Professor
Canfora, fermo restando che già sappiamo, come sosteneva Marx, che
l’economia è la struttura portante della storia dell’umanità, e
con essa il denaro e l’avidità dell’uomo, si può intravedere
un’epoca dove però questo aspetto ha prevalso più di altri
momenti?
Una
storia dell’umanità in sintesi l’ha già raccontata Lucrezio, il
poeta latino del tempo di Cicerone e di Cesare, a metà del primo
anno Avanti Cristo. Nel
quinto libro del “De Rerum Natura”, una pagina formidabile, una
specie di storia dell’origine della famiglia, della proprietà
privata e dello Stato, dice che il conflitto e quindi la storia
conflittuale dell’umanità, comincia quando fu scoperta la
proprietà. “Res reperta”, appunto la proprietà, e “aurunque”,
cioè l’oro. Riferimento del valore convenzionale. E forse, anche
se non possiamo saperlo con certezza, probabilmente già Epicuro si
soffermava molto su questo punto se lo stesso Lucrezio appunto lo ha
molto tradotto parafrasandolo e rievocandolo. Io sono convinto che
Lucrezio sia stato un pensatore originale e molto importante.
Comunque l’intuizione che l’intera vicenda umana sia legata a
questo fenomeno e alla dinamica della proprietà e al conflitto che
essa determina, diventa lì, nel suo pensiero, molto chiara. Ed è
altrettanto chiara e ben presente nella consapevolezza e nella
coscienza di tutti gli storici e i pensatori del mondo antico, che
sono millenni di storia non certamente un quarto d’ora. Insomma il
materialismo storico non ha inventato nulla a riguardo, ha solo preso
coscienza di un convincimento radicato nella realtà.
Anche
quando si parla della “guerra motore della Storia” siamo sempre
dentro il concetto di “scontro per la proprietà”?
Certo.
Che sia conflitto imperiale o conflitto civile sempre della stessa
cosa si tratta. Ci sono però dei momenti in cui tutto questo passa
in secondo piano nelle coscienze delle persone, e questo lo abbiamo
visto varie volte riprodursi, a seguito della conflittualità a base
religiosa. L’altro malanno dell’umanità sono infatti le
religioni, che scatenando i fanatismi contrappositivi, ovvero “quello
che penso io è vero, quello che pensi tu è demoniaco”, innescano
appunto conflitti spaventosi che possono durare secoli. L’Europa,
che è un luogo molto ipocrita, per secoli si è dilaniata per guerre
di religione, totalmente sconvolgenti dal punto di vista mentale. Si
può ritenere che anche dietro, ma molto mediatamente, questi
conflitti allucinanti a base religiosa ci siano motivi di carattere
materiale. Di cui gli stessi protagonisti però non sono consapevoli.
Sicuramente il petrolio è alla base della guerra lancinante del
nuovo califfato contro i paesi vicini, ma i militanti di quella
realtà, completamente obnubilati dal punto di vista mentale, credono
di lottare per una religione, per una fede. Sono probabilmente molto
mediatamente manovrati e quindi la loro posizione appare ancora più
tragica in quanto diventano oggetti e non soggetti della storia. Però
tendo a pensare che se uno guarda da vicino anche in quel caso al di
sotto c’è la “res” come diceva Lucrezio.
Questo
vale anche per le guerre di religione europee che prima ha citato…
Certamente
anche lì c’era un conflitti tra poteri. Non è che Lutero si
ponesse solo il problema del culto dei santi o di altre cose di
questo genere. C’era il potere romano implicato con le grandi
potenze dell’epoca, la Germania che aveva un ruolo in Europa. Però
coloro che seguivano i vari movimenti religiosi credevano anche loro
di lottare per delle fedi contrapposte più o meno motivabili. E
talvolta il potere cercava o cerca ancora di favorire questo
equivoco. Per esempio durante tutto il periodo della Guerra fredda,
nello scorso secolo ventesimo, l’Occidente ha cercato di convincere
masse sterminate di persone, e molte ci hanno creduto, che quella
fosse una lotta per la libertà. E tanti si sono impegnati convinti
di fare questo tipo di battaglia. In un certo senso la cartina di
tornasole ha dimostrato il carattere propagandistico e quindi falso
di questa impostazione. E il risultato ce lo abbiamo sotto il naso.
Se la Russia di Putin continua ad essere il nemico ed è un Paese
governato dalle mafie capitalistiche, allora vuol dire che era una
lotta di potenza anche prima. E’ evidente. Però bisognava dire che
era per il mondo libero e via dicendo. E’ un po’ più difficile
dirlo per la Cina, perché è un Paese che forse può essere definito
nazional-socialista, in quanto ha un’economia mista, con la parte
povera con ancora un carattere socialista, mentre la parte ricca è
ultracapitalistica e con il partito unico che governa. Ma anche se il
capitale comanda, per l’Occidente la Cina resta il nemico giurato.
Bisognerà dunque cercare di dimostrare che stiamo lottando per la
libertà contro la tirannide anche lì. E Hong Kong a riguardo ci può
servire. Ci sarà tutta una frattaglia giornalistica e mediatica che
si sforzerà stancamente di ripetere questa solfa. Meno persone di
prima probabilmente ci crederanno però tenteranno di nuovo di far
passare lo stesso concetto di guerra del bene contro il male.
Nella
fase in cui stiamo vivendo, e da qui l’attualità del convegno, il
denaro la fa da padrone più che nei decenni scorsi. E la democrazia
sempre più è diventata una scatola vuota, ammesso che sia mai stata
piena. Ma almeno una volta nell’immediato dopoguerra, le grandi
socialdemocrazie e in Italia il Pci, ma anche gli stessi partiti di
orientamento cattolico, lottavano per averla questa democrazia e non
davano per scontato che fosse già inverata. Ma questa fase è poi
terminata. C’è stato il fallimento del modello dell’Est per le
ragioni che sappiamo e con delle ripercussioni anche all’Ovest, con
le sinistre che hanno subito il fascino perverso del liberismo. Le
forze più piccole sono rimaste minoritarie e da noi sono di fatto
scomparse. L’esperienza del socialismo reale, che nessuno
rimpiange, può essere però rivista come un tentativo per mettere un
argine a questo predominio del denaro senza cancellarlo del tutto dal
nostro orizzonte?
Io
lo direi senza tante esitazioni. Il fatto che ci abbiano martellato
con “l’impero del male” fa parte della frattaglia giornalistica
di cui parlavo prima. Che non corrisponde al vero. L’esperienza
sovietica è crollata perché non è stata capace di eliminare la
disuguaglianza al proprio interno. E quindi non era più credibile
per i suoi stessi concittadini e sudditi. Perché predicare
un’ideologia egualitaria praticando la disuguaglianza sia pure a
livello molto più modesto di quelli che oggi sono sotto i nostri
occhi era un tallone di Achille colossale. La gara spaziale, le
guerre stellari, il contrasto militare in tutto il pianeta. Sappiamo
queste cose. Però è stata una gloriosa esperienza durata
abbastanza, una settantina d’anni del XX secolo. Per cui se ne deve
parlare nei limiti in cui viene concesso di parlarne. Con rispetto ma
anche con la convinzione che è stato un periodo eroico della storia
umana. Però la constatazione più rilevante secondo me è un’altra:
che cioè l’errore di partenza del presupposto stesso che mise in
moto allora un processo rivoluzionario di grandissima estensione,
perlomeno a livello euro-asiatico, era insito nel fatto che ci si
illudeva di essere giunti al capolinea della Storia, di essere al
punto di arrivo del sistema capitalistico. Intanto perché si aveva
una percezione molto limitata e parziale della realtà americana,
sottovalutata in pieno. Solo Trotsky ogni tanto intuiva qualcosa
anche perché c’era stato e dunque l’aveva vista da vicino quella
realtà nel periodo prerivoluzionario. E soprattutto perché con gli
occhi di oggi noi possiamo fare la seguente constatazione:
l’esperienza del socialismo reale ha modernizzato due gigantesche
aree del mondo, l’ex impero russo e la Cina. Trascinandole fuori da
una situazione semi feudale, comunque paleo e proto capitalistica, a
chiazze isolate, e ha creato le premesse, crollando sul piano
politico, per un gigantesco sviluppo del capitalismo in quei tre
quarti del mondo che ancora non erano a quel livello. Quindi la
Storia del capitalismo è appena cominciata. Il fatto che noi non lo
vedremo defungere non ha nessunissima importanza. Perché non è
detto che uno nell’arco della sua vita debba vedere anche il
compimento di qualcosa del genere. Sarebbe una pretesa demiurgica.
Però è sciocco non rendersi conto che la Storia comunque cammina.
Perché nessuna forma economico-sociale è eterna. Dobbiamo sapere
che contro ogni previsione il socialismo reale ha accelerato lo
sviluppo capitalistico di paesi dove questo sviluppo non era arrivato
perché la Cina era in una posizione semicoloniale e la Russia di
impero separato essenzialmente agricolo e arretrato. E’ una
durissima lezione della Storia però anche illuminante. Spazza via
l’idea, “ergo il capitalismo è eterno poveri illusi avete
pensato di liquidarlo”. Non è eterno. Ha una storia molto più
lunga di quella che allora, nell’illusione determinata dalla fine
della Prima guerra mondiale e dalla crisi gigantesca del 1917-18 e
19, si era pensato. Erano degli europei e non cittadini del mondo
quelli che pensavano queste cose. E come europei vedendo crollare tre
imperi che erano stati gli architrave della Storia, quello tedesco,
quello austroungarico e quello zarista, si erano convinti che si
stava voltando pagina nella Storia dell’umanità. In parte era
vero. Ma non nella frettolosa conclusione che eravamo arrivati al
dunque. Nessuno può pilotare la Storia, ma bisogna stare dentro quel
fiume, serbando la consapevolezza e prendendo atto che collocarsi
dentro le lezioni della Storia senza suicidarsi è il metodo giusto.
Tornando
al tema stringente dell’attualità e del dominio del denaro come
possiamo contrastarlo tenendo conto di quanto abbiamo detto finora e
di uno scenario europeo lontanissimo dal prendere atto di questa
situazione?
L’Europa,
come dice tutti i giorni Sergio Romano che non è un bolscevico, è
una piccola articolazione della politica statunitense. E’ comico
essere europeisti ed è comico tutto il ciarpame che ci viene
ammanito quotidianamente. Che non è neanche oppio della Storia, è
una droghetta, marijuana. Il problema magari è come contrastare
tutto questo. Secondo me si tratta di una battaglia culturale,
intellettuale, scolastica, educativa, dovunque ci siano spazi di
libertà di parola. Ma non più di questo. Perché le forze politiche
nate sull’onda del Novecento sono arrivate al lumicino. E si è
realizzato in forme diverse nei vari paesi, quello che Gramsci aveva
intuito sviluppando in modo originale certe formulazioni del pensiero
elitistico tardo-ottocentesco, come quello di Pareto e dello stesso
Croce. Che cioè siamo in una realtà di partito unico articolato,
diversificato al proprio interno ma sostanzialmente unico. Quindi il
periodo in cui il movimento operaio riuscì ad essere un soggetto
autonomo e fare una sua politica traducendola in opere, in carte
costituzionali e conquiste sociali, si è concluso con l’espulsione
appunto di questo soggetto. Quel che resta fa un’altra cosa, fa
quello che tradizionalmente fanno i partiti nei regimi capitalistici,
cioè i comitati di affari della borghesia. Giustamente divisi tra
loro, altrimenti l’inganno elettorale non funzionerebbe. L’aspetto
rivoluzionario, potremmo dire, del fascismo era quello di puntare al
partito unico. Perché pensava di realizzare una sua propria
rivoluzione nazionale, a metà strada tra le due alternative, quella
capitalistica e quella sovietica. Una rivoluzione fallita ed anche
primitiva dal punto di vista degli strumenti. In realtà il vero
strumento è il partito unico articolato, il gioco elettorale, come
nel circo di Costantinopoli dove si scannavano azzurri contro verdi.
Quindi è inutile contare su quella o quell’altra formazione
politica. Poi la storia, si dice heghelianamente, ogni tanto si crea
il suo strumento. Il liquidatore del comunismo italiano è già
arrivato. E’ un gaglioffo di 40 anni che sta facendo la parte sua e
localmente sta attuando il piano di Gelli di Rinascita democratica,
cioè due partiti sostanzialmente equivalenti che si dividono il
potere. E gli altri scenari europei non sono molto diversi. Certo, ci
sono le specificità nazionali, ma la socialdemocrazia tedesca che
era il maestro di tutte le socialdemocrazie, è ormai lo sgabello
della Merkel e non può fare altro. Perché da solo non ce la farà
più. Prendiamone atto e cerchiamo di capire se si intravedono altre
possibilità. Ed io vedo a riguardo dei nuclei intellettuali che
hanno un referente: il magma gigantesco del mondo della scuola.
Perché per fortuna tutto questo sviluppo ha prodotto
un’acculturazione di massa, magari scandente, ma diffusissima e con
un inevitabile bisogno di capire. Quindi tutti quelli che hanno a che
fare con quel mondo si rimbocchino le maniche e cerchino di portare
chiarezza.
Chiudiamo
affrontando sia pure rapidamente un concetto, ovvero il
condizionamento che la cultura e l’arte in particolare subiscono
dalla presenza del denaro e del profitto. Ne hanno parlato durante il
Festival il critico d’arte Roberto Gramiccia, che ha accennato
all’imminente uscita del suo ultimo libro “Arte e potere”, e la
studiosa francese Isabelle Garo. Che cosa pensa di questa tematica?
Pindaro
diceva “l’uomo è denaro”. E se i signori della Grecia del nord
lo pagavano di più parlava in poesia, dove in versi recitava di
quanto fossero bravi coloro nella corsa dei cavalli o nella
ginnastica. Il fatto che il denaro compra tutto e la sublime poesia
pindarica di fatto sia un prodotto del denaro alle persone informate
non suscita stupore. Sul fatto che adesso ci sia un salto di qualità
non saprei. Se uno leggesse Balzac forse si renderebbe conto che era
già così. E’ irresistibile in un certo senso. Ma perché fa leva
su un elemento fondamentale elementare e biologico, l’egoismo cioè,
l’”amor sui”. L’altruismo, come l’antirazzismo o il
pacifismo sono conquiste mentali, ma il punto di partenza è un altro
e queste conquiste sono punti di arrivo di uno sforzo mentale nel
fare dei passi in quella direzione. Altrimenti l’istinto va
naturalmente dove abbiamo detto. Hobbes diceva “homo homini lupus”
è la realtà, dovremmo poi creare delle regole per frenare quella
che sarebbe una guerra ferocissima. Dopo la fine del fascismo, quella
fase che potremmo definire dei buoni propositi, per la generosità di
tanti che si sono gettati nella mischia e hanno dato la vita per
questo, si è esaurita. E il grande capitale che fa: governa
direttamente. E’ stufo di questa mediazione politica, le
costituzioni da difendere, i principi fondamentali e via dicendo. E
questa è un’esperienza che a rigore non è nuovissima. Basti
ricordare la Francia di Luigi Filippo e dei banchieri e quella di
Pompidou dopo la crisi della quarta repubblica, che, dopo la
parentesi bonapartista di De Gaulle, riporta al potere i banchieri al
potere. Non è dunque una cosa nuovissima. Si tratta di un andamento
ciclico. Se si fidano del personale che hanno al proprio servizio lo
lasciano fare. Altrimenti i capitalisti intervengono direttamente.
Vivono dentro l’economicismo, vissuto come esperienza intellettuale
totalizzante. Non possono fuoriuscirne e men che meno distrarsi.
Nessun commento:
Posta un commento