, di cercare, nelle aree metropolitane dell'occidente, quei soggetti che possono condividere i suoi processi di democratizzazione sociale. 

martedì 27 febbraio 2018

LA "MARCIA DEI 40000": uno dei momenti di caduta.



Quello che è accaduto alla Fiat tra il Settembre e l'Ottobre del 1980 non ha rappresentato solo una semplice sconfitta sindacale, ma una sconfitta sul piano sociale, politico e culturale, che ha modificato profondamente non soltanto il modo di produrre e le relazioni sindacali, ma ha inciso profondamente sulla vita reale di milioni di lavoratori. Proprio da lì, infatti, è partito l'attacco al mondo del lavoro, che solo alcuni anni dopo ha portato, sotto il governo Craxi, al "Decreto di San Valentino" ed al conseguente taglio della                                                                 scala mobile. 


Il retroterra delle lotta dei 35 giorni alla Fiat parte praticamente dal clima molto caldo di quel periodo a Torino, e la Fiat prende come pretesto sia la morte del suo dirigente Carlo Ghiglieno, ucciso dalle BR, che alcuni agguati ai caporeparti, da poco verificatisi, per licenziare, nell'Ottobre del 1979, sessantuno (61) lavoratori, come fiancheggiatori in fabbrica dei terroristi (dei quali, poi, solo quattro di essi saranno condannati) e, non potendo dare questa motivazione, respinta in prima istanza dalla magistratura, l'azienda addebita loro indisciplina e comportamenti scorretti. Gli operai, in massima parte, la ritengono essere l'ennesima prepotenza del padrone, e la FLM si schiera con loro, mentre le confederazioni, ancora uniti in Federazione, ed il PCI, avvisati da Romiti prima dell'avvio dei provvedimenti, oltre che invitati a tenere un comportamento responsabile, preferirono defilarsi, accusando la FLM di essere "renitente" nella lotta "contro il terrorismo e la violenza", così come veniva presentata in quegli anni. 


lunedì 26 febbraio 2018

"Riflessioni" 8... - Stefano Garroni

Da: mirkobe79 - https://www.youtube.com/watch?v=DiDGDQDOcqA&list=PLD7D42C79F29F5A63 (file audio) Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano. 
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2018/01/riflesssioni-7-stefano-garroni.html 


Per esempio, dice Bucharin: “Ogni scienza nasce dalle domande della società o delle sue classi”.

L’apertura è già evidente perché allora vuol dire che ci sono dei problemi da risolvere, le scienze nascono per risolvere questi problemi, cioè con una finalità pratica, e questi problemi nascono nel contesto di una società caratterizzata da un certo dominio di classe, quindi, in buona sostanza la scienza è uno strumento utile per la classe dominante, cioè la scienza è ideologia, questo vuol dire.

Il problema della scienza non è il problema della verità ma è il problema di essere utile alle necessità della classe dominante.

È chiaro che qui c’è una ripresa di un motivo importante della tradizione classica tedesca - di Kant, di Hegel, di Marx -, però impoverito. È il motivo che in Marx assume la definizione di ‘realizzazione della filosofia’. In realtà è un tema presente in tutta l’opera di Marx, ma come anche di Hegel e di Kant, ma insomma, per indicarne una formulazione esplicita pensiamo ai due articoli che Marx pubblica negli Annali franco-tedeschi del 1844, La questione ebraica, e la Critica alla filosofia del diritto di Hegel, introduzione. Lì Marx usa proprio l’espressione Realisierung (realizzazione) della filosofia per intendere un doppio processo. Nella tradizione marxista apparirà solo un lato di questo doppio processo, ed è molto interessante che un altro lato non apparirà.

Per Marx sono due gli aspetti del processo e cioè il fatto che la filosofia assume consapevolezza di nascere dal processo storico sociale, e in questo senso ci sono delle esigenze che la società pone, la filosofia nasce per rispondere a queste; ma Marx aggiunge un altro lato: il fatto che il movimento storico-sociale sale fino al livello dei problemi filosofici, cioè riconosce sé stesso nei problemi filosofici. In questo secondo processo, il movimento storico-sociale cresce rispetto alle proprie immediate richieste, scopre di avere, come dire, una profondità problematica che è quella tematizzata dalla filosofia, e allora se la filosofia diventa mondana in quanto trova nel movimento storico reale le proprie radici, però questo movimento non resta al proprio livello, ma sale fino a comprendersi nelle problematiche filosofiche.

Allora capite che qui non c’è più la riduzione utilitaristica, non c’è semplicemente la risposta alle esigenze della società, ma la società scopre – attraverso la filosofia- alcune esigenze che non aveva scoperto nel proprio movimento immediato.

Si potrebbe fare questo esempio molto preciso: se ad esempio la religione ha sicuramente come una delle funzioni quella di sancire l’ordine sociale, di giustificarlo, di santificarlo, ha anche – e questo è l’aspetto, come dire, più storicamente determinato – un’altra funzione per esempio, e cioè quella di, in qualche modo, rendere gestibile il problema della morte, e questo non è un problema legato ad una forma sociale.

domenica 25 febbraio 2018

“E allora, le foibe?!”

Da: http://temi.repubblica.it



Il trionfo della menzogna: le foibe. di Angelo D'Orsi (20 febbraio 2018)


Se il comunismo è finito, perché l’anticomunismo prospera? A Kiev come a Roma, a Budapest come a Varsavia, a Washington come a Berlino, in Brasile come in Cile, governanti, magistrati, politici, giornalisti, professori emanano leggi, accendono polemiche, aprono processi, creano norme amministrative, o si spingono a riscrivere la storia in un senso diligentemente revisionistico, e rovescistico. 

Lo scopo è uno: mandare alla sbarra, in senso proprio o figurato (culturalmente), il comunismo, i suoi teorici, i suoi esponenti storici, i suoi dirigenti e militanti. Non solo cancellare il passato, in cui il comunismo (in qualche sua forma) ha prosperato, ma punire chi ammette di avervi aderito. “Sorvegliare e punire”, ecco la ricetta: sorvegliare e punire quei reprobi. Molti dei quali, in vero, tra coloro che rivestirono ruoli dirigenti, hanno gareggiato nel negare il proprio passato, presentandosi come esempi viventi di nicodemismo: comunisti in pubblico, per necessità (!?), acomunisti o anticomunisti nel segreto del cuore. 

Per gli altri, invece, ecco scattare la sanzione sociale. Escludere, ostracizzare, ridicolizzare chi prova a resistere sul piano culturale, chi, magari citando Bobbio, invita, semplicemente, a non rallegrarsi davanti alla caduta del comunismo storico, ma a prendere atto che anche se larga parte di quell’esperimento è fallito, rimane intatta l’ansia di liberazione di centinaia di milioni di esseri umani, schiacciati dai grandi potentati economici, vilipesi da una ingiustizia mostruosa, offesi dall’essere esclusi dal proscenio, dopo che, un secolo fa la Rivoluzione Bolscevica li aveva fatto uscire dall’ombra dando loro la parola, e addirittura portandoli al potere. Quell’ansia di liberazione dei subalterni è stata moltiplicata dagli svolgimenti del turbocapitalismo nel senso della disuguaglianza, dell’oppressione, dell’ingiustizia. Delle nuove povertà per le classi medie, delle accresciute povertà per i poveri, delle accresciute ricchezze per i ricchi. 

sabato 24 febbraio 2018

"Il neorealismo di Giulio Preti" - Carlo Sini

Da:  CarloSiniNoema - Carlo_Sini è un filosofo italiano.
Vedi anche: Lezione 1 - Hegel,"Filosofia e Metodo"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/hegelfilosofia-e-metodo-carlo-sini.html
                       Lezione 2 - Heidegger,"Il compito del pensiero"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/il-compito-del-pensiero-carlo-sini.html 
                         Lezione 3 - Nietzsche,"Il difetto ereditario dei filosofi"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/12/il-difetto-ereditario-dei-filosofi.html 
                             Lezione 4 - Nietzsche,"Il problema psicologico della conoscenza"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/il-problema-psicologico-della.html                                                            Lezione 5 - "Husserl e la Lebenswelt": https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/husserl-e-la-lebenswelt-carlo-sini.html 

Lezione 6 - "Il neorealismo di Giulio Preti":

venerdì 23 febbraio 2018

Il culto dei talenti “visionari” ossia come i potenti ci annientano con l’irrealismo.- Alessandra Ciattini

Da: https://www.lacittafutura.it - alessandraciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.



L’irrealismo costituisce l’ideologia verso la quale si vogliono indirizzare le masse popolari per ostacolare la loro comprensione del reale.

Può sembrare pedante citare Bertrand Russell, filosofo, logico, matematico, incarcerato per il suo pacifismo ai tempi della Grande Guerra, per illustrare uno dei caratteri del mondo contemporaneo, ma credo che la sua riflessione sulpensiero mistico continui ad essere calzante.
Tracciando la distinzione tra misticismo e logica, cui dedica un piccolo libro, Russell scrive che la filosofia mistica è “la fede nell’intuito contrapposto alla conoscenza analitica deduttiva: la fede in una forma di saggezza improvvisa, penetrante, coercitiva, in contrasto con lo studio lento e fallibile delle apparenze esterne” (Misticismo e logica, 1970: 10). Insomma, la conoscenza improntata al misticismo si distingue dal logos (discorso) perché non ricorre né a prove né ad argomenti per dare sostegno alle concezioni del mondo che propone. Da questa impostazione scaturisce la figura del visionario, incarnata per esempio in personaggi come Steve Jobs, cofondatore e amministratore di Apple Inc., il quale sarebbe stato dotato di peculiari ed esclusive capacità intuitive e conoscitive che gli consentirono di immaginare ed allo stesso tempo di prefigurare il futuro.
Tale forma di approccio alla realtà, fondandosi sull’intuito e l’immaginazione, che sono indispensabili persino nella ricerca scientifica, ed essendo tuttavia priva di adeguate argomentazioni, in genere finisce nell’irrealismo e nel vaticinare mondi magari meravigliosi e armoniosi, ma senza dimostrare la loro fattibilità né delineare il percorso da compiere per giungere ad essi. Ovviamente ciò non accade se le correlazioni suggeriteci da queste due importanti capacità, di cui siamo certo tutti dotati in misura diversa, sono successivamente validate e comprovate. 

mercoledì 21 febbraio 2018

Sull' URSS - Marcello Grassi

Da: http://www.resistenze.org


Alcune verità sulla storia sovietica

A proposito di storia sovietica importanti contributi sono venuti dai seguenti storici anglosassoni, docenti di prestigiose università, che hanno attinto alle fonti documentarie, accessibili dopo la perestroika e il crollo dell’URSS.
Ho letto con qualche fatica in inglese i seguenti volumi e articoli.

S. Fitzpatrick The cultural front. Power and revolutionary Russia Cornell University Press 1992
S. Fitzpatrick Educational level and social mobility in Soviet Union 1921-1934 Cambridge University Press 1979
J A Getty Origin of great purges: the soviet communist party reconsidered 1933-1938 Cambridge University Press 1999
J A Getty R T Manning Stalinist terror: new perspectives CambridgeUniversityPress 1993
S G Wheatcroft Toward explaining the changing levels of Stalinist repression in 1930s. mass killing Europe-Asia studies 51;113-145.1999
S G Wheatcroft Victims of Stalinism and the Soviet Secret Police. The comparability and reliability of archival data. Not the last word Europe-Asia Studies 51; 515-545, 1999
R W Davies M Harrison, S G Wheatcroft The economic transformation in Soviet Union 1914-1945 Cambridge University Press 1994

Poiché è mia abitudine documentarmi in modo imparziale aggiungo che ho letto i seguenti libri sulle vicende sovietiche di vittime delle repressioni o di autori anti sovietici o di oppositori di Stalin:

L’arcipelago gulag di Solzhenitzin, Il grande terrore di R.Conquest, Lo Stalinismo di R. Medvedev, Il lungo terrore di F. Bettanin, L’epoca e i lupi di N. Mandelstam, Ho amato Bucharin di Anna Larina, moglie di Bucharin, Il redivivo tiburtino di D. Corneli, Viaggio nella vertigine di Natalia Ginsburg. Ho letto anche la biografia di Bucharin di Stephen Cohen e buona parte delle opere di Trotzki, in particolare La mia vitaLa rivoluzione traditaStoria della rivoluzione russa.

Va precisato che le opere di Conquest, Medvedev, Bettanin e Solzhenitsin sono state scritte e pubblicate prima dell’apertura degli archivi dello stato sovietico e in particolare degli organi giudiziari e del KGB, responsabili della repressione e delle condanne degli oppositori veri o presunti del regime; esse, soltanto per questo, sono largamente inattendibili, in quanto non fondate su adeguata documentazione.

Prima ancora che si arrivasse ad una corretta documentazione a me parvero scarsamente fondate le cifre dei suddetti autori sulle vittime del comunismo in URSS, spesso usate dai corifei del sistema capitalistico per liquidare, con la condanna dell’esperienza sovietica, ogni progetto e velleità di proposta alternativa alla società capitalistica.