venerdì 10 ottobre 2014

David Harvey e l’accumulazione per espropriazione


Se si comincia a guardare alle pratiche di appropriazione di valore, si vede che entrano in gioco metodi extra-economici (violenza, esercizio del potere ecc.) che Marx ha analizzato nel I libro del Capitale parlando dell’accumulazione originaria. L’analisi marxiana dell’accumulazione originaria è quella della nascita della mano d’opera salariata, oggi l’analisi riguarda maggiormente il modo in cui il capitalismo recupera valore nella circolazione del flusso.
le modalità stesse attraverso cui si svolge l’esercizio dell’accumulazione: la “spoliazione”, ovvero un atto di mera “forza” o “violenza” reso possibile dal potere di cui dispone nuovamente la classe capitalista dominante. Questo primo significato della nozione ci dà una chiave importante per comprendere il tipo di lettura che ci propone Harvey delle dinamiche dell’attuale capitale globale: il ritorno dei processi di “accumulazione per spoliazione” al centro della riproduzione del capitale sta qui a indicare il ritorno della “violenza” (della coercizione extra-economica, ma si può anche dire di una “logica estrattiva”) nei dispositivi di sfruttamento capitalistici.

il capitalismo non si espande più attraverso un “dominio mediante egemonia”, un’espressione gramsciana ricorrente nei testi di Harvey e che avvicina la sua prospettiva a quella di Giovanni Arrighi, bensì anche e soprattutto, visto il divenire sempre più finanziario e improntato alla rendita del capitale, un “dominio mediante coercizione”.
Harvey propone la sua espressione come un necessario aggiornamento di quella di “accumulazione originaria” di Marx. A suo parere, l’espressione di Marx è troppo connotata da un’impronta, per così dire, storica. Secondo Harvey, Marx “sbaglia” nel considerare “l’accumulazione fondata sulla predazione e la violenza fisica” (secondo modalità extra-economiche) come qualcosa di “originario”, ovvero di appartenente al passato o agli albori del capitalismo,

poiché i processi di accumulazione originaria sono stati una costante della geografia storica del capitale”.
Dal suo punto di vista, dunque, è irragionevole definire dei processi economici tuttora in atto come “originari” o “primitivi”, ed è proprio per questo che egli propone l’idea di “accumulazione per spoliazione” al posto di “accumulazione originaria”.

l’espressione “accumulazione per spoliazione”, come anticipato, sembra enfatizzare più i “mezzi” dell’accumulazione originaria che non quello che per Marx era il suo fine essenziale. E’ l’atto di separazione/espropriazione dei mezzi di produzione, di riduzione (o di assoggettamento) del lavoro vivo in forza lavoro, ciò di cui deve assicurarsi ogni giorno il capitale, ed è qui che risiede la sua violenza costante e costitutiva. Se, come sostiene Harvey, i processi di accumulazione originaria non sono qualcosa che appartiene unicamente al passato del capitale è proprio perché il capitale deve ripetere questa “separazione originaria” ogni giorno e attraverso ogni mezzo necessario. Questa violenza – l’addomesticamento o imbrigliamento della forza lavoro – è stato da sempre il motore stesso della sua espansione e riproduzione: tanto dentro come fuori il mondo della “riproduzione allargata”. Si tratta di una dimensione del discorso marxiano lasciata piuttosto in ombra dalla prospettiva di Harvey: e questa marginalizzazione finisce per indebolire alla base le potenzialità di “accumulazione per spoliazione” in quanto significante chiave per la comprensione delle dinamiche dell’attuale comando capitalistico. (G. Giudici)                                    
http://gabriellagiudici.it/david-harvey-a-passignano-perugia/

 "Har­vey sostiene che le con­trad­di­zioni siano imma­nenti al capi­ta­li­smo, ne hanno pun­teg­giato lo svi­luppo, rap­pre­sen­tan­done un fat­tore dina­mico. Per affron­tare le con­trad­di­zioni il capi­tale, cioè un pre­ciso rap­porto sociale di pro­du­zione, ha fatto leva sia su fat­tori interni che esterni. Ha cioè modi­fi­cato ognuno dei tre grandi momenti di rea­liz­za­zione del pro­fitto: la pro­du­zione, il con­sumo e la cir­co­la­zione delle merci. Ha poi fatto leva sulla finanza lad­dove si pre­sen­tava un pro­blema di rea­liz­za­zione del pro­fitto per sovrap­pro­du­zione di merci, oppure ha favo­rito il cre­dito al con­sumo, met­tendo così in conto l’indebitamento sia delle imprese che dei sin­goli. La finanza ha inol­tre pro­dotto denaro a mezzo denaro. E se que­sti sono sto­ri­ca­mente i fat­tori interni, quelli esterni sono da cer­care nella tra­sfor­ma­zione per via poli­tica di aspetti del vivere in società in set­tori capi­ta­li­stici." (B. Vecchi)
http://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/4152-benedetto-vecchi-le-contraddizioni-di-david-harvey.html

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