*Lenin, Economia della rivoluzione, a cura di Vladimiro Giacché, il Saggiatore, 2017, pp. 521, € 29,00. https://www.carmillaonline.com/
Vladimiro Giacché limita il suo lavoro di selezione agli scritti economici posteriori alla Rivoluzione d’Ottobre suddividendoli in tre periodi: quello riguardante i primi sei mesi di potere sovietico, il comunismo di guerra e la Nuova politica economica (Nep). Il pensiero di Lenin nel corso di queste tre fasi subisce evoluzioni, sia a causa delle emergenze del momento che per gli esiti delle sperimentazioni cui i singoli provvedimenti economici venivano sottoposti. Nei primi scritti si affrontano: i problemi sollevati dalla legge sulla socializzazione della terra che aboliva il latifondo distribuendo i campi ai contadini; il decreto sul controllo operaio che non intaccava né il diritto di proprietà né la funzione direttiva del capitalista; la nazionalizzazione del settore bancario. Gli scritti del periodo della guerra civile si focalizzano invece sulla crisi alimentare e sulle requisizioni delle eccedenze cerealicole. Nella primavera del 1918 fu infatti vietato il commercio privato del grano e istituito il monopolio statale con acquisto a prezzo fisso. Infine i contributi che vanno dal marzo 1921 allo stesso mese del 1923 sono dedicati alla Nep che sostituì le requisizioni emergenziali – volte al sostentamento degli operai e dei soldati a danno dei contadini – con un’imposta in natura, pagata la quale si riacquistava la libertà di vendere localmente i cereali.
L’intera periodizzazione è tuttavia attraversata da un filo rosso ben definito: secondo Lenin senza lo sviluppo delle forze produttive e la conseguente crescita culturale delle masse il comunismo è impossibile.