domenica 23 marzo 2025

I rischi per Kiev dopo la disfatta a Kursk - Gianandrea Gaiani

Da: https://www.analisidifesa.it - Gianandrea Gaiani Giornalista bolognese, laureato in Storia Contemporanea, dal 1988 si occupa di analisi storico-strategiche, studio dei conflitti e reportage dai teatri di guerra. Dal febbraio 2000 dirige Analisi Difesa. 

La disfatta ucraina nella regione russa di Kursk conferma che saranno i russi a dettare le condizioni negli eventuali negoziati che gli staff di Donald Trump e Vladimir Putin stanno mettendo a punto. Considerazione che potrebbe spiegare la riluttanza di Volodymyr Zelensky (e degli europei) ad accettare il “verdetto” del campo di battaglia.

Zelensky e il generale Oleksandr Syrsky (poco amato dai militari che gli attribuiscono troppi “sissignore” al presidente che sono costati il sacrificio inutile di decine di migliaia di militari da Bakhmut a Kursk) escono indeboliti dalla disfatta nel saliente di Kursk che  potrebbe avere un effetto destabilizzante sul morale delle esauste truppe di Kiev.

Dall’agosto scorso gli ucraini hanno impiegato in questa regione una dozzina di brigate equipaggiate dall’Occidente, sacrificando in 8 mesi, secondo stime russe, circa 70 mila uomini tra morti e feriti e 7mila veicoli, artiglierie e altri pezzi di equipaggiamento. Mezzi che i canali Telegram dei blogger militari russi hanno mostrato distrutti, danneggiati o abbandonati in immagini che illustrano questo articolo. 

Un prezzo che avrebbe dovuto consentire a Zelensky di usare quel brandello di territorio russo come merce di scambio in fase di negoziato. Dopo aver contenuto l’offensiva ucraina iniziata il 6 agosto 20234, i russi non hanno mai premuto per riconquistare rapidamente quei mille chilometri quadrati già da tempo più che dimezzatisi, perché a Mosca faceva comodo che gli ucraini concentrassero e perdessero lì le loro migliori brigate mentre le forze russe avanzano più agevolmente in Donbass.

Un dibattito aperto anche in Ucraina dove militari e osservatori avevano criticato l’impiego di così tante risorse (delle poche disponibili) per l’avventura a Kursk.

Non è forse un caso che i russi abbiano deciso di chiudere la partita schiacciando il saliente ucraino difeso da 10/12mila militari di Kiev in coincidenza con la volontà espressa da Donald Trump di giungere al più presto a un negoziato, togliendo così la “merce di scambio” a Zelensky.

Del resto i piani russi erano facilmente intuibili dopo che a inizio marzo avevano invaso una piccola porzione del territorio ucraino nella regione di confine di Sumy per paralizzare la strada Sumy-Sudzha usata dagli ucraini per far affluire rifornimenti ed evacuare i feriti. La manovra dei russi era già chiara da settimane e il comando ucraino avrebbe dovuto ritirare subito le truppe da Kursk, risparmiandole per altre battaglie.

Attualmente quel che resta delle forze schierate nella regione di Kursk cercano di tenere le linee poste a ridosso del confine russo-ucraino, dove i resti di diversi reparti ucraini sarebbero imbottigliati dall’avanzata russa sul territorio ucraino alle loro spalle. Le mappe dell’ISW, sopra e sotto, mostrano le porzioni di territorio russo ancora presidiate dalle truppe ucraine rispetto al territorio controllato da Kiev l’8 marzo).

Circa la disfatta subita dopo il crollo del fronte a nord di Sudzha, diversi militari ucraini hanno descritto sotto anonimato alla britannica BBC i duri momenti della ritirata disorganizzata sotto il fuoco russo (artiglieria, droni e bombe d’aereo).  Resoconti dettagliati che raccontano di un ritiro “catastrofico” di fronte a un fuoco pesante dell’esercito russo, con continui attacchi da parte di sciami di droni.

Le restrizioni ucraine sulle informazioni dal fronte (oltre alla consueta ritrosia dei media in Europa a riferire delle difficoltà militari di Kiev) rendono difficile avere un quadro completo della situazione, ma la BBC ha raccolto alcune testimonianze. Un soldato ha raccontato di “panico e crollo del fronte, colonne di truppe e equipaggiamento stanno cercando di andarsene. Alcune di loro vengono bruciate dai droni russi sulla strada. È impossibile andarsene durante il giorno”.

“Il nemico è riuscito a distruggere decine di unità di equipaggiamento”, ha raccontato un altro soldato, sottolineando che i relitti hanno “creato congestione sulle vie di rifornimento”. Dettagli che indicherebbero una grave negligenza nei comandi ucraini che avrebbero dovuto ritirare le truppe prima del crollo del fronte, dal momento che le vie di rifornimento erano già compromesse.

Il canale Telegram Русский инженер (Russian Engineer) ha reso noto l’impiego di veicoli da combattimento guidati terrestri (UGV – Unmanned Ground Vehichles), già impiegati in febbraio anche dalle forze ucraine, per isolare i reparti ucraini e ridurre drasticamente l’esposizione delle truppe russe ma soprattutto ha evidenziato l’impiego combinato di droni, mezzi d’assalto, artiglieria, guerra elettronica e forze aeree strettamente coordinati.

Una tecnica definita di “isolamento del campo di battaglia” che i blogger russi ritengono utile a conseguire altre importanti vittorie superando i lunghi stalli imposti dalla guerra di posizione. Valutazioni ottimistiche ispirate dalla vittoria a Kursk dove gli ucraini non disponevano di robuste postazioni difensive e che verranno messe alla prova nella regione di Donetsk, dove le forze di Kiev difendono le ultime roccaforti pesantemente fortificate.

A conferma della volontà di Mosa di ripristinare le condizioni di sicurezza per la popolazione nei territori liberati nella regione di Kursk, il ministero della Difesa russo ha reso noto che il genio ha iniziato a bonificare i campi minati, compito in cui in passato era stata rilevata la presenza di reparti nordcoreani.

“Le forze armate della Federazione Russa hanno iniziato a svolgere compiti di bonifica dalle mine nei territori nelle zone di confine della regione di Kursk liberate dai militanti delle forze armate dell’Ucraina, con l’obiettivo di ripristinare strutture e infrastrutture socialmente significative, necessarie per l’instaurazione di una vita pacifica e di un’attività economica nella regione dopo feroci operazioni militari”, si legge nella dichiarazione.

Il quotidiano britannico Telegraph ha tirato le somme dell’operazione scatenata il 6 agosto scorso dagli ucraini nella regione di Kursk definendola uno degli errori più costosi di Kiev. Un’offensiva dettata principalmente da considerazioni politiche, non militari, fallita in entrambi i campi poiché Kiev sperava che l’attacco avrebbe distolto forze russe dall’offensiva nel Donbass.

Il 19 marzo Zelensky ha annunciato ai media che le truppe ucraine non sono state circondate, continuano a svolgere la loro missione nella regione russa di Kursk e vi rimarranno finché sarà necessario allo scopo di impedire l’avanzata delle forze russe nella regione ucraina di Sumy.

Nel comunicato del Cremlino che ha fatto seguito al colloquio telefonico tra Putin e Trump si legge: “Riferendosi al recente appello di Donald Trump a risparmiare le vite dei militari ucraini circondati nella regione di Kursk, Vladimir Putin ha confermato che la parte russa era disposta ad abbracciare motivazioni umanitarie e ha garantito che i soldati delle Forze armate ucraine vivrebbero e sarebbero trattati equamente in conformità con la legislazione russa e il diritto internazionale in caso di resa”.

Le pressioni di Trump su Putin affinché vengano salvati i soldati ucraini che il presidente statunitense ha definito circondati al confine tra le regioni di Kursk e Sumy lasciano spazio all’ipotesi che con le forze di Kiev sconfitte vi sia anche personale militare occidentale fi nazioni appartenenti alla NATO.

Il 17 marzo Sergei Lebedev, coordinatore della resistenza filo-russa nella regione ucraina di Nikolaev, aveva riferito all’agenzia RIA Novosti che “tra le forze circondate nella regione di Kursk ci sono circa 30 ufficiali di nazioni della NATO che sono stati impegnati nel comando delle truppe di terra, nonché nella raccolta dei dati della ricognizione satellitare e nella gestione degli attacchi in profondità nel territorio russo”.

Alla richiesta di Trump di risparmiare le truppe ucraine circondate, Putin ha quindi risposto che i militari ucraini devono arrendersi, escludendo quindi la possibilità di consentire di ritirarsi alle forze di Kiev e agli eventuali consiglieri militari stranieri. La presenza di personale straniero al fianco degli ucraini a Kursk era stata rilevata già all’inizio dell’offensiva nell’estate scorsa quando vennero diffusi video di truppe in uniforme ucraina che comunicavano tra di loro in inglese.

A conferma del valore strategico attribuito dal governo ucraino al controllo di lembi di territorio russo tra il 18 e il 20 marzo si sono susseguiti gli attacchi delle forze ucraine nella adiacente regione di Belgorod. Attacchi respinti dai russi, sembra senza troppe difficoltò, con ulteriori gravi perdite di truppe e di veicoli da combattimento ucraini forniti dagli alleati aderenti NATO.

Il 18 marzo, il Raggruppamento Sever ha respinto almeno 6 assalti presso i villaggi di Demidovka e Prilesye nel distretto di Krasnoyaruzhsk nella regione di Belgorod, peraltro protetta dallo scorso anno da linee di difesa russe. Un attacco che i blogger russi definiscono “suicida” teso a impadronirsi di qualche brandello di territorio russo.

Il resoconto dei blogger russi riferisce di veicoli del Genio che hanno liberato corridoi attraverso i campi minati a favore dei mezzi da combattimento tempestivamente individuati dai droni di sorveglianza e poi attaccati dalle munizioni circuitanti.

Gli ucraini avrebbero messo in campo 5 carri armati, 16 veicoli corazzati da combattimento e veicoli da combattimento di fanteria, tre veicoli blindati un’unità di sminamento UR-77 e veicoli ATV: i russi affermano di avere distrutto 22 mezzi di cui 15 corazzati mostrando alcune immagini dei relitti. Le forze di Mosca avrebbero respinto l’attacco anche grazie a 30 missioni aeree di bombardamento con l’impiego di 40 bombe guidate UMPK FAB-500 e 13 missioni degli elicotteri da attacco dell’aviazione dell’esercito mentre l’artiglieria avrebbe utilizzato lanciarazzi multipli Tornado S.

Ai confini tra la regione russa di Belgorod e quella ucraina di Kharkiv, dove i russi sono penetrati in due aree già da un anno, sono riprese le operazioni offensive delle truppe di Mosca alla periferia orientale di Volchansk dove gli ucraini hanno contrattaccato.

Dopo il crollo del fronte ucraino a Kursk hanno registrato una intensificazione anche le operazioni offensive russe sui fronti Donetsk (specie nel settore di Pokrovsk) e di Zaporizhia mentre pesanti incursioni aeree russe con bombe guidate hanno colpito le linee ucraine lungo tutto il fronte da Kharkiv a Kherson.

Secondo stime pubblicate dal think-tank britannico Royal United Services Institute (RUSI) tra il 2023 ed il 2024 sono state lanciate dall’aeronautica russa un totale 51mila bombe plananti guidate: 7mila tra marzo e dicembre 2023 e 44mila nel 2024. Il R.U.S.I ha inoltre stimato una produzione annua di 50mila bombe plananti guidate nel 2024 e una previsione di 75.000 nel 2025 con un incremento del 50 per cento.

@GianandreaGaian

Immagini: Telegram/Slavyangrad, TASS, Forze Armate Ucraine e Institute for the Study of the War

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