La crisi che scoppia
nel 2007 ha cause di breve, medio e lungo periodo, così sintetizzabili:
- nel breve è stata alimentata dal parossismo
finanziario (e dal sovraindebitamento dei lavoratori, soprattutto dei paesi
anglosassoni);- nel medio periodo è originata da sovrainvestimenti (grande crescita degli investimenti nei paesi di nuova industrializzazione a cui non ha corrisposto una proporzionale diminuzione nei paesi industrialmente avanzati) e sovraconsumo pagati a debito.
- nel lungo periodo nasce dalla caduta del saggio di profitto cui si è reagito con la finanziarizzazione, resa possibile tra l’altro dallo status particolare del dollaro (valuta internazionale di riserva che però dal 1971non è legata ad alcun sottostante)
“Karl Marx aveva ragione. A un certo punto il
capitalismo può autodistruggersi” (Roubini2011a). “le
imprese stanno tagliando posti di lavoro perché non c’è abbastanza domanda
finale. Ma tagliare posti di lavoro riduce i redditi da lavoro, aumenta la
disuguaglianza e riduce la domanda finale” (Roubini2011b). “Il
pagamento dei prestiti esteri e il ritorno alla stabilità delle valute erano
considerati (anni 30) il simbolo della razionalità politica e nessuna
sofferenza dei singoli, nessuna violazione di sovranità erano considerati un sacrificio
troppo grande per riacquistare l’integrità monetaria. Le privazioni di coloro
che per la deflazione rimanevano disoccupati, la miseria di pubblici impiegati
licenziati senza un soldo di liquidazione e anche l’abbandono di diritti
nazionali e la perdita di libertà costituzionali, erano considerati un buon
prezzo da pagare per soddisfare i requisiti di bilanci solidi e di valute
altrettanto solide, questi apriori del liberalismo economico” (Polanyi 1944:
182).
Va riaffermata la
liceità, e anzi la necessità, di riprendere i grandi temi della programmazione
dello sviluppo e della pianificazione della produzione. Si tratta di
un’esigenza che può essere variamente declinata. Il modo più garbato per farlo
è proporre, secondo la formulazione di Nouriel Roubini citata più sopra, il
ritorno «a un corretto bilanciamento tra mercati e fornitura di beni pubblici».
Ipotesi che secondo lo stesso autore ha una sola alternativa: «come negli anni
Trenta, stagnazione prolungata, depressione, guerre valutarie e commerciali,
controlli sui capitali, crisi finanziaria, insolvenze dei debiti sovrani e
grande instabilità sociale e politica» (Roubini 2011 b). Se si eccettuano i
controlli sui capitali, è il film che si sta svolgendo sotto i nostri occhi.
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