domenica 20 luglio 2025

Sotto le bombe dell'IMPERO - Silvia Pegah Scaglione

Da: OttolinaTV - Silvia Pegah Scaglione è una attrice italo-iraniana.

"Io ho abbastanza orrore di me da non potermi riguardare. Non lo faró. Però nonostante questo mi ricordo ogni volta che se ho deciso di mettermi su un palco, io che ne ho terrore (e fare arte per me è ben altro ma anche lì c’è infinito pudore), è perché mi sono chiesta cosa puó attraversarmi per giungere anche a una sola persona che sta in bilico. Per questo pubblico il mio intervento a festottolina e chiedo di farlo giungere a chi, forse, può coglierne qualcosa e può forse cambiare visione su alcune cose. Utopia? Forse."
Silvia Pegah Scaglione 19 luglio

                                                                         

"Mia madre, come tantissimi iraniani, ha sempre preso con una certa calma le continue minacce di guerra. Ma si può capire: il paese non aveva ancora finito una rivoluzione che è entrato in guerra per otto anni, non aveva ancora finito la guerra che già piovevano addosso sanzioni, non si aveva tempo di far riprendere l’economia che c’era un attentato terroristico sul suolo iraniano, non si aveva tempo di riprendersi dallo schock che c’era un cataclisma, non c’era tempo di aiutare i disastrati che già si annunciava un’altra guerra… si è andati avanti così per 40 anni e oltre. Allora quando parli agli iraniani del pericolo della guerra sembrano così stranamente calmi, non si allarmano mai, “ah ma sono anni che dovrebbe scoppiare una guerra, che vuoi che faccia, piuttosto muoio nella mia terra”. La loro terra. Quanto amano gli iraniani la propria terra e il suono dolce della propria lingua, che non è arabo, ci tengono tantissimo a sottolinearlo. “Noi siamo ariani!”, dicono, ma non ha lo stesso significato che avrebbe qui quella parola, infondo le nefandezze naziste sono una faccenda tutta europea. Loro lo dicono per una questione identitaria e non di supremazia razziale. Iran, la terra degli ariani, fu il nome della Persia ancor prima che ci fosse la Persia e fu negli anni 50 che lo shah decise di far risplendere l’antico nome. Andò davanti alla tomba di Ciro il grande e disse (lo dico parafrasando perché non ricordo le parole esatte): “tu dormi sereno perché noi siam desti!”. Qualche anno ancora e ci sarebbe stata la rivoluzione.
Dicevo dello spirito degli iraniani, quello che alla fine minimizza ogni difficoltà e ogni allarme, quello spirito così paziente e gioioso che cerca la convivialitá ritagliandoselo dove può: date un metro quadro di verde a un iraniano e vi organizzerà un picnic con la brace e la musica e i balli. Che sia anche all’angolo dell’autostrada, non fa niente!
Ieri mia mamma stava per addormentarsi nella sua casa al nord di Tehran. Vive da sola da anni e ama la sua vita tranquilla e le sue tante amiche e quel clima infondo divertente che si respira a Tehran (io ogni volta che sto lì mi chiedo perché non ci rimango, ma poi non posso, ho solo la nazionalità italiana…). Ieri mamma si stava per addormentare quando improvvisamente sente un boato, si spaventa tanto, non capisce cosa sta succedendo! Si nasconde sotto al tavolo del salone, rimane lì per un po’. Poi cominciano a circolare le notizie. Un appartamento nello stesso quartiere è esploso. L’aeroporto è chiuso. Mamma ha abbastanza viveri a casa. Ho contattato una persona cara per assicurarmi che, in caso di evacuazione degli italiani, lei venisse avvertita (per anni le ho detto di iscriversi all’aire, “mamma se non lo fai e entri solo col passaporto iraniano, la Farnesina non saprá che una cittadina anche italiana sta lì, e se scoppia una guerra come si fa?”… ma sono testardi, gli iraniani).
Altri amici e conoscenti, quelli che vivevano nella stessa zona dove si è sentita l’esplosione, cominciano a dirmi che hanno paura. “Ma come”, Mi chiedo, “non avete mai avuto paura, la vostra era una calma infrangibile, che succede?”. Poi ho capito, ho capito oggi. Ho capito che quella apparente calma altro non era che un meccanismo di difesa, un modo per allontanare la paura di ogni cosa (dalle guerre alla situazione economica) pur di poter continuare a vivere lá dove le minacce non sembrano mai placarsi.
Ho inevitabilmente pensato ai palestinesi, quante volte hanno tremato, quante volte avranno cercato riparo: sotto ai tavoli, tra le braccia dei loro cari, persino dentro una fossa nella terra. Ho pensato ai palestinesi che magari hanno saputo che l’Iran sta contrattaccando e magari per un attimo si illudono che qualcuno verrà a salvarli. Magari penseranno che forse non sono dimenticati dal mondo e dagli uomini loro simili e da Dio stesso, magari penseranno che anche per loro un giorno arriverà un attimo di pace… e questa loro speranza, questa speranza nell’umanita che magari si risveglia, tardi ma lo fa, ecco questa speranza …. Ah maledetti bastardi! Non si riesce nemmeno a finire la frase se ci si immagina per un solo istante al posto loro!"
Silvia Pegah Scaglione 14 giugno

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