Gli Stati Uniti hanno bisogno delle basi militari per mantenere il loro dominio imperialista sul mondo. L’occupazione dei paesi che ospitano le sue basi si fonda sulla Nato. Cosa sta alla base della smodata ambizione Usa?
“La
NATO non è un’alleanza, costituisce piuttosto un’occupazione
militare di
quei paesi che furono ‘liberati’ dagli alleati nel corso della
Seconda Guerra Mondiale” (di fatto vinta dallo sforzo
immane dell’Unione Sovietica),
il cui scopo è sempre stato quello di orientare in senso
filostatunitense la politica europea e di impedire il sorgere nel
nostro continente di governi ostili alla superpotenza oggi in seria
crisi.
Questo
concetto è ben spiegato da Manlio Dinucci, il conduttore della
contro-celebrazione della NATO, il quale scrive sul Manifesto che
la “Nato è un’organizzazione sotto il comando del Pentagono… è
una macchina da guerra che opera per gli interessi degli Stati Uniti,
con la complicità dei maggiori gruppi europei di potere”, la quale
può esser giustamente accusata di essersi macchiata di crimini
contro l’umanità.
Da
qui ha preso le mosse il recente convegno internazionale sul 70°
anniversario della NATO, tenutosi a Firenze lo scorso 7 aprile [1], a
cui hanno partecipato circa 600 persone, venute da tutta Italia e
mostrando che nel nostro paese non tutti si identificano con la
politica supinamente allineata dei nostri governi (di vari colori) ai
voleri statunitensi, che – dopo il dissolvimento dell’Unione
Sovietica e dei suoi stretti alleati – hanno
scatenato sanguinose guerre e conflitti ancora in atto.
Gli
interventi al convegno (filmati
anche assai crudi,
foto, tavole rotonde, interviste) non hanno fatto altro che
dimostrare la tesi enunciata ed espressa dalle parole summenzionate,
facendoci comprendere a fondo che la politica internazionale non è
altro che lo svolgersi
inevitabilmente brutale dei rapporti di forza tra le varie
potenze che
si fronteggiano nello scenario contemporaneo. E ciò in piena
contraddizione con la speranza, emersa nel corso del convegno, che la
scelta per la pace possa scaturire dalle opzioni individuali e da un
rinnovamento morale, i cui protagonisti sono i mitici “uomini di
buona volontà”.
Il
convegno, infatti, è stato organizzato dall’Associazione
per un mondo senza guerre,
dal Comitato no guerra no Nato, coordinato da Giuseppe Padovano, e
dal Centro di ricerca sulla globalizzazione di Ottawa, rappresentato
dal suo direttore, Michel Chossudovsky; ad esso hanno aderito Pandora
TV con Giulietto Chiesa, Marx XXI, Pax Christi, un’organizzazione
cattolica sorta in Francia nel 1945 e poi diffusasi in vari paesi,
Alex Zanotelli, missionario comboniano e direttore della
rivista Mosaico
di pace,
Vladimir Kozin, principale esperto del Centro di studi
politico-militari del Ministero degli Esteri russo, Živadin
Jovanović, presidente del Forum di Belgrado ed ex-ministro degli
esteri serbo, il prof. Franco Cardini, Tommaso Di Francesco
del Manifesto,
il generale Fabio Mini, l’economista statunitense Paul Craig
Roberts etc.
L’iniziativa,
dunque, deve essere giudicata sicuramente opportuna ed ha riempito un
vuoto significativo, apportando una grande quantità di informazioni
importanti e di approfondite interpretazioni che i mass media
egemoni, in particolare la nostra TV, ignorano totalmente, mirando a
presentarci paradossalmente la NATO come un’organizzazione
umanitaria, il cui obiettivo sarebbe la pacificazione mondiale e il
rispetto dei diritti umani. Altro aspetto positivo del convegno è
quello di averci presentato punti di vista sinora inascoltati come
quelli di Živadin Jovanović e di Vladimir Kozin, che ha cercato di
dimostrare con successo che la Russia, nonostante venga ogni giorno
dipinta come una potenza aggressiva, non rappresenta una reale
minaccia per l’Europa, con cui vorrebbe invece stabilire relazioni
di pace e di collaborazione.
Dalla
documentazione presentata al convegno si può ricavare che le origini
della Nato stanno nel bombardamento di Hiroshima
e Nagasaki, attuato
con una bomba testata su questa stessa città, che più che
sconfiggere il Giappone ormai esaurito voleva lanciare un terribile
avvertimento all’Unione Sovietica. Dopo il celebre discorso di
Winston Churchill del 1946, con cui si dà avvio ufficiale alla
guerra fredda, nello stesso anno gli Stati Uniti fecero test nucleari
nelle isole Marshall nel Pacifico, trattando la popolazione di quei
luoghi come cavia.
Nel
luglio del 1949 l’Unione Sovietica compie il suo primo esperimento
nucleare, cominciando così ad erodere il primato statunitense ed
inevitabilmente mettendosi sulla pericolosa strada del continuo
incremento degli armamenti, cui d’altra parte non poteva rinunciare
per mantenersi in vita, autonoma e sovrana. Infatti, come afferma
Chossudovsky, sin dal 1942 gli Stati Uniti avevano progettato di
usare armi nucleari contro l’Unione Sovietica, mentre dal 1949
cominciano a prendere in considerazione anche la Cina. Documenti resi
pubblici nel 2015 ci fanno conoscere migliaia di obiettivi in Unione
Sovietica (scelti già nel 1945), nell’Europa orientale, in Cina,
individuati dagli Stati Uniti e che avrebbero potuto essere colpiti
durante la guerra fredda.
Nel
1955 in opposizione alla NATO e sei anni dopo la sua nascita, viene
fondato il Patto di Varsavia, oggi disciolto, che comprendeva i paesi
del cosiddetto socialismo reale, mentre nel 1952 gli Stati Uniti
costruiscono la prima bomba all’idrogeno e la Gran Bretagna si dota
della sua bomba nucleare, seguita nel 1960 dalla Francia.
Durante
la famosa crisi
dei missili del 1962,
che ci portò a un passo dalla guerra nucleare, conclusasi con la
decisione sovietica di ritirare i suoi missili, presa senza
consultare l’incollerito Fidel Castro, in cambio dell’impegno
statunitense di rispettare l’indipendenza di Cuba, gli Stati Uniti
avevano a disposizione più di 25.500 armi nucleari, mentre l’Unione
sovietica poteva disporre solo di 3.350 analoghi ordigni. Negli anni
’80 le testate erano diventate in totale circa 70.000, mentre
attualmente esse si sono ridotte a 9.000, forse per lo sviluppo di
altre armi ugualmente letali, ma sempre in grado di distruggere più
volte il pianeta e i suoi abitanti.
L’occupazione
dei paesi ‘liberati’ ha portato alla loro
militarizzazione,
dal momento che sono stati obbligati ad ospitare numerose basi
statunitensi (attualmente nel mondo sarebbero circa 800), totalmente
indipendenti dalle autorità locali e li ha costretti a pagare il
loro mantenimento e funzionamento, sottraendo sempre più risorse
alle spese sociali in linea con la politica neoliberista affermatasi
con la crisi degli anni ’70 e con il successivo crollo dell’Unione
Sovietica. Tale militarizzazione ha comportato il posizionamento di
bombe nucleari, in paesi, come l’Italia, che si dichiarano
non-nucleari, violando così il Trattato di non proliferazione delle
armi nucleari.
Nel
nuovo contesto del post-guerra fredda, che avrebbe dovuto condurci ad
un mondo senza tensioni, nonostante le assicurazioni fornite nel 1991
a M. Gorbaciov, il quale ha inviato al convegno il suo saluto
augurale [2], sulla non espansione militare occidentale ad est, gli
Stati Uniti scatenano la prima guerra del Golfo per assicurarsi il
dominio delle risorse petrolifere ivi presenti e per lanciarsi come
potenza globale volta ad impedire il sorgere di un nuovo
antagonista nella
ex Unione Sovietica o in un altro luogo (evidentemente avendo fatto i
conti senza l’oste).
A
questo intervento non partecipa direttamente la Nato, ma fornisce
tutto l’appoggio necessario alla coalizione, formata da Stati
Uniti, sotto la guida di Bush senior, da Gran Bretagna, Francia,
Italia, Spagna, Olanda etc. Come è noto, a questo sanguinoso
conflitto sono seguiti lo smembramento violento della Jugoslavia, dal
1999 l’inglobamento nella NATO dei paesi ex socialisti,
l’occupazione strategica dell'Afghanistan, incuneato tra la
Comunità degli Stati indipendenti, l’Iran e la Cina, dopo il
cosiddetto attentato delle Torri Gemelle, presuntamente compiuto da
terroristi sauditi, la seconda guerra del Golfo contro l’Iraq con
l’uccisione di Saddam Hussein e le false prove sulle armi di
distruzioni di massa, la guerra
alla Libia con l’uccisione
in diretta del suo leader Gheddafi, la
guerra alla Siria scatenata
da attentati e dal finanziamento di oppositori al governo di Bashar
Assad (oltranzisti islamici già usati in Afghanistan e in altre
occasioni) [3].
Questi
interventi sono ideologicamente supportati dalla trasformazione della
NATO, avvenuta in un vertice tenutosi a Washington nell’aprile del
1999, in concomitanza con l’aggressione
alla Jugoslavia,
nel corso del quale si stabilisce che i membri dell’organizzazione
potranno intervenire anche per risolvere le crisi non previste
dall’articolo 5 del Trattato. Questo precisava che essi avrebbero
dovuto sostenere un alleato stanziato nell’area nord-atlantica se
attaccato; ora invece possono “condurre operazioni anche al di
fuori del territorio dell’Alleanza”.
Inoltre,
come nota Chossudovsky nel suo intervento, la situazione presente è
assai peggiorata, dato che “le salvaguardie dell’era della guerra
fredda sono state demolite. Il concetto di Distruzione
Mutua Assicurata relativo
alle armi nucleari è stato sostituito dalla Dottrina
della guerra nucleare preventiva”.
Quest’ultima si fonda sulla possibilità di utilizzare le armi
nucleari per un primo attacco, con la scusa che si tratta di bombe a
bassa potenza (mininukes),
tanto che il Senato degli Stati Uniti ha approvato il loro impiego in
una ipotetica guerra convenzionale, in particolare contro l’Iran e
la Corea del Nord. Tali bombe nucleari tattiche, considerate sicure
per la popolazione circostante, perché l’esplosione avverrebbe
sotto terra, hanno una potenza compresa fra un terzo e 12 volte (!)
di quella di Hiroshima. Naturalmente, oltre al pericolo di una guerra
nucleare, dobbiamo aggiungere altri strumenti aggressivi come le
sanzioni, i sabotaggi, la guerra cibernetica etc., il cui impiego si
sta facendo sempre più frequente nella misura in cui il diritto
internazionale si sta sgretolando soprattutto per le scelte dei
governi degli Stati Uniti e di Israele.
Per
consentire la comprensione della situazione internazionale attuale i
temi qui indicati debbono essere ricomposti in uno schema
interpretativo convincente, soprattutto se si ha l’obiettivo di
organizzare un movimento internazionale contro la guerra in tutte le
sue forme. Ed è qui che viene fuori la
debolezza ideologica del convegno, tutto
inquadrato in una prospettiva geopolitica che sostanzialmente
interpreta tali pericoli mettendo l’accento sulla prepotenza
e sull’arroganza degli Stati Uniti,
ossessionati dalla folle brama di mantenere salda la loro presa sul
mondo. Si veda la dichiarazione finale del convegno che pubblichiamo
più sotto per farsi un’idea dei limiti di tale approccio.
Nonostante
Chossudovsky abbia parlato di politica imperialistica, nessuno ha
spiegato che l’imperialismo, e quindi la guerra, sgorga dalle
stesse contraddizioni della società capitalistica, che con le sue
imprese transnazionali ha un inesauribile bisogno di conquistare
nuovi mercati, nuove risorse, manodopera sempre più sfruttata, di
trovare investimenti più remunerativi, pena il non raggiungimento
del suo obiettivo primario: il profitto. Se, pertanto, le cose stanno
effettivamente così, sicuramente cruciale resta il problema
dell’informazione e del coinvolgimento, sottolineato dai
convegnisti, ma è indispensabile dar corpo a un efficace strumento
politico che sposti le relazioni di forza a vantaggio degli
sfruttati, dei disoccupati, dei lavoratori, rompendo radicalmente con
una struttura che può generare una guerra totale e trasformare la
terra in un desolato deserto.
DICHIARAZIONE
DI FIRENZE
PER
UN FRONTE INTERNAZIONALE NATO EXIT
Il
rischio di una grande guerra che, con l’uso delle armi nucleari
potrebbe segnare la fine dell’Umanità, è reale e sta aumentando,
anche se non è percepito dall’opinione pubblica tenuta all’oscuro
dell’incombente pericolo.
È
di vitale importanza il massimo impegno per uscire dal sistema di
guerra. Ciò pone la questione dell’appartenenza dell’Italia e di
altri paesi europei alla NATO.
La
NATO non è una Alleanza. È una organizzazione sotto comando del
Pentagono, il cui scopo è il controllo militare dell’Europa
Occidentale e Orientale.
Le
basi USA nei paesi membri della NATO servono a occupare tali paesi,
mantenendovi una presenza militare permanente che permette a
Washington di influenzare e controllare la loro politica e impedire
reali scelte democratiche.
La
NATO è una macchina da guerra che opera per gli interessi degli
Stati Uniti, con la complicità dei maggiori gruppi europei di
potere, macchiandosi di crimini contro l’umanità.
La
guerra di aggressione condotta dalla NATO nel 1999 contro la
Jugoslavia ha aperto la via alla globalizzazione degli interventi
militari, con le guerra contro l’Afghanistan, la Libia, la Siria e
altri paesi, in completa violazione del diritto internazionale.
Tali
guerre vengono finanziate dai paesi membri, i cui bilanci militari
sono in continua crescita a scapito delle spese sociali, per
sostenere colossali programmi militari come quello nucleare
statunitense da 1.200 miliardi di dollari.
Gli
USA, violando il Trattato di non-proliferazione, schierano armi
nucleari in 5 Stati non-nucleari della NATO, con la falsa motivazione
della «minaccia russa». Mettono in tal modo in gioco la sicurezza
dell’Europa.
Per
uscire dal sistema di guerra che ci danneggia sempre più e ci espone
al pericolo imminente di una grande guerra, si deve uscire dalla
NATO, affermando il diritto di essere Stati sovrani e neutrali.
È
possibile in tal modo contribuire allo smantellamento della NATO e di
ogni altra alleanza militare, alla riconfigurazione degli assetti
dell’intera regione europea, alla formazione di un mondo
multipolare in cui si realizzino le aspirazioni dei popoli alla
libertà e alla giustizia sociale.
Proponiamo
la creazione di un fronte internazionale NATO EXIT in tutti i paesi
europei della NATO, costruendo una rete organizzativa a livello di
base capace di sostenere la durissima lotta per conseguire tale
obiettivo vitale per il nostro futuro.
COMITATO
NO GUERRA NO NATO / GLOBAL RESEARCH
Note
[1]
Il 2 aprile era stato celebrato a Washington l’anniversario della
Nato alla presenza dei ministri degli esteri dei suoi paesi membri.
Se, da un lato, il segretario generale dell’Alleanza atlantica e il
segretario del Dipartimento di Stato hanno insistito sulla necessità
di reagire all’aggressività militare e commerciale dei nemici
esterni (Russia e Cina), gli europei, dati i loro interessi, si sono
mostrati più cauti, anche perché noi ci troviamo in
prima linea in
un ipotetico scontro con la prima.
[2]
Sarebbe stata più opportuna una profonda autocritica date le sue
personali responsabilità nella svolta politica da cui è scaturita
la pericolosissima situazione in cui ci troviamo oggi.
[3]
Si tenga anche presente che in queste guerre, in cui un ruolo
rilevante ha giocato l’aviazione militare e i bombardamenti con
tonnellate di bombe lanciate su popolazioni inermi, è stato usato
anche l’uranio impoverito, di cui ormai nessuno parla più e che ha
contaminato i territori colpiti e gli stessi militari occidentali.
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