*Da "Dialettica e differenza", Stefano Garroni, La città del sole
"Le forme di pensiero, i punti di vista ed i principi fondamentali, che valgono nelle scienze e che sono l'ultimo punto d'arrivo di tutto il restante loro materiale, non sono tuttavia esclusivamente proprie delle scienze, ma piuttosto son comuni alla cultura di un'epoca e di un popolo. La cultura propriamente consiste negli scopi e nelle rappresentazioni generali, nell'insieme di certi poteri spirituali, che reggono la coscienza e la vita. La nostra coscienza possiede queste rappresentazioni, le lascia valere come sue ultime determinazioni, si svolge essa stessa entro le direttrici loro ma, tuttavia, non le sa, non fa di esse l'oggetto e l'interesse della sua ricerca". (G.W.F. Hegel, Werke. Vorlesungen uber die Geschichte der Philosophie, III, Frankfurt/Main 1971)
"Noi riteniamo... che le teorie scientifiche siano influenzate dal pensiero culturale e sociale circostante, e che a loro volta influiscano su di esso. Questo è quanto studi sociali di storia della scienza stanno dimostrando in misura sempre crescente. Non dobbiamo più pensare al contributo apportato dalla scienza al bagaglio delle idee sociali come ad un processo unidirezionale; ancor meno siamo tenuti ad accettare questo contributo in virtù di una qualche certezza peculiare insita nelle teorie scientifiche. Piuttosto, l'influenza è reciproca; e nella nostra concezione riveduta della scienza vi è posto per considerare la teoria scientifica come un modo in cui una cultura esibisce la propria concezione generale del mondo e delle persone, in altre parole, come uno fra i molti insiemi di schemi sociali." (M.A. Arbib - M.B. Hesse, La costruzione della realtà, Bologna 1992)
"(Reichenbach) era convinto che lo sviluppo della scienza, per quanto autonomo nel porsi i propri problemi, si muova sempre parallelamente alle tendenze generali, intellettuali e sociali, che caratterizzano un certo periodo. Minima è la coscienza di questo parallelismo in coloro che massimamente determinano lo sviluppo della scienza... Reichenbach conclude che il parallelismo fra i risultati della scienza di un'epoca poggia su una legge sociologica indipendente, la quale esiste senza che la volontà dei pensatori interessati ne abbia consapevolezza." (Maria Reichenbach, introduzione a H. Reichenbach, Relatività e conoscenza apriori, Bari 1984)
La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
sabato 30 maggio 2015
venerdì 29 maggio 2015
A proposito di certe tendenze della letteratura psicoanalitica* - Stefano Garroni
*Da "tracciati dialettici (note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
...nel settecento, ... iniziava la polemica contro la modernità, non solo in nome della spiritualità dell'uomo, ma anche coll'attribuire alla scienza -"in quanto tale" - colpe, se così si può dire, che sono invece della nascente organizzazione capitalistica della vita e del lavoro.
In sostanza - e con tutte le modifiche del caso -, tra gli anni 60 e 70 del nostro secolo, questa critica spiritualistica della modernità si riproponeva, utilizzando - paradossalmente - Marx ed anche Freud per un rinnovato attacco alla scienza, condotto però sotto l'aspetto di una 'nuova' scientificità, che si diceva ricavabile, appunto, elaborando e generalizzando un nucleo contenuto nella psicoanalisi.
E' questo il mito, che - salutarmente - è caduto...
...nel settecento, ... iniziava la polemica contro la modernità, non solo in nome della spiritualità dell'uomo, ma anche coll'attribuire alla scienza -"in quanto tale" - colpe, se così si può dire, che sono invece della nascente organizzazione capitalistica della vita e del lavoro.
In sostanza - e con tutte le modifiche del caso -, tra gli anni 60 e 70 del nostro secolo, questa critica spiritualistica della modernità si riproponeva, utilizzando - paradossalmente - Marx ed anche Freud per un rinnovato attacco alla scienza, condotto però sotto l'aspetto di una 'nuova' scientificità, che si diceva ricavabile, appunto, elaborando e generalizzando un nucleo contenuto nella psicoanalisi.
E' questo il mito, che - salutarmente - è caduto...
giovedì 28 maggio 2015
Nietzsche - Antonio Gargano
F. Nietzsche, La gaia scienza, aforisma 125. L’uomo folle.
Avete sentito di quel folle uomo che accese
una lanterna alla chiara luce del mattino, corse al mercato e si mise a gridare
incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano
raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È
forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro.
“0ppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” –
gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a
loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo
voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi
assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo
fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero
orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo
sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli?
Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da
tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come
attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è
fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo
accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre
seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della
divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta
morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti
gli assassini? Quanto di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad
oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo
sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatòri, quali
giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza
di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno
degni di essa? Non ci fu mai un’azione piú grande: tutti coloro che verranno
dopo di noi apparterranno, in virtú di questa azione, ad una storia piú alta di
quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo punto il folle
uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano
e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in
frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio
tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo
cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono
vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono
tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate.
Quest’azione è ancora sempre piú lontana da loro delle piú lontane
costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si racconta ancora che
l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e
quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e
interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in
questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri
di Dio?”.
incessantemente: “Cerco Dio! Cerco Dio!”. E poiché proprio là si trovavano
raccolti molti di quelli che non credevano in Dio, suscitò grandi risa. “È
forse perduto?” disse uno. “Si è perduto come un bambino?” fece un altro.
“0ppure sta ben nascosto? Ha paura di noi? Si è imbarcato? È emigrato?” –
gridavano e ridevano in una gran confusione. Il folle uomo balzò in mezzo a
loro e li trapassò con i suoi sguardi: “Dove se n’è andato Dio? – gridò – ve lo
voglio dire! Siamo stati noi ad ucciderlo: voi e io! Siamo noi tutti i suoi
assassini! Ma come abbiamo fatto questo? Come potemmo vuotare il mare bevendolo
fino all’ultima goccia? Chi ci dètte la spugna per strusciar via l’intero
orizzonte? Che mai facemmo, a sciogliere questa terra dalla catena del suo
sole? Dov’è che si muove ora? Dov’è che ci moviamo noi? Via da tutti i soli?
Non è il nostro un eterno precipitare? E all’indietro, di fianco, in avanti, da
tutti i lati? Esiste ancora un alto e un basso? Non stiamo forse vagando come
attraverso un infinito nulla? Non alita su di noi lo spazio vuoto? Non si è
fatto piú freddo? Non seguita a venire notte, sempre piú notte? Non dobbiamo
accendere lanterne la mattina? Dello strepito che fanno i becchini mentre
seppelliscono Dio, non udiamo dunque nulla? Non fiutiamo ancora il lezzo della
divina putrefazione? Anche gli dèi si decompongono! Dio è morto! Dio resta
morto! E noi lo abbiamo ucciso! Come ci consoleremo noi, gli assassini di tutti
gli assassini? Quanto di piú sacro e di piú possente il mondo possedeva fino ad
oggi, si è dissanguato sotto i nostri coltelli; chi detergerà da noi questo
sangue? Con quale acqua potremmo noi lavarci? Quali riti espiatòri, quali
giochi sacri dovremo noi inventare? Non è troppo grande, per noi, la grandezza
di questa azione? Non dobbiamo noi stessi diventare dèi, per apparire almeno
degni di essa? Non ci fu mai un’azione piú grande: tutti coloro che verranno
dopo di noi apparterranno, in virtú di questa azione, ad una storia piú alta di
quanto mai siano state tutte le storie fino ad oggi!”. A questo punto il folle
uomo tacque, e rivolse di nuovo lo sguardo sui suoi ascoltatori: anch’essi tacevano
e lo guardavano stupiti. Finalmente gettò a terra la sua lanterna che andò in
frantumi e si spense. “Vengo troppo presto – proseguí – non è ancora il mio
tempo. Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo
cammino: non è ancora arrivato fino alle orecchie degli uomini. Fulmine e tuono
vogliono tempo, il lume delle costellazioni vuole tempo, le azioni vogliono
tempo, anche dopo essere state compiute, perché siano vedute e ascoltate.
Quest’azione è ancora sempre piú lontana da loro delle piú lontane
costellazioni: eppure son loro che l’hanno compiuta!”. Si racconta ancora che
l’uomo folle abbia fatto irruzione, quello stesso giorno, in diverse chiese e
quivi abbia intonato il suo Requiem aeternam Deo. Cacciatone fuori e
interrogato, si dice che si fosse limitato a rispondere invariabilmente in
questo modo: “Che altro sono ancora queste chiese, se non le fosse e i sepolcri
di Dio?”.
(Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 1882, Mondadori, 1971)
Seconda parte:
mercoledì 27 maggio 2015
TEMI TEORICI ATTUALI* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
Un luogo centrale dell'incontro fra nuovo Lumpenproletariat e residuali componenti comuniste (del centrismo comunista) è la costante oscillazione tra un 'punto di vista operaio' (ma, in realtà, non più che tradunionistico) e un punto di vista 'piccolo borghese' - radicale -: oscillazione che, com'è ovvio, si conclude - sempre - subordinando il primo al secondo, l'ottica 'operaia' a quella 'radicaldemocratica'.
Il tratto d'unione, ciò che consente questo su e giù continuo tra l'uno e l'altro punto di vista, è una bizzarra operazione ideologica (dunque non precisamente culturale), descrivibile in questi termini:
(a) La sostituzione effettiva della lotta di classe con l'opposizione fra democrazia e statalismo;
(b) l'identificazione della democrazia con la condizione, in cui l'individuo è libero di gestire la propria vita come vuole, a meno che non danneggi per qualche aspetto la vita altrui (in altre parole, la ripresa della classica distinzione inglese fra self-regarding action ed others-regarding action);
(c) mancando ormai tale concezione di forti ancoraggi obbiettivi nell'effettiva organizzazione e dinamica del modo di produzione e della formazione sociale, la rivendicazione democratica vien sostenuta da un'ideologia irrazionalistica, che fa perno su melmose categorie come 'vissuto', 'sentimento', 'diversità' ecc.
Il proprio di tale situazione ideologica è d'essere autenticamente 'delirante', nel senso di proporre un'immagine del mondo non 'rovesciata' ('a testa in giù', come capitava agli ideologi con cui Marx polemizzava), bensì 'sostitutiva': esattamente come un sogno sostituisce il reale.
Un luogo centrale dell'incontro fra nuovo Lumpenproletariat e residuali componenti comuniste (del centrismo comunista) è la costante oscillazione tra un 'punto di vista operaio' (ma, in realtà, non più che tradunionistico) e un punto di vista 'piccolo borghese' - radicale -: oscillazione che, com'è ovvio, si conclude - sempre - subordinando il primo al secondo, l'ottica 'operaia' a quella 'radicaldemocratica'.
Il tratto d'unione, ciò che consente questo su e giù continuo tra l'uno e l'altro punto di vista, è una bizzarra operazione ideologica (dunque non precisamente culturale), descrivibile in questi termini:
(a) La sostituzione effettiva della lotta di classe con l'opposizione fra democrazia e statalismo;
(b) l'identificazione della democrazia con la condizione, in cui l'individuo è libero di gestire la propria vita come vuole, a meno che non danneggi per qualche aspetto la vita altrui (in altre parole, la ripresa della classica distinzione inglese fra self-regarding action ed others-regarding action);
(c) mancando ormai tale concezione di forti ancoraggi obbiettivi nell'effettiva organizzazione e dinamica del modo di produzione e della formazione sociale, la rivendicazione democratica vien sostenuta da un'ideologia irrazionalistica, che fa perno su melmose categorie come 'vissuto', 'sentimento', 'diversità' ecc.
Il proprio di tale situazione ideologica è d'essere autenticamente 'delirante', nel senso di proporre un'immagine del mondo non 'rovesciata' ('a testa in giù', come capitava agli ideologi con cui Marx polemizzava), bensì 'sostitutiva': esattamente come un sogno sostituisce il reale.
martedì 26 maggio 2015
Marx: Glosse marginali al Manuale di economia politica di Adolph Wagner - Enrico Galavotti

"Il capitalista - scrive Marx - appena ha pagato
all'operaio l'effettivo valore della sua forza-lavoro [qui Marx vuol dire
"quello stabilito per contratto"], si appropria del plusvalore con
pieno diritto... Nel valore, non 'costituito' dal lavoro del capitalista, c'è
una parte di cui egli può appropriarsi 'legalmente', cioè senza violare il
diritto corrispondente allo scambio delle merci".
Questo significa che il capitalismo è basato sullo sdoppiamento tra realtà di fatto (la non proprietà dei mezzi produttivi da parte del lavoratore) e un'astrazione formale (la libertà giuridica universalmente riconosciuta, indipendentemente dalla propria origine sociale).
http://www.homolaicus.com/teorici/marx/wagner.htm
SCIENZA DELLA RELIGIONE E FAMILY RESEMBLANCE* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati
dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni
Kappa
Wittgenstein sa che, di fatto, procediamo definendo e
classificando non in accordo con le regole essenzialistiche, ma sì percorrendo
tracciati più intricati, più mossi, che egli indica appunto con Family Resemblance - e si noti che l'espressione 'affinità famigliare' ed altre
analoghe si trovano in testi ben precedenti quello di Wittgenstein.
In questo senso
Wittgenstein non ha bisogno di connotare con precisione l'universo
d'applicazione di FR: quell'universo è già dato, fa già parte della comune
pratica definitoria e classificatoria.
Il compito vero è un
altro: portare alla coscienza la varietà delle pratiche classificatorie e
definitorie, mettendone in luce gli andamenti diversi.
lunedì 25 maggio 2015
LEBEN ERZEUGENDES LEBEN* - Stefano Garroni
*Da "Dialettica e differenza", Stefano Garroni, La città del sole

"In quanto 'determinato', in quanto reale, tu hai una 'determinazione', un compito, ne sia o no cosciente. Questo compito deriva dal tuo bisogno e dalla tua connessione con il mondo presente." (Marx - Engels, Werke III, Berlin 1969)
La critica marxiana all'economia politica è il prodotto, ad un tempo, di istanze propriamente scientifiche e metodologiche, ma anche dell'atteggiamento (ecco un motivo che, certo, è hegeliano, ma anche kantiano) di chi vedeva nel capitalismo la pratica negazione di basilari principi morali. Di chi vedeva nel "sistema della proprietà privata" (è il giovane Marx che cito) l'immorale primato del (capitale) morto sul (lavoro) vivo.
domenica 24 maggio 2015
L'AVVENIRE DI UN'ILLUSIONE, IL DISAGIO DELLA CIVILTA' - Sigmund Freud

...in tutti gli uomini sono presenti tendenze distruttive, e
perciò antisociali e ostili alla civiltà, e che in un gran numero di persone
esse sono abbastanza forti da determinarne il comportamento nella società umana.
...Ai fini di una terminologia uniforme, chiameremo “frustrazione” il fatto che una pulsione
non possa essere soddisfatta, “divieto”
la disposizione che istituisce questa frustrazione, e “privazione” lo stato che è prodotto dal divieto. Poi, il passo
successivo sarà distinguere tra le privazioni che riguardano tutti e quelle che
non riguardano tutti, ma solo gruppi, classi, o addirittura individui. Le prime
sono le più antiche: coi divieti che le istituiscono, la civiltà ha avviato,
chissà quante migliaia di anni fa, il distacco dalla condizione animale
primitiva. Con nostra sorpresa, abbiamo scoperto che essi si fanno ancora
sentire e costituiscono il nucleo dell’ostilità alla civiltà. I desideri
pulsionali, che soffrono a causa loro, rinascono con ogni nuovo bimbo; c’è una
categoria di uomini, i nevrotici, che reagiscono già a questa frustrazione con
l’asocialità. Questi desideri pulsionali sono quelli dell’incesto, del
cannibalismo e della brama di uccidere. Suona strano mettere insieme questi
desideri, che tutti gli uomini sembrano concordi nel rigettare, con quegli
altri, per ammettere o respingere i quali nella nostra civiltà si contende così
vivacemente; ma dal punto di vista psicologico ciò è legittimo.
...se una civiltà non ha superato lo stadio in cui il
soddisfacimento di un certo numero dei suoi membri ha per presupposto
l’oppressione di altri e forse della maggioranza, e ciò è quanto si verifica in
tutte le civiltà attuali, è comprensibile che questi oppressi sviluppino
un’intensa ostilità alla civiltà che essi rendono possibile col loro lavoro, ma
ai cui beni partecipano in maniera troppo scarsa. Allora non ci si può
aspettare un’interiorizzazione dei divieti della civiltà da parte degli
oppressi, anzi costoro non saranno disposti a riconoscere questi divieti, tesi
come sono a distruggere la civiltà stessa e ad eliminarne eventualmente gli
stessi presupposti.
sabato 23 maggio 2015
Corso sul "Capitale" (9) - Riccardo Bellofiore
Video degli incontri del ciclo di letture del I libro del "Capitale" di Karl Marx organizzato da Noi Restiamo Torino e tenuto da Riccardo Bellofiore (Università di Bergamo).
Lezioni precedenti:
https://www.youtube.com/playlist?list=PL5P5MP2SvtGh94C81IekSb83uO7nLgHmL
venerdì 22 maggio 2015
Il cammino del pensiero - Non possiamo non dirci hegeliani... - Francesco Valentini
"Francesco Valentini, marxista da sempre, legato al Partito comunista, docente di filosofia si è sempre rifiutato di fare un corso su Marx, sostenendo - a mio modo di vedere giustamente - che non c'è una filosofia di Marx, la filosofia di Marx è quella di Hegel, quindi lui ha fatto i corsi su Hegel e non ha mai voluto fare un corso su Marx" (S. Garroni)
http://ilcomunista23.blogspot.it/2014/07/aspetti-della-societa-civile-hegeliana.html
giovedì 21 maggio 2015
Del RAGIONAMENTO DIALETTICO - Stefano Garroni
Riproponiamo, in forma scritta e integrale, senza correzioni
o aggiustamenti, un incontro (uno dei tanti) tenutosi con Stefano Garroni
nell'ormai lontano 8 febbraio 1999 sul tema del RAGIONAMENTO DIALETTICO. Ci
sembra interessante richiamarlo alla luce dei molti scritti, proposti alcuni
anche su questo blog, che autorevoli intellettuali hanno, nel tempo e sullo stesso argomento,
prodotto.
Il tema della dialettica e, ancora più centrale, del
rapporto Marx Hegel è stato, è e sarà inevitabilmente ancora per molto, lontano
da una completa risoluzione in favore di una piuttosto che un'altra (spesso
perfino antitetica) ricostruzione.
E' interessante però notare come argomenti di non facile
comprensione e generalmente trascurati se non del tutto ignorati dai
lavoratori, anche quelli più politicizzati, possano essere trattati in forma
semplice, colloquiale e diretta, senza che questo ne comporti una riduzione
teorica conseguente. Anzi, è vero proprio il contrario...
Si può direttamente ascoltare la registrazione qui:
Qui la lettura della trascrizione:
mercoledì 20 maggio 2015
SU MARXISMO E STAGNAZIONE* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
"Marx indica impietosamente - sulla scia di Hegel - 'l'altra faccia', il risvolto della pretesa razionalità del modo di produzione (capitalistico) e ne evidenzia contraddizioni e opposizioni (i due termini sono da Marx usati e stanno ad indicare 'tormenti' dell'oggetto, che non hanno esattamente la stessa forma e dinamica).
Questo fa Marx per mostrare come l'ordine capitalistico predica disordine sociale, il dominio crescente degli uni e l'avvilimento progressivo degli altri. Ma questo fa Marx anche per mostrare che il modo capitalistico di produzione non può uscire dalle contraddizioni ed opposizioni che lo caratterizzano e che, al contrario, può solo spostarle in avanti, generalizzarle e renderle, in definitiva, più acute ed universali.
[...]Muoversi, come Marx vuole, dal punto di vista della 'libera ricerca scientifica', priva di 'presupposti' e di 'riguardi' - significa comprendere che l'oggetto economico può divenire razionale, solo se radicalmente mutato nelle sue basi costitutive, solo se - facendo perno su tendenze, che esso stesso produce - lo si rovescia, lo si mette 'con i piedi per terra', ovvero (perché questo è ciò, che la metafora marxiana del rovesciamento significa) lo si sottopone alla direzione 'consapevole' dell'umanità associata (l'insieme dei produttori).
Vediamo bene a questo punto, in che senso per il dialettico Marx far scienza implica subito, assumere un atteggiamento pratico, critico e trasformativo, l'episteme marxiana è, insomma, intimamente intrecciata ad un prender posizione, ad una scelta etico-politica. (E badiamo che proprio questo intreccio etica/scienza, questo dar 'valore' e 'spessore' agli eventi, è il 'mondo della storia', che - non per caso - il funzionario americano Fukuyama vorrebbe, ora, dichiarar morto)"
"Marx indica impietosamente - sulla scia di Hegel - 'l'altra faccia', il risvolto della pretesa razionalità del modo di produzione (capitalistico) e ne evidenzia contraddizioni e opposizioni (i due termini sono da Marx usati e stanno ad indicare 'tormenti' dell'oggetto, che non hanno esattamente la stessa forma e dinamica).
Questo fa Marx per mostrare come l'ordine capitalistico predica disordine sociale, il dominio crescente degli uni e l'avvilimento progressivo degli altri. Ma questo fa Marx anche per mostrare che il modo capitalistico di produzione non può uscire dalle contraddizioni ed opposizioni che lo caratterizzano e che, al contrario, può solo spostarle in avanti, generalizzarle e renderle, in definitiva, più acute ed universali.
[...]Muoversi, come Marx vuole, dal punto di vista della 'libera ricerca scientifica', priva di 'presupposti' e di 'riguardi' - significa comprendere che l'oggetto economico può divenire razionale, solo se radicalmente mutato nelle sue basi costitutive, solo se - facendo perno su tendenze, che esso stesso produce - lo si rovescia, lo si mette 'con i piedi per terra', ovvero (perché questo è ciò, che la metafora marxiana del rovesciamento significa) lo si sottopone alla direzione 'consapevole' dell'umanità associata (l'insieme dei produttori).
Vediamo bene a questo punto, in che senso per il dialettico Marx far scienza implica subito, assumere un atteggiamento pratico, critico e trasformativo, l'episteme marxiana è, insomma, intimamente intrecciata ad un prender posizione, ad una scelta etico-politica. (E badiamo che proprio questo intreccio etica/scienza, questo dar 'valore' e 'spessore' agli eventi, è il 'mondo della storia', che - non per caso - il funzionario americano Fukuyama vorrebbe, ora, dichiarar morto)"
lunedì 18 maggio 2015
LA DIALETTICA, DALL'ALGEBRA ALL'ARITMETICA* - Stefano Garroni
*Da: "Dialettica e differenza", Stefano Garroni, La città del sole.
"Si pensi, ad es.alla retorica delle novità - tante volte espressa dal Manifesto e da Liberazione - che assume le forme di un invito alla sinistra ad 'osare' nuove elaborazioni, ad 'aprirsi' a nuove problematiche e dimensioni: insomma, ad avere il ' coraggio dell'invenzione, della fantasia, dell'immaginazione'.
[...]In pochi altri momenti, se abbiamo il coraggio di guardare le cose in faccia, il distacco lo scollamento, a sinistra, - fra gruppi dirigenti da un lato, e semplici militanti da un altro -, poche volte è stato tanto forte come ora. Con la conseguenza che quell'invito a dar prova di una 'collettiva immaginazione creativa', che saldi costantemente teoria e prassi, tende paurosamente a ridursi a vuota chiacchiera per mancanza di ... oggetto; appunto, di un effettivo corpo collettivo, capace di assicurare veramente il costante interscambio tra base e vertice, tra dirigenti e militanti, nel rispetto di una esplicita e coerente prospettiva comune."
"Si pensi, ad es.alla retorica delle novità - tante volte espressa dal Manifesto e da Liberazione - che assume le forme di un invito alla sinistra ad 'osare' nuove elaborazioni, ad 'aprirsi' a nuove problematiche e dimensioni: insomma, ad avere il ' coraggio dell'invenzione, della fantasia, dell'immaginazione'.
[...]In pochi altri momenti, se abbiamo il coraggio di guardare le cose in faccia, il distacco lo scollamento, a sinistra, - fra gruppi dirigenti da un lato, e semplici militanti da un altro -, poche volte è stato tanto forte come ora. Con la conseguenza che quell'invito a dar prova di una 'collettiva immaginazione creativa', che saldi costantemente teoria e prassi, tende paurosamente a ridursi a vuota chiacchiera per mancanza di ... oggetto; appunto, di un effettivo corpo collettivo, capace di assicurare veramente il costante interscambio tra base e vertice, tra dirigenti e militanti, nel rispetto di una esplicita e coerente prospettiva comune."
sabato 16 maggio 2015
Il filosofo dalla triste metafisica: a proposito delle 'Pagine di filosofia e di politica' di Lucio Colletti* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
.jpg)
"Colletti è un antesignano (certo non banale) di quel 'giornalismo filosofico', di cui denunciava recentemente i guasti uno studioso rigoroso (e marxista) come Paolo Rossi, in polemica con Vattimo ed altri flebili ragionatori"
.jpg)
"Colletti è un antesignano (certo non banale) di quel 'giornalismo filosofico', di cui denunciava recentemente i guasti uno studioso rigoroso (e marxista) come Paolo Rossi, in polemica con Vattimo ed altri flebili ragionatori"
giovedì 14 maggio 2015
Non capitolare dinanzi alla realtà. Il Marx dell’Astratto e il suo rapporto con Hegel: un confronto con Roberto Finelli - A cura di Riccardo Bellofiore
Di seguito si riproducono i testi rivisti del Seminario tenuto a Brescia il 20 maggio 2005, presso la Fondazione Micheletti, sul libro di Roberto Finelli, Un parricidio mancato. Hegel e il giovane Marx, Torino, Bollati Boringhieri, 2005. Con l’autore, professore di Storia della filosofia moderna presso l’Università di Bari, ne hanno discusso Riccardo Bellofiore, professore di Economia politica presso l’Università di Bergamo, e Massimiliano Tomba, ricercatore di Filosofia politica presso l’Università di Padova. Gli autori si sono giovati del confronto con Cristina Corradi.
http://www.ospiteingrato.org/wordpress/wp-content/uploads/2014/05/Ospite-2-05-Non-capitolare.pdf
PER UNA RIPRESA DI RIFLESSIONE* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
"Sembra realistico dire, ad es., che le conseguenze effettive a livello mondiale delle cosiddette 'rivoluzioni democratiche' degli anni Ottanta, abbiano convinto settori consistenti dello stesso capitale internazionale a pensare limiti da porre alla 'liberalizzazione'.
Sia pure con un atteggiamento segnato da qualche esitazione se non addirittura subalterno, la 'sinistra', qua e là, ha registrato tale mutamento di clima e, in una certa misura, sembra orientarsi nel senso del recupero di tematiche, che favoriscono una ripresa di riflessione anche per Marx."
"Sembra realistico dire, ad es., che le conseguenze effettive a livello mondiale delle cosiddette 'rivoluzioni democratiche' degli anni Ottanta, abbiano convinto settori consistenti dello stesso capitale internazionale a pensare limiti da porre alla 'liberalizzazione'.
Sia pure con un atteggiamento segnato da qualche esitazione se non addirittura subalterno, la 'sinistra', qua e là, ha registrato tale mutamento di clima e, in una certa misura, sembra orientarsi nel senso del recupero di tematiche, che favoriscono una ripresa di riflessione anche per Marx."
mercoledì 13 maggio 2015
CHE FORMA AVRÀ LA CRISI DEL CAPITALISMO?
«al di là di un certo
punto, lo sviluppo delle forze produttive diventa un ostacolo per il capitale,
e dunque il rapporto del capitale diventa un ostacolo per il capitale, e dunque
il rapporto del capitale diventa un ostacolo per [lo] sviluppo delle forze produttive
del lavoro». (K. Marx, Lineamenti della critica dell’economia
politica)
la morale borghese dell’austerity prevede che un po’ “tutti”
paghino il prezzo della crisi capitalistica, un po’ tutti facciano dei
sacrifici perché vinca nella corsa al profitto l’imperialismo nazionale.
Invece, l’antagonista, immediatista e coglione, oppone con far radicale l’idea
che siano solo le banche a pagare, piuttosto che la casta. Il cattivo odore
accomuna sia chi vorrebbe che siano “loro” a pagare, sia chi preferirebbe che
paghino tutti “secondo le proprie possibilità”: entrambi parlano del sacrificio
necessario perché il capitale riprenda il suo maledettissimo corso. Caro
lettore non esitare ad attaccare nelle iniziative di classe, nelle assemblee pubbliche,
nelle piazze, nei bar ed ovunque chi predica questi sacrifici!
«La distruzione
violenta di capitale, non in seguito a circostanze esterne ad esso, ma come
condizione della sua autoconservazione, è la forma più evidente in cui gli si
rende noto che ha fatto il proprio tempo e che deve far posto a un livello superiore
di produzione sociale» (K. Marx, Grundisse)
giovedì 7 maggio 2015
Ancora sulla dialettica: Tesi su Feuerbach - Stefano Garroni
Le tesi su Feuerbach: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/03/tesi-su-feuerbach-karl-marx.html
Ascolta anche: https://www.youtube.com/playlist?list=PL2907B437D02AB60D
Ascolta anche: https://www.youtube.com/playlist?list=PL2907B437D02AB60D

Si intende cioè lo studio delle regole
di cambiamento, di mutamento, di sviluppo, di una situazione data. Come Marx diceva, il concetto è la linea di
sviluppo della cose stessa: cioè il concetto non è altro che il mettere in
evidenza le leggi di movimento di un contesto determinato.
Ora, un’analisi un tantino più
approfondita di cosa significa dialettica – perché quanto ho detto ha delle
implicazioni di grande rilievo – uno sguardo un po’ più profondo su cosa è
dialettica, possiamo averlo considerando le
famose “Tesi su Feuerbach” che Marx scrisse nel 1845: io qui vorrei
leggere o, almeno, cominciare a leggere queste Tesi tenendo presente che la
traduzione del testo è mia e quindi, chi avesse sottomano le “Tesi” e trovasse
delle differenze nella versione italiana, la cosa si spiegherebbe semplicemente
con ciò che ho detto.
mercoledì 6 maggio 2015
L'ELEATISMO ED HEGEL* - Stefano Garroni
*Da: "Dialettica e differenza", Stefano Garroni, La città del sole.

Nella scia di Platone, Hegel individua, dunque, due possibili collocazioni della contraddizione o negazione (il "non").
La prima, si ha quando la negazione è posta all'esterno - o perché rimanda a profili e contesti relazionali diversi di uno stesso essere empirico; o perché è posta dal pensiero - come avviene con la Scuola Eleatica - all'esterno di sé. In entrambi i casi, non usciamo dai limiti della dialettica soggettiva.
La seconda, invece, si ha quando il "non" (la contraddizione, la negazione) è accolto dal pensiero al proprio interno: quando, dunque, la categoria stessa si rivela "passaggio al proprio opposto". Solo a questo punto, la negazione è pienamente riconosciuta ed accolta; solo a questa condizione essa può divenire momento proprio dello stesso sviluppo del pensiero e non - come capita, invece, giusta la prima collocazione - atto di nullificazione.

Nella scia di Platone, Hegel individua, dunque, due possibili collocazioni della contraddizione o negazione (il "non").
La prima, si ha quando la negazione è posta all'esterno - o perché rimanda a profili e contesti relazionali diversi di uno stesso essere empirico; o perché è posta dal pensiero - come avviene con la Scuola Eleatica - all'esterno di sé. In entrambi i casi, non usciamo dai limiti della dialettica soggettiva.
La seconda, invece, si ha quando il "non" (la contraddizione, la negazione) è accolto dal pensiero al proprio interno: quando, dunque, la categoria stessa si rivela "passaggio al proprio opposto". Solo a questo punto, la negazione è pienamente riconosciuta ed accolta; solo a questa condizione essa può divenire momento proprio dello stesso sviluppo del pensiero e non - come capita, invece, giusta la prima collocazione - atto di nullificazione.
lunedì 4 maggio 2015
E la dialettica?* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
"L'ambiguità di Popper verso Marx, a mio giudizio, sta in questo: se, esplicitamente, la sua pagina è volta a criticarlo, implicitamente invece (cioè senza dirlo) Popper ne riprende positivamente temi.
La presenza nascosta di Marx in Popper, ecco un tema interessante da studiare."
"L'ambiguità di Popper verso Marx, a mio giudizio, sta in questo: se, esplicitamente, la sua pagina è volta a criticarlo, implicitamente invece (cioè senza dirlo) Popper ne riprende positivamente temi.
La presenza nascosta di Marx in Popper, ecco un tema interessante da studiare."
sabato 2 maggio 2015
DIALETTICA E DIFFERENZA - Stefano Garroni* - Prefazione di Andras Gedo**

"Sostanzialmente, le pagine che qui raccolgo derivano da un'attività seminariale, svolta con una certa intensità negli ultimissimi anni. E' proprio questa attività, che mi ha consentito - forse - di registrare (da parte di giovani, ma non solo) la ripresa di un interesse, non banalmente politico ma sì orientato verso prospettive teoriche e morali più di fondo.
Lo scopo di queste pagine - che rielaborano spesso lezioni seminariali - è fornire elementi, che vadano nel senso della ripresa di interesse di cui dicevo.
E' ovvio che non spetti a me giudicare quanto vi riescano; spetta a me, invece, riconoscere nell'esperienza seminariale fatta l'autentica fonte di stimolazione del mio lavoro."
(S. Garroni)
venerdì 1 maggio 2015
Teoria e politica: sulla Dialettica - Carla Filosa
lezioni sulla dialettica tenute da Carla Filosa nell'abito del corso di critica all'economia politica dell'Università Popolare A. Gramsci.
Seconda lezione:
https://www.youtube.com/watch?v=60_uJq1xm-4
Terza lezione:
https://www.youtube.com/watch?v=fXk9Wfzrlo8
Quarta lezione:
https://www.youtube.com/watch?v=g3VAkdPifPg
mercoledì 29 aprile 2015
Marx e Engels: Il Manifesto del Partito Comunista - Antonio Gargano
la concezione materialistica della storia
https://www.marxists.org/italiano/marx-engels/1848/manifesto/index.htm
Frammenti di un'intervista ad Amadeo Bordiga:
https://www.youtube.com/watch?v=UiMVz-KtKCw
martedì 28 aprile 2015
Il Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto, e la sua costituzione: sulla (dis)continuità Marx-Hegel - Riccardo Bellofiore
...possiamo dire che il punto di vista del ‘padrone’ – secondo cui è il capitale a essere produttivo – non è soltanto un punto di vista soggettivo. Corrisponde a come stanno le cose realmente: almeno fino a quando i lavoratori sono un ingranaggio nel meccanismo, e dunque fino a quando la forza-lavoro viene convertita senza problemi in lavoro vivo. Ma il punto di vista scientifico e rivoluzionario di Marx è che è possibile provare che quella ‘verità’ borghese è nondimeno falsa, socialmente e politicamente. Lo si può fare solo se si parte da un punto di vista che esprime un’altra realtà: quella secondo cui il capitale è il prodotto del lavoro vivo, che a sua volta non è nient’altro che l’attività dei portatori viventi di forza lavoro.
In questo articolo mi interrogherò sul rapporto di continuità/discontinuità tra Marx e Hegel. Inizierò con una rassegna personale idiosincratica delle posizioni più importanti che hanno influenzato la mia posizione. A seguire, prima ricorderò le critiche principali di Marx a Hegel, poi alcuni momenti del vivace dibattito all’interno dell’International Symposium on Marxian Theory (ISMT). Sosterrò quindi che è proprio l’idealismo assoluto di Hegel che ha reso il filosofo di Stoccarda così importante per la comprensione del ‘rapporto di capitale’. Lo farò ricordando la lettura, a suo modo hegeliana, che Colletti dà del valore di Marx a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. Userò pure il rimando a Backhaus e alla sua dialettica della forma di valore, e a Rubin e alla sua interpretazione del lavoro astratto, autori che aiutano ad approfondire il discorso di Colletti in una prospettiva a mio parere convergente.
"Il processo lavorativo è un processo fra cose che il capitalista ha comprato, fra cose che gli appartengono. Il prodotto di questo processo gli appartiene, perciò, proprio allo stesso modo in cui gli appartiene il prodotto del processo di fermentazione che avviene nella sua cantina.” (Marx MEOC XXXI, p. 205).
In questo articolo mi interrogherò sul rapporto di continuità/discontinuità tra Marx e Hegel. Inizierò con una rassegna personale idiosincratica delle posizioni più importanti che hanno influenzato la mia posizione. A seguire, prima ricorderò le critiche principali di Marx a Hegel, poi alcuni momenti del vivace dibattito all’interno dell’International Symposium on Marxian Theory (ISMT). Sosterrò quindi che è proprio l’idealismo assoluto di Hegel che ha reso il filosofo di Stoccarda così importante per la comprensione del ‘rapporto di capitale’. Lo farò ricordando la lettura, a suo modo hegeliana, che Colletti dà del valore di Marx a cavallo tra anni Sessanta e Settanta. Userò pure il rimando a Backhaus e alla sua dialettica della forma di valore, e a Rubin e alla sua interpretazione del lavoro astratto, autori che aiutano ad approfondire il discorso di Colletti in una prospettiva a mio parere convergente.
Presenterò a questo punto la mia posizione personale. Il movimento che va dalla merce al denaro, e poi al capitale, deve essere inteso come un doppio movimento. Il primo movimento, più evidente ne Il Capitale, ricostruisce la ‘circolarità’ del Capitale come Feticcio Automatico e come Soggetto. È qui che per Marx è stato massimamente utile il metodo ‘idealistico’ di Hegel e il circolo del ‘presupposto-posto’. Il secondo movimento, sotterraneo ne Il Capitale, è un movimento ‘lineare’, e fonda tutto il discorso marxiano nella lotta di classe nella produzione come momento ‘dominante’ della totalità capitalistica. È qui che incontriamo la rottura radicale di Marx con Hegel, e comprendiamo la fondazione materialistica della critica dell’economia politica.
http://www.consecutio.org/2013/10/il-capitale-come-feticcio-automatico-e-come-soggetto-e-la-sua-costituzione-sulla-discontinuita-marx-hegel/
http://www.consecutio.org/2013/10/il-capitale-come-feticcio-automatico-e-come-soggetto-e-la-sua-costituzione-sulla-discontinuita-marx-hegel/
lunedì 27 aprile 2015
Storia patria - Aristide Bellacicco
Sissignore, ho ordinato io al ragazzo di salire sull’albero. Certo, mi scusi. Gliel’ho solo chiesto, non era un vero e proprio ordine. Era poco più di un bambino, sì.
Naturalmente, signore. Sapevo perfettamente che il nemico era a non più di cinque o seicento metri. Stavano fra gli alberi lungo il fiume. Bè, no. Voglio dire, non avevo mandato ricognitori in avanscoperta. Era troppo rischioso. Non potevo permettermi altre perdite.
Ho capito, signore, ma il fatto che lo sapessi non significa che ne fossi assolutamente sicuro.
E’ vero, prima ho detto che lo sapevo “perfettamente”, ma si trattava in realtà di un…di una intuizione, ecco. Faccio notare però che ero nel giusto. In effetti, il nemico era proprio lì.
Con tutto il rispetto, signore, prima di chiedere rinforzi desideravo avere qualche certezza in più. Non mi sembrava il caso di scomodare l’artiglieria per niente. Potevano anche essersi spostati. In fondo, l’ultimo avvistamento risaliva a parecchie ore prima.
Ah, non lo so. Potevano aver guadato il fiume, che in quel punto è basso, oppure potevano essersi spostati più giù lungo la fila degli alberi, rimanendo al coperto. La fanteria nemica sa il fatto suo, signore. Guai a sottovalutarla. Sono dei diavoli, quelli lì, dei maledetti diavoli, se mi passa l’espressione.
Nossignore, non ho mai pensato di ritirarmi. Perché avrei dovuto farlo? Fino a prova contraria, eravamo perfettamente in grado di tenere la posizione. Dipendeva solo dall’entità della forza nemica, e su questo non avevo informazioni tali da…Sissignore, lo terrò presente. No, mi creda, non è mia abitudine esporre gli uomini a rischi inutili o sproporzionati. Ma non ho nemmeno simpatia per gli eccessi di prudenza. La mia opinione è che spesso la troppa prudenza nasconda la codardia.
In coscienza, signore, credo di essermi comportato come qualsiasi altro comandante al mio posto. Non ho nulla da rimproverarmi. Certo, sono addolorato per il ragazzo. Per il bambino, sì.
Nossignore, su questo punto mi permetto di dissentire. Quelle informazioni erano assolutamente vitali. Indispensabili, direi, dal punto di vista tattico. Non avevo scelta. Grazie, signore, ero certo che avrebbe concordato su questo punto.
Naturalmente. Certo, il giornalista era lì. Certo che lo sapevo, era con noi dall’inizio dell’operazione. Con tutto il rispetto, signore, ma è lo Stato Maggiore che…certo, mi rendo conto. L’informazione, capisco benissimo. Assolutamente no, signore. La mia non era una critica. Solo un’osservazione.
E’ che poi succedono queste cose, capisce? Chiedo scusa, signore. Ma no, non volevo mettere in dubbio la sua intelligenza, ci mancherebbe altro. Lo so che capisce.
Però adesso abbiamo un problema mi pare. C’è quella foto su tutti i giornali. E c’è anche il mio nome e, mi scusi, anche il suo.
No, mi lasci dire la prego. Sono interessato quanto lei a fare in modo che questa faccenda si risolva senza troppi strascichi. A questo proposito vorrei rispettosamente esporre una mia idea. Grazie, signore. Molto sinteticamente, sì.
Vede, quel ragazzo, va bene, quel bambino, non è che avesse proprio tutte le carte in regola. Era un viet e collaborava con noi. Nossignore, su questo punto dobbiamo tenere duro. Sono tutti viet, laggiù. Al massimo, fanno finta di non esserlo quando gli conviene o quando hanno troppa paura.
Nella fattispecie, signore, direi il secondo caso. Aveva molta paura di noi, e lo credo bene. Per questo ha accettato di salire su quel dannato albero. Bene, cosa pensa che gli avrebbero fatto i suoi se l’avessero saputo? Altro che una fucilata e via. L’avrebbero cosparso di benzina e gli avrebbero dato fuoco un po’ alla volta. Quella non è gente che scherza, signore, non debbo mica insegnarglielo io, questo. E vede, dal loro punto di vista, avrebbero avuto ragione. Quel ragazzo, va bene, bambino, era, in senso oggettivo voglio dire , bè, era un traditore. Come altro lo si può considerare? Se uno di nostri avesse fatto la stessa cosa, non si sarebbe salvato dal plotone di esecuzione, penso. Naturalmente, signore, è ovvio. Ed è altrettanto ovvio per quello lì. Era un traditore e ha avuto il fatto suo. Ecco la linea che a mio avviso dobbiamo tenere. Senza farci ricattare da facili sentimentalismi o dalla propaganda umanitaria. I bambini sono uomini, signore. E’ solo questione di tempo. Quello lì non sarebbe andato bene per nessuno, né per noi né per i viet. Quella razza lì fa solo danno. I traditori e i codardi, voglio dire.
I viet uccidono un traditore di dodici anni: questo, a mio parere, sarebbe un buon titolo. Sono sicuro che la gente saprebbe giudicare con mente lucida.
In fondo, i nostri muoiono a decine, e molti sono poco più che ragazzi. Dobbiamo battere su questo punto, mi dia retta.
Ma certo, signore. Naturalmente. Sul piano umano dispiace anche a me, è ovvio.
Ma non è con l’umanità che si vincono le guerre. Certo, signore. Purtroppo.
E’ vero, prima ho detto che lo sapevo “perfettamente”, ma si trattava in realtà di un…di una intuizione, ecco. Faccio notare però che ero nel giusto. In effetti, il nemico era proprio lì.
Con tutto il rispetto, signore, prima di chiedere rinforzi desideravo avere qualche certezza in più. Non mi sembrava il caso di scomodare l’artiglieria per niente. Potevano anche essersi spostati. In fondo, l’ultimo avvistamento risaliva a parecchie ore prima.
Ah, non lo so. Potevano aver guadato il fiume, che in quel punto è basso, oppure potevano essersi spostati più giù lungo la fila degli alberi, rimanendo al coperto. La fanteria nemica sa il fatto suo, signore. Guai a sottovalutarla. Sono dei diavoli, quelli lì, dei maledetti diavoli, se mi passa l’espressione.
Nossignore, non ho mai pensato di ritirarmi. Perché avrei dovuto farlo? Fino a prova contraria, eravamo perfettamente in grado di tenere la posizione. Dipendeva solo dall’entità della forza nemica, e su questo non avevo informazioni tali da…Sissignore, lo terrò presente. No, mi creda, non è mia abitudine esporre gli uomini a rischi inutili o sproporzionati. Ma non ho nemmeno simpatia per gli eccessi di prudenza. La mia opinione è che spesso la troppa prudenza nasconda la codardia.
In coscienza, signore, credo di essermi comportato come qualsiasi altro comandante al mio posto. Non ho nulla da rimproverarmi. Certo, sono addolorato per il ragazzo. Per il bambino, sì.
Nossignore, su questo punto mi permetto di dissentire. Quelle informazioni erano assolutamente vitali. Indispensabili, direi, dal punto di vista tattico. Non avevo scelta. Grazie, signore, ero certo che avrebbe concordato su questo punto.
Naturalmente. Certo, il giornalista era lì. Certo che lo sapevo, era con noi dall’inizio dell’operazione. Con tutto il rispetto, signore, ma è lo Stato Maggiore che…certo, mi rendo conto. L’informazione, capisco benissimo. Assolutamente no, signore. La mia non era una critica. Solo un’osservazione.
E’ che poi succedono queste cose, capisce? Chiedo scusa, signore. Ma no, non volevo mettere in dubbio la sua intelligenza, ci mancherebbe altro. Lo so che capisce.
Però adesso abbiamo un problema mi pare. C’è quella foto su tutti i giornali. E c’è anche il mio nome e, mi scusi, anche il suo.
No, mi lasci dire la prego. Sono interessato quanto lei a fare in modo che questa faccenda si risolva senza troppi strascichi. A questo proposito vorrei rispettosamente esporre una mia idea. Grazie, signore. Molto sinteticamente, sì.
Vede, quel ragazzo, va bene, quel bambino, non è che avesse proprio tutte le carte in regola. Era un viet e collaborava con noi. Nossignore, su questo punto dobbiamo tenere duro. Sono tutti viet, laggiù. Al massimo, fanno finta di non esserlo quando gli conviene o quando hanno troppa paura.
Nella fattispecie, signore, direi il secondo caso. Aveva molta paura di noi, e lo credo bene. Per questo ha accettato di salire su quel dannato albero. Bene, cosa pensa che gli avrebbero fatto i suoi se l’avessero saputo? Altro che una fucilata e via. L’avrebbero cosparso di benzina e gli avrebbero dato fuoco un po’ alla volta. Quella non è gente che scherza, signore, non debbo mica insegnarglielo io, questo. E vede, dal loro punto di vista, avrebbero avuto ragione. Quel ragazzo, va bene, bambino, era, in senso oggettivo voglio dire , bè, era un traditore. Come altro lo si può considerare? Se uno di nostri avesse fatto la stessa cosa, non si sarebbe salvato dal plotone di esecuzione, penso. Naturalmente, signore, è ovvio. Ed è altrettanto ovvio per quello lì. Era un traditore e ha avuto il fatto suo. Ecco la linea che a mio avviso dobbiamo tenere. Senza farci ricattare da facili sentimentalismi o dalla propaganda umanitaria. I bambini sono uomini, signore. E’ solo questione di tempo. Quello lì non sarebbe andato bene per nessuno, né per noi né per i viet. Quella razza lì fa solo danno. I traditori e i codardi, voglio dire.
I viet uccidono un traditore di dodici anni: questo, a mio parere, sarebbe un buon titolo. Sono sicuro che la gente saprebbe giudicare con mente lucida.
In fondo, i nostri muoiono a decine, e molti sono poco più che ragazzi. Dobbiamo battere su questo punto, mi dia retta.
Ma certo, signore. Naturalmente. Sul piano umano dispiace anche a me, è ovvio.
Ma non è con l’umanità che si vincono le guerre. Certo, signore. Purtroppo.
giovedì 23 aprile 2015
Come collegarsi a Marx* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
(a) contrazione dello spazio d'analisi,
(b) specificazione delle forme della dialettica.
Marx conserva la nozione - d'origine hegeliana - di 'totalità' ma, per così dire, 'contrae, riduce' lo spazio della sua analisi, l'universo della sua applicazione: non più la totalità dell'esperienza umana, ma si quella 'regione' tradizionalmente studiata dall'economia politica.
In questo modo, Marx riguadagna la possibilità di distinguere il 'mondo' (le strutture del modo di produzione) dal 'soggetto' (l'uomo che vive nelle condizioni disegnate dal modo di produzione). Ed anche riguadagna la possibilità di un rapporto 'pratico' dell'uomo verso il mondo. [...]
Se l'oggetto dell'analisi è determinato, circoscritto, anche la sua dialettica sarà tale e le forme di pensiero adeguate a pensarla - anch'esse - dovranno essere 'certe' forme 'non' generalizzabili (non riducibili a frasi, come dicevano sia Marx che Engels e Lenin)."
mercoledì 22 aprile 2015
Adorno e la dialettica* - Stefano Garroni
*Da "Tracciati dialettici (Note di politica e cultura)" Stefano Garroni, Edizioni Kappa
"se si facesse questione di cose, piuttosto che di parole o di semplici nomi delle cose,non sarebbe molto facile stabilire in che consista l'essenziale e precisa differenza tra un uomo e una bestia..."
(J. Locke, Saggio sull'intelligenza umana. Primo abbozzo, Bari Laterza)
"se si facesse questione di cose, piuttosto che di parole o di semplici nomi delle cose,non sarebbe molto facile stabilire in che consista l'essenziale e precisa differenza tra un uomo e una bestia..."
(J. Locke, Saggio sull'intelligenza umana. Primo abbozzo, Bari Laterza)
domenica 19 aprile 2015
Il capitale monopolistico di Baran e Sweezy e la teoria marxiana del valore - CLAUDIO NAPOLEONI - (Testo a cura di Riccardo Bellofiore)
1.Introduzione
Lo
scritto che viene pubblicato di seguito[vedi qui]
(Napoleoni, 2015) è la trascrizione di una lezione del 12 marzo 1973
tenuta da Claudio Napoleoni nel corso di Politica economica e
finanziaria1.
Oggetto della lezione è il commento del libro di Paul Baran e Paul
Sweezy, Il
capitale monopolistico,
da poco pubblicato negli Stati Uniti (1966) e subito tradotto in
italiano da Einaudi (1968)2.
L’interpretazione
fornita da Napoleoni ha più di un motivo di originalità e potrà
risultare per molti versi sorprendente. L’economista italiano era
impegnato allora in un’originale ripresa critica di Marx che faceva
asse proprio sui suoi aspetti più controversi, la teoria del
valore-lavoro e la teoria della crisi, temi su cui il contributo di
Sweezy era stato fondamentale. Ciò non di meno egli si distacca
dalla usuale critica marxista al libro di Baran e Sweezy, secondo cui
i due autori si sarebbero collocati fuori e contro la teoria del
valore-lavoro3.
Sorprendente
era peraltro la stessa struttura del corso di Politica economica e
finanziaria in cui quella lezione fu pronunciata. I corsi del
1971-1972 e del 1972-1973 avevano come titolo “La realizzazione del
plusvalore e la politica economica nelle economie capitalistiche
moderne”. In quel che segue faremo soprattutto riferimento alla
lezione del 12 maggio 1973 che si può leggere alle pagine 41-51 di
questo fascicolo. Un corso dove l’esposizione della macroeconomia
neoclassica e keynesiana (lungo linee non molto distanti da una
avvertita sintesi neoclassica, come la si leggeva nella prima
edizione del bel manuale di Gardner Ackley (1971) adottato da
Napoleoni, e come peraltro si poteva già ricavare dalle voci
del Dizionario
di economia politica che
aveva curato4,
come da qualsiasi altro scritto dell’economista abruzzese sul tema)
veniva proseguita dalla discussione approfondita del dibattito sulla
teoria della crisi nel marxismo (da Marx a Lenin, da Tugan
Baranowskij a Rosa Luxemburg). Si adottavano inoltre come letture
chiave testi così distanti nel marxismo come il Capitale
monopolistico di
Baran e Sweezy e il Marx
e Keynes di
Paul Mattick (1972).
Non
si trattava, come dirò, di un esercizio puramente teorico. Si può
dimostrare che il dialogo con Baran e Sweezy entrò direttamente (ed
esplicitamente) a definire l’interpretazione del capitalismo
monopolistico data da Napoleoni, così come il confronto con Mattick
– che qui non verrà però considerato, per limiti di spazio –
contribuiva anch’esso alla spiegazione dell’ascesa e della crisi
dello sviluppo post-bellico (la fase che oggi va sotto l’etichetta,
non molto appropriata, di les
trentes glorieuses)
da parte dell’economista abruzzese.
Per
consentire una comprensione adeguata della lezione di Napoleoni, in
queste pagine introduttive procederò a ricostruire per sommi capi
alcuni momenti salienti del dialogo di Napoleoni con Sweezy, per poi
mostrare come elementi della sua lettura del Capitale
monopolistico,
allora del tutto spiazzanti, siano stati confermati dalla
recentissima pubblicazione di pagine inedite dei due marxisti
statunitensi. Farò riferimento alla sezione sul capitale
monopolistico contenuta nella voce “Capitale” dell’Enciclopedia
Europea della
Garzanti nel 1976, mai più ripubblicata5.
Chiuderò con alcune considerazioni personali sulla ‘inattuale’
rilevanza della riflessione di Napoleoni e Sweezy su questi temi.
sabato 18 aprile 2015
Il nuovo accordo di libero scambio transatlantico. Le conseguenze sociali e ambientali del TAFTA o TTIP - Gabriella Giudici

-noi eliminiamo le
nostre tariffe doganali e voi le vostre,
-noi eliminiamo le
nostre barriere non tariffarie e voi le vostre,
-noi eliminiamo i nostri
sussidi (sussidi all’agricoltura e cose simili, ndt) e voi i vostri.
Gli Stati Uniti non
sono interessati a un accordo di libero scambio, voglio che sia ben chiaro, gli
Stati Uniti vogliono un patto di gestione del commercio, gestione per gli
interessi particolari degli Stati Uniti, e nemmeno nell’interesse dei cittadini
americani, questo voglio che sia ben chiaro." (Joseph
Stiglitz)
Iscriviti a:
Post (Atom)