martedì 4 marzo 2025

«Viviamo già in post-democrazie Anche per colpa della sinistra» - Silvia Camisasca intervista Luciano Canfora

Da: https://www.editorialedomani.it - Silvia Camisasca Fisica e Giornalista [...] Insegna italiano a bambini migranti non accompagnati. - Luciano Canfora, filologo, storico, saggista, professore emerito dell’Università di Bari, membro del Consiglio scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia italiana e direttore della rivista Quaderni di Storia, Dedalo Edizioni. (Luciano Canfora Podcast


Lo storico sta per tornare in libreria per Laterza con un volume sulla genesi della democrazia: «Esiste in quanto ideale» «La sinistra europea rimprovera a Trump ciò che essa fa quando governa. I russi in Donbass? Come la Nato a Belgrado» 


«Di che parliamo?». La prima domanda è sua. Luciano Canfora sta per tornare in libreria con L’invenzione della democrazia (Editori Laterza), alle cui avventure e disavventure, alle cui peri pezie avvenute nel corso dei secoli, ha già dedicato in passato più di un titolo, con la sua voce libera, da storico e da osservatore del no stro tempo. 

Cosa sta succedendo, professore? La democrazia come se la passa? 

Viviamo un momento di grandi cambiamenti, per certi versi, prevedibili, in cui si trova anche un elemento di comicità: mi sembra che gran parte della stampa e dell’informazione si stia dando parecchio da fare per riposizionarsi, trovandosi in una condizione non lontana da quella del servo quando cambia il padrone. C’è un nuovo padrone e il racconto deve adeguarsi. 

Ritiene che la democrazia sia un modello ancora attuabile o intravede all’orizzonte qualcuno in grado di partorire qualcosa di meglio? 

È una domanda ampia, a cui posso rispondere in modo sommario. La democrazia esiste come idea forza, in quanto ideale a cui tendere, come orizzonte verso cui navigare, ma non c’è mai stata, se non in determinate e rare fasi di passaggio. È esistita in modo puntuale. Ad esempio, nella Parigi del 1848, dopo la nascita della Seconda Repubblica, con l’insurrezione operaia, spenta nel sangue con circa 4.000 lavoratori fucilati. Oppure negli Stati Uniti d’America di qualche anno dopo, quando fu abrogata la schiavitù con l’appro vazione del tredicesimo emenda mento della Costituzione e l’acquisizione delle libertà civili degli schiavi neri. Venendo a noi, dopo la caduta del fascismo, nel secolo scorso, quando fu avviato il processo che avrebbe portato all’elezione della Costituente, le tre forze – democristiana, socialista, comunista – protagoniste della liberazione del paese diedero, nei fatti, vita a un progetto democratico. Passando alla paternità della democrazia, diciamo che, nel corso della storia, è stata rivendicata da più parti: l’economista Amartya Sen, premio Nobel nel 1998, a prova della antica matrice democratica della cultura indiana, cita le di scussioni collettive pubblicamen te aperte come modelli decisionali democratici, sperimentati nella penisola indiana ben prima che nel mondo occidentale. Per Erodoto fu la Persia la culla della democrazia, prima dell’Atene del tardo VI secolo. Successivamente, nemmeno la democrazia di Pericle, che governò Atene per oltre 30 an ni (461-429 a.C.), può dirsi real mente tale, essendo di fatto il predominio politico nelle mani di una minoranza. 

E oggi? 

Oggi siamo in una postdemocrazia: ovunque, non solo certo in Italia: sono in vigore leggi elettorali liberticide; il suffragio universale, svuotato della sua titolarità, è stato, di fatto, abrogato, anche se ovviamente non in modo esplicito; i Parlamenti non vengono più consultati e, quindi, anche qui, seppure non formalmente, sono esautorati. La Francia poi è un caso unico di monarchia camuffata da Repubblica: non si ricorda mai a sufficienza che lì il primo ministro, una volta nominato dal presidente, è in carica senza passare dal voto di fiducia del Parlamento. Al di là dei singoli paesi, ovunque, comandano lobbies bancarie e informatiche, oltre a pezzi di stato, che poi sono il “doppio stato”. Questi poteri, in Europa come negli USA, agiscono e si muovono a livello sovranazionale ed è questo l’elemento di novità di questa fase di fortissimo cambiamento. 

- Di fortissimo cambiamento e discreto disordine? 

Appunto. Come diceva Mao: «Grande disordine sotto il cielo» 

Sotto il cielo tedesco si sono chiuse le urne con un esito che potrebbe essere stato condizionato dagli interventi a gamba tesa di Elon Musk. Tra immagini di immigrati deportati, liste di proscrizione di giornalisti non allineati e predicatori che scimmiottano saluti nazifascisti, quella che era ritenuta la più grande democrazia al mondo si sta trasformando in un’autarchia. Lei ha chiaro il disegno di Trump e dei suoi tecnocrati, fino a dove intendono spingersi? 

L’ipocrisia della cosiddetta sinistra europea consiste nel rimproverare a Trump ciò che essa stessa fa quando riesce ad andare al governo. Facciamo qualche esempio. L’attuale governo laburista inglese caccia migranti incatenati, e li esibisce in tale condizione, esattamente come ora accade in USA. Il primo ministro Sánchez in Spagna respinge i migranti provenienti dal Marocco spagnolo esattamente come il presidente francese Macron caccia e brutalizza quelli che tentano la strada di Ventimiglia. Da noi, già sotto Draghi e Letta, si facevano le liste dei reprobi “putiniani” da mettere alla gogna. Quanto a muovere guerra in piena Europa, noi abbiamo a suo tempo dato una mano all’attacco contro Belgrado: D’Alema era primo ministro e Mattarella ministro della Difesa. La motivazione addotta era che dovevamo difendere la minoranza kosovara oppressa: non vedo la differenza rispetto all’intervento russo in Donbass, a difesa della minoranza russofona. 

Secondo lei, sta avanzando un’onda nera, a livello sovranazionale e la nostra presidente del Consiglio riuscirà a giocare la propria partita, magari su più tavoli, come fino ad ora; o è più probabile che non sia tra gli invitati, se non per fare il gioco di altri? 

Non riesco a immaginare una autonoma politica estera italiana, di un qualche peso, rispetto al gioco ormai in atto delle grandi potenze. 

In tutto questo, che responsabilità ha la sinistra o chi dovrebbe rappresentare quella parte? 

Nel mondo o a casa nostra? 

Limitiamoci al nostro orticello. 

Nel nostro paese la sinistra ha una propria specificità rispetto al contesto internazionale. A seguito dell’autoscioglimento dei tre partiti – democristiano, socialista e comunista – molto più simili tra loro di quanto non si racconti comunemente, si sono prodotti agglomerati informi, all’interno dei quali coabitano figure e sensibilità molto distanti: basti pensare a cosa mai potrà accomunare l’ex direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, all’ex ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, entrambi eletti sotto la stessa bandiera, quella del Pd, un coacervo di tante correnti che lo rendono il più confuso dell’intero schieramento politico. Tuttavia, anche nel resto delle opposizioni convivono istanze e progetti quasi antitetici: nel Movimento 5 Stelle, nato come soggetto di rottura rispetto alla storia repubblicana del paese, tra le fila della classe dirigente trovano ancora spazio le voci più demagogiche, eredità della fase del grillismo imperante, nonostante la guida sia affidata ad una leadership fortemente critica verso l’atlantismo unanime di questo periodo. Una certa schizofrenia si ritrova anche nei partiti di governo: l’attuale ministro degli Esteri dimentica che nel febbraio del 2023, due anni prima delle dichiarazioni di Trump di questi giorni, il fondatore di Forza Italia imputò a Volodymyr Zelensky la responsabilità della devastazione dell’Ucraina e delle migliaia di perdite, tra militari e civili, aggiungendo di giudicare molto negativamente «quel signore». Perfino in Fratelli d’Italia, accanto al gruppo piuttosto nutrito di nostalgici, si distinguono coloro che, astutamente, fiutano l’aria e giocano su più tavoli, capitanati dalla presidente del Consiglio; tuttavia, resistono voci ascrivibili al passato missino, come non mancano posizioni nettamente riluttanti alla linea atlantista sposata negli ultimi mesi. 

Cosa è più pericoloso per la sopravvivenza dell’Europa? Sé stessa, i tatticismi furbeschi dei singoli governi di cui è preda, o l’autoritarismo di Trump con la sua legione di oligarchi del globo terraqueo e, diciamo, anche dei cieli? 

Mah, staremo a vedere. 

Nell’attesa, ci dia qualche motivo per non deprimerci eccessivamente 

Non è un obbligo rallegrarsi sempre. 

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