*Da: Annali
della Scuola Normale Superiore di Pisa, 1990,
n. 2. **Economista italiano, laureato in filosofia
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/06/totalitarismo-triste-storia-di-un-non.html
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2016/06/totalitarismo-triste-storia-di-un-non.html
1.
Premesse generali
Negli
ultimi anni, dopo decenni di preminente attenzione alle implicazioni
della filosofia hegeliana del diritto sul terreno delle dottrine
politiche e delle teorie della società, il panorama delle
interpretazioni è venuto gradatamente mutando. Volendo dare conto
delle principali novità interpretative, se ne possono indicare in
particolare due: da un lato l’accresciuto interesse per il rapporto
tra i Lineamenti di
filosofia del diritto
e la Scienza della
logica e nei confronti
di quelle che potremmo definire come le “costanti logiche” che
operano all’interno della filosofia hegeliana del diritto i;
dall’altro, il tentativo di leggere i Lineamenti
hegeliani sul metro di una filosofia dell’azione, cercando non di
rado di porre il pensiero di Hegel a confronto con i più recenti
indirizzi teorici, manifestatisi soprattutto in ambito
anglo-americanoii.
Per motivi in parte differenti, entrambe queste nuove e feconde
direzioni di lettura hanno portato con sé la necessità di fare i
conti, più seriamente che in passato, con i paragrafi introduttivi
dei Lineamenti
(§§ 1-32), nei quali Hegel ci offre, come recita l’indice
dell’opera, il “concetto della filosofia del diritto, del volere,
della libertà e del diritto”. Per chi voglia, più in particolare,
trattare la concezione hegeliana della libertà del volere,
l’esigenza di affrontare direttamente i nodi teorici e le
distinzioni di significato proposte nei primi paragrafi dei
Lineamenti
è sicuramente ineludibile. Nelle prossime pagine, dopo aver dedicato
qualche breve considerazione ad alcuni princìpi e postulati generali
di particolare rilievo per la trattazione hegeliana di questo
tradizionale tema metafisico, tenterò appunto di mostrare come
l’introduzione ai Lineamenti
definisca la cornice teorica all’interno della quale si situano le riflessioni dedicate al problema della libertà nel corso dell’opera.
Per
un primo avvicinamento alla trattazione hegeliana della libertà
appare utile rifarsi innanzitutto ad alcuni generali presupposti
metodici ed ontologici che caratterizzano la posizione del filosofo
tedesco:
1.1.
Il rifiuto del metodo
definitorio:
significato ed applicazioni di un concetto non possono dedursi
semplicemente da alcune definizioni iniziali; per quanto riguarda il
tema della “libertà”, questo rifiuto si traduce
nell’affermazione secondo la quale “che
la volontà è libera
e che cosa
è volontà e libertà - la deduzione di ciò può trovar luogo...
unicamente nella connessione dell’intero” (Lineamenti
§ 4 A; cf. § 2, A).
1.2.
A quel primo presupposto metodico ne va aggiunto uno di carattere
ontologico, consistente nel concepire il reale come ordinato secondo
una scala ascendente di
livelli di perfezione
(Hegel parla a questo proposito di “adeguatezza tra concetto e
realtà”, e di “verità”); tale assunto si traduce, sul piano
del metodo, in una sorta di
1.3.
principio di
retrospettività, per
il quale l’ultimo significato di un termine nell’ordine
dell’esposizione è primo per importanza, e ad esso vanno
commisurati i precedenti.
I
tre punti ora richiamati convergono nel conferire ai testi hegeliani
una delle loro caratteristiche più appariscenti: il mutamento di
significato delle nozioni decisive (facendo riferimento anche al
frequente utilizzo hegeliano di termini come soggettività, libertà,
infinità, verità, autofinalità in qualità di sinonimi si potrebbe
esprimere in forma paradossale questo aspetto dicendo che in Hegel
molti termini-chiave posseggono un solo significato, ed ognuno ne ha
molti).
1.4.
Un ultimo presupposto da menzionare è infine il monismo,
come esigenza di un
legame interno nello sviluppo delle determinazioni:
per esso è necessario che ogni determinazione fondamentale mantenga
un nucleo di significato comune a tutte le sue accezioni
(l’espressione più importante di questa esigenza consiste, come è
noto, nel tentativo di mostrare il “concetto” della Scienza
della logica come
sviluppo-arricchimento dell’“essere”).
Per
quanto riguarda il concetto di “libertà”, due problemi balzano
immediatamente agli occhi in relazione ai presupposti sopra
menzionati:
a) se termine di paragone della “libertà” è il suo compimento, il suo “concetto sviluppato”, qual è però questo realmente? La libertà quale si realizza all’interno dell’eticità (la libertà dello “spirito oggettivo”) o la libertà consistente nella contemplazione filosofica (ossia la libertà dello “spirito assoluto”)? E ancora: è possibile gettare un ponte tra questi due significati, evitando al contempo di identificare “Weltgeist” e “spirito assoluto”? Il tentativo di dare una risposta a questi interrogativi - altrimenti formulabili nel problema della priorità tra “Wissen” e “Wollen” - domina larghissima parte della letteratura critica e non potrà essere oggetto del presente lavoro.
b)
Un secondo problema riguarda il solo terreno dello “spirito
oggettivo”, ed è la domanda a cui queste pagine tentano di dare
una risposta: è possibile accertare, all’interno della Filosofia
del diritto, la
presenza di un nucleo unitario di significato della nozione di
“libertà”, oppure tale termine è sottoposto a tensioni
irresolubili nel mutarsi delle sue accezioni?