...nello sfruttamento il valore di una merce non può mai
essere un equivalente del lavoro impiegato per produrla. La merce contiene un
plusvalore, cioè un valore supplementare che non viene pagato, proprio perché
il salario è stabilito prima della produzione, sulla base di un certo tempo del
lavoro. Finché c'è salario c'è sfruttamento del lavoro. E' vero che il salario
si può contrattare, ma fino a un certo punto, poiché l'eccedenza di
forza-lavoro (dovuta alla mancanza di proprietà privata), gioca a favore del
capitalista, che può imporre un salario minimo di sopravvivenza (quel salario -
si può aggiungere - che andrà oltre la soglia della sopravvivenza in seguito
allo sfruttamento imperialistico della periferia coloniale dei paesi
occidentali).
"Il capitalista - scrive Marx - appena ha pagato
all'operaio l'effettivo valore della sua forza-lavoro [qui Marx vuol dire
"quello stabilito per contratto"], si appropria del plusvalore con
pieno diritto... Nel valore, non 'costituito' dal lavoro del capitalista, c'è
una parte di cui egli può appropriarsi 'legalmente', cioè senza violare il
diritto corrispondente allo scambio delle merci".
Questo significa che il capitalismo è basato sullo sdoppiamento tra realtà di fatto (la non proprietà dei mezzi produttivi da parte del lavoratore) e un'astrazione formale (la libertà giuridica universalmente riconosciuta, indipendentemente dalla propria origine sociale).
http://www.homolaicus.com/teorici/marx/wagner.htm
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