La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
mercoledì 15 gennaio 2014
Per una discussione col professor La Grassa - Stefano Garroni -
...........La risposta del prof. G. La Grassa......................
molto simpatico, molto preciso, sa quel che dice, ha tutti i
pregi possibili. Tuttavia, si dovrebbe capire che mi fa paura la fossilizzazione
nella stretta filologia. Poi, non so più che cosa significhi l’affermazione
secondo cui fuori del comunismo (quello centrato sul marxismo, e io stesso non
ne riconosco altri che non siano prodotto di puri fantasisti chiacchieroni) c’è
il capitalismo; e che a fronte del capitalismo ci sta ancora questo prodotto
del pensiero ottocentesco chiamato proletariato. Non c’è “un” capitalismo; la
società inglese di metà ’800, in quanto “laboratorio” scelto da Marx per la sua
elaborazione effettivamente scientifica, era nettamente diversa già dal
capitalismo Usa emerso dalla guerra civile (1861-65, e Marx era ancora vivo, ma
non poté valutarlo e tenerne conto per ovvii motivi), ma lo era addirittura
stellarmente rispetto a tale capitalismo all’epoca della prima guerra mondiale;
e non parliamo degli Stati Uniti odierni! Il proletariato è sempre stato usato
come sinonimo (confuso) di classe operaia; si può discutere fin che si vuole
della differenza tra operaio e arbeiter, ma resta che tutto il marxismo
successivo a Marx ha preso come “soggetto rivoluzionario” l’operaio (esecutivo)
di fabbrica. E già non capire la differenza tra impresa e fabbrica mette fuori
gioco l’analisi marxista tradizionale per quanto filologicamente precisata,
approfondita, ecc. Ma soprattutto restare allo sfruttamento – non capendo il
conflitto strategico (che investe ambiti non solo economici) in quanto centro
della questione relativa alla forma di società – porta a non capire che tutte
le presunte avanguardie dei lavoratori (sia partitiche sia sindacali) diventano
gruppi posti allo stesso livello di quelli imprenditoriali e dei loro corifei
politici. La Camusso non è “funzionalmente” diversa da Squinzi (o da
Marchionne); o anche da Napolitano, ecc. Se si continua con lo schema
capitale/lavoro si diventa, magari del tutto onestamente, reazionari, perché
quella lotta non ha portato nella direzione voluta, era errata
nell’impostazione e la prassi è dunque fallita. E ciò che ha cambiato il mondo
nel XX secolo non è stato il proletariato/classe operaia, ma l’intuizione dello
spostamento della rivoluzione verso i paesi ancora contadini dell’”est” (poi
detti terzo mondo e anche questa teorizzazione ha infine cristallizzato il
pensiero e la prassi); masse contadine in lotta sotto la guida di nuovi gruppi
divenuti, necessariamente, dominanti e in contrasto con quelli “più vecchi”.
Con risultati che ancora non si vogliono valutare, perché i “nuovi” gruppi sono
falliti dappertutto; a “ovest” (società dette capitalismi, al plurale però, con
un po’ più di verità) non c’è stata alcuna rivoluzione e la formazione
americana resta la più flessibile e più adattabile alle nuove congiunture; a
“est” c’è stato di tutto e il contrario di tutto, con la trasformazione del
mondo, ma assolutamente differente da ciò che si voleva e prevedeva. Il grave è
che ancora non si cerca nemmeno di capire in che senso è cambiata la situazione
mondiale; si insiste a pensare al comunismo, al proletariato, allo sfruttamento
in senso marxista. Dall’altra parte, si blatera di mercato, della sua
globalizzazione, della finanza quale elemento “cattivo” del capitale (in sé
“buono”), e altre cazzate varie. Basta con queste vecchiezze assurde. Si deve
intraprendere un cammino del tutto diverso; e quando si va su una nuova strada,
inutile credere che non ci siano erbacce, pozzanghere, buche e quant’altro. Non
si costruisce d’emblée una buona via, scorrevole, con critiche a Marx, ma
quelle solo “fondate”. Mi dispiace, l’unica cosa che resta valida è la
seguente: bisogna picchiare sulla testa di cretini che filosofesseggiano (non
filosofano, tutt’altra cosa) in modo tale da impedire di capire la realtà in
cui siamo, in modo da coprire i vecchi gruppi dominanti. Si deve procedere ad
una “nuova scienza”; ma si deve pensare e ripensare su quali postulati essa si
baserà, quali costruzioni logiche (che non riproducono la realtà, quella che
tutti vogliono vedere come vera e raggiungibile con il nostro cervello) saranno
le più adatte a costruire campi per la conduzione del conflitto. Un conflitto
che sarà sempre tra gruppi organizzati e coordinati, con le “masse” il cui
movimento è indispensabile, ma non secerne ciò che si deve fare. Credere ancora
a queste fanfaluche è materialismo volgare esattamente come quello di coloro
che credono al pensiero in quanto secrezione del cervello, ad un hardware che
possa produrre direttamente il software, ad una tecnica pianistica (o del
ballare) che produce il gran pianista o il gran ballerino, ad una orchestra che
suona senza direttore, ecc. ecc.. Così poi vengono fuori i governi dei tecnici
che portano a fondo un paese. E i filologi marxisti rischiano, del tutto
onestamente in certi casi (non in tutti), di produrre gli stessi guasti
irreparabili!
................................................................e ancora, seppur datato (2008), un altro commento..................................................................: http://www.webalice.it/mario.gangarossa/sottolebandieredelmarxismo_identita/2008_01_michele-basso_rivoluzione-contro-il-capitale-o-nuova-revisione-del-marxismo.htm
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