sabato 29 marzo 2025

Immagina se tutti coloro che tacciono sul terribile male che si sta commettendo a Gaza parlassero… - Owen Jones

Da: https://www.assopacepalestina.org - Art orig.: https://www.theguardian.com/commentisfree/2025/mar/19/imagine-silent-terrible-evil-committed-gaza-inaction-censorship - Owen Jones è un editorialista del Guardian e autore di Chavs: The Demonisation of the Working Class and The Establishment – ​​And How They Get Away With It - 

Leggi anche L'INTERVISTA - LUCIANO CANFORA: “La guerra c’è, ma non si dice. E chi dissente va intimidito” https://www.facebook.com/photo/?fbid=1550083289259406&set=a.971259213808486


Palestinesi in fuga dalle loro case nel nord di Gaza dopo che l’esercito israeliano ha emesso ordini di evacuazione. 18 marzo 2025. Fotografia: Mahmoud Issa/Reuters


The Guardian, 19 marzo 2025.  

Nessun crimine nella storia è stato così ben documentato dalle sue vittime. Eppure l’inerzia e la censura regnano.


Il genocidio di Israele era solo in pausa: per i palestinesi svegliati lunedì notte da una feroce ondata di attacchi aerei, la ripresa non è stata meno scioccante. Più di 400 persone – molte delle quali bambini – sono state massacrate in poche ore, in un attacco che, secondo quanto riferito, ha ricevuto il ‘via libera’ da Donald Trump. Questo caos è stato rapidamente seguito da ordini di evacuazione, ossia di sfollamento forzato, sollevando la possibilità di nuove operazioni di terra. La scusa di Israele? Una motivazione inventata, secondo cui Hamas non avrebbe rispettato i termini del cosiddetto accordo di cessate il fuoco di gennaio – i cui termini sono stati invece violati più volte da Israele stesso.

Sulla scia degli attacchi, la CNN ha riferito che l’assalto di Israele ha messo “in dubbio il fragile cessate il fuoco”. L’orwelliano canale non descrive nemmeno lontanamente la situazione. In realtà, non c’è stato alcun “cessate il fuoco”: non se questa definizione vuol dire smettere di sparare. È stato riferito che un solo israeliano è morto a Gaza durante il “cessate il fuoco”: un appaltatore ucciso dall’esercito israeliano, che lo ha scambiato per un palestinese. Invece, secondo quanto riferito, 150 Palestinesi sono stati uccisi a Gaza durante questo “cessate il fuoco”, e decine di altri sono stati massacrati in Cisgiordania.

Ecco un esempio di come la violenza israeliana viene assecondata all’infinito e la vita dei Palestinesi viene privata di qualsiasi significato. Se un solo soldato israeliano fosse stato ucciso da un militante di Hamas, prevedo che molti politici e media avrebbero immediatamente dichiarato concluso il cessate il fuoco. Questa stessa narrazione è il motivo per cui siamo portati a credere che la pace abbia prevalso prima del 7 ottobre, anche quando 238 Palestinesi – 44 dei quali bambini- erano stati uccisi nei nove mesi precedenti all’attacco di Hamas.

Le generazioni future potrebbero chiedersi: “Come è stato possibile permettere un crimine così osceno per così tanto tempo?”. Dopotutto, grazie ai telefoni cellulari e a Internet, nessun crimine nella storia è stato così ben documentato dalle sue vittime proprio mentre accadeva. Come hanno fatto per 529 giorni, i sopravvissuti di Gaza pubblicano le prove del loro sterminio sui social media, sperando – invano – che le coscienze venissero pungolate abbastanza da porre fine al massacro genocida. Un bambino morto in una tuta arcobaleno; un padre addolorato che gioca per l’ultima volta con il codino di sua figlia; intere famiglie coperte da sudari, con tutta la loro genealogia cancellata dal registro civile.

Nessun crimine è stato così evidenziato dagli esperti mentre accadeva. La settimana scorsa, un nuovo rapporto delle Nazioni Unite ha descritto in dettaglio le violenze sessuali e riproduttive di Israele: come l’uccisione di donne incinte, lo stupro di detenuti maschi con oggetti che vanno dalle carote ai manici di scopa, la distruzione di una clinica di fecondazione assistita con i suoi 4.000 embrioni. La guerra alla capacità riproduttiva dei Palestinesi è stata definita un “atto genocida”.

Gli esempi di altri atti di questo tipo sono infiniti. Un rapporto dopo l’altro ha dettagliato la distruzione da parte di Israele delle infrastrutture civili – case, ospedali, scuole, università, moschee, chiese; l’eliminazione dell’83% di tutta la vita vegetale, di oltre l’80% dei terreni agricoli, del 95% del bestiame; e la rovina di oltre l‘80% delle infrastrutture idriche e igieniche. Israele ha deliberatamente e sistematicamente reso Gaza inabitabile. Ecco perché – da Amnesty International a studiosi come Omer Bartov, professore israelo-americano di fama mondiale di studi sull’Olocausto e sul genocidio – c’è un consenso tra gli specialisti del settore sul fatto che Israele sta commettendo un genocidio.

E nessun crimine è stato così apertamente confessato dai suoi autori mentre accadeva. Israele ha annunciato 17 giorni fa un blocco totale di tutti gli aiuti umanitari che entrano a Gaza, una violazione incontrovertibile del diritto internazionale. La settimana scorsa, il Ministro dell’Ambiente israeliano ha dichiarato che “l’unica soluzione per la Striscia di Gaza è svuotarla dei gazawi”, una delle innumerevoli dichiarazioni di intenti criminali e genocidi fatte da leader e funzionari israeliani negli ultimi 17 mesi. Israele non ha fatto alcun tentativo di nascondere la sua convinzione che la popolazione civile abbia una colpa collettiva – “bestie umane” che meritano solo “danni” e “inferno”, come ha detto un generale israeliano fin dall’inizio – o la sua intenzione di radere al suolo Gaza. I soldati israeliani hanno pubblicato con gioia i loro crimini online, urlando, esultando, cantando mentre facevano esplodere le case dei civili e maltrattavano i detenuti.

Come può un’oscenità così documentata, provata e confessata – un’oscenità facilitata dalle armi e dal sostegno diplomatico dell’Occidente – continuare così a lungo? Nessuno nei circoli politici o mediatici occidentali può plausibilmente dire: “Non sapevo cosa stesse realmente accadendo”.

In un mondo razionale, i sostenitori di questo abominio sarebbero considerati dei mostri che non hanno posto nella vita pubblica. Dopo tutto, non si può giustificare il genocidio del Ruanda altrimenti si diventa immediatamente un paria. Ma sono proprio coloro che si sono opposti alla depravazione di Israele che sono stati deploratichiusicensuratilicenziatiarrestati e – nel caso del laureato alla Columbia Mahmoud Khalil – detenuti e potenzialmente deportati.

Capovolgendo il mondo, l’attacco più sfacciato e sistematico alla libertà di parola in Occidente dai tempi del maccartismo ha raggiunto il suo obiettivo primario: il silenzio diffuso su un crimine di proporzioni storiche da parte di coloro che hanno potere e influenza. Ci sono politici che hanno definito inequivocabilmente questo crimine, ma sono stati emarginati e disciplinati. Ci sono giornalisti tradizionali che dicono la verità, ma sono pochi. Ci sono celebrità che usano la loro piattaforma per dire la verità – come Gary Lineker, Paloma FaithKhalid Abdala e Juliet Stevenson – ma sono isolate.

I silenziosi sono spaventati per le loro carriere e i loro guadagni, e non a torto. Ma i sopravvissuti di Gaza hanno paura della fame, delle malattie, di essere bruciati vivi e soffocati sotto le macerie. Il silenzio di fronte all’ingiustizia è sempre un peccato; quando il governo facilita un genocidio, è un crimine morale. In ogni atrocità della storia, i silenziosi sono sempre i protagonisti.

Se tutticoloro che sanno che viene commesso un male terribile parlassero, cosa succederebbe? I ministri si dimetterebbero dai governi. I giornali e i notiziari non solo metterebbero in prima pagina la atrocità di Israele, ma le inquadrerebbero correttamente come crimini efferati, sostenuti da rulli di tamburo per dire che bisogna fare qualcosa di drastico per fermarle. Le richieste di un embargo sulle armi e di sanzioni contro Israele diventerebbero impossibili da ignorare. Invece di perseguitare e diffamare coloro che si oppongono al genocidio, sarebbero i complici del genocidio ad essere cacciati dalla vita pubblica.

Molti dei silenziosi si sentono indubbiamente in colpa, come è giusto che sia. Con la loro codardia, hanno svolto un ruolo fondamentale nella normalizzazione di alcune delle peggiori barbarie del XXI secolo. Porre fine al silenzio non significa fare la morale e dire quanto si è tristi per la morte di civili: significa chiamare un crimine per quello che è, e chiedere la responsabilizzazione di coloro che lo hanno favorito. Il tempo sta per scadere per le persone traumatizzate, mutilate e affamate di Gaza. Così come per coloro che vogliono salvare la propria coscienza. 

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