mercoledì 14 maggio 2014

Risposta a Lenin - Hermann Gorter (1920)


Premessa

Vorrei attirare la vostra attenzione, compagno Lenin, la vostra e quella del compagno lettore, sul fatto che questo opuscolo è stato scritto durante la marcia vittoriosa dei russi su Varsavia.
Vorrei anche scusarmi con voi e con il lettore per le numerose ripetizioni. Poiché la tattica dei "sinistri" è sconosciuta agli operai di quasi tutti i paesi, non ho potuto evitare le ripetizioni.
H. G.
                                                                                                                                         
Masse e capi
Caro compagno Lenin ho letto il vostro opuscolo sull'estremismo nel movimento comunista. Ne ho tratto molti insegnamenti, come da tutte le vostre opere. Ve ne sono riconoscente, insieme, certamente, a molti altri compagni. Molte tracce e molti germi di questa malattia infantile che, senza dubbio, si trovavano anche in me, sono stati scacciati e certamente lo saranno ancor più nel futuro. La stessa cosa può essere affermata per quello che voi dite sulla confusione che la rivoluzione ha causato in molte teste: si tratta d'un giudizio giustissimo. Lo so: la rivoluzione è arrivata così improvvisa e così imprevista! La vostra opera sarà per me un nuovo stimolo a far dipendere sempre e innanzitutto il mio giudizio su tutte le questioni tattiche, ivi compresa quelle della rivoluzione, soltanto dalla situazione reale, dai rapporti di forza reali tra le classi, quali si manifesteranno politicamente ed
economicamente.
Dopo avere letto il vostro opuscolo, ho pensato: tutto questo è giusto. Ma quando, a testa riposata, mi sono domandato a lungo se ora avrei dovuto smettere di sostenere questa sinistra e di scrivere articoli per il KAPD e per il partito dell'opposizione in Inghilterra, sono stato costretto a rispondere negativamente.
Ciò sembra contradditorio. Ma la contraddizione deriva, compagno, dal fatto che il vostro punto di partenza nell'opuscolo non è giusto. Avete torto, secondo me, per quanto riguarda il parallelismo tra la rivoluzione nell'Europa dell'ovest e la rivoluzione russa, per quanto riguarda le condizioni della rivoluzione nell'Europa dell'ovest, in altri termini per quanto riguarda il rapporto di forza tra le classi; a causa di ciò, voi non conoscete il terreno di sviluppo della sinistra, dell'opposizione. E quindi l'opuscolo appare corretto se si adotta il vostro punto di partenza; se lo si respinge (ed è quello che si deve fare), allora l'intero opuscolo è falso. Poiché tutti i giudizi che voi date, gli uni erronei, gli altri radicalmente falsi, confluiscono nella condanna del movimento di sinistra, particolarmente in Germania e in Inghilterra, e poiché io, pur senza essere d'accordo su tutti i punti con questo movimento, come sanno i suoi capi, resto pienamente deciso a difenderlo, credo di agire nel modo migliore rispondendo al vostro opuscolo con una difesa della sinistra. Ciò mi darà l'occasione non soltanto di rivelare il suo terreno di sviluppo, di provare il suo diritto all'esistenza e le sue attuali caratteristiche, qui nell'Europa dell'Ovest, nella fase attuale, ma anche - e questo è forse anche importante - di combattere le rappresentazioni capovolte che prevalgono in merito alla rivoluzione europeo-occidentale, soprattutto in Russia. L'una e l'altra cosa hanno la loro importanza; sia la tattica europeo-occidentale che quella russa dipendono dalla concezione della rivoluzione nell'Europa occidentale. Avrei volentieri eseguito questo compito al congresso di Mosca, ma non sono stato in condizioni di parteciparvi.


In primo luogo devo rifiutare due delle vostre critiche che possono fuorviare l'opinione dei
compagni e dei lettori. Voi parlate con ironia e con sarcasmo dell'inerzia ridicolmente puerile di questa lotta in Germania a proposito di "dittatura dei capi o delle masse", "del vertice o della base", ecc.
Che problemi del genere non dovrebbero esistere, siamo perfettamente d'accordo. Ma non siamo d'accordo con l'ironia. Perché, disgraziatamente, si tratta di questioni ancora aperte nell'Europa occidentale. In effetti noi abbiamo in Europa occidentale, in molti paesi ancora, dei capi uguali a quelli che c'erano nella Seconda internazionale, siamo ancora alla ricerca di veri capi che non cercano di dominare le masse e non le tradiscono; fino a quando non li avremo, vogliamo che tutto si faccia dal basso verso l'alto, e attraverso la dittatura delle masse stesse. Piuttosto che avere in montagna una guida che mi conduce nell'abisso, preferisco non averne. Quando avremo trovato i veri capi, potrà cadere questa ricerca. Perché allora massa e capo saranno tutt'uno. È questo, e nient'altro, che vogliamo dire, noi, la sinistra tedesca e quella inglese.
E la stessa cosa vale anche per la vostra seconda critica, in base alla quale il capo deve formare con la massa e la classe un tutto omogeneo. Noi siamo completamente d'accordo. C'è solo il problema di trovare e di educare capi simili, che siano veramente uniti alla massa. Trovarli ed educarli, è una cosa che le masse, i partiti politici e i sindacati potranno fare soltanto con una lotta estremamente difficile condotta anche al proprio interno. Ciò vale anche per quanto concerne la disciplina di ferro e il centralismo rafforzato. Noi vogliamo tutto questo ma soltanto dopo aver trovato i veri capi, e non prima. Su questa durissima battaglia che viene attualmente condotta, con il massimo sforzo, in Germania e in Inghilterra, la vostra ironia non può che avere un'influenza nefasta. Con questo sarcasmo voi fate il gioco degli elementi opportunisti della Terza Internazionale. Perché è proprio uno dei mezzi con i quali alcuni elementi della Lega di Spartaco e del BSP in Inghilterra, e anche dei partiti comunisti di numerosi altri paesi, riescono ad ingannare
gli operai dicendo loro che tutta la questione della massa e del capo è un non-senso, "è assurda e
puerile". Con questa frase della disciplina di ferro e della centralizzazione, essi schiacciano
l'opposizione. Voi mascherate il lavoro degli elementi opportunisti.
Non dovete fare questo, compagno. In Europa occidentale siamo ancora nello stadio della
preparazione. Si dovrebbe sostenere quelli che lottano e non quelli che comandano.
Ma questo lo dico solo en passant. Vi ritornerò sopra ancora nel corso della mia lettera. Esiste una
ragione più profonda per la quale non posso essere d'accordo con il vostro opuscolo. È la
 
seguente: quando noialtri, marxisti dell'Europa occidentale, leggiamo i vostri opuscoli, i vostri studi
e i vostri libri, c'è, in mezzo all'ammirazione e al consenso per tutto quanto avete scritto, un
momento in cui quasi sempre diventiamo molto prudenti nella lettura, un momento sul quale
attendiamo chiarimenti più dettagliati e successivamente, non avendo trovato questi chiarimenti,
non accettiamo le vostre tesi senza grosse riserve. È il punto nel quale parlate degli operai e dei
contadini poveri, ne parlate molto, molto spesso. E sempre parlate di queste due categorie come di
fattori rivoluzionari nel mondo intero. E mai, stando almeno a quanto io ho letto, fate emergere
chiaramente e distintamente la grandissima differenza che esiste in questo campo tra la Russia da
un lato (e alcuni paesi dell'Europa orientale) e, dall'altro lato, l'Europa dell'ovest (vale a dire la
Germania, la Francia, l'Inghilterra, il Belgio, l'Olanda, la Svizzera e i paesi scandinavi, forse anche
l'Italia). E pertanto, secondo me, la base materiale delle divergenze di valutazione che vi separano
da quella che viene chiamata la sinistra in Europa occidentale, per quanto concerne la tattica nelle
questioni sindacale e parlamentare, sta proprio nella differenza che esiste, su tale punto, tra la
Russia e l'Europa dell'ovest.
Conoscete bene, naturalmente, quanto me, questa differenza, ma non ne avete tratto le
conclusioni per quanto riguarda la tattica in Europa occidentale, stando almeno a quanto ho letto
dei vostri scritti. Avete trascurato di esaminare queste conclusioni e, a causa di ciò, il vostro
giudizio sulla tattica in Europa occidentale è sbagliato.
Ciò è stato e resta tanto più pericoloso in quanto ovunque, in Europa occidentale, quella vostra
frase è ripetuta meccanicamente in tutti i partiti comunisti, anche da parte di marxisti. Sembrerebbe
addirittura, stando ai giornali, riviste e opuscoli comunisti e alle riunioni pubbliche, che,
all'improvviso, è imminente in Europa occidentale una rivolta dei contadini poveri. Non si fa notare
la grande differenza con la Russia. E di conseguenza il giudizio è falsato, così come è fuorviato il
proletariato. Giacché voialtri in Russia avete una immensa classe di contadini poveri e avete vinto
con il loro aiuto, presentate le cose come se in Europa occidentale anche noi avremo, in
prospettiva, lo stesso aiuto. E giacché voialtri in Russia avete vinto con quell'aiuto, presentate le
cose come se soltanto con questo aiuto si possa vincere anche qui. Con il vostro silenzio su
questa questione per quel che riguarda l'applicazione di tale tattica all'Europa occidentale, voi
presentate le cose come le ho ora esposte, e tutta la vostra tattica scaturisce da questa
concezione.
Ma tale concezione non è veritiera. Esiste una formidabile differenza tra la Russia e l'Europa
occidentale. In linea generale, l'importanza dei contadini poveri come fattore rivoluzionario,
diminuisce passando dall'est all'ovest. In Asia, in Cina e in India, questa classe sarebbe assolutamente determinante se dovesse scoppiare una rivoluzione. In Russia rappresenta per la
 
rivoluzione un fattore indispensabile ed essenziale.
In Polonia e in qualche altro Stato dell'Europa
meridionale e centrale, costituisce ancora un atout importante per la rivoluzione, ma poi, più si va
verso l'ovest e più la si vede ergersi ostile di fronte alla rivoluzione.
La Russia aveva un proletariato industriale di sette-otto milioni di operai. Ma i contadini poveri
erano circa 25 milioni (mi scuserete le eventuali inesattezze nelle cifre perché ho dovuto basarmi
sulla memoria del momento che la lettera era urgente). Quando Kerenskij si rifiutò di dare la terra
ai contadini poveri, voi sapevate che costoro sarebbero venuti per forza dalla vostra parte, non
appena avessero preso coscienza della situazione. Questo non è e non sarà il caso dell'Europa
occidentale; una situazione simile non esiste nei paesi dell'Europa occidentale che ho citato.
La situazione dei contadini poveri nell'Europa occidentale è completamente diversa da quella della
Russia. Benché sia a volte terribile, non lo è da noi altrettanto che da voi. Qui i contadini poveri
possiedono un pezzetto di terra come agricoltori o come proprietari. I mezzi di circolazione assai
sviluppati consentono ad essi di vendere spesso qualche cosa. Nelle circostanze più difficili hanno
spesso di che nutrirsi. Gli ultimi decenni hanno apportato loro qualche miglioramento. Essi ora
sono in grado di esigere alti prezzi in periodi di guerra e di dopoguerra. Sono indispensabili perché
i generi alimentari possono essere importati soltanto in proporzione assai ridotta. Possono perciò
mantenere alti i prezzi. Sono sostenuti dal capitalismo. Il capitale li sosterrà fino all'ultimo. La
situazione dei contadini poveri da voi era molto più terribile. A causa di essa, da voi, i contadini
poveri avevano anche loro un programma politico rivoluzionario ed erano organizzati in un partito
rivoluzionario, nel partito dei socialisti rivoluzionari. Qui non c'è neanche un caso del genere. E
oltre a questo, esisteva in Russia una enorme quantità di beni che potevano essere ridistribuiti,
grandi proprietà fondiarie, beni della corona, terre demaniali, beni monastici. Ma che cosa i
comunisti dell'Europa occidentale possono offrire ai contadini poveri per portarli alla rivoluzione,
per legarseli?
C'erano in Germania (prima della guerra) quattro-cinque milioni di contadini poveri (con un
massimo di due ettari di terra). Viceversa soltanto otto-nove milioni di ettari venivano sfruttati
razionalmente da grandi aziende (con più di 100 ettari). Se i comunisti dividessero tutto ciò i
contadini poveri continuerebbero ad essere contadini poveri, perché sette-otto milioni di operai
agricoli vorrebbero avere anch'essi qualche cosa. Ma non potrebbero neanche dividerle tutte
perché le conserverebbero per una coltivazione di tipo moderno (Le tesi di Mosca sulla questione
agraria lo confermano).
Quindi i comunisti in Germania non hanno alcun mezzo, a parte alcuni territori relativamente
piccoli, per attirare a sé i contadini poveri. Infatti le aziende medie e piccole non saranno
certamente espropriate. Del tutto analoga è la situazione dei quattro-cinque milioni di contadini
 
poveri della Francia; lo stesso vale per la Svizzera, il Belgio, l'Olanda e in due paesi scandinavi
(per la Svezia e la Spagna non possiedo alcun dato statistico. Ovunque dominano le aziende
piccole e medie. E anche in Italia la questione è ancora da valutare bene. Per non citare
l'Inghilterra dove non ci saranno più di cento o duecentomila contadini poveri.
Le cifre dimostrano che nell'Europa occidentale esiste un numero relativamente piccolo di
contadini poveri. Di conseguenza le truppe ausiliare, seppure esistessero, sarebbero di
scarsissima consistenza.
D'altra parte la promessa che, in regime comunista, i contadini non dovrebbero pagare canoni di
affitto e rendite ipotecarie non può allettarli dal momento che con il comunismo essi vedono
arrivare la guerra civile, la scomparsa dei mercati e la devastazione.
I contadini poveri dell'Europa occidentale, a meno che non giunga una crisi molto più terribile di
quella attualmente esistente in Germania, una crisi che per il suo carattere disastroso superi tutte
quelle che l'hanno preceduta, resteranno dunque con il capitalismo fino a quando quest'ultimo avrà
un filo di vita.
Gli operai dell'Europa occidentale sono completamente soli. Infatti soltanto uno strato molto esiguo
della piccola borghesia povera li aiuterà. E quest'ultima è economicamente insignificante. Gli
operai dovranno portare da soli il peso della rivoluzione. Ecco la grande differenza con la Russia.
Forse, compagno Lenin, direte che questo era anche il caso della Russia. Anche in Russia il
proletariato ha fatto da solo la rivoluzione. È soltanto dopo la rivoluzione che sono venuti i
contadini poveri. Ciò è vero, ma la differenza resta formidabile.
Voi sapevate, compagno Lenin, che i contadini sarebbero sicuramente e presto venuti dalla vostra
parte. Sapevate che Kerenskij non poteva né voleva dare loro la terra.
Sapevate che non avrebbero sostenuto Kerenskij per molto tempo. Avevate la parola d'ordine "la
terra ai contadini" con la quale potevate rapidamente trascinarli, in pochi mesi, dalla parte del
proletariato. Noialtri, invece, siamo sicuri che ovunque, nei limiti del prevedibile e sul continente
dell'Europa occidentale, i contadini sosterranno il capitalismo.
Voi forse direte che senza dubbio nella Germania non esiste una grande massa di contadini poveri
pronta ad aiutarci, ma che migliaia di proletari attualmente ancora legati alla borghesia, verranno
certamente dalla nostra parte. E che di conseguenza il posto dei contadini poveri russi, da noi sarà
preso dai proletari. In tal modo giungeranno egualmente dei rinforzi.
Questa concezione è ugualmente erronea nel suo insieme. La differenza con la Russia resta
enorme.
Infatti i contadini russi sono venuti dalla parte del proletariato dopo la vittoria sul capitalismo. Ma
quando gli operai tedeschi, ancora influenzati dal capitalismo, verranno al comunismo, allora la
lotta contro il capitalismo comincerà per davvero.
 
Per il fatto che c'erano contadini poveri, a causa di ciò e soltanto di ciò, i compagni russi hanno
vinto. E la vittoria si è consolidata e rafforzata dal giorno in cui i contadini hanno cambiato
posizione. Dal fatto che gli operai tedeschi sono collocati ancora nelle file del capitalismo, non se
ne può trarre alcunché di utile per la vittoria, e quando essi passeranno a noi, allora la vera
battaglia sarà solo all'inizio.
La rivoluzione russa è stata terribile per il proletariato durante i lunghi anni della sua preparazione.
Precaria resta anche ora dopo la vittoria. Ma essa era facile nel momento stesso in cui aveva
luogo, proprio a causa dei contadini. Da noi è tutto diverso; è proprio il contrario. Nella fase
preparatoria, la rivoluzione è facile, e dopo sarà facile. Ma la rivoluzione nel suo attuarsi sarà
terribile. Probabilmente più terribile di qualsiasi precedente rivoluzione giacché il capitalismo, che
era debole da voi, che dominava soltanto da poco la feudalità, il medioevo e la barbarie, da noi è
forte, potentemente organizzato e solidamente radicato. Quanto agli strati inferiori delle classi
medie, quanto ai piccoli contadini e ai contadini poveri, questi elementi che stanno sempre dalla
parte del più forte, sosterranno il capitalismo fino alla sua fine definitiva, all'eccezione di uno strato
esiguo senza importanza economica.
La rivoluzione in Russia ha vinto con l'aiuto dei contadini poveri. Ciò deve essere ricordato qui, in
Europa occidentale e ovunque nel mondo. Ma gli operai nell'Europa occidentale sono soli. Non si
deve mai dimenticare questo in Russia.
Il proletariato in Europa occidentale è solo. Ecco la verità. E su ciò, su questa verità, deve essere
basata la nostra tattica. Ogni tattica che non è basata su tale verità, è sbagliata e conduce il
proletariato a gravi disfatte.
Anche la pratica dimostra la veridicità di questa affermazione. In effetti non soltanto i contadini
dell'Europa occidentale non hanno programma e non rivendicano la terra, ma, ora che il
comunismo si avvicina, essi non si muovono per niente.
Ma naturalmente questa affermazione non deve essere presa in senso assoluto. Esistono, come
ho già detto, alcuni territori dell'Europa occidentale in cui domina la grande proprietà e in cui, di
conseguenza, è possibile trovare tra i contadini degli alleati del comunismo. Esistono altri territori
in cui, a causa delle circostanze locali, ecc., i contadini potranno essere conquistati. Ma questi
territori sono relativamente poco numerosi.
Il senso della mia affermazione non è neanche quello per cui perfino nella fase finale della
rivoluzione, quando tutto sprofonda, nessun contadino verrà dalla nostra parte. Ma noi dobbiamo
determinare la nostra tattica considerando l'inizio e lo sviluppo della rivoluzione. Dunque il modo di
essere e la tendenza generale delle circostanze sono, nella situazione specifica, quelle che ho
detto. Ed è su di esse soltanto che si può e si deve basare una tattica (Voi, compagno, non
cercherete certamente di vincere una battaglia prendendo in considerazione le affermazioni dei
vostri avversari in un senso assoluto come fanno gli spiriti meschini. La mia osservazione è
dunque destinata soltanto a questi ultimi).
 
Ne consegue in primo luogo - e ciò deve essere detto insistentemente e chiaramente - che
nell'Europa occidentale la vera rivoluzione, vale a dire il rovesciamento del capitalismo così come
la costruzione e il mantenimento stabile del comunismo è attualmente possibile soltanto nei paesi
in cui il proletariato da solo è abbastanza forte nel confronto con tutte le altre classi, e chiunque in
Germania, in Inghilterra, e in Italia, giacché là è possibile l'aiuto dei contadini poveri. Con la
propaganda, l'organizzazione e la lotta. La rivoluzione stessa non potrà aver luogo se non quando
l'economia sarà stata talmente rovinata dalla rivoluzione negli Stati più grandi (Russia, Germania,
Inghilterra) che le classi borghesi saranno sufficientemente indebolite.
Voi sicuramente mi concederete che non possiamo mettere a punto la nostra tattica basandoci su
avvenimenti che forse accadranno (aiuto dell'esercito russo), insurrezione indiana, crisi terribile
senza precedenti, ecc.).
Che voi non abbiate dunque visto questa verità sul ruolo dei contadini poveri, costituisce il vostro
grande errore, compagno. Ed è lo stesso errore dell'esecutivo di Mosca e del congresso
internazionale.
Andiamo oltre. Che cosa significa attualmente, dal punto di vista della tattica, in questo isolamento
del proletariato occidentale (così differente dalla situazione del proletariato russo), il fatto che esso
non può aspettarsi un aiuto da nessuna parte, da nessun'altra classe?
Ciò significa che da noi gli sforzi richiesti alle masse dalla situazione sono ancora più grandi
rispetto alla Russia.
E, in secondo luogo, che l'importanza dei capi è proporzionalmente più piccola.
Si trovano davanti ad un capitalismo molto più forte di quello che hanno avuto di fronte i russi, e
sono senza armi. I russi erano armati.
Infatti le masse russe, i proletari, prevedevano con sicurezza e constatavano già durante la guerra
- in parte sotto i loro occhi - che i contadini si sarebbero schierati dalla loro parte. I proletari
tedeschi, per non parlare che di loro, sanno di aver contro tutto il capitalismo tedesco con tutte le
classi.
I proletari tedeschi, senza dubbio, erano, già prima della guerra, dai 19 ai 20 milioni su una
popolazione di 70 milioni di persone. Ma essi sono soli di fronte a tutte le altre classi.
La rivoluzione esige dunque da ogni proletario tedesco, da ogni individuo, ancora più coraggio e
spirito di sacrificio di quanto ne ha chiesto ai russi.
Ciò deriva dai rapporti economici, dai rapporti di classe in Germania, e non da una qualunque
teoria o fantasia di rivoluzionari romantici o di intellettuali.
Nella misura in cui l'importanza della classe aumenta, si riduce in proporzione l'importanza dei
capi. Ciò non vuol dire che non dobbiamo avere i migliori capi possibili: i migliori tra i migliori non
 
sono ancora abbastanza buoni e noi li stiamo proprio cercando. Ciò significa soltanto che rispetto
all'importanza delle masse, quella dei capi diminuisce.
Se, come avete fatto voi, si deve conquistare con sette o otto milioni di proletari un paese di
centosessanta milioni di abitanti, allora sì che l'importanza dei capi è enorme. Infatti per vincere
con così pochi uomini un numero talmente grande, occorre dare un posto preminente alla tattica.
Quando, come avete fatto voi, compagni, si conquista con una truppa talmente ridotta, ma con un
appoggio ausiliario, un paese tanto grande, allora, quello che conta è, innanzitutto, la tattica del
capo. Quando avete iniziato la lotta, compagno Lenin, con quel piccolo esercito di proletari, è stata
soprattutto la vostra tattica che, al momento propizio, ha scatenato le battaglie e conquistato i
contadini poveri.
Ma in Germania? Là la tattica più intelligente, la massima chiarezza di idee, il genio stesso del
capo non è l'essenziale, né il fattore principale. Là, inesorabilmente, le classi sono schierate: una
ha contro tutte le altre. Là il proletariato deve decidere da solo, come classe. Con la sua potenza,
con il suo numero. Ma la sua potenza, di fronte a un nemico tanto formidabile e a una superiorità di
organizzazione e di armamento tanto schiacciante, è fondata soprattutto sulla sua qualità.
Voi eravate schierati davanti alle classi possidenti russe come David davanti a Golia. David era
piccolo ma aveva un'arma sicuramente mortale. Il proletariato tedesco, inglese, europeooccidentale
è di fronte al capitalismo come un gigante di fronte a un gigante. Per esso tutto
dipende dalla propria forza. La forza del corpo e soprattutto quella dello spirito.
Non avete osservato, compagno Lenin, che non esistono dei "grandi" capi in Germania? Si tratta
sempre di uomini ordinari. Ciò dimostra già che questa rivoluzione deve essere innanzitutto opera
delle masse e non dei capi.
Dal mio punto di vista, sarà qualcosa di grandioso, di più grande di qualsiasi cosa sia mai avvenuta
fino ad oggi. E sarà un'indicazione di quello che sarà il comunismo.
Questo accadrà in Germania, questo accadrà anche in tutta l'Europa occidentale. Infatti ovunque il
proletariato è solo.
Sarà la rivoluzione delle masse, non perché è bene o bello, o ben ideato da qualcuno, ma perché
la cosa è condizionata dai rapporti economici e di classe. (Trascuro qui che, a causa di questa
differenza di rapporto numerico (20 milioni su 70 milioni in Germania) l'importanza della massa e
dei capi e il rapporto tra masse, partito e capi, anche durante e alla fine della rivoluzione, saranno
diversi dalla Russia. Uno sviluppo di questa questione, che di per sé è estremamente importante,
mi porterebbe ora troppo lontano).
Da questa differenza tra Russia ed Europa occidentale scaturisce quanto segue:
 
1) Quando voi, o l'esecutivo di Mosca, o i comunisti opportunisti occidentali della Lega di Spartaco
o quelli del PC d'Inghilterra che sono d'accordo con voi, dite che una lotta sulla questione capo o
masse è un non-senso, non soltanto avete torto di fronte a noi che cerchiamo ancora un capo, ma
avete torto perché questa questione ha, da noi, un'importanza completamente diversa rispetto a
quanto possa avere da voi.
2) Quando venite a dirci: capo e massa devono formare un tutt'uno, non vi sbagliate soltanto
perché noi cerchiamo proprio di arrivare a questa unità, ma anche perché questa ha da noi una
importanza maggiore rispetto a quanto possa avere da voi.
3) Quando venite a dirci: deve esserci nel partito comunista una disciplina di ferro e una
centralizzazione assoluta, militare, non vi sbagliate soltanto in quanto noi cerchiamo effettivamente
di arrivare ad una disciplina di ferro e a una forte centralizzazione, ma in quanto questa questione
ha, da noi, un significato diverso rispetto a quanto possa avere da voi.
4) Quando venite a dirci: in Russia abbiamo agito in questa o quella maniera (per esempio dopo
l'offensiva di Kornilov o in occasione di un altro episodio), in questo o quel periodo noi
partecipavamo al parlamento, oppure restavamo nei sindacati, dovete sapere che ciò non vuol dire
assolutamente nulla e non implica per niente che tale tattica possa o debba essere applicata qui,
giacché i rapporti di classe nell'Europa occidentale, nella lotta e nella rivoluzione, sono
completamente diversi da quelli russi.
5) Quando voi, o l'esecutivo di Mosca, o i comunisti opportunisti dell'Europa occidentale,
pretendete di imporci una tattica che era perfettamente giusta in Russia - per esempio una tattica
basata e calcolata coscientemente o incoscientemente sul fatto che i contadini poveri o altri strati
di lavoratori si sarebbero presto schierati dalla vostra parte, sul fatto che, in altri termini, il
proletariato non era solo, ebbene, questa tattica che ci prescrivete e che è anche applicata da noi,
può condurre il proletariato occidentale soltanto alla sua perdita e a disfatte terribili.
6) Quando voi, o l'esecutivo di Mosca, o gli elementi opportunisti dell'Europa occidentale, quali la
centrale della Lega di Spartaco in Germania e il BSP in Inghilterra, volete imporci qui, nell'Europa
occidentale, una tattica opportunista (l'opportunismo ha sempre come base degli elementi estranei
pronti in qualsiasi momento ad abbandonare il proletariato), commettete uno sbaglio.
L'isolamento, la mancanza di rinforzi in prospettiva e, di conseguenza, la maggiore importanza
della massa e la minore importanza relativa dei capi, ecco le basi generali sulle quali deve fondarsi
la tattica nell'Europa occidentale.
Queste basi, né Radek, quando era in Germani, né l'esecutivo dell'Internazionale di Mosca, né voi
stesso, se devo stare ai vostri scritti, le avete comprese.
Su queste basi (l'isolamento del proletariato e la predominanza delle masse e degli individui)
riposa la tattica del KAPD, del partito comunista di Sylvia Pankhurst (almeno sino ad oggi) e della
maggioranza del Bureau di Amsterdam dell'IC che è stato nominato a Mosca.
 
Per queste ragioni essi tentano soprattutto di elevare le masse come unità e come somma di
individui, a un grado molto più alto di maturazione, di educare i proletari, uno ad uno, per farne dei
lottatori rivoluzionari mostrando ad essi con chiarezza (non soltanto con la teoria, ma soprattutto
con la pratica) che tutto dipende dalle proprie forze, che essi non devono attendersi nulla dall'aiuto
esterno di altre classi, e poco soltanto dai loro capi.
Teoricamente, dunque, se non si tiene esageratamente conto dei pettegolezzi e delle questioni
personali, dei dettagli e delle aberrazioni, come quelle di Wolfheim e di Laufenberg, che sono
inevitabili all'inizio di un movimento, la concezione dei partiti e dei compagni prima indicati è del
tutto giusta e la vostra offensiva è sbagliata da cima a fondo (Mi ha colpito che nella vostra
polemica utilizzate quasi sempre opinioni personali dell'avversario e non le sue posizioni ufficiali).
Se si va dall'est all'ovest dell'Europa, si attraversa, ad un certo punto, una frontiera economica.
Questa è tracciata dal Baltico al Mediterraneo, all'incirca da Danzica a Venezia. È la linea di
divisione di due mondi. Ad ovest di questa linea il capitale industriale, commerciale e bancario,
unificato nel capitale finanziario sviluppato al massimo grado, domina in modo quasi assoluto. Lo
stesso capitale è altamente organizzato e si concentra nei più solidi governi e Stati di tutto il
mondo.
Ad est di questa linea non esiste né questo immenso sviluppo del capitale concentrato
dell'industria, del commercio, dei trasporti, delle banche, né il suo dominio quasi assoluto, né, di
conseguenza, lo Stato moderno solidamente edificato.
Sarebbe quindi un miracolo se la tattica del proletariato rivoluzionario all'ovest di questa frontiera
fosse la stessa che all'est.
 
La questione sindacale
Dopo aver fissato queste basi teoriche generali voglio ora tentare di dimostrare anche
nell'applicazione alle questioni particolari che la sinistra in Germania e in Inghilterra ha,
generalmente, ragione. In particolare nelle questioni sindacale e parlamentare.
Innanzitutto vediamo la questione dei sindacati.
"Così come il parlamentarismo esprime il potere intellettuale dei capi sulle masse operaie. Il
movimento sindacale incarna il loro dominio materiale. I sindacati costituiscono, in regime
capitalista, le organizzazioni naturali per l'unificazione del proletariato, e a tale titolo Marx, fin
dall'inizio, ha fatto emergere la loro importanza. Nel capitalismo sviluppato e a maggior ragione
nell'epoca imperialista, i sindacati sono diventati sempre di più delle associazioni gigantesche che
rivelano la stessa tendenza di sviluppo mostrato in altri tempi dall'apparato statale borghese. In
quest'ultimo si è formata una classe di impiegati, una burocrazia che dispone di tutti gli strumenti di
governo dell'organizzazione (denaro, stampa, designazione dei sottoposti); spesso le prerogative
dei funzionari si estendono ancora più oltre in modo che, da servitori della collettività, essi
diventano i padroni e s'identificano con l'organizzazione. I sindacati convergono anch'essi con lo
Stato e con la sua burocrazia in quanto, malgrado la democrazia che dovrebbe regnarvi, pongono i
loro membri in una situazione in cui non possono far prevalere la loro volontà contro il
funzionarismo; contro l'apparato abilmente allestito con regolamenti e statuti, qualsiasi ribellione si
spezza prima che possa distruggere le alte sfere.
"È soltanto con una lunga perseveranza, a tutta prova, che un'organizzazione perviene qualche
volta, dopo anni, a un relativo successo, dovuto generalmente a un cambiamento di persone. In
questi ultimi anni, prima della guerra e dopo, si è così arrivati - in Inghilterra, in Germania, in
America - a delle rivolte di militanti che fanno degli scioperi di loro propria iniziativa, contro la
volontà dei capi e contro le risoluzioni dell'associazione stessa. Che una cosa del genere possa
succedere del tutto naturalmente, e apparire come tale, dimostra che l'organizzazione, lungi
dall'essere la collettività dei membri, si presenta come un qualcosa di completamente estraneo. Gli
operai non sono sovrani nella loro associazione, ma sono da essa dominati come da una forza
estranea contro cui possono ribellarsi, benché questa forza estranea sia uscita da loro stessi. Ecco
un altro punto in comune con lo Stato. Poi, quando la ribellione si calma, la vecchia direzione torna
in sella e sa mantenersi nonostante l'odio e l'amarezza impotente delle masse perché si appoggia
sull'indifferenza e sulla mancanza di chiaroveggenza, di volontà omogenea e di perseveranza di
queste masse, e perché si basa sulla necessità intrinseca di un sindacato come unico mezzo che
hanno gli operai di trovare, nell'unificazione, le forze per battersi contro il capitale.
 
"Lottando contro il capitale, contro le tendenze del capitale assolutiste e generatrici di miseria,
limitando queste tendenze e rendendo di conseguenza possibile l'esistenza della classe operaia, il
movimento sindacale ha scelto di adempiere ad un compito nel capitalismo ed è diventato lui
stesso, per questa via, un elemento della società capitalistica. Ma dal momento che la rivoluzione
ha inizio, il proletariato in quanto da membro della società capitalistica si tramuta nel suo
distruttore, cozza contro il sindacato come contro un ostacolo.
"Quello che Marx e Lenin hanno detto a proposito dello Stato: e cioè che la sua organizzazione,
con tutto quel che può contenere di democrazia formale, lo rende inidoneo a servire come
strumento per la rivoluzione proletaria, vale dunque anche per le organizzazioni sindacali. La loro
potenza controrivoluzionaria non può essere annientata, Né attenuata con un cambiamento di
persone, con la sostituzione dei capi reazionari con uomini di sinistra o con rivoluzionari.
"È la stessa forma organizzativa che rende le masse pressocché impotenti e che non consente
loro di fare del sindacato uno strumento obbediente alla loro volontà. La rivoluzione può vincere
soltanto distruggendo questo organismo, vale a dire rovesciando da cima a fondo questa forma
organizzativa affinché ne esca qualcosa di completamente diverso.
"Il sistema del consigli, con il suo specifico sviluppo, è capace di sradicare e non soltanto di far
sparire la burocrazia statale, ma anche la burocrazia sindacale, non soltanto di formare i nuovi
organi politici del proletariato contro il capitalismo, ma anche le basi dei nuovi sindacati. Durante le
discussioni nel partito in Germania, si è voluto prendere in giro chi affermava che una forma di
organizzazione possa essere rivoluzionaria col pretesto che tutto dipendeva soltanto dalla
coscienza rivoluzionaria degli uomini, degli aderenti. Ma se il contenuto essenziale della
rivoluzione consiste nel fatto che le masse prendono nelle loro mani la direzione dei loro affari, la
direzione della società e della produzione, occorre conseguentemente dire che qualsiasi forma
organizzativa che non permette alle masse di dominare e di dirigere se stesse è
controrivoluzionaria e nociva; per questa ragione deve essere sostituta con un'altra forma
organizzativa che è rivoluzionaria per il fatto che questa permette agli operai stessi di decidere
attivamente su tutto! (Anton Pannekoek).
I sindacati, per loro natura, non sono armi buone per la rivoluzione nell'Europa occidentale. Anche
se non fossero diventati strumenti del capitalismo, se non fossero nelle mani dei traditori e se -
nelle mani di qualunque capo si preferisca - non fossero, per loro natura, destinati a fare dei loro
membri degli schiavi e degli strumenti passivi, essi, cionondimeno, sarebbero inutilizzabili.
I sindacati sono troppo deboli per la lotta, per la rivoluzione contro il capitale organizzato al livello
più alto quale è quello dell'Europa occidentale, e contro il suo Stato. L'uno e l'altro sono ancora
 
troppo potenti per i sindacati. I sindacati sono ancora in parte delle associazioni di mestiere e
basterebbe questo fatto a impedire loro di fare la rivoluzione. E nella misura in cui sono
associazioni di categoria, non si appoggiano direttamente sulle fabbriche, sulle officine, e ciò
provoca la loro debolezza. Infine, sono più delle società di mutuo soccorso - prodotto dell'epoca
piccolo-borghese - che dei raggruppamenti di lotta.
La loro organizzazione era già sufficiente per la lotta prima che la rivoluzione non fosse alle porte;
per la rivoluzione nell'Europa occidentale tale organizzazione è inidonea a qualsiasi servizio. Infatti
le fabbriche, gli operai delle fabbriche, non fanno la rivoluzione nelle associazioni di mestiere o di
categoria, ma nelle officine. Per giunta i sindacati sono organi dal lavoro lento, estremamente
complicati, buoni soltanto per i periodi di evoluzione . Ed è con questi miserabili sindacati i quali,
come si è visto, devono in ogni caso essere distrutti, che si vuol fare la rivoluzione... Gli operai
hanno bisogno di armi per la rivoluzione in Europa occidentale. Le sole armi per la rivoluzione
nell'Europa occidentale sono le organizzazioni di fabbrica. Le organizzazioni di fabbrica unite in
una grande unione.
Gli operai europeo-occidentali hanno bisogno delle armi migliori. Dal momento che sono soli e
perché non ricevono alcun aiuto. E per questo hanno bisogno di organizzazioni di fabbrica. In
Germania e in Inghilterra, immediatamente, perché là la rivoluzione è più imminente. E anche negli
altri paesi al più presto possibile, non appena potremo ottenerle.
Non vi serve a nulla dire, compagno Lenin, che in Russia avete agito in questo o quel modo. Infatti,
innanzitutto non avevate in Russia organizzazioni così cattive come sono molti sindacati da noi.
Voi avevate delle organizzazioni di fabbrica. In secondo luogo lo spirito degli operai era più
rivoluzionario. In terzo luogo l'organizzazione dei capitalisti era debole. E così lo Stato. Infine, cosa
fondamentale da cui tutto dipende, voi potevate ricevere un aiuto. Non avevate dunque bisogno
delle armi migliori tra le migliori. Noi siamo soli e abbiamo perciò bisogno di tutte le armi migliori.
Senza di esse non vinceremo e subiremo una disfatta dopo l'altra.
Ma ci sono altre basi, morali e materiali, che dimostrano che noi abbiamo ragione.
Immaginatevi, compagno, la situazione esistente in Germania prima della guerra e durante la
guerra: i sindacati, unici e troppo deboli strumenti, sono completamente nelle mani dei capi come
delle macchine inerti; e questi capi li sfruttano a vantaggio del capitalismo. Poi viene la rivoluzione.
I sindacati sono utilizzati dai capi e dalla massa dei membri come un'arma contro la rivoluzione. È
con il loro aiuto, con il loro appoggio, con l'azione dei loro capi e in parte anche con quella dei loro
membri, che la rivoluzione è assassinata. I comunisti vedono i loro fratelli fucilati con l'aiuto dei
sindacati. Gli scioperi a favore della rivoluzione sono spezzati. Credete, compagno, che sia
possibile agli operai rivoluzionari di continuare a restare in organizzazioni simili? Se per giunta
 
sono anche degli oggetti troppo deboli per servire la rivoluzione! Mi sembra che sia
psicologicamente impossibile. Che cosa avreste fatto voi come membro di un partito politico, del
partito menscevico, per esempio, se questo si fosse comportato in quel modo nella rivoluzione?
Sicuramente avreste fatto la scissione (se non l'avevate fatta prima)... Ma voi direte: si trattava di
un partito politico, per un sindacato la cosa è diversa. Io credo che vi sbagliate. Nella rivoluzione,
fino a quando dura la rivoluzione, ogni sindacato, perfino ogni gruppo operaio, gioca un ruolo da
partito politico per o contro la rivoluzione.
Ma, direte ancora - e lo dite nel vostro opuscolo - che questi moti sentimentali devono essere
superati a vantaggio dell'unità e della propaganda comunista.
Vi dimostrerò che ciò era impossibile in Germania, durante la rivoluzione. Con esempi concreti.
Infatti dobbiamo considerare la questione anche da un punto di vista concreto e unilaterale...
Supponiamo che ci fossero in Germania 100.000 portuali, 100.000 metallurgici e 100.000 minatori
veramente rivoluzionari. Essi vogliono scioperare, battersi, morire per la rivoluzione. Gli altri
milioni, no. Che cosa devono fare i 300.000? Innanzitutto unirsi tra loro, formare una lega per la
battaglia. Voi siete d'accordo su questo: gli operai non possono far nulla senza organizzazione. Ma
una nuova lega in presenza delle vecchie associazioni equivale a una scissione reale se non
formale. Anche nel caso in cui i sostenitori del nuovo raggruppamento dovessero restare membri
delle vecchie organizzazioni. Ma ecco poi che i membri della nuova organizzazione hanno bisogno
di una stampa, di riunioni, di locali, di funzionari retribuiti. Tutto ciò costa molto denaro. E gli operai
tedeschi non possiedono quasi nulla. Per far vivere la nuova associazione essi sono obbligati,
anche se non ne avessero voglia, ad abbandonare la vecchia. Considerando dunque le cose in
modo concreto, quello che voi prescrivete, caro compagno, è impossibile.
Ma esistono altre e migliori ragioni materiali. Gli operai tedeschi che sono usciti dai sindacati, che
vogliono distruggere i sindacati, che hanno creato le organizzazioni di fabbrica e l'Unione operaia,
si sono trovati in piena rivoluzione. Bisogna lottare immediatamente. La rivoluzione era arrivata. I
sindacati non vollero lottare. A che, dunque, in un momento simile mettersi a dire: restate nei
sindacati, propagandate le vostre idee, perché così diventerete sicuramente i più forti e avrete la
maggioranza. Tutto ciò sarebbe molto carino se non si tenesse conto che il soffocamento delle
minoranze è una regola (cosa questa che la sinistra non domanderebbe di meglio che di
dimostrare se soltanto ne avesse il tempo). Ma non c'era tempo da perdere. C'era la rivoluzione, e
c'è ancora.
Gli operai non possono sopportare sempre di essere fucilati dai sindacati e hanno bisogno di
lottare.
 
A causa di ciò i sinistri hanno creato l'Unione generale operaia. E poiché ritengono che la
rivoluzione in Germania non sia ancora finita e che, anzi, andrà molto più lontano, fino alla vittoria,
essi tengono duro.
Compagno Lenin! Se nel movimento operaio si formano due tendenze opposte, può esistere una
scelta diversa dalla lotta? E se questi orientamenti sono molto diversi, opposti l'uno all'altro, si può
forse evitare la scissione? Conoscete forse un'altra via d'uscita? Esiste qualcosa di più
contraddittorio della rivoluzione rispetto alla controrivoluzione?
Per questi motivi il KAPD e l'Unione generale operaia hanno pienamente ragione.
In ultima analisi, compagno, queste scissioni, queste chiarificazioni non sono sempre state delle
buone cose per il proletariato? E non ci si accorge di ciò sempre in un secondo tempo? In questo
campo io ho qualche esperienza. Quando eravamo ancora nel partito socialpatriota non avevamo
alcuna influenza. Quando ne siamo stati espulsi avevamo, all'inizio, poca influenza. Ma dopo
cominciammo ad avere molta influenza e poi, rapidamente, moltissima influenza. E voi, voi
bolscevichi, come vi siete trovati, compagno, dopo la scissione? Molto bene mi sembra. Accadde
così: prima in pochi, poi in molti. Il fatto che un gruppo, inizialmente piccolo finché si vuole, si
trasformi in qualcosa di grande, dipende completamente dallo sviluppo politico ed economico. Se
la rivoluzione continuerà in Germania, si può sperare che l'importanza e l'influenza dell'Unione
operaia diventeranno preminenti. L'Unione operaia non deve lasciarsi intimidire dai rapporti
numerici: 70.000 contro 7.000.000. Gruppi più piccoli di questo sono poi diventati i più forti. E i
bolscevichi sono tra questi!
Perché le organizzazioni di fabbrica e dei luoghi di lavoro, e l'Unione operaia che si basa su questa
rete organizzativa e che è formata dai suoi membri, sono certamente delle armi eccellenti, insieme
ai partiti comunisti? Perché sono le sole buone armi per la rivoluzione nell'Europa occidentale?
Perché in esse gli operai sono infinitamente più attivi che non nei vecchi sindacati; perché in esse
gli operai hanno in mano i dirigenti e, quindi la linea politica; e perché gli operai controllano
l'organizzazione di fabbrica, e, attraverso di essa, l'intera nazione.
Ogni fabbrica, ogni luogo di lavoro costituisce una unità. Nella fabbrica gli operai eleggono i loro
uomini di fiducia. Le organizzazioni di fabbrica sono divise in distretti economici. Attraverso i
distretti si possono ancora eleggere uomini di fiducia. E i distretti eleggono a loro volta la Direzione
generale dell'Unione per l'intero Stato.
Così tutte le organizzazioni di fabbrica, senza badare a quale industria appartengono, formano
insieme una sola unione operaia.
 
Si tratta, come si vede, di una organizzazione completamente orientata verso la rivoluzione.
Si può constatare anche che in questo caso l'operaio, ogni operaio, ha in mano un potere. Infatti
egli elegge nel suo luogo di lavoro i suoi uomini di fiducia e ha, attraverso costoro, un'influenza
diretta sul distretto e sull'unione su scala nazionale. C'è una centralizzazione forte ma senza
eccessi. L'individuo, con la sua organizzazione diretta, l'organizzazione di fabbrica, ha una grande
potenza. Egli può revocare in qualsiasi momento i suoi uomini di fiducia, sostituirli e costringerli a
sostituire immediatamente le istanze più alte. C'è individualismo ma non troppo.
Infatti le istanze centrali, i consigli regionali e il consiglio nazionale hanno una grande autorità.
Individuo e direzione hanno proprio la qualità di potere che è necessario e possibile avere
nell'Europa centrale, nell'attuale periodo che è quello dell'esplosione della rivoluzione.
Marx scrisse che, in regime capitalistico, il cittadino è, di fronte allo Stato, un'astrazione, una cifra.
La stessa cosa può dirsi per le vecchie organizzazioni sindacali. La burocrazia, l'intera essenza
dell'organizzazione, forma un universo superiore che sfugge all'operaio passandogli sulla testa
come una nuvola nel cielo. L'operaio, di fronte ad essa, è una cifra, un'astrazione. Per essa
l'operaio non è neanche l'uomo nella fabbrica; non è un essere vivente che vuole e che lotta.
Sostituite, nei vecchi sindacati, una burocrazia consolidata con personale nuovo e in poco tempo
vedrete anche quest'ultimo acquisire lo stesso carattere che lo innalzerà, lo allontanerà, lo
distaccherà dalla massa. Novantanove su cento saranno dei tiranni schierati a fianco della
borghesia. Questo scaturisce dalla natura stessa dell'organizzazione.
Come è diverso nelle organizzazioni di fabbrica! Qui, è l'operaio stesso che decide della tattica e
dell'orientamento della sua lotta, e che fa intervenire immediatamente la sua autorità se i suoi capi
non fanno quello che lui vuole. Egli è permanentemente al centro della lotta perché la fabbrica,
l'officina, sono anche la sua base di organizzazione.
Egli è anche, nella misura in cui una cosa del genere è possibile in regime capitalistico, l'artefice e
il padrone del suo destino, e poiché ciò vale per tutti, la massa scatena e dirige la sua lotta. Molto
di più, infinitamente di più, in ogni caso, di quanto non fosse possibile nelle vecchie organizzazioni
economiche sia riformiste che sindacaliste (Naturalmente occorre comprendere che questo nuovo
rapporto tra individualismo e centralismo non è dato come un fatto pienamente realizzato, ma
come una realtà in formazione, un processo che si potrà sviluppare e completare soltanto
attraverso la lotta).
Poiché fanno degli individui e, di conseguenza, delle masse, gli agenti diretti della lotta, i suoi
dirigenti e i suoi sostenitori, le nuove organizzazioni di fabbrica e l'Unione operaia sono veramente
 
le armi migliori per la rivoluzione, le armi di cui abbiamo bisogno nell'Europa occidentale, per
rovesciare, senza ricevere aiuti, il capitalismo più potente di tutto il mondo.
Ma, compagno, questi sono ancora dei deboli argomenti in confronto all'ultima e fondamentale
questione che è legata strettamente ai principi cui ho alluso all'inizio. Questa ragione è decisiva
per il KAPD e per il partito di opposizione in Inghilterra: questi partiti vogliono elevare di molto il
livello di coscienza delle masse e degli individui in Germania e in Inghilterra.
Secondo loro per fare questo c'è un solo mezzo. E io vorrei chiedervi ancora una volta se voi
conoscete un metodo diverso nel movimento operaio.
Questo mezzo consiste nella formazione, nell'educazione di un gruppo che dimostra nella lotta
quello che deve diventare la massa. Indicatemi, compagno, un altro mezzo se lo conoscete. Io, per
quel che mi riguarda, non ne conosco altri.
Nel movimento operaio, e soprattutto nella rivoluzione, secondo me, non può esserci che una sola
verifica: quella dell'esempio e dell'azione.
I compagni della sinistra credono possibile, con il loro piccolo gruppo in lotta contro il capitalismo e
i sindacati, condurre i sindacati dalla loro parte o perlomeno, giacché la cosa non è impossibile,
spostarli a poco a poco su posizioni migliori.
Una cosa del genere può essere realizzata soltanto con l'esempio. Per elevare il livello
rivoluzionario degli operai tedeschi, queste nuove formazioni - le organizzazioni di fabbrica - sono
dunque assolutamente indispensabili.
Come i partiti comunisti si erigono davanti ai partiti socialpatrioti, così anche la nuova formazione,
l'Unione operaia, deve schierarsi di fronte al sindacato (La vostra osservazione sarcastica
sull'Unione operaia che non può essere neanch'essa senza macchia, non ci fa un grande effetto
perché è giusta solo in quanto l'Unione operaia deve lottare per ottenere miglioramenti in regime
capitalistico mentre non è giusta per quanto riguarda la lotta rivoluzionaria dell'Unione).
Per trasformare le masse asservite al riformismo e al socialpatriottismo, soltanto l'esempio può
servire.
Mi occupo ora dell'Inghilterra, della sinistra inglese. L'Inghilterra è dopo la Germania il paese più
vicino alla rivoluzione. Non perché la situazione sia là già rivoluzionaria, ma perché il proletariato
inglese è particolarmente numeroso e la situazione economica del capitalismo è sviluppata al
massimo livello. Là c'è bisogno soltanto di un forte impulso per far cominciare la battaglia che può
concludersi soltanto con una vittoria. È questo quello che pensano, che sanno quasi istintivamente
gli operai più avanzati dell'Inghilterra (così come anche noi lo sentiamo); e dal momento che
 
avvertono tutto ciò essi hanno fondato là, come in Germania, un nuovo movimento... che si delinea
e procede per tentativi, proprio come in Germania: il movimento Rank and File, delle masse
autodirette, senza capi o quasi (Gli Shop Committees, Shop Stewards e, in modo particolare nel
Galles le Industrial Unions).
Questi movimenti assomigliano molto all'Unione operaia tedesca con le sue organizzazioni di
fabbrica.
Avete notato, compagno, che questo movimento è sorto soltanto nei due paesi più avanzati? E
all'interno della classe operaia stessa? E in diverse località? (Dire che in Germania questo
movimento è stato provocato "dall'alto" è una calunnia). Ciò costituisce di per sé la prova di una
spontaneità irresistibile.
In Inghilterra questo movimento, questa lotta contro i sindacati è quasi più necessaria che in
Germania. Le Trade Unions inglesi non sono soltanto strumenti nelle mani dei dirigenti per
sostenere il capitalismo, ma sono attrezzi ancora più inutilizzabili, ai fini rivoluzionari, dei sindacati
tedeschi. La loro formazione risale ai tempi della piccola guerra, ciascuno per sé, spesso fino
all'inizio del XIX secolo o anche fino al XVIII secolo. In Inghilterra non esistono forse delle industrie
che comprendono venticinque unioni sindacali, che si disputano accanitamente i loro aderenti?
Organizzazioni di questo genere bisogna evitare di combatterle, di scinderle, di annientarle? Se si
è contro le unioni operaie, si deve essere anche contro gli Shop Stewards, gli Shop Committees e
le Industrial Unions. Se si è a favore di quest'ultimi lo si deve essere anche per le prime giacché i
comunisti hanno in entrambi gli stessi scopi.
Questa nuova corrente nel movimento trade-unionistico potrà essere utile alla sinistra comunista in
Inghilterra per annientare i sindacati inglesi, quali sono oggi, e per sostituirli con nuovi strumenti
della lotta di classe utilizzabili nella rivoluzione. Le stesse ragioni che abbiamo portato per il
movimento tedesco, sono valide anche in questo caso.
Ho letto nella lettera del Comitato esecutivo della Terza Internazionale al KAPD che l'esecutivo è a
favore degli IWW d'America a condizione che questa organizzazione non sia ostile alla politica e
all'adesione al partito comunista. E questi IWW non sono obbligati ad entrare nei sindacati
americani! Tuttavia l'esecutivo è contro l'Unione operaia in Germania, e la vuole costringere a
fondersi con i sindacati benché essa sia comunista e collabori con il partito politico.
E voi compagno Lenin, voi siete a favore del Rank and File in Inghilterra (il quale, tuttavia, provoca
già una scissione e organizza molti comunisti che vogliono la distruzione dei sindacati!), ma siete
invece ostile all'Unione operaia in Germania.
 
Io non posso non vedere l'opportunismo nel vostro atteggiamento e in quello del Comitato
Esecutivo. E quel che è peggio, un opportunismo sbagliata.
Naturalmente la sinistra comunista in Inghilterra, poiché la rivoluzione non ce l'ha ancora davanti,
non può spingersi tanto lontano quanto la sinistra in Germania. Non può ancora organizzare il
Rank and File Movement in tutto il paese con basi di massa e con finalità immediatamente
rivoluzionarie. Ma la sinistra inglese prepara tutto questo. E non appena la rivoluzione sarà arrivata
gli operai abbandoneranno in massa le vecchie organizzazioni inidonee alla rivoluzione e
affluiranno nelle organizzazioni di fabbrica e d'industria.
Essi vi affluiranno per il fatto stesso che la sinistra comunista si sviluppa innanzitutto nel
movimento nella misura in cui si sforza di propagandare le idee comuniste. Sul suo esempio molti
operai si sono già innalzati a un livello superiore (Voi ci propinate a questo punto compagno, alla
pari di altri che l'hanno fatto tanto spesso, il solito argomento in base al quale i comunisti
abbandonando i sindacati perdono il contatto con le masse. Ma il contatto migliore non si realizza
forse tutti i giorni nelle fabbriche? E tutte le fabbriche non sono già ora diventate già qualcosa di
più di un luogo di contatto, ma qualcosa di simile a un centro decisionale? In che modo, agendo in
questo modo, gli "estremisti" potrebbero perdere il contatto con le masse?). E questo è, come in
Germania, lo scopo essenziale.
L'Unione generale operaia (AAU) e il Rank and File Movement, appoggiandosi entrambi sulle
fabbriche, sui luoghi di lavoro, e soltanto su di essi, sono i precursori dei consigli operai, dei soviet.
La rivoluzione nell'Europa occidentale sarà molto più difficile e per il fatto stesso che si svilupperà
con lentezza, conoscerà un lunghissimo periodo di transizione in cui i sindacati saranno fuori
servizio e in cui i soviet non saranno ancora pronti. Questo periodo di transizione sarà
caratterizzato dalla lotta contro i sindacati attraverso la loro trasformazione e la loro sostituzione
con organizzazioni migliori. Voi non avrete di che essere inquieto su questo punto: noi avremo il
tempo per fare questo!
Insisto nel dire che ciò non accadrà perché noi estremisti lo vogliamo ma perché la rivoluzione
esige questa nuova forma organizzativa senza la quale non può vincere.
Coraggio, dunque, Rank and File Movement in Inghilterra e Unione operaia in Germania! Voi siete
i precursori dei soviet in Europa. Coraggio! Voi siete le prime organizzazioni adatte a condurre la
lotta insieme ai partiti comunisti, contro il capitalismo nell'Europa occidentale, la lotta della
rivoluzione!
Compagno Lenin voi volete obbligarci, volete obbligare noi dell'Europa occidentale - noi che siamo
privi di alleati di fronte ad un capitalismo tuttora potente, estremamente organizzato (organizzato in
tutte le branche e in tutti i sensi) e bene armato, un capitalismo che può essere battuto solo con le
 
armi migliori - a utilizzare armi cattive. Volete imporre i miserabili sindacati proprio a noi che
vogliamo organizzare la rivoluzione nelle fabbriche e sulla base delle fabbriche. La rivoluzione in
Occidente non può essere organizzata che sulla base delle fabbriche e nelle fabbriche, deve per
forza essere così perché è nelle fabbriche che il capitalismo è tanto organizzato in tutti i sensi,
economicamente e politicamente, e perché gli operai non hanno (al di fuori del partito comunista)
alcuna solida arma (i russi erano armati e avevano con loro i contadini poveri. Quello che le armi e
i contadini poveri erano per i russi devono esserlo per noi, al momento attuale, la tattica e
l'organizzazione). E in un momento del genere voi siete a favore dei sindacati. Mentre noi siamo
obbligati, per motivi psicologici e materiali, in piena rivoluzione, a lottare contro i sindacati, voi
volete impedirci di condurre tale lotta. Noi siamo costretti a lottare con la scissione e voi ci
ostacolate. Noi vogliamo formare dei gruppi capaci di dare l'esempio come unico metodo per
dimostrare al proletariato che cosa vogliamo, e voi ci proibite di dare l'esempio. Noi vogliamo
elevare il livello del proletariato occidentale e voi, ci mettete i bastoni tra le ruote.
Non volete la scissione né altre organizzazioni, né, di conseguenza, l'elevazione a un livello
superiore.
E perché? Perché volete avere nella Terza Internazionale i grandi sindacati e i grandi partiti. Tutto
ciò ci appare opportunismo, come opportunismo della peggiore specie (Il seguente esempio può
dare un'idea del caos in cui questo opportunismo ci porta: esistono dei paesi in cui a fianco dei
sindacati riformisti, esistono delle organizzazioni sindacali che, pur essendo cattive, lottano meglio
dei sindacati stessi. Le tesi di Mosca chiedono l'entrata di queste organizzazioni sindacaliste nelle
grandi organizzazioni riformiste. In tal modo obbligano spesso i comunisti a trasformarsi in
"pompieri", come per esempio in Olanda. Ma c'è di più: l'Unione operaia tedesca è condannata
perché si pone sul terreno della scissione. Ma che cosa fa l'internazionale? Essa fonda una nuova
Internazionale sindacale...).
Vi comportate ora, nella Terza Internazionale, in modo completamente diverso da quanto facevate
nel partito bolscevico. Quest'ultimo fu conservato molto "puro" e forse lo è ancora. Invece
nell'Internazionale bisogna accogliere, secondo voi, in tutta fretta quelli che sono comunisti per
metà, per un quarto o anche per un ottavo.
È una maledizione che pesa sul movimento operaio: non appena ha ottenuto un certo "potere"
esso tende ad aumentarlo con mezzi contrari ai principi. Anche la socialdemocrazia era "pura"
all'inizio in quasi tutti i paesi. La maggior parte degli attuali socialtraditori erano dei veri marxisti. Le
masse furono conquistate con la propaganda marxista. Ma subito dopo aver raggiunto una certa
potenza, i capi abbandonarono le masse.
 
Attualmente voi e la Terza Internazionale vi comportate come un tempo fece la socialdemocrazia.
Naturalmente oggi la cosa non avviene più nei limiti nazionali ma su scala internazionale. La
rivoluzione russa ha vinto per la "purezza", per la fermezza nei principi. Attualmente il proletariato
dispone di un certo "potere". Occorre ora estendere questo potere su tutta l'Europa. Ed ecco che si
abbandona la vecchia tattica!
Invece di applicare ora a tutti gli altri paesi questa tattica sperimentata, e di rafforzare così
dall'interno la Terza Internazionale, si compie un voltafaccia e, alla pari della socialdemocrazia di
una volta, si passa all'opportunismo. Ecco che si fa passare tutto: i sindacati, gli indipendenti, il
centro francese, una porzione del Labour Party.
Per salvare le apparenze del marxismo si pongono delle condizioni da sottoscrivere! Kautsky,
Hilferding, Thomas ecc. vengono messi all'indice. Ma le grandi masse, il quadro medio, sono
accettati, e tutti i mezzi sono buoni per spingerli ad entrare nell'Internazionale. Per rafforzare
ulteriormente il centro si escludono gli "estremisti", a meno che non vogliano passare al centro! I
migliori rivoluzionari, quali il KAPD, sono così esclusi!
E una volta unita la grande massa con una linea centrista, ci si sbrana tutti insieme sotto la
disciplina di ferro, sotto capi messi alla prova in un modo tanto straordinario.
Per andare dove? Nel baratro. A che cosa servono i principi obbligatori, le brillanti tesi della Terza
Internazionale se, nella pratica, si è opportunisti? Anche la Seconda Internazionale aveva i più bei
principi ma è sprofondata nella pratica.
Noi estremisti non vogliamo che questo accada. Vogliamo innanzitutto formare nell'Europa
occidentale, così come fecero un tempo i bolscevichi in Russia, dei nuclei solidissimi, molto
coscienti e fortissimi (anche se inizialmente molto piccoli). E quando li avremo formati, li
ingrandiremo. Ma su un terreno sempre più solido, sempre più forte, sempre più "puro". Soltanto in
questa maniera possiamo vincere nell'Europa occidentale. È per questo che respingiamo tutta la
vostra tattica, compagno Lenin.
Voi dite, compagno, che noialtri membri della Commissione di Amsterdam abbiamo dimenticato o
non abbiamo imparato le lezioni delle rivoluzioni precedenti. Ebbene! compagno, io mi ricordo
benissimo di un fatto che ha caratterizzato le rivoluzioni del passato. È il seguente: i partiti di
"estrema sinistra" vi hanno sempre giocato un ruolo eminente, di primo piano. Si ricordino la
rivoluzione olandese contro la Spagna, la rivoluzione inglese, quella francese, quella della Comune
e le due rivoluzioni russe.
Attualmente nello sviluppo del movimento operaio si presentano, nella fase rivoluzionaria europeooccidentale,
due correnti: quella radicale e quella opportunista. Non possono pervenire a una
buona tattica, all'unità, se non con la lotta reciproca. Ma la corrente radicale è di gran lunga la
 
migliore anche se in qualche faccenda di secondo piano si spinge troppo oltre. E voi, compagno
Lenin, sostenete la corrente opportunista!
E non è tutto! L'esecutivo di Mosca, i capi russi di una rivoluzione che ha vinto con l'aiuto di un
esercito di milioni di contadini poveri, vogliono imporre la loro tattica al proletariato dell'Europa
occidentale che invece è solo. E per far questo essi, così come voi, spezzano la migliore corrente
dell'Europa occidentale!
Quale stupidità bestiale, e soprattutto quale dialettica! Quando la rivoluzione scoppierà
nell'Occidente europeo voi vedrete che cosa ne sarà della vostra tattica onirica! Ma il proletariato
ne farà allora le spese.
Voi, compagno, e l'esecutivo di Mosca, sapete che i sindacati sono delle potenze
controrivoluzionarie. Ciò risulta chiaramente dalle vostre tesi. Ciononostante volete conservarli.
Sapete anche che l'Unione operaia, e cioè le organizzazioni di fabbrica, il Rank and File Movement
sono organizzazioni rivoluzionarie. Dite voi stesso, nelle vostre tesi, che le organizzazioni di
fabbrica devono essere e sono il nostro scopo. Ciononostante volete soffocarle. Volete soffocare le
organizzazioni nelle quali gli operai, ogni operaio, e di conseguenza la massa, può sviluppare forze
e potenza, e volete conservare le organizzazioni in cui la massa è uno strumento passivo nelle
mani dei capi. In questo modo volete prendere il controllo dei sindacati, metterli sotto il controllo
della Terza Internazionale.
Perché volete questo? Perché seguite questa cattiva tattica? Perché volete avere le masse attorno
a voi, quali esse siano e prima di ogni altra cosa. Perché voi ritenete che soltanto alla condizione di
avere le masse sottomesse con una disciplina ferma e centralizzata (in modo comunista,
semicomunista o per nulla comunista...) voi stessi, cioè i capi, arriverete alla vittoria.
In breve: perché conducete una politica da capo. La politica da capo non è la politica che vuole
capi e centralizzazione (senza dei quali non si può ottenere nulla così come non si può ottenere
nulla senza il partito), ma è la politica che riunisce le masse senza consultarle per sentire le loro
convinzioni e le loro opinioni, e che pensa che i capi possono vincere soltanto se hanno le grandi
masse attorno a loro. Ma questa politica, che voi e l'esecutivo attualmente portate avanti nella
questione sindacale, non avrà successo nell'Occidente europeo. Infatti il capitalismo è ancora
troppo potente e il proletariato è troppo ridotto alle sue sole forze. Tale politica fallirà come quella
della Seconda Internazionale.
Qui gli operai devono diventare potenti innanzitutto da soli, e solo in seguito grazie a voi capi. Qui il
male, la politica da capo, deve essere distrutto alle radici. Con la vostra tattica nella questione
sindacale, voi e l'esecutivo di Mosca, avete dimostrato con successo che se non cambiate, la
tattica stessa, non potrete dirigere la rivoluzione nell'Europa occidentale.
 
Voi dite che la sinistra quando pretende di applicare la sua tattica sa soltanto far chiacchiere.
Ebbene, compagno, la sinistra ha finora avuto poche o nessuna occasione di agire in altri paesi.
Ma osservate soltanto la Germania, considerate la tattica e l'attività del KAPD al momento del
putsch di Kapp e di fronte alla rivoluzione recalcitrante, e sarete obbligato a ritirare le vostre parole.
 
Il parlamentarismo
Resta ancora da difendere la sinistra sulla questione del parlamentarismo (all’inizio pensavo che
era questa una questione secondaria. L’atteggiamento opportunista dello Spartakusbund al
momento del putsch di Kapp e quello che voi adottare nel vostro opuscolo, anche in questa
materia, mi ha persuaso che si tratta invece di una questione importante).
La linea di sinistra, anche in questa questione, si basa sulle stesse considerazioni generali e
teoriche prese in esame nella questione sindacale: isolamento del proletariato, enorme potenza
del nemico, necessità per la massa di elevarsi all'altezza dei suoi compiti, di non fidarsi,
inanzitutto, che di se stessa,ecc. Non ho bisogno di esporre un'altra volta tutte queste ragioni.
Ma ce ne sono altre ancora più importanti di quelle addotte per la questione sindacale.
Innanzitutto: gli operai, e in generale, le masse lavoratrici dell'Europa occidentale sono
completamente sotto l'influsso ideologico della cultura borghese, delle idee borghesi e, di
conseguenza, del sistema rappresentativo e del parlamentarismo borghese, della democrazia
borghese. E questo a un livello molto più alto rispetto agli operai dell'Europa orientale. Da noi
l'ideologia borghese si è impadronita dell'intera vita sociale e, di conseguenza, anche politica; è
penetrata profondamente nella testa e nei cuori degli operai. E' all'interno di questa ideologia che
gli operai sono stati educati, sono cresciuti già da alcuni secoli. Sono saturi di idee borghesi.
Il compagno Pannekoek descrive molto correttamente questa situazione nella rivista
<<kommunismus>> di Vienna. <<l'esperienza tedesca si colloca di fronte al grande problema della
rivoluzione nell'Europa occidentale. In questi paesi il modo di produzione borghese e la secolare
cultura altamente sviluppata che gli è legata hanno inciso profondamente sul modo di sentire e di
pensare delle masse popolari. In tal modo il loro carattere intimo e spirituale è completamente
diverso da quello degli operai delle regioni orientali che non hanno mai conosciuto il dominio
borghese. Ed è qui che risiede, innanzitutto, la differenza del corso rivoluzionario dell'Est, rispetto
all'Ovest dell'Europa. In Inghilterra, Francia, Olanda, Scandinavia, Italia, Germania, fioriva, fin dal
Medioevo, una forte borghesia sulla base d'una produzione piccolo-borghese e di capitalismo
primitivo. E quando il feudalesimo fu rovesciato, si sviluppò anche nelle campagne una forte ed
indipendente classe di contadini, la quale fu anche padrona della sua piccola economia. Su tale
base si è sviluppata la vita spirituale borghese, in una solida cultura nazionale. Accadde così
innanzitutto negli Stati marittimi come l'Inghilterra, la Francia, che marciarono alla testa dello
sviluppo capitalistico. Il capitalismo, mediante l'assoggettamento dell'intera economia alla sua
direzione, legando anche le fattorie più sperdute al campo dell'economia mondiale, nel corsi del
XIX secolo, ha elevato il livello di questa cultura nazionale, l'ha migliorato, e con le sue armi
spirituali di propaganda - la stampa, la scuola e la chiesa - ha forgiato su tale modello il cervello
popolare, sia che si tratti della masse proletarizzate da esso attirate nella città sia che si tratti di
 
quelle lanciate nelle campagne.
<<Queste considerazioni sono valide non soltanto per i paesi in cui il capitalismo è nato, ma
anche, benché con forme un pò diverse, per l'Australia e l'America, dove gli europei hanno fondato
nuovi Stati, così come per i paesi dell'Europa centrale quali la Germania, l'Austria e l'Italia, dove il
nuovo sviluppo capitalistico ha potuto innestarsi sulla vecchia economia arretrata e sulla cultura
piccolo-borghese. Il capitalismo trovò, penetrando nei paesi dell'Europa orientale, un materiale
tutto diverso e di altre tradizioni. In Russia, in Polonia, in Ungheria e nei paesi a est dell'Elba, non
c'era una classe borghese abbastanza forte da dominare, per tradizione, la vita spirituale. La
situazione agraria - grande proprietà fondiaria, feudalesimo patriarcale, comunismo di villaggio -
dava il tono all'ideologia>>.
In questo brano il compagno Pannekoek, posto di fronte al problema ideologico, ha colpito il
bersaglio giusto. Molto meglio di quanto noi avessimo mai fatto, egli faceva emergere sul terreno
ideologico la differenza tra l'Europa orientale e quella occidentale, e ha dato, da questo punto di
vista, la chiave di una tattica rivoluzionaria per l'Europa occidentale.
Se si stabilisce il legame tra tutto ciò e la causa materiale della potenza nemica, e cioè con il
capitale finanziario, allora l'intera tattica diventa chiara.
Ma si può dire di più a proposito del problema ideologico. La libertà borghese, la potenza del
parlamento, sono state, nell’Europa occidentale, una conquista delle generazioni precedenti, degli
antenati nelle loro lotta liberatrice; conquiste utilizzate dai possidenti ma realizzate dal popolo. Il
ricordo di queste lotte costituisce ancora una tradizione profondamente radicata nel sangue del
popolo. Una rivoluzione, in effetti, è il ricordo più profondo di un popolo. La convinzione che
l'essere rappresentati in parlamento costituisce una vittoria, è inconsciamente qualcosa come una
forza immensa e tranquilla. Questo è vero in particolare nei paesi più vecchi della borghesia in cui
hanno avuto luogo lotte lunghe e frequenti per la libertà; in Inghilterra, in Olanda e in Francia. E
anche, ma in misura minore, in Germania, in Belgio e nei paesi scandinavi. Un abitante dei paesi
dell'Est non può probabilmente immaginarsi quale forza può avere questa convinzione.
Per di più gli operai qui hanno lottato, spesso per molti anni, per il suffragio universale e lo hanno
conquistato nella lotta; o direttamente o indirettamente. Questa vittoria ai suoi tempi ebbe dei
risultati. Si pensa e si sente generalmente che avere dei rappresentanti nel parlamento borghese
delegare ad essi i propri interessi, costituisca un progresso e una vittoria. Non bisogna
sottovalutare la forza di questa ideologia.
E infine, la classe operaia dell'Europa occidentale è caduta, con il riformismo, sotto i colpi dei
parlamentari che l'hanno portata alla guerra, all'alleanza con il capitalismo. Questa influenza del
 
riformismo è anch'essa colossale Per tutte questa cause l'operaio è diventato lo schiavo del
parlamento al quale delega ogni cosa. In prima persona non agisce più (Questa grande influenza,
tutta questa ideologia dell’Europa occidentale, degli Stati Uniti e delle colonie inglesi non è
compresa nell’Europa dell’est, nella Turchia e nei Balcani (per non parlare dell’Asia.).
Viene la rivoluzione. Ora l'operaio deve fare tutto in prima persona. Deve lottare da solo con la sua
classe contro il formidabile nemico,deve condurre la lotta più terribile che si sia vista al mondo.
Nessuna tattica da capi può aiutarlo. Tutte le classi formano una barriera compatta davanti a lui, e
nessuna è dalla sua parte. Se invece si fa rappresentare in parlamento dai suoi capi o da altre
classi, è minacciato dal grande pericolo di ricadere nella sua vecchia debolezza lasciando agire i
capi, delegando tutto al parlamento, confinandosi nella finzione secondo la quale altri possono fare
la rivoluzione al suo posto, perseguendo delle illusioni e restando bloccato nell'ideologia borghese.
Questo atteggiamento delle masse di fronte ai capi è anch'esso molto ben descritto dal compagno
Pannekoek:<<Il parlamentarismo è la forza tipica della lotta con uno strumento da capi, che fa
giocare alle masse un ruolo secondario. La sua pratica consiste nel fatto che dei deputati, delle
personalità particolari, conducano una lotta fondamentale. Essi devono, di conseguenza, destare
nelle masse l'illusione che altri possono sostenere la lotta al loro posto. Una volta si credeva che i
capi avrebbero potuto ottenere delle riforme importanti per gli operai attraverso la via
parlamentare, e aveva anche corso l'illusione che i parlamentari avrebbero potuto realizzare la
rivoluzione socialista con misure legislative. Oggi che il parlamentarismo ha un aspetto più
modesto, si mette avanti l'argomento che i deputati possono fare una forte propaganda per il
comunismo in parlamento. ma sempre l'importanza decisiva è attribuita ai capi. Naturalmente in
questa situazione sono i funzionari che dirigono la politica, magari sotto la mascheratura
democratica delle discussioni e risoluzioni dei congressi. La storia della socialdemocrazia è, da
questo punto di vista, una lezione degli sforzi iniziali fatti affinché i membri del partito determinano
da soli la linea politica. Laddove il proletariato lotta sulla via parlamentare, tutto ciò è inevitabile
fino a quando le masse non avranno creato delle organizzazioni adatte ala loro azione, vale a dire
laddove la rivoluzione deve ancora arrivare. Ma non appena le masse entrano in scena in prima
persona, per decidere e per agire, i misfatti del parlamentarismo sovraccaricano la bilancia.
<<Il problema della tattica consiste nel trovare i mezzi per estirpare la mentalità tradizionale
borghese che domina sulle masse proletarie indebolendone le forze. Tutto ciò che rafforza
nuovamente la concezioni tradizionali è nocivo. Il lato più solido, più tenace, di questa mentalità è
proprio costituito dallo stato di dipendenza nei confronti dei dirigenti ai quali gli operai delegano la
soluzione di tutte le questioni generali, la direzione dei loro interessi di classe. Il parlamentarismo
inevitabilmente tende a paralizzare l'azione delle masse necessarie per la rivoluzione.
 
Che si pronuncino dei bei discorsi per ridestare l'attenzione rivoluzionaria! L'attività rivoluzionaria
non trae il suo alimento da frasi simili, ma soltanto dalla necessità dura e difficile e quando non c'è
altra via d'uscita.
<<La rivoluzione inoltre esige qualcosa di più della lotta delle masse che rovescia un sistema
governativo, di una battaglia che sappiamo non poter essere artificialmente provocata ma soltanto
originata dai bisogni profondi delle masse. La rivoluzione esige che il proletariato prenda nelle sue
mani le grandi questioni della ricostruzione sociale, le più difficili decisioni, che il proletariato entri
al completo nel movimento creativo. E ciò è impossibile, se innanzitutto l'avanguardia, poi masse
sempre più larghe, non prendano le cose nelle loro mani, non si considerino responsabili, non si
mettano a studiare, a fare propaganda, a lottare, a pensare, a osare ed eseguire fino in fondo. Ma
tutto ciò è difficile e penso; fino a che la classe operaia è portata a credere alla possibilità di una
strada più facile in cui altri agiscono al suo posto conducendo l'agitazione da una tribuna
altolocata, prendendo decisioni, dando il segnale per l'azione, facendo leggi, fino ad allora essa
esiterà e resterà passiva, sotto il peso della vecchia mentalità e delle vecchie debolezze>>.
Gli operai dell'Europa occidentale devono agire innanzitutto in prima persona e non soltanto sul
terreno sindacale ma anche sul terreno politico: occorre ripetere questo mille volte e, se è
necessario, anche centomila, un milione di volte (e chi non ha compreso e non ha tratto questa
lezione degli avvenimenti seguiti al novembre del 1918 è un cieco anche se si tratta di voi,
compagno). Giacché essi sono soli e nessuna astuzia dei capi potrebbe aiutarli. E' da loro stessi
che deve uscire la massima forza d'impulso. Qui, per la prima volta a un livello più elevato che non
in Russia, l'emancipazione della classe operaia sarà opera degli operai stessi. E' per questo che i
compagni della sinistra hanno ragione quando dicono ai compagni tedeschi: non partecipate alla
elezioni, boicottate il parlamento; occorre che voi stessi facciate ogni cosa sul piano politico; voi
operai non vincerete fino a che non agirete in questo modo; vincerete soltanto se agirete così per
due, cinque, dieci anni e se vi sforzerete uno ad uno, gruppo a gruppo, di città in città, di provincia
in provincia, e infine in tutto il paese, come partito, come unione, come consigli di fabbrica, come
massa, come classe. Attraverso l'esempio e la lotta sempre rinnovata, attraverso le disfatte,
succederà che la grande maggioranza di voi formerà un blocco e dopo aver frequentato questa
scuola, potrebbe formare una massa grande e omogenea.
Ma i compagni, gli estremisti della KAPD avrebbero commesso un grosso sbaglio se avessero
sostenuto questa linea soltanto a parole, come propaganda. In questa questione politica la lotta e
l'esempio sono ancora più importanti che nella questione sindacale.
I compagni della KAPD erano nel loro pieno diritto e obbedivano ad una necessità storica quando
 
si separarono dalla Spartakusbund, scindendosi da essa o meglio dalla sua Centrale nel momento
in cui quest'ultima non voleva più tollerare quel tipo di propaganda. In effetti il proletariato tedesco
e gli operai dell'Europa occidentale avevano bisogno, innanzitutto di schiavi politici, che in questo
mondo di oppressi dell'Europa occidentale, sorgesse un gruppo che fosse di esempio, un gruppo
di liberi lottatori, senza capi, vale a dire senza capi del vecchio tipo. Senza deputati in parlamento.
E ciò ancora una volta non perché sia bello o buono di per sé, o perché è eroico è meraviglioso,
ma perché il popolo lavoratore tedesco e occidentale è solo in questa terribile lotta e non può
sperare in alcun aiuto dalle altre classi o dall'intelligenza dei capi. Una sola cosa può sostenerlo: la
volontà e la decisione delle masse, uomo per uomo, donna per donna, insieme.
A questa tattica fondata su ragioni così profonde, si oppone la partecipazione al parlamento che
può solo nuocere a questa giusta linea; e il danno è infinitamente maggiore del piccolo vantaggio
della propaganda (attraverso la tribuna parlamentare). E a causa di ciò la sinistra respinge il
parlamentarismo.
Voi dite che il compagno Liebknecht potrebbe, se fosse vivo, fare un lavoro meraviglioso nel
Reichstag. Noi lo neghiamo. Non potrebbe manovrare politicamente laddove i partiti della grande e
piccola borghesia formano un blocco contro di noi. E neanche conquisterebbe, per questa via, le
masse meglio di quanto potrebbe fare stando fuori del parlamento. Al contrario, una grandissima
parte della massa sarebbe soddisfatta dei discorsi e la sua presenza in parlamento sarebbe quindi
nociva (L’esempio del compagno Liebknecht prova proprio la correttezza della nostra tattica. Prima
della rivoluzione, quando l’imperialismo era all’apogeo della sua potenza e le leggi eccezionali del
periodo di guerra soffocavano qualsiasi movimento, egli, con le sue proteste in parlamento, poté
esercitare una grande influenza, ma durante la rivoluzione non avrebbe potuto fare altrettanto. Non
appena gli operai prendono nelle loro mani i loro destini, noi dobbiamo abbandonare il
parlamento).
Senza dubbio un lavoro simile della sinistra durerà anni e le persone che, per qualsiasi ragione,
desiderano successi immediati, cifre più alte di aderenti e di voti, grandi partiti e una Internazionale
potente (in apparenza), dovranno aspettare ancora per molto tempo. Ma quelli che comprendono
che la vittoria della rivoluzione in Germania e nell'Europa occidentale sarà una realtà soltanto se la
massa degli operai comincerà a riporre la sua fiducia in se stessa, saranno soddisfatti di questa
tattica.
Compagno, conoscete tutto l'individualismo borghese dell'Inghilterra, la sua libertà borghese, la
sua democrazia parlamentare, cosi come si sono sviluppate durante sei o sette secoli? Cosi come
sono: infinitamente differenti dalla situazione russa? Sapete come queste idee siano
 
profondamente radicate in ogni individuo, ivi compresi i proletari, in Inghilterra e nelle sue colonie?
Conoscete questa struttura unificata in un immenso complesso? La sua importanza generale nella
vita sociale e personale? Io credo che nessun russo, nessun europeo dell'Est, le conosce. Se voi
le conoscete, ammirerete allora quegli operai inglesi che osano porsi radicalmente contro questo
immenso edificio, contro la più grande costruzione politica del capitalismo nel mondo intero.
Per arrivare a questa altezza, se questa è pienamente cosciente, non occorre forse un senso
rivoluzionario altrettanto sviluppato di quello di chi ha rotto per primo con lo zarismo? Questa
rottura con tutta la democrazia inglese significa già la rivoluzione inglese in embrione.
Infatti questa azione viene compiuta con la massima decisione cosi come deve essere in questa
Inghilterra forte di un passato storico gigantesco e di potenti tradizioni. Proprio perché rappresenta
la forza maggiore (è proporzionalmente il più forte del mondo) il proletariato inglese si erge
all'improvviso davanti alla borghesia più forte del mondo, si erge con tutta la sua forza e respinge
subito l'intera democrazia inglese benché nel suo paese non sia ancora giunta la rivoluzione.
Tutto questo è stato già realizzato dalla sua avanguardia, dalla sinistra, cosi come in Germania
dall'avanguardia tedesca, la KAPD. E perché lo ha fatto? Perché sa che la classe operaia inglese
è isolata, che nessuna classe in tutta l'Inghilterra l'aiuterà e che il proletariato, in prima persona
innanzitutto, e non attraverso i suoi capi, deve lottare e vincere con la sua avanguardia (Senza
dubbio l’Inghilterra non ha contadini poveri che potrebbero sostenere il capitale. Ma ha, però, una
classe media altrettanto importante e legata al capitale.).
Il proletariato inglese mostra, con l'esempio della sua avanguardia, in che modo vuole lottate: da
solo contro tutte le classi dell'Inghilterra e delle sue colonie.
E ancora come l'avanguardia tedesca: dando l'esempio. Creando un partito comunista che
respinga il parlamento, grida a tutta la classe operaia dell'Inghilterra: rompete con il parlamento,
simbolo della potenza capitalista. Formate il vostro partito e le vostre organizzazioni di fabbrica.
Basatevi soltanto sulle vostre forze.
Questo doveva infine venir prodotto in Inghilterra, questa fierezza e questo orgoglio operaio nati
all'interno del capitalismo più sviluppato, E ora che questa azione è iniziata, diventa un blocco di
granito.
Fu una giornata storica, compagni, quella in cui, nell'assemblea del mese di giugno, fu fondato il
primo partito comunista che ruppe con tutta la costituzione e l'organizzazione dello Stato in vigore
da oltre sette secoli. Avrei voluto che Marx ed Engels fossero presenti. Credo che avrebbero
provato un immenso piacere se avessero potuto vedere questi operai inglesi respingere lo Stato
inglese, prototipo di tutti gli Stati borghesi del mondo, centro e fortezza del capitale mondiale già
da molti secoli, dominatore di un terzo dell'umanità; se avessero potuto vedere gli operai
 
respingere questo Stato e il suo parlamento.
Costituisce una ragione di più per l'applicazione di questa tattica in Inghillterra il fatto che il
capitalismo inglese è pronto a sostenere il capitalismo in tutti gli altri paesi e che non esiterà
certamente a far affluire da tutte le patti del mondo le truppe d'intervento contro qualsiasi
proletariato straniero e, in particolare, contro il suo, La lotta del proletariato inglese è dunque una
lotta contro il capitale mondiale. Ragione di più perché il capitalismo inglese dia l'esempio più alto
e più chiaro, perché sostenga in modo esemplare la causa del proletariato mondiale con la lotta e
con l'esempio (Esiste in Inghilterra, più ancora che in altri paesi, il pericolo dell’opportunismo.
Sembrerebbe che anche la nostra compagna Sylvia Pankhurst che, pur non avendo forse
sufficientemente approfondito le sue idee con lo studio, fu tuttavia una buon precursore del
movimento di sinistra grazie al suo temperamento, istinto ed esperienza, abbia cambiato opinione.
Ella abbandona la lotta antiparlamentare, e cioè un punto essenziale della sua lotta contro
l’opportunismo, per avere il vantaggio immediato dell’unità. Segue così una strada già percorsa da
migliaia di dirigenti del movimento operaio inglese: transfuga verso l’opportunismo e, in ultima
analisi, verso la borghesia. Ciò non ha nulla di straordinario ma il fatto che voi, compagno Lenin,
abbiate trascinato e convinto l’unica dirigente conseguente e coraggiosa dell’Inghilterra, costituisce
un colpo duro per la rivoluzione russa e mondiale.).
Dovrebbe sempre esistere un gruppo che trae tutte le conseguenze della sua posizione nella lotta.
I gruppi di questo tipo sono il sale dell'umanità.
Ma ora, dopo aver difeso sul piano teorico l'antiparlamentarismo, devo occuparmi nei dettagli della
vostra difesa del parlamentarismo. Vai lo difendete per l'Inghilterra e la Germania. Ma la vostra
argomentazione è applicabile soltanto alla Russia (e a rigore a qualche altro paese dell'Europa
orienale), ma non all'Europa occidentale. E su questo punto, come ho già detto, che commettete
sbagli. A causa di questa falsa concezione, voi vi trasformate da capo marxista in capo
opportunista. A causa di questa concezione, voi, capo marxista radicale per la Russia e
probabilmente per qualche altro paese dell'Europa orientale, cadete nell'opportunismo quando c'è
di mezzo l'Europa occidentale. E la vostra tattica spingerebbe l'intero Occidente alla sconfitta se
venisse accettata. E quello che voglio dimostrare respingendo nei dettagli la vostra
argomentazione.
Compagno, mentre leggevo lo sviluppo dei vostri argomenti, ero costantemente perseguitato da un
ricordo.
Mi sembrava di essere tornato al congresso del vecchio partito socialpatriota olandese e di
ascoltarvi un discorso di Troelstra. Quando costui dipingeva agli operai i grandi vantaggi della
politica riformista, quando parlava degli operai che non erano socialdemocratici e che avremmo
 
dovuto portare a noi mediante compromessi. Quando parlava delle alleanze che potevamo fare
(transitoriamente beninteso...) con i partiti di questi operai; quando parlava delle «divisioni» tra i
partiti borghesi che bisognava utilizzare. E’ più o meno cosi, anzi esattamente così, parola per
parola, che voi, compagno Lenin, parlate a noi dell'Europa occidentale!!!
Dovetti spesso prendere la parola a nome dell'opposizione durante gli anni che hanno preceduto il
1909, anno della nostra espulsione.
E mi ricordo come noi, i compagni marxisti, fossimo seduti in fondo alla sala, in piccolo numero,
quattro o cinque: Henriette Roland-Holst, Pannekok e alcuni altri. Troelstra si espresse come fate
voi, fu persuasivo, trascinante. E mi ricordo anche come in mezzo al tuono degli applausi, delle
brillanti frasi riformiste e delle calunnie contro i marxisti, gli operai della sala si girarono per
contemplare questi « idioti », questi asini e questi imbecilli infantili, cosi come li aveva qualificati
Troelstra, e cosi come fate voi parola più parola meno. E in questo modo che, probabilmente, sono
andate le cose al congresso dell'Internazionale di Mosca, quando voi avete parlato contro i
marxisti «di sinistra». Lui, Troelstra — alla pari di voi — espose le sue idee con tanta persuasione,
tanta logica, che io stesso pensai per un momento che forse aveva ragione.
Ma sapete quello che pensai allora ascoltando quando cominciavo a dubitare di me stesso? Avevo
un mezzo che non mi ingannava mai. Si trattava d'un punto del programma del partito: Tu devi
sempre agire e parlare in modo da destare e fortificare la coscienza di classe degli operai. Mi
chiesi allora la coscienza di classe degli operai viene rafforzata da quello che dice quest'uomo
oppure no? E capii subito che la risposta era negativa e che, di conseguenza, avevo ragione io.
Ho provato la stessa cosa leggendo il vostro opuscolo. Ascoltavo i vostri argomenti opportunisti a
favore dell'alleanza con i partiti non comunisti, del compromesso con i borghesi. Mi sentivo
trascinato. Tutto sembrava cosi brillante, cosi chiaro e bello, e cosi logico nella vostra esposizione.
Ma poi mi sono ripetuto, come una volta, la domanda che da qualche tempo ho imparato ad
opporre agli opportunisti del comunismo: quello che dice questo compagno è fatto per stimolare la
volontà delle masse verso l'azione, verso la rivoluzione, quella vera, nell'Europa occidentale, si o
no? E la mia testa e il mio cuore hanno risposto contemporaneamente di no al vostro opuscolo.
Allora, compagno Lenin, ho saputo immediatamente, con tutta la certezza che un uomo può avere,
che voi avete torto.
Penso di raccomandare questo mezzo ai compagni della sinistra. Compagni, in tutte le lotte difficili
contro i comunisti opportunisti, lotte che ci attendono in tutti i paesi (qui in Olanda durano già da tre
anni), se volete sapere se avete ragione e perché, ponetevi la domanda che io mi sono posto.
Voi, compagno, vi servite nella vostra lotta contro di noi soltanto di tre argomenti, che appaiono
sempre o isolati o mischiati gli uni agli altri, nel vostro opuscolo. Eccoli;
1) utilità della propaganda nel parlamento per la conquista degli operai e degli elementi piccolo65
borghesi;
2) utilità dell'azione parlamentare per lo sfruttamento delle «divisioni» tra i partiti e per il
compromesso con questi o quelli;
3) esempio della Russia in cui questa propaganda e questi compromessi hanno dato cosi
eccellenti risultati.
Altri argomenti non ne avete. Mi accingo ora a rispondere ai tre punti, nell'ordine.
Esaminiamo il primo argomento, quello della propaganda in parlamento. Questo argomento è di
peso assai scarso. Infatti gli operai non comunisti, e cioè i socialdemocratici, i cristiani e i
sostenitori di altre tendenze borghesi, di solito non sanno nulla attraverso i loro giornali di quelli
che possono essere i nostri interventi parlamentari. Noi li tocchiamo soltanto con le nostre riunioni,
i nostri opuscoli e i nostri giornali.
Noialtri — parlo spesso a nome della KAPD — li influenziamo soprattutto con l'azione (in tempi di
rivoluzione, cioè in tempi come quelli che stiamo vivendo). In tutte le città e in tutti i villaggi di
qualche importanza, essi ci vedono al lavoro. Vedono i nostri scioperi, le nostre battaglie di strada,
i nostri Consigli. Capiscono le nostre parole d'ordine. Ci vedono marciare all’avanguardia. Ecco la
migliore propaganda, quella decisiva per eccellenza. Ma essa non si fa in parlamento,
Gli operai non comunisti, gli elementi piccolo-borghesi e piccolo-contadini possono dunque essere
agevolmente raggiunti, senza ricorrere alla lezione parlamentare. Qui devo confutare in modo
particolare un brano dell'opuscolo sulla «malattia infantile» che dimostra chiaramente fino a dove,
compagno, vi conduce l'opportunismo.
Secondo voi il fatto che gli operai passino in massa al partito degli indipendenti e non al partito
comunista, è la conseguenza dell'atteggiamento negativo dei comunisti di fronte al parlamento.
Cosi le masse operaie di Berlino sarebbero state pressoché conquistate alla rivoluzione con la
morte dei nostri compagni Liebknecht e Rosa Luxemburg, e con gli scioperi coscienti e le battaglie
di strada dei comunisti. Non sarebbe mancato altro che un discorso del compagno Levi in
parlamento! Se costui avesse pronunciato tale discorso, gli operai sarebbero passati dalla nostra
parte e non nel campo equivoco degli indipendenti!! No, compagno, questo non è vero; gli operai
sono andati inizialmente verso l'equivoco perché temevano ancora la rivoluzione, quella che non
ammette equivoci. Il passaggio dalla schiavitù alla libertà procede con esitazione.
Siate prudente, compagno. Guardate dove già vi conduce l'opportunismo.
Il vostro primo argomento è senza valore.
E se noi riteniamo che la partecipazione al parlamento (durante la rivoluzione in Germania, in
Inghilterra e in tutta l'Europa occidentale), rafforza negli operai l'idea che i capi ci sapranno fare, e
indebolisce l'idea che gli operai stessi devono fare tutto da soli, vediamo come questo argomento
non solo non significa nulla di buono, ma è, addirittura, molto dannoso.
Passiamo al secondo argomento; l'utilità dell'azione parlamentare (in periodo rivoluzionario) per
 
approfittare delle divisioni tra i partiti e fare compromessi con questo o quel partito.
Per confutare questo argomento (in particolare per quanto riguarda l'Inghilterra e la Germania,
ma anche, in generale per l'intera Europa occidentale), devo entrare nei dettagli un po' più di
quanto non ho fatto per la prima questione. Una cosa del genere mi rimane difficile di fronte a voi,
compagno Lenin; e tuttavia occorre farla. L'intera questione dell'opportunismo rivoluzionario
(giacché si tratta qui non più dell'opportunismo nel riformismo ma nella rivoluzione) è per noi
dell'Europa occidentale una questione di vita o di morte. In se stessa la confutazione è facile.
Abbiamo criticato già cento volte questo argomento quando Troelstra, Henderson, Bernstein,
Legien, Renaudel, Vandervelde, ecc..., in una parola, tutti i socialpatrioti se ne servivano. Già
Kautsky, quando era ancora Kautsky, l'aveva confutato. Si trattava dell'argomento fondamentale
dei riformisti. E mai avremmo pensato di doverlo combattere in voi. E tuttavia dobbiamo tarlo. Cosi
sia!
Il vantaggio conferito dall'utilizzazione parlamentare delle «divisioni» è insignificante cosi come
sono state insignificanti, dopo molti anni e decine di anni, queste stesse «divisioni». Tra i partiti
della grande borghesia, come in quelli della piccola borghesia, ci sono soltanto divisioni
insignificanti. E’ cosi in Germania e in Inghilterra. Questa realtà non data dalla rivoluzione, ma
risale a molto tempo prima, all'epoca dello sviluppo lento. Tutti i partiti, ivi compresi quelli della
piccola borghesia e dei piccoli contadini, si sono schierati già da molto tempo contro gli operai.
Le divergenze che hanno sull'atteggiamento da assumere verso gli operai (e a causa di cio verso
altre questioni) sono diventate minime, sono spesso addirittura scomparse.
Ciò è innegabile, in teoria e in pratica. E’ cosi in Europa occidentale, in Germania e in Inghilterra.
La teoria ci insegna che il capitale è concentrato nelle banche, nei trust e nei monopoli in modo
formidabile.
In effetti, in occidente e particolarmente in Inghilterra e in Germania, queste banche, trust e cartelli
hanno integrato quasi tutto il capitale dei diversi rami dell'industria, del commercio, dei trasporti, e
perfino in gran parte dell'agricoltura. A causa di ciò l'intera industria, piccola o grande, tutti i
trasporti, piccoli o grandi, l'intero commercio, piccolo o grande, e la maggior parte dell'agricoltura,
di quella grande e di quella piccola, sono diventati completamente dipendenti dal grande capitale.
E si incorporano in esso.
Il compagno Lenin dice che il piccolo commercio, il piccolo trasporto, la piccola industria e
l'agricoltura oscillano tra il capitale e gli operai. Ciò è falso. Era vero nel caso della Russia e una
volta anche da noi. Ora però nell'Europa occidentale, in Germania e in Inghilterra essi dipendono
cosi completamente dal grande capitale che non oscillano più. Il piccolo bottegaio, il piccolo
industriale, il piccolo commerciante, sono del tutto subordinati alla potenza dei trust, dei monopoli,
delle banche. Questi ultimi li riforniscono di merci e di crediti. Perfino il piccolo contadino dipende,
con la sua cooperativa e le ipoteche, dai trust, dai monopoli e dalle banche.
Compagno, questa parte della mia dimostrazione della validità della linea di sinistra è la più
 
importante; da essa dipende qualsiasi tattica per quanto riguarda l'Europa e l'America.
Compagno, di quali parti sono composti questi strati inferiori che si trovano vicini al proletariato?
Da negozianti, artigiani, impiegati subalterni e piccoli contadini.
Esaminiamoli dunque nell'Europa occidentale. Venite con me, compagno, non soltanto in un
grande magazzino — qui la dipendenza dal grande capitale è evidente — ma in una modesta
bottega dell'Europa occidentale, in mezzo ad un quartiere di proletari poveri. Che cosa vedete?
Tutte o quasi tutte queste merci, abiti, generi alimentari, attrezzi, combustibili, ecc. non soltanto
sono prodotti della grande industria, ma molto spesso sono distribuiti dai trust. E questo non è vero
soltanto per le città ma anche nella campagna. I piccoli commercianti sono, già ora per la maggior
parte, dei depositari del grande capitale. In particolare del capitale finanziario.
Chi sono gli impiegati subalterni? Nell'Europa occidentale sono per la maggior parte dei servitori
del grande capitale o dello Stato e degli enti locali i quali ultimi dipendono, a loro volta, dal grande
capitale e, dunque, in ultima analisi, dalle banche. La percentuale degli impiegati dello strato più
vicino al proletariato, posto direttamente alle dipendenze del grande capitale, è molto grande
nell'insieme dell'Europa occidentale, enorme in Germania e in Inghilterra, cosi come negli Stati
Uniti e nelle colonie inglesi.
Gli interessi di questi strati sono dunque legati agli interessi del grande capitale, e quindi, delle
banche.
Ho già parlato dei contadini poveri e abbiamo visto che per il momento non sono suscettibili di
essere conquistati dal comunismo per via dei motivi che ho già ricordato e anche per il fatto che
essi sono alle dipendenze del grande capitale per quanto riguarda i loro macchinari, le loro vendite
e le loro ipoteche.
Che cosa ne consegue, compagno? Che la società e lo Stato moderno europeo-occidentale (e
americano) formano un grosso complesso strutturato fino alle sue branche e ai suoi rami più
lontani, e che è dominato, messo in movimento, e regolato interamente dal capitale finanziario; che
la società è qui un corpo organizzato, organizzato sul modello capitalista ma pur tuttavia
organizzato; che il capitale finanziario è il sangue di questo corpo che scorre in tutti i membri e li
nutre; che questo corpo è un tutto organico e che tutte le sue parti devono a questa unità la loro
estrema vitalità in modo che tutte gli restano attaccate fitto alla morte reale. Tutte eccetto il
proletariato che è quello che crea il sangue, il plusvalore.
A causa di questa dipendenza di tutte le classi dal capitae finanziario e dalla potenza formidabile di
cui dispone, tutte le classi sono ostili alla rivoluzione e il proletariato è solo.
E poiché il capitale finanziario è la potenza più elastica e duttile del mondo, e sa centuplicare
ulteriormente la sua influenza con il credito, riesce a tenere legati la classe, la società e lo Stato
capitalistici, anche dopo questa terribile guerra, dopo la perdita di migliaia di miliardi, e in una
 
situazione che ci appare già come la sua bancarotta.
Esso, al contrario, riesce a unire più strettamente tutte le classi attorno a sé (con l'eccezione del
proletariato) e organizza la loro lotta comune contro il proletariato. Questa potenza, questa
elasticità questo mutuo sostegno di tutte le classi, sono capaci di sussistere ancora per molto
tempo dopo lo scoppio della rivoluzione.
Certamente il capitale è terribilmente indebolito. La crisi arriva e, con essa, la rivoluzione. E io
credo che la rivoluzione sarà vittoriosa. Ma esistono due cause che mantengono ancora la solidità
del capitalismo: sono la schiavitù spirituale delle masse e il capitale finanziario.
La nostra tattica deve dunque prendere per base l'importanza decisiva di questi fattori.
Esiste infine un'altra causa grazie alla quale il capitale finanziario organizzato realizza l'unione di
tutte le classi della società di fronte alla rivoluzione. Si tratta del gran numero dei proletari. Tutte le
classi pensano che se potessero ottenere dagli operai (che in Germania sono più di venti milioni)
giornate lavorative di dieci, dodici e quattordici ore, sarebbe ancora possibile uscire dalla crisi.
Anche su questo terreno formano un fronte unico.
Questa è la situazione economica dell'Europa occidentale.
In Russia il capitale finanziario non raggiungeva questo livello di potenza e, di conseguenza, le
classi borghesi e piccolo-borghesi non erano solidali. Esistevano divisioni al loro interno. E per
questo che là il proletariato non era solo.
In queste cause economiche risiede la base dei fatti politici. E per questi motivi che nell'Europa
occidentale le classi inferiori di cui abbiamo parlato, votano come schiavi sottomessi per i loro
padroni, per i partiti della grande borghesia e aderiscono a questi partiti. I ceti medi non hanno, per
cosi dire, dei loro partiti in Germania e in Inghilterra, né ce li hanno, in generale, nell'Europa
occidentale.
Le cose erano già andate molto avanti, in questa direzione, prima della rivoluzione e prima della
guerra. Ma la guerra ha accentuato questa tendenza in una misura formidabile con lo sciovinismo
e l'union sacrée. Ma soprattutto con la gigantesca concentrazione di tutte le forze economiche. E
la rivoluzione ha cominciato a imprimere a questo sviluppo una estrema intensità: raggruppamento
di tutti i partiti della grande borghesia e avvicinamento alla loro politica di tutti gli elementi piccoloborghesi
e piccolo-contadini (la rivoluzione russa non è scoppiata per nulla: ora si sa ovunque
quello che c'è da aspettarsi).
Riassumendo: grande borghesia, agrari, classe media, contadini medi, strati inferiori della
borghesia e dei contadini, formano tutti insieme un blocco contro gli operai in Europa occidentale,
e soprattutto in Germania e in Inghilterra. Grazie al monopolismo, alle banche, ai trust,
all'imperialismo, alla guerra e alla rivoluzione, tutti si sono accordati su questo terreno. La
 
proletarizzazione, è vero, ha fatto dei progressi enormi per via della guerra. Ma tutto (quasi tutto)
ciò che non è proletario, si aggrappa con forza ancora maggiore al capitalismo, lo difende con le
armi alla mano se occorre e combatte il comunismo.
Compagno, devo ripetere qui l'osservazione già fatta a proposito della questione contadina (primo
capitolo). Io so molto bene che non dipende da voi ma dai poveri uomini del nostro partito il fatto di
non avere la forza di orientare la tattica derivante dalle linee generali, di subordinarla a piccole
manovre particolari, e di concentrare l'attenzione sui frammenti degli strati in questione che ancora
sfuggono alla dominazione, alla malia del grande capitale.
Non contesto che esistano tali frammenti, ma dico che la verità concreta, la tendenza generale
nell'Europa occidentale, consiste nell'integrazione di questi strati nella sfera del grande capitale,
Ed è su questa verità generale che deve fondarsi la nostra tattica!
Io non contesto neanche che possano ancora verificarsi delle divisioni. Affermo soltanto questo: la
tendenza è, e reterà ancora per molto tempo durante la rivoluzione, quel a dell'union sacrée e
pretendo che sia meglio, per gli operai dell'Europa occidentale, concentrare la loro attenzione più
su questo blocco delle classi nemiche che sulle loro divisioni. Infatti qui spetta a loro, agli operai, in
primo luogo, il compito di fare la rivoluzione e non ai loro capi e ai loro delegati nei parlamenti.
Non dico neanche, qualunque sia l'uso che i poveri di spirito possano fare delle mie parole, che ci
sia identità tra gli interessi reali di queste classi inferiori e quelli del grande capitale. So bene che le
prime sono oppresse da quest'ultimo. Affermo solo questo: queste classi si legano ancora più
fortemente di prima al grande capitale perché anche esse vedono ora la rivoluzione proletaria
prospettarsi come un pericolo.
Per esse il dominio del capitale significa una certa sicurezza, la possibilità di avanzare, di
migliorare la loro situazione, o quantomeno, la fede in questa possibilità. Oggi il caos minaccia
tutto ciò, ma la rivoluzione significa innanzitutto un caos ancora più completo. E’ per questo che
stanno dalla parte del capitale nel suo tentativo di mettere fine al caos con tutti i mezzi, di
aumentare la produzione, di obbligare gli operai ad accrescere il lavoro e a subire pazientemente
una vita di privazioni. Per queste classi la rivoluzione proletaria nell'Europa occidentale è il
rovesciamento e la distruzione di ogni ordine, di ogni sicurezza della vita, per quanto modesta
possa essere. A causa di ciò esse sono tutte dalla parte del capitale e ci resteranno ancora per
molto tempo, anche durante la rivoluzione.
Devo infatti far notare ancora una volta che sto parlando della tattica da seguire durante l'inizio e il
corso della rivoluzione. So che alla fine della rivoluzione, quando la vittoria sarà vicina e il
capitalismo frantumato, le classi di cui parlo verranno verso di noi. Ma noi dobbiamo stabilire la
 
nostra tattica per l'inizio e per la durata della rivoluzione e non per la sua fine.
Dunque, secondo la teoria, tutto quanto ho detto finora, non poteva essere diverso. Secondo la
teoria queste classi dovevano restare unite. Questo è certo dal punto di vista teorico. Lo è anche
nella pratica: ecco quello che sto ora per dimostrare.
Già da molti anni tutta la borghesia, tutti i partiti della borghesia nell'Europa occidentale, ivi
compresi quelli di cui fanno parte i piccolo-borghesi e i piccolo-contadini, hanno smesso di fare
alcunché a favore degli operai. Essi si sono tutti schierati come nemici del movimento operaio, a
favore dell'imperialismo e della guerra.
Già da molti anni non esisteva più alcun partito in Inghilterra, in Germania, nell'Europa occidentale,
utile alla causa operaia. Tutti combattevano questa classe e in ogni questione (Non ho spazio per
dimostrare questa affermazione nei dettagli. L’ho fatto a fondo in un opuscolo intitolato Le basi del
comunismo).
La legislazione del lavoro era abrogata, la regolamentazione peggiorata. Venivano promulgate
leggi antisciopero e approvate imposte sempre più alte.
L'imperialismo, il colonialismo, il navalismo e il militarismo erano sostenuti da tutti i partiti borghesi,
compresi quelli piccolo-borghesi. Le differenze tra liberale e clericale, conservatore e progressista,
grande e piccolo borghese, andavano sparendo.
Tutto quello che i socialpatrioti e i riformisti dicevano dei disaccordi tra i partiti, delle divisioni
utilizzabili — un piatto che voi, Lenin, riscaldate oggi — era già una barzelletta. Era una barzelletta
in tutti i paesi dell'Europa occidentale. E lo si è ben visto nel luglio-agosto del 1914.
Fin da allora essi erano tutti d' accordo. E in pratica sono diventati ancora più uniti per via della
rivoluzione.
Uniti contro la rivoluzione e, per questo, in ultima analisi, contro gli operai, perché soltanto la
rivoluzione può recare un miglioramento reale a tutti gli operai. Contro la rivoluzione tutti i partiti si
mettono d' accordo senza divisioni.
E poiché in seguito alla guerra, alla crisi e alla rivoluzione, tutte le questioni sociali è politiche sono
praticamente legate con quella della rivoluzione, queste classi sono finalmente d'accordo su tutte
le questioni, e si erigono contro il proletariato su tutti i terreni, nell’Europa occidentale.
In breve, anche praticamente, il trust, il monopolio, la grande banca, l'imperialismo, la guerra, la
rivoluzione, hanno saldato tutte le classi di grandi e piccoli borghesi e tutte le classi contadine
dell'Europa occidentale, in un blocco antioperaio (Sappiamo molto bene tutto ciò noi olandesi.
Abbiamo visto sparire queste –divisioni-. Da noi non esistono più partiti democratico-cristiani o altri.
 
Benchè siamo soltanto degli olandesi, possiamo giudicare meglio di un russo che,
disgraziatamente, sembra giudicare l’Europa occidentale con un parametro russo.).
Si tratta dunque di una certezza, nella pratica cosi come nella teoria. Nella rivoluzione nell'Europa
occidentale, e soprattutto in Inghilterra e in Germania, non c'è da fare affidamento sull'esistenza di
«divisioni» di qualche importanza tra le classi in questione.
Devo qui aggiungere qualche cosa di personale. Voi criticate il Bureau di Amsterdam; citate un tesi
del Bureau. Tra parentesi tutto quello che ne dite è inesatto. Ma voi dite anche che prima di
condannare il parlamentarismo il Bureau di Amsterdam aveva il dovere di fare un'analisi dei
rapporti di classe e dei partiti politici in modo da giustificare questa condanna. Scusatemi,
compagno, ma questo non rientrava nei doveri del Bureau. Il fatto su cui si basa la nostra tesi, il
fatto cioè che tutti i partiti borghesi, dentro e fuori del parlamento, sono da molto tempo e
continuano a restare i nemici unanimi degli operai, che essi non manifestano divisioni interne su
questo punto, è già da lunga data una cosa provata e generalmente ammessa dai marxisti, almeno
in Europa occidentale. Non dovevamo perciò metterci ad analizzare una cosa del genere.
Al contrario: spettava a voi il compito di provare che esistono «divisioni» importanti e tra questi
partiti politici, a voi che volete portarci all'opportunismo.
Volete portarci a fare dei compromessi nell'Europa occidentale. Quello che Troelstra, Henderson,
Scheidemann, Turati ecc., non hanno realizzato ai tempi dell'evoluzione, voi volete farlo nell'epoca
della rivoluzione. Siete voi che dovete provare che ciò è possibile.
Dovete dare non delle prove russe, cosa che in verità è troppo comoda, ma prove europeooccidentali.
Voi avete soddisfatto questo dovere nella maniera più penosa. Nulla di sorprendente
giacché avete assimilato, quasi esclusivamente, la esperienza della Russia, cioè di un paese molto
arretrato, e non l'esperienza moderna europeo-occidentale.
Non trovo in tutto il vostro opuscolo, che ha per contenuto proprio la questione della tattica, oltre
agli esempi russi dei quali mi occuperò presto, che due esempi europeo-occidentali: il putsch di
Kapp in Germania, e, in Inghilterra, il governo di Lloyd George-Churchill con l'opposizione di
Asquith.
Pochissimi esempi e tra i più penosi, veramente, quando si tratta di dimostrare che esistono
realmente delle divisioni tra i partiti borghesi, e in particolare tra i partiti socialdemocratici.
Se ci fosse mai stato bisogno di dimostrare che non esistono divisioni importanti tra i partiti
borghesi (qui si tratta anche dei partiti socialdemocratici) di fronte agli operai, dutante la
rivoluzione, il putsch di Kapp darebbe questa dimostrazione. I kappisti si guardarono bene dal
compiere rappresaglie, dall'uccidere o imprigionare i democratici, i centristi e i socialdemocratici. E
 
quando costoro tornarono al potere, si astennero rigorosamente dal castigare, uccidere o
imprigionare i kappisti, I due partiti anzi rivaleggiarono in ardore nell'uccidere i comunisti.
Il comunismo allora era ancora troppo debole: solo per questo i due partiti non organizzarono un
dittatura comune. La prossima volta, quando il comunismo sarà più forte, essi organizzeranno una
dittatura comune.
Spettava o spetta ancora a voi, compagno Lenin, di dimostrare come i comunisti avrebbero potuto
utilizzare le divisioni (?) in parlamento: naturalmente in modo da procurare vantaggi agli operai.
Era vostro dovere indicare che cosa i deputati comunisti avrebbero dovuto dire per mostrare
questa divisione agli operai e per utilizzarla; naturalmente con lo scopo di non fortificare i partiti
borghesi. Voi non potete farlo perché non esiste alcuna seria divisione tra questi partiti durante la
rivoluzione. Ora è proprio di questo che stiamo parlando. Ed era vostro dovere dimostrare che, se
si fossero manifestate divisioni del genere in casi particolari, sarebbe stato più vantaggioso attirare
l'attenzione degli operai su di esse anziché sulla tendenza generale all’union sacrée.
Era ed è vostro compito, compagno, prima di dirigerci, di dirigere noi nell'Europa occidentale,
dimostrare dove sono queste «divisioni» in Inghilterra, nell'Europa occidentale.
Neanche questo potete fare. Parlate di una «divisione» tra Churchill, Lloyd George ed Asquith, che
gli operai dovrebbero utilizzare. Ciò è completamente penoso. Non voglio neanche discuterne con
voi. Perché ognuno sa che da quando il proletariato industriale ha una qualche forza in Inghilterra,
le «divisioni» di questo genere sono state e sono quotidianamente provocate artificiosamente dai
partiti e dai capi della borghesia per ingannare gli operai, per attirarli da una parte all'altra e
viceversa, all'infinito, mantenendoli cosi eternamente deboli e subordinati. A tale fine qualche volta
fanno addirittura entrare due avversari (?) nello stesso governo. Lloyd George e Churchill. E il
compagno Lenin si lascia catturare in questa trappola quasi centenaria! Vuole persuadere gli
operai inglesi a basare la loro tattica su questo inganno! All'epoca della rivoluzione! ... Ma domani i
Churchill, Asquith e Lloyd George si uniranno contro la rivoluzione e allora voi, compagno, avrete
ingannato e indebolito il proletariato inglese con una illusione. Voi, compagno, avevate il dovere di
dimostrare, non con un linguaggio generico, magnifico e brillante (come fate nel vostro ultimo
capitolo), ma esattamente, concretamente, con degli esempi, con fatti molto dettagliati e molto
chiari quali sono in fin dei conti i conflitti e le differenziazioni -non russi, né insignificanti o
artificialima reali, importanti, europeo-occidentali. Questo non lo fate in nessun punto del vostro
opuscolo. Fino a quando non ci darete queste prove noi non vi crederemo.
Quando ce le darete, vi risponderemo. Fino a quel momento vi diremo: si tratta di pure illusioni che
servono soltanto a ingannare gli operai e a portarli su una strada sbagliata. La verità è, compagno,
 
che voi sbagliate nel porre sullo stesso piano la rivoluzione russa e la rivoluzione nell'Europa
occidentale. A vantaggio di chi? E dimenticando che esiste negli Stati moderni, vale a dire
europeo-occidentali (e nordamericani), una potenza che è al di sopra delle diverse categorie di
capitalisti— proprietari fondiari, industriali e commercianti — il capitale finanziario. Questa potenza,
che è identica all'imperialismo, unisce in un sol blocco tutti i capitalisti e con essi i piccolo borghesi
e i contadini.Ciononostante vi resta ancora qualcosa da rispondere. Voi dite: «Esistono divisioni tra
i partiti operai e i partiti borghesi. E da queste noi possiamo trarre profitto». Ciò è esatto.
Bisogna innanzitutto riconoscere che le divisioni tra socialdemocratici e borghesi erano ridotte
quasi a zero durante la guerra e la rivoluzione, tanto che, generalmente, sono scomparse. Ciò
detto, è e resta possibile l'esistenza di una divisione del genere. E forse si presenterà ancora.
Dobbiamo perciò parlarne. Tanto più che a questo proposito voi invocate il governo inglese
«puramente» operaio Tomas-Henderson-Clynes, ecc., contro Sylvia Pankhurst in Inghilterra, e il
governo eventuale «puramente socialista» di Ebert-Scheidemann-Noske-Hilferding-Crispien-Cohn
contro il Partito comunista operaio tedesco (Si pone ancora il problema di sapere se questa tappa
dei governi –puramente operai è obbligatoria da noi. Qui voi vi lasciate indurre in errore
dall’esempio russo Kerenskij. In quanto segue, io dimostrerò che quand’anche questa tappa si
presentasse, come durante le giornate di marzo in Germania, non c’è egualmente nessuna
possibilità di sostenere il governo –puramente- socialista.)
Voi dite che la vostra tattica, che valorizza agli occhi dei proletari i governi operai e che stimola la
loro formazione, è la tattica chiara e vantaggiosa, mentre la nostra che si oppone alla loro
formazione è la tattica dannosa.
No, compagno! La nostra posizione di fronte all'eventualità di un governo «puramente» operaio,
oppure del governo di coalizione tra partiti operai e borghesi — lo spiraglio si allarga in crepa — è
anch' essa molto chiara e molto vantaggiosa per la rivoluzione.
E’ possibile che noi lasceremmo in piedi un governo del genere per qualche tempo. Ciò potrebbe
essere necessario e costituire un progresso del movimento. In questo caso, se non ci è ancora
possibile andare oltre, noi lo lasceremo sopravvivere, lo criticheremo col massimo di severità e lo
rovesceremo, non appena possibile, per sostituirlo con un governo comunista.
Ma non collaboreremo a instaurare un simile governo con l'azione parlamentare ed elettorale, non
lo faremo proprio noi, nell'Europa occidentale e in piena rivoluzione.
Non collaboreremo con un governo del genere perché nell'Europa occidentale gli operai sono soli
nella rivoluzione. per questo che tutto — ascoltate bene — tutto, dipende qui dalla volontà d'azione
degli operai, e dalla loro chiarezza di idee. Ora la vostra tattica, questo compromesso a favore
degli Scheidemann, degli Henderson, Crispien, e di questi o di quelli dei vostri amici — che si tratti
 
di un indipendente inglese, di un comunista opportunista dello Spartakusbund o di un membro del
British Socialist Party, fa lo stesso — la vostra tattica nel parlamento, e fuori del parlamento, è
buona soltanto a confondere le idee degli operai facendo loro eleggere qualcuno che essi sanno
già in anticipo essere un furbo; al contrario, la nostra tattica li illumina indicando il nemico come
nemico. E per questo che nell'Europa occidentale, nella nostra situazione, noi adottiamo questa
tattica e respingiamo la vostra, anche se dovessimo, a causa di ciò, passare nell'illegalità, perdere
la rappresentanza in parlamento e sacrificare per una volta la possibilità di utilizzare le «divisioni »
(nel parlamento?! ).
Il vostro consiglio è ancora uno di quei consigli che provocano confusioni e determinano illusioni.
Ma allora, e i membri dei partiti socialdemocratici? Degli Indipendenti? Del Labour Party?
Dell'Indipendente Labour Party? Non bisogna cercare di conquistarli?
Ebbene gli operai e i membri piccolo-borghesi di questi partiti noi, la sinistra, vogliamo conquistarli
(nell’Europa occidentale) con la nostra propaganda, le nostre riunioni e la nostra stampa; e, più
ancora, col nostro esempio, le nostre parole d'ordine e la nostra azione nelle aziende. Ciò nel
corso della rivoluzione. Quelli che non saranno conquistati in questo modo, attraverso Ia stampa,
l'azione, la rivoluzione, sono perduti fin da ora, in qualsiasi modo e devono soltanto andare al
diavolo.
Questi partiti socialdemocratici, partiti indipendenti, partiti laburisti e simili, in Inghilterra e in
Germania sono formati da operai e da piccolo-borghesi. Noi possiamo far venire dalla nostra parte
i primi, conquistare poco a poco tutti gli operai. Ma non avremo che un numero ristretto di piccoloborghesi,
e i piccolo-borghesi, al contrario dei piccolo-contadini, non hanno una grande importanza
economica. Quei pochi che verranno a noi, saranno stati conquistati con la propaganda, ecc...
Ma il maggior numero — ed è su questo che si basano Noske e consorti — è parte integrante del
capitalismo e si stringe sempre di più attorno ad esso a mano a mano che la rivoluzione avanza.
Siamo divisi dai partiti operai, dagli indipendenti, dai socialdemocratici, dal Labour Party, ecc.,
abbiamo spezzato il contatto con essi, perché non li sosteniamo alle elezioni? No, al contrario;
cerchiamo di stabilire un contatto con questi partiti ogni volta che sia possibile. Ad ogni occasione li
invitiamo all'azione comune: allo sciopero, al boicottaggio, all'insurrezione, alle battaglie di strada e
soprattutto alla formazione di consigli operai, di organizzazioni di fabbrica. Li cerchiamo ovunque.
Ma non più, come accadeva prima, sul terreno parlamentare. Quest'ultima tattica appartiene,
nell'Europa occidentale, ad un'epoca superata. Noi li cerchiamo nell’officina, nelle organizzazioni e
nella strada. E là che li si può oggi raggiungere; è là che noi conquistiamo gli operai. Questa è la
nuova tattica che succede alla pratica socialdemocratica. E’ la pratica comunista.
Voi, compagni, pretendete di spingere i socialdemocratici, gli indipendenti ed altri nel parlamento e
 
nel governo per dimostrare che sono dei furbi. Volete utilizzare il parlamento per dimostrare che
esso non è buono a nulla.
Ciascuno alla sua maniera: voi prendete gli operai con un modo pieno di malizia; li spingete verso
il nodo scorsoio e li lasciate impiccare. La nostra maniera, invece, è quella che li aiuta ad evitare la
corda. Facciamo questo perché qui è possibile farlo. Voi seguite la tattica dei popoli contadini, noi
quella dei popoli industriali. Non c'è in queste parole alcuna ironia, né sarcasmo. Io ammetto che la
vostra via è stata corretta da voi. Ma soltanto voi non dovete imporci — sia nelle piccole questioni,
sia in quelle grandi come le questioni dei sindacati e del parlamentarismo — l'applicazione di ciò
che è buono in Russia ma disastroso qui. Devo infine farvi un'altra critica: voi dite e sostenete ad
ogni occasione che la rivoluzione nell'Europa occidentale è impossibile fino a quando le classi
inferiori vicine al proletariato non saranno state sufficientemente scosse, neutralizzate o
conquistate. Poiché ho ora dimostrato che esse non possono essere scosse, neutralizzate o
conquistate nella prima fase della rivoluzione, quest'ultima risulterebbe impossibile, se si
ammettesse che la vostra tesi è corretta (questa osservazione mi è già stata rivolta da parte vostra
e, tra gli altri, dal compagno Zinov'ev). Ma per fortuna la vostra affermazione in questa questione di
estrema importanza — in questa alternativa che decide della rivoluzione — non si basa su
alcunché di serio. Prova soltanto, una volta di più, che voi vedete ogni cosa con gli occhi
dell'Europa dell'est. Dimostrerò questo nell'ultimo capitolo.
Credo di aver cosi dimostrato che il vostro secondo argomento a favore del parlamentarismo
scaturisce in massima parte dall'ingegno opportunista e che da questo punto di vista anche il
parlamentarismo deve essere sostituito con un'altra forma di lotta, sprovvista di certi inconvenienti
e dotata dei massimi vantaggi.
Ammetto infatti che la vostra tattica possa dare qualche vantaggio. Il governo operaio può recare
qualcosa di buono, e anche una maggiore chiarezza. Anche in un regime di illegalità la vostra
tattica, può risultare vantaggiosa. Lo riconosciamo. Ma cosi come un tempo dicevamo ai
revisionisti e ai riformisti: -Mettiamo lo sviluppo della coscienza degli operai al di sopra di ogni altra
cosa, anche al di sopra dei vantaggi immediati-, oggi diciamo a voi, Lenin, e ai vostri compagni e
alla destra: -Mettiamo al di sopra di ogni altra cosa la crescita delle masse nella volontà d'azione-.
E’ a questo fine, come un tempo a quell'altro, che tutto deve essere indirizzato nell'Europa
occidentale. E guardiamo allora se ha ragione la sinistra... o Lenin! Non ho alcun dubbio. Noi
avremo la meglio su di voi e, al tempo stesso, dei Troelstra, Henderson, Reandel e Legien.
Mi occupo ora del vostro terzo argomento: gli esempi russi. Li citate varie volte. Un tempo li ho
ammirati. Sono sempre stato con voi, fin dal 1903. Anche quando non conoscevo i vostri obiettivi
precisi — le comunicazioni erano impedite — come al tempo della pace di Brest-Litovsk, vi ho
 
difeso con i vostri argomenti. La vostra tattica fu certamente notevole per quanto riguarda la
Russia ed è grazie ad essa che i russi hanno vinto. Ma ciò significa qualcosa per l'Europa
occidentale? Nulla, o molto poco, secondo me. Siamo d'accordo per quel che riguarda i soviet, la
dittatura del proletariato, come strumenti per la rivoluzione e l'edificazione. E anche la vostra tattica
verso gli Stati stranieri è stata — almeno fino ad oggi — un esempio per noi. Ma diverso è il
discorso per la vostra tattica nei paesi europeo-occidentali. E ciò è naturale.
Come potrebbero essere mai identiche la tattica da applicare nell'Europa orientale e quella per
l'Europa occidentale? La Russia è un paese provvisto di una agricoltura largamente
preponderante, di un capitalismo industriale che solo in parte è altamente sviluppato e che, nel suo
insieme, resta relativamente molto piccolo. Per giunta era in gran parte alimentato dal capitale
straniero. Nell’Eurapa occidentale, soprattutto in Germania e in Inghilterra, è vero il contrario. Da
voi le vecchie forme del capitale sussistono sulla base del capitale usurario; da noi si registra la
preponderanza quasi esclusiva del capitale finanziario altamente sviluppato. Da voi: residui feudali,
vestigia addirittura dell'epoca delle tribù e della barbarie. Da noi, soprattutto in Inghilterra e in
Germania: un insieme — agricoltura, commercio, trasporti, industria — diretto dal capitalismo più
avanzato, Da voi: enormi sopravvivenze della schiavitù, contadini poveri, classe rurale media
pauperizzata. Da noi: relazioni dirette dei contadini poveri con la produzione moderna, con i
trasporti, la tecnica e gli scambi; classi medie della città e della campagna — anche negli strati più
bassi — in contatto diretto con i grandi capitalisti.
Voi avete ancora delle classi con le quali il proletariato in ascesa può collegarsi. La semplice
esistenza di queste classi è già un aiuto. E la stessa cosa, naturalmente, è vera sul terreno dei
partiti politici. Da noi nulla di tutto questo.
La conseguenza naturale di queste differenze sta nel fatto che il compromesso, la contrattazione in
tutte le direzioni, cosi come voi le descrivete in modo tanto suggestivo, l'utilizzazione delle divisioni
perfino tra i liberali e gli agrari, avevano il loro valore da voi. Da noi queste manovre sono
impossibili. Da qui la differenza tra la tattica dell'Est e quella dell'Ovest. La nostra tattica si adatta
alle nostre condizioni. E’ valida qui come la vostra lo è da voi.
Trovo gli esempi russi soprattutto in sette pagine. Quale sia il significato di questi esempi per la
questione sindacale russa, occorre dire che non ne hanno alcuno per la stessa questione
nell'Europa occidentale giacché qui il proletariato ha bisogno di armi molto più forti. Per quanto
concerne il parlamentarismo, i vostri esempi o sono tratti da un'epoca in cui la rivoluzione non era
arrivata (e questi non hanno importanza per la questione che stiamo trattando) oppure sono tanto
differenti dalla nostra situazione — essendo stabilito che voi potevate servirvi dei partiti piccolocontadini
e piccolo borghesi — che non possono trovare da noi alcuna applicazione.
Mi sembra, compagno, che la erroneità totale del vostro giudizio — sia quello dell'opuscolo che
 
quello della tattica applicata dall'esecutivo di Mosca in accordo con voi — derivi soltanto dal fatto
che voi non conoscete sufficientemente la nostra situazione o, per meglio dire, che non traete le
conclusioni giuste dalle vostre conoscenze e che le giudicate troppo dal punto di vista russo.
Ma bisogna concluderne, e questo deve essere qui ripetuto con tutta la chiarezza possibile —
perché ne dipende la salvezza o la disgrazia del proletariato occidentale, del proletariato mondiale
e della rivoluzione mondiale — che né voi né l'esecutivo di Mosca siete in condizione di dirigere la
rivoluzione in Europa occidentale e, di conseguenza, la rivoluzione mondiale, se insistete in questa
tattica.
Voi chiedete: non potete dunque neanche formare una frazione parlamentare voi che volete
trasformare il mondo?
Noi rispondiamo; questo opuscolo, questo vostro opuscolo, è già una prova del fatto che chi si
attacca a una cosa del genere conduce il movimento operaio su una strada sbagliata, lo conduce
alla sconfitta.
Il vostro libro fa credere agli operai dell'Europa occidentale delle fantasmagorie, delle cose
impossibili: fa loro credere ai compromessi con i borghesi durante la rivoluzione.
Presenta loro qualcosa che non esiste: le divisioni in seno alla borghesia occidentale durante la
rivoluzione. Fa loro credere che un compromesso con i socialpatrioti e gli elementi esitanti (?) del
parlamento può recare qualcosa di buono mentre in realtà apporta soltanto disastri.
Il vostro libro riconduce il proletariato europeo-occidentale nel marasma dal quale, con una pena
estrema, senza esserne ancora veramente uscito, cerca tuttavia di uscire.
Ci riconduce nel marasma in cui gli Scheidemann, Renaudel, Kautsky, Macdonald, Longuet,
Vandervelde, Branting e Troelsta ci avevano condotto (e ciò non può non far scoppiare in costoro
una grande gioia, così come nei borghesi che ci capiranno qualcosa). Un libro simile è per il
proletariato comunista rivoluzionario quello che il libro di Bernsteihi fu per il proletariato prerivoluzionario.
E il vostro primo libro cattivo; ma per l'Europa occidentale non può essercene uno
peggiore.
Noi, i compagni della sinistra, dobbiamo serrare i ranghi con energia, ricominciare tutto dalle
fondamenta ed esercitare la critica più severa contro tutti coloro i quali, nella Terza Internazionale,
non indicano la strada giusta.
Se dovessi tirare ora la conclusione da tutte queste considerazioni sul parlamentarismo, la
formulerei cosi: i vostri tre argomenti a favore del parlamentarismo significano molto poco o sono
completamente sbagliati. Su questo punto come sulla questione sindacale la vostra tattica è
nefasta per il proletariato.
L’opportunismo della Terza Internazionale
 
La questione dell’opportunismo nelle nostre file è di tale importanza che voglio parlarne ancora nei
dettagli.
Compagno, l’opportunismo non è stato ucciso, neanche a casa nostra, con la semplice
costituzione della Terza Internazionale. E’ quanto constatiamo già in tutti i partiti comunisti, in tutti i
paesi. In effetti sarebbe stato un miracolo, una contraddizione a tutte le leggi dell’evoluzione se il
male per cui è morta la Seconda Internazionale non sopravvivesse nella Terza!.
E invece così come la lotta tra la socialdemocrazia e l’anarchismo fu la base profonda della
Seconda Internazionale, la lotta tra l’opportunismo e il marxismo rivoluzionario sarà quella della
Terza.
Vedremo così di nuovo, fin da ora, dei comunisti andare in parlamento per diventare dei capi, e
sostenere i sindacati e i partiti laburisti per avere dei voti nelle elezioni. Invece di fare i partiti per
fare il comunismo, si utilizzerà il comunismo per fare i partiti. Tornerà in vigore l’abitudine ai cattivi
compromessi parlamentari con i socialdemocratici e i borghesi, dando per scontato che la
rivoluzione nell’Europa occidentale sarà una rivoluzione lenta. La libertà di parola sarà soppressa
all’interno dei partiti e dei buoni comunisti saranno espulsi. In breve, riavremo la pratica della
Seconda Internazionale.
Contro tutto questo la sinistra deve ergersi ed essere pronta a lottare così come ha già fatto nella
Seconda Internazionale. Essa deve essere appoggiata in questa battaglia da tutti i marxisti e da
tutti i rivoluzionari, anche se costoro pensano che ha torto su alcuni punti particolari. Infatti
l’opportunismo è il nostro nemico più pericoloso. Non soltanto fuori, come dite voi, ma anche
dentro le nostre file.
Il fatto che l’opportunismo penetra nuovamente –con le sue conseguenze disastrose per la
coscienza e la forza del proletariato- costituisce un pericolo mille volte peggiore di un eccesso di
radicalismo da parte della sinistra. La sinistra, anche quando si spinge oltre, resta sempre
rivoluzionaria. Essa può cambiare la sua tattica constatando che questa tattica non è giusta. La
destra opportunista è destinata a diventare sempre più opportunista, a infognarsi sempre più nel
marasma e a provocare sempre la sconfitta degli operai. Non è per nulla che abbiamo imparato
questa verità durante una lotta di venticinque anni.
L’opportunismo significa la sconfitta del movimento operaio, la morte della rivoluzione. E’ per colpa
dell’opportunismo che è venuto tutto il male: il riformismo, la guerra, la disfatta e la morte della
rivoluzione in Ungheria e in Germania. L’opportunismo è la causa del nostro annientamento. E
esso è presente nella Terza Internazionale…
Perché sprecare tante parole? Guardatevi attorno, compagno. Via dunque, guardate voi stesso.
Guardate nel Comitato esecutivo! Guardate in tutti i paesi dell’Europa!
 
Leggete il giornale del Partito socialista inglese (British Socialist Party) che è ora il giornale del
partito comunista. Leggete dieci, venti numeri di questo giornale. Osservate questa critica debole
dei sindacati, del Labour Party, dei parlamentari, e fate il confronto con un giornale di sinistra.
Confrontate il giornale dell’organizzazione che aderisce al Labour Party con quello degli avversari
del Lbour Party, e constaterete che l’opportunismo invade a grandi ondate la Terza Internazionale.
Tutto ciò serve soltanto a conquistare nuovamente una forza in parlamento (grazie all’aiuto degli
operai controrivoluzionari)… vale a dire una forza alla maniera della Seconda Internazionale!
Pensate anche al Partito socialista indipendente di Germania che verrà presto a bussare alla porta
della Terza Internazionale; e presto verranno anche altri partiti centristi altrettanto numerosi!
Credete che se costringerete questi partiti ad espellere Kautsky, ecc…, ognuno di questi traditori
non sarà sostituito da masse di traditori identici: ogni opportunista espulso, da diecimila
opportunisti? Tutti questi provvedimenti di espulsione sono infantili?.
Una massa innumerevole di opportunisti si avvicina. Che cosa accadrà dopo che avrete loro
offerto questo opuscolo, il vostro opuscolo?
Guardate dalla parte del Partito comunista olandese, dalla parte di quelli che un tempo venivano
chiamati i bolscevichi dell’Europa occidentale. Potrete leggere in un opuscolo sul partito olandese
come esso sia già completamente corrotto dall’opportunismo socialdemocratico.
Durante la guerra, dopo la guerra e ancora di recente, esso si è abbandonato all’Intesa. Un partito
che era così lucido un tempo, è diventato un esempio di equivoci e di inganni.
Ma guardate dunque in Germania, compagno, nel paese in cui la rivoluzione è scoppiata! La vive e
cresce l’opportunismo. Abbiamo appreso con sorpresa che avete difeso l’atteggiamento del Partito
comunista tedesco (KPD) durante le giornate di marzo. Per fortuna abbiamo capito, dal vostro
opuscolo, che non conoscevate lo svolgimento dei fatti. Avete approvato l’atteggiamento della
Centrale della KPD che offriva un’opposizione leale a Ebert, Scheidemann, Hilferding e Crispien,
ma non sapevate ancora, evidentemente, quando scrivevate l’opuscolo, che nel momento stesso
in cui ciò si verifica, Ebert ammassava truppe contro il proletariato tedesco, che in quel momento lo
sciopero delle masse era ancora generale nella maggior parte della Germania, che le masse
comuniste, nella loro grande maggioranza, erano pronte a condurre la rivoluzione se non alla
vittoria immediata (che era forse impossibile) almeno a uno sviluppo della sua potenza.
Ma mentre le masse proseguivano la rivoluzione con scioperi e con la insurrezione armata (nulla è
mai stato più formidabile e più ricco di speranze dell’insurrezione nella Ruhr e dello sciopero
generale), i capi offrivano compromessi parlamentari! In questo modo sostenevano Ebert contro la
rivoluzione nella Ruhr. E se c’è mai stato un esempio che dimostra come l’uso del
parlamentarismo durante la rivoluzione è una cosa maledetta nell’Europa occidentale, è proprio
 
questo tedesco. Guardate compagno: l’opportunismo parlamentare, il compromesso con i social
patrioti e gli indipendenti, ecco quello che non vogliamo e quello che voi mettete in azione.
E dunque, compagno, che cosa sono diventati, già ora, i consigli di fabbrica in Germania? Voi e
l’esecutivo della Terza Internazionale avete suggerito ai comunisti di entrare nei sindacati insieme
a tutte le altre tendenze per strappare la direzione grazie all’influenza nei consigli di fabbrica. E che
cosa è accaduto? Il contrario.
La Centrale dei consigli di fabbrica è diventata poco a poco quasi uno strumento dei sindacati. Il
sindacato è una piovra che strangola qualsiasi cosa vivente che giunge alla sua portata.
Compagno, leggete e informatevi, su tutto quanto accade in Germania e nell’Europa occidentale.
Io conservo la piena speranza che verrete dalla nostra parte e anche che l’esperienza porterà la
Terza Internazionale ad accettare la nostra tattica.
In caso contrario, l’opportunismo che marci così rapido in Germania, con quale passo avanzerà in
Francia e in Inghilterra?
Osservate, compagno, quali sono in capi che non vogliamo. Quale è l’unità di masse e di capi che
non desideriamo. Quale disciplina di ferro, l’obbedienza militare, il servilismo cadaverico di cui non
vogliamo saperne.
Che una parola sia qui detta al Comitato esecutivo e particolarmente a Radek. Il Comitato
esecutivo ha avuto la faccia tosta di esigere dalla KAPD (Partito comunista operaio tedesco)
l’espulsione di Wolffheim e di Laufenberg invece di lasciare al partito il diritto di giudicare sulla
questione. Ha ricevuto la KAPD con minacce, e i partiti centristi, come il Partito socialista
indipendente (USPD) con lusinghe. Non ha mai preteso dal Partito comunista tedesco di espellere
la centrale che, con le sue trattative, è stata solidale con la fucilazione dei comunisti nella Ruhr.
Non ha preteso dal partito olandese l’espulsione di Wijnkoop e di Van Ravestyn i quali offrirono
delle navi all’Intesa durante la guerra… (non che io reclami l’espulsione di questi compagni! Penso
che i compagni onesti si sono sbagliati soltanto per via delle terribili difficoltà presentate dall’inizio
e dallo sviluppo della rivoluzione nell’Europa occidentale. Noi, come tutti, commettiamo molti
grandi errori!). D’altra parte queste espulsioni non servirebbero a nulla al punto in chi è questa
Internazionale.
Faccio notare ciò soltanto per dimostrare ancora con un altro esempio fino a che punto
l’opportunismo fa danni nelle nostre fila. Infatti la Centrale di Mosca ha commesso una ingiustizia
nei confronti della KAPD soltanto perché non vuole, vista la sua tattica mondiale opportunista, dei
veri rivoluzionari, ma si rivolge invece verso gli indipendenti e altri opportunisti. Ha giocato
intenzionalmente questa carta di Wolffheim e di Laufenberg contro la KAPD, benché la KAPD
fosse in disaccordo con la tattica –nazional bolscevica- di questi due leaders, e soltanto per
 
obiettivi opportunisti tra i più miserevoli. Si tratta per la Centrale di ammassare sia i sindacati che i
partiti per avere innanzitutto delle masse, siano o no comuniste.
Due altre azioni della Terza Internazionale dimostrano ugualmente con chiarezza in quale
direzione essa si muove. La prima è la destituzione del Bureau di Amsterdam, l’unico gruppo di
marxisti e teorici rivoluzionari che, nell’Europa occidentale, non ha mai vacillato. La seconda è il
tradimento inflitto alla KAPD, l’unico partito che, come organizzazione, nella sua interezza,
nell’Europa occidentale, a partire dalla sua creazione fino ad oggi, abbia sempre condotto la
rivoluzione nella direzione giusta. Mentre i partiti del centro, gli indipendenti, i centristi francesi,
inglesi, eterni traditori della rivoluzione, sono stati corteggiati con tutti i mezzi, la KAPD, il partito
veramente rivoluzionario è stato trattato come un nemico. Questi sono brutti sintomi, compagno.
Riassumendo: la Seconda Internazionale opportunista sopravvive o rivive tra noi. E l’opportunismo
porta al disastro. Poiché ci porta al disastro, poiché esiste tra noi, forte, fortissimo, più forte di
quanto avessi potuto immaginare, la sinistra deve essere presente. Anche se le altre buone ragioni
per la sua esistenza non fossero valide, essa dovrebbe essere presente come opposizione, come
contrappeso all’opportunismo.
 
Conclusioni
Devo ancora dire qualcosa a proposito del vostro ultimo capitolo Conclusioni finali, che è forse il
più importante del vostro libro. L'ho letto di nuovo rievocando con entusiasmo la rivoluzione russa.
Ma a ogni brano e senza interruzione ho dovuto ripetermi: «Questa tattica, cosi brillante in Russia,
non vale nulla qui; porta alla disfatta».
Voi spiegate a questo, punto, compagno, che a un dato stadio dello sviluppo, dobbiamo
conquistare le masse a milioni e a decine di milioni. Allora la propaganda per il comunismo «puro»
che ha raggruppato ed educato l'avanguardia diventa insufficiente. Ormai si tratta... — ed ecco che
a questo punto riappaiono i vostri metodi opportunisti già combattuti prima — di utilizzare le -
divisioni-, gli elementi piccolo borghesi, ecc...
Compagno, anche questo capitolo è sbagliato nel suo insieme. Ragionate da russo, non da
comunista internazionale che conosce il vero capitalismo, il capitalismo occidentale.
Quasi ogni parola di questo capitolo, ammirevole per la conoscenza della vostra rivoluzione, cade
in errore quando è in questione il capitalismo altamente sviluppato, il capitalismo dei trust e dei
monopoli. E’ quello che voglio ora dimostrare. Innanzitutto nelle piccole cose.
Voi scrivete a proposito del comunismo nell'Europa occidentale: «L'avanguardia del proletariato
occidentale è già conquistata». Ecco una cosa sbagliata, compagno! «E’ finito il tempo della
propaganda»: altra controverità! «L'élite proletaria è conquistata alle nostre idee»: errore completo,
compagno, e che ha la stessa natura di quell'altro prodotto di recente da Bucharin: «Il capitalismo
inglese ha fatto bancarotta». Ho trovato anche in Radek simili fantasmi che nascono nel mondo
dell'astrologia ma non in quello dell'astronomia. Nulla di tutto ciò è vero; salvo in Germania, non
esiste da nessuna parte una vera avanguardia. Non esiste in ogni caso in Inghilterra, né in
Francia, né in Belgio, né in Olanda, né — se devo credere alle informazioni di cui dispongo— nella
maggior parte dei paesi scandinavi. Esistono soltanto alcuni esploratori ancora in disaccordo sulla
via da seguire. E un'illusione fatale quella di credere che «il tempo della propaganda è passato».
No, compagno, questo tempo comincia appena nell'Europa occidentale. Ovunque ci manca un
nucleo solido.
E quello di cui abbiamo ora abbisogno è proprio un nucleo resistente come l'acciaio, come il
cristallo anche. Ed è da qui che occorre iniziare, è su questa base che si deve costruire una
grande organizzazione. Da questo punto di vista siamo qui allo stesso stadio in cui voialtri eravate
nel 1903 e forse anche un po' prima, nel periodo dell'«Iskra». Compagno, la situazione, le
condizioni oggettive sono molto più mature del nostro movimento; una ragione di più per non
lasciarci trascinare senza assicurare quello che è indispensabile.
 
Se noialtri dell'Europa occidentale, partiti comunisti d'Inghilterra, di Francia, Belgio, Olanda, paesi
scandinavi, Italia ecc., e anche Partito comunista operaio di Germania, abbiamo il dovere di
consolidarci per un po' di tempo con un piccolo numero, non è perché proviamo per questa
situazione una particolare predilezione, ma perché dobbiamo attraversare questa fase per
diventare forti.
Una setta, allora? dirà il Comitato esecutivo... Precisamente una setta, se intendete con questa
parola il nucleo iniziale di un movimento che pretende di conquistate il mondo!
Compagno, il vostro movimento bolscevico è stato, un tempo, una cosetta da niente. E proprio
perché era piccolo, perché era ristretto e voleva esserlo, si è conservato puro durante un periodo
di tempo abbastanza lungo. A questa condizione, a questa sola condizione, è diventato potente, E
quello che anche noi vogliamo fare.
Tocchiamo qui una questione estremamente importante, dalla quale dipende non soltanto la
rivoluzione europeo-occidentale, ma anche la rivoluzione russa. Siate prudente, compagno!
Sapete che Napoleone, quando ha tentato di diffondere il capitalismo moderno per l'Europa, si è
infine rotto il muso e ha dovuto lasciare il campo alla reazione, perché era arrivato al punto in cui
non soltanto aveva a che fare con troppo Medioevo ma, soprattutto, con troppo poco capitalismo
ancora.
Anche le vostre affermazioni secondarie, sopra citate, sono sbagliate.
Mi occuperò ora di quelle più importanti, della cosa più importante di tutte. Secondo voi è giunto il
momento di abbandonare la propaganda per il comunismo «puro» e di marciare alla conquista
delle masse con la tattica opportunista che avete descritto. Compagno, anche se voi aveste
ragione nelle affermazioni secondarie e se i partiti comunisti fossero veramente pervenuti qui ad
avere una forza sufficiente, non resterebbe men vero che quest'ultima pretesa è sbagliata dalla A
alla Z.
La propaganda puramente comunista, per un comunismo rinnovato, è qui una cosa indispensabile
— come ho già più volte ripetuto — dall'inizio alla fine della rivoluzione. Nell'Europa occidentale
sono gli operai, gli operai soltanto che devono introdurre il comunismo. Essi non hanno nulla da
aspettarsi (nulla d'importante) da nessun'altra classe fino alla fine della rivoluzione.
Voi dite: il momento della rivoluzione è giunto non appena è stata conquistata l'avanguardia e si
sono realizzate le seguenti condizioni: 1) tutte le forze di classe che ci sono ostili sono
sufficientemente colpite, trascinate in divisioni intestine e indebolite in una lotta. che supera le loro
forze; 2) tutti gli elementi intermedi, vacillanti, in ceti cioè piccolo-borghesi, democratici piccolo84
borghesi ecc., sono stati sufficientemente smascherati davanti al popolo, sono stati messi
abbastanza a nudo dalla loro bancarotta.
Ma, compagno, tutto questo è russo! Nello sfasciamento dell'apparato statale russo, queste erano
le condizioni della rivoluzione. Ma negli stati moderni del vero capitalismo maturo, le condizioni
sono radicalmente diverse. Di fronte al comunismo i partiti della grande borghesia faranno blocco
(invece di entrare in conflitto) e la democrazia dei piccolo borghesi si metterà a rimorchio.
Non sarà cosi in modo assoluto, ma abbastanza generalizzato perché la nostra tattica ne sia
condizionata.
Dobbiamo aspettarci nell'Europa occidentale una rivoluzione che sarà, da entrambe le parti, una
lotta fermamente risoluta, e particolarmente ben organizzata da parte della borghesia e della
piccola borghesia. Ciò mi è dimostrato dalla pesantezza delle formidabili organizzazioni in cui sono
inquadrati il capitalismo e gli operai.
Ciò dimostra che anche noi, da parte nostra dobbiamo ricorrere alle armi migliori, alle migliori
forme di organizzazione, alle più forti, e non alle più insinuanti!
E qui, non in Russia, che avrà luogo il vero duello tra il capitale e il lavoro. Perché è qui che si
trova il vero capitale.
Compagno, se pensate che esagero (senza dubbio per mania di chiarezza teorica), osservate
dunque la Germania.
Là si trova uno Stato totalmente destinato alla bancarotta, privato di ogni speranza. Ma al tempo
stesso tutte le classi, grandi e piccolo-borghesi, contadini ricchi e poveri, resistono tutti insieme
contro il comunismo. Da queste parti sarà la stessa cosa dappertutto.
Certamente, alla fine dello sviluppo rivoluzionario, quando la crisi imperverserà nel modo più
terribile, quando saremo molto vicini alla vittoria, allora forse sarà spezzata l'unità delle classi
borghesi e vedremo qualche frazione della piccola borghesia e dei contadini poveri venire al nostro
fianco. Ma a che serve pensare a questo ora? E poiché si può vincere soltanto nel modo che
diciamo noi, la propaganda del comunismo «puro», al contrario di ciò che è vero per la Russia, è
qui necessaria fino alla fine...
Senza questa propaganda dove, andrebbe il proletariato europeo-occidentale e, di conseguenza, il
proletariato russo? Alla sua sconfitta.
Chi, dunque, vuole, qui, nell'Europa occidentale, realizzare, cosi come fate voi, dei compromessi,
delle alleanze con elementi borghesi e i piccolo-borghesi; chi, in altri termini, vuole l'opportunismo,
qui, nell'Europa occidentale, è uno che persegue illusioni invece di realtà, è uno che inganna il
proletariato, è (mi servo della stessa parola che avete usata contro il Bureau di Amsterdam) un
traditore del proletariato.
 
E la stessa cosa vale per tutto l'esecutivo di Mosca.
Mentre scrivevo queste ultime pagine, ho ricevuto la notizia che l'Internazionale ha adottato la
vostra tattica e quella dell'esecutivo. I delegati dell'Europa occidentale si sono lasciati accecare dal
fulgore della rivoluzione russa. Ebbene, ci prenderemo l'incarico di condurre la lotta anche nella
Terza Internazionale.
Compagni, noialtri, cioè i vostri vecchi amici Pannekoek, Roland-Holst, Rutgers e io stesso — e
non potreste averne di più sinceri — ci siamo chiesti, quando abbiamo conosciuto la vostra tattica
per l'Europa occidentale, che cosa poteva averla determinata. Ci sono state opinioni diverse. Uno
diceva: la situazione economica della Russia è cosi cattiva che Lenin ha bisogno della pace prima
di ogni altra cosa; per questo motivo il compagno Lenin vuole riunire in Europa la più grande forza
possibile: indipendenti, Labour Party, ecc..., per essere aiutato nella conquista della pace. Un altro
diceva: egli vuole accelerare la rivoluzione generale in Europa; ha quindi bisogno dell'immediata
partecipazione di milioni di uomini. Da qui il suo opportunismo.
Quanto a me, io credo, come ho detto, che voi non conoscete la situazione europea.
Sia come sia, quali che siano i motivi che vi hanno indotto ad adottare una simile tattica, voi
andrete incontro alla più terribile delle disfatte, e porterete il proletariato alla più terribile delle
disfatte se non abbandonerete questa tattica.
Perché se quello che voi volete è in realtà la salvezza della Russia e della rivoluzione russa, al
tempo stesso, con la vostra tattica, riunite gli elementi non comunisti, li fondete con noi, i veri
comunisti, quando noi non abbiamo neanche un nucleo consolidato? Ed è con queste cianfrusaglie
dei sindacati mummificati, uniti a una massa di semicomunisti e di comunisti al 20, al 10 e allo zero
per cento, nella quale non abbiamo neanche un buon. nucleo, che pretendete di combattere contro
il capitale più altamente organizzato del mondo, al quale sono alleate tutte le classi non proletarie?
E’ ovvio che non appena comincia la battaglia, le cianfrusaglie vanno in pezzi e la grande massa
piega le ginocchia.
Cercate di capire, compagno, che una disfatta folgorante del proletariato tedesco, per esempio, è il
segnale per un attacco generale contro la Russia.
Se il vostro scopo è quello di fare qui la rivoluzione, vi avviso che con questo intruglio di Labour
Party, indipendenti, centro francese, partito italiano, ecc... — e con i sindacati — non si potrà avere
che una disfatta.
I governi non avranno paura, nemmeno una volta, di questo ammasso di opportunisti.
Se invece costituite dei raggruppamenti radicalmente comunisti, interiormente solidi, solidi anche
nel loro piccolo numero, questi gruppi metteranno paura ai governi perché essi soli sono capaci di
 
trascinare le masse a grandi azioni in periodo rivoluzionario; così ha dimostrato la Lega di
Spartaco ai suoi esordi. Partiti di questo genere obbligheranno i governi a lasciare tranquilla la
Russia, e alla fine, quando si saranno formidabilmente sviluppati alla maniera «pura», verrà la
vittoria.
Questa tattica, la nostra tattica «di sinistra» è per la Russia come per noi, non soltanto la migliore,
ma la sola via di salvezza.
Qui, in Europa occidentale, c'è una sola tattica: quella della sinistra che dice la verità al proletariato
e non fa balenare davanti ad esso delle illusioni. Quella che, anche se tale lavoro dovesse durare
molto tempo, saprà fornirgli le armi più forti, o piuttosto le sole armi valide: le organizzazioni di
fabbrica (e la loro unione in una sola organizzazione), e i nuclei — inizialmente ristretti, ma sempre
puri e solidi — dei partiti comunisti. Quella che, quando sarà giunto il momento, saprà estendere
queste due organizzazioni a tutto il proletariato.
Deve essere cosi non perché noi lo desideriamo, ma perché le condizioni della produzione, i
rapporti di classe, lo esigono.
Giunto alla fine delle mie considerazioni, voglio riassumerle in alcune formule d'assieme, in
qualche sintesi capace di essere colta con un solo sguardo, affinché gli operai vedano tutto più
chiaramente con i loro occhi.
Si può trarre, credo, un quadro chiaro dei motivi della nostra tattica e della tattica stessa: il capitale
finanziario domina il mondo occidentale. Mantiene ideologicamente e materialmente un
proletariato gigantesco nella schiavitù più profonda, e realizza l'unione di tutte le classi, la grande e
la piccola borghesia. Da qui scaturisce la necessità per queste masse gigantesche di saper fare da
sole. Una cosa del genere è possibile soltanto attraverso le organizzazioni di fabbrica e la
soppressione del parlamentarismo in un periodo rivoluzionario.
In secondo luogo confronterò qui alcune frasi della tattica della sinistra con alcune di quelle della
Terza Internazionale, affinché la differenza tra l'una e l'altra emerga con assoluta chiarezza, e
affinché gli operai non si scoraggino se la vostra tattica — come è molto probabile — li condurrà
alle peggiori disfatte, ma scoprano piuttosto che ne esiste una diversa.
La Terza Internazionale crede che la rivoluzione nell'Occidente seguirà le leggi e la tattica della
rivoluzione russa.
La sinistra crede che la rivoluzione nell'Europa occidentale produrrà e seguirà le sue leggi
specifiche.
La Terza Internazionale crede che la rivoluzione europeo-occidentale potrà concludere dei
compromessi e delle alleanze con i partiti piccolo-borghesi e dei contadini poveri, e perfino della
grande borghesia.
 
La sinistra crede che ciò sia impossibile.
La Terza Internazionale crede che si verificheranno, nell'Europa occidentale, durante la
rivoluzione, delle –divisioni- e delle scissioni tra i borghesi, piccolo-borghesi e contadini poveri.
La sinistra crede che i borghesi e i piccolo-borghesi formeranno un fronte unico praticamente fino
alla fine della rivoluzione.
La Terza Internazionale sottovaluta la potenza del capitale europeo-occidentale e nord-americano.
La sinistra assume questa grande potenza come base per la sua tattica.
La Terza Internazionale non riconosce nel grande capitale, nel capitale finanziario, la potenza
unificatrice di tutte le classi borghesi.
La sinistra assume questa potenza unificatrice come base per la sua tattica.
Poiché non crede all'isolamento del proletariato in Occidente, la Terza Internazionale trascura lo
sviluppo della coscienza del proletariato — che tuttavia vive ancora profondamente sotto
l'influenza dell'ideologia borghese in tutti i campi — e adotta una tattica che comporta il
mantenimento della schiavitù e della subordinazione davanti alle idee della borghesia.
La sinistra sceglie la sua tattica in modo tale da far maturare innanzitutto lo spirito del proletariato.
La Terza Internazionale, poiché non basa la sua tattica sulla necessità di elevare le coscienze, né
sull'unità di tutti i partiti borghesi e piccolo-borghesi, ma invece su prospettive di compromesso e di
«divisioni», lascia sussistere i vecchi sindacati e cerca di farli entrare nella Terza Internazionale.
La sinistra, poiché vuole come prima cosa la elevazione delle coscienze e crede nell'unità dei
borghesi, sa che i sindacati devono essere distrutti e che il proletariato ha bisogno di armi migliori.
Per le stesse ragioni, la Terza Internazionale lascia sopravvivere il parlamentarismo.
La sinistra, per le ragioni già esposte, sopprime il parlamentarismo.
La Terza Internazionale conserva la schiavitù delle masse nella situazione in cui era al tempo della
Seconda.
La sinistra vuole rovesciarla da cima a fondo. Essa distrugge il male alle radici.
La Terza Internazionale, poiché non crede alla necessità prioritaria di elevare le coscienze in
Occidente, né all'unità di tutti i borghesi davanti alla rivoluzione, raccoglie le masse attorno a se
stessa, senza cercare i veri comunisti, e senza scegliere una tattica atta a crearne, ma si contenta
solo di avere delle masse.
La sinistra vuole formare in tutti i paesi dei partiti composti soltanto da comunisti e determina la
sua tattica su questa base. Con l'esempio di simili partiti, per quanto possano essere piccoli
all'inizio, essa vuoi fare della maggior parte dei proletari, e cioè delle masse, dei comunisti.
La Terza Internazionale prende dunque le masse come mezzo.
La sinistra come fine.
Attraverso la sua tattica (che era molto giusta in Russia) la Terza Internazionale conduce una
politica da capi.
La sinistra fa una politica da masse.
 
Mediante la sua tattica, la Terza Internazionale conduce la rivoluzione nell'Europa occidentale e, in
primo luogo, la rivoluzione russa alla sconfitta.
Mentre la sinistra conduce il proletariato mondiale alla vittoria.
Per concludere, allo scopo di esprimere i miei giudizi nella forma più sintetica possibile davanti agli
occhi degli operai i quali devono acquisire una concezione chiara della tattica, li riassumerò in
alcune tesi:
1) la tattica della rivoluzione occidentale deve essere completamente diversa da quella della
rivoluzione russa;
2) perché il proletariato qui è completamente solo;
3) il proletariato, qui, deve fare da solo la rivoluzione contro tutte le classi;
4) l'importanza delle masse proletarie è dunque relativamente maggiore, quella dei capi minore,
rispetto alla Russia;
5) e il proletariato, qui, deve avere tutte le armi migliori per la rivoluzione;
6) poiché i sindacati sono armi difettose, occorre sopprimerli o trasformarli radicalmente, e
sostituirli con organizzazioni di fabbrica riuniti in un'organizzazione generale;
7) poiché il proletariato deve fare da solo la rivoluzione, e non dispone di alcun aiuto, deve elevare
molto in alto la sua coscienza e il suo coraggio. Ed è preferibile, in periodo rivoluzionario,
l'abbandono del parlamentarismo.
Fraterni saluti

Hermann Gorter                                                                                                                       


                                                                                                                                    Lista delle principali sigle utilizzate
 
AAU: Unione generale operaia
 
 
Organizzazione operaia rivoluzionaria antisindacale, fondata nel primo dopoguerra in Germania su

questi due criteri:

- gli operai si uniscono su base di impresa (e non su quella di mestiere come nei sindacati classici,

sia riformisti che rivoluzionari)

- le organizzazioni di impresa si raggruppano per regione industriale (e non per categorie)

Di fatto le AAU si propongono come embrioni dei consigli operai rivoluzionari
 
AAUD: Unione generale operaia di Germania
 
 
Fondata nel febbraio del 1929. Il suo programma e le sue linee d’orientamento sono definite nella

conferenza di Leipzig (dicembre 1920), dopo la scissione della corrente AAU-E sul problema del

rapporto con la Russia e la III Internazionale. Di fatto l’AAUD diviene l’organizzazione economica

della KAPD, alla fondazione raccoglie circa 100.000 membri.
 
AAU-E: Unione generale operaia – organizzazione unitaria
 
 
Corrente più radicalmente “unionista industriale”, cioè contraria alla separazione, in qualsiasi

forma, fra organizzazione economica ed organizzazione politica della classe. Ha come modello gli

IWW americani. Raccoglie, alla fondazione, circa 100.000 aderenti.
 
FAUD: Unione libera dei lavoratori di Germania
 
 
Organizzazione anarcosindacalista che con la crisi dei consigli si riorganizza in quanto tale alla fine

del 1918. Questa corrente esisteva già prima della guerra con il nome di FVDG (Unione libera dei

sindacati tedeschi), nome che modifica in FAUD nel dicembre del 1919. partecipa a tutte le lotte

più radicali del periodo. Nel 1922 partecipa alla costituzione dell’AIT (Associazione Internazionale

dei Lavoratori) a Berlino, assieme alle altre organizzazioni anrcosindacaliste (CNT spagnola, USI

italiana, FORA argentina, ecc.)
 
ISD: Socialisti Internazionali di Germania
 
 
Nome di alcuni gruppi radicali di sinistra dell’SPD, costituitisi durante la guerra, in contatto con la

Lega di Spartaco ma su posizioni più radicali. I loro principali nuclei erano a Brema, Brunswick e

Berlino ed erano in stretta relazione con un gruppo di Amburgo. Già durante la guerra iniziano a

sviluppare, anche se confusamente, l’idea dell’organizzazione unitaria.
 
IKD: Comunisti internazionali di Germania
 
 
Nuovo nome dell’ISD dopo il novembre 1918
 
 
IWW: Lavoratori industriali del mondo
 
 
Organizzazione operaia rivoluzionaria americana, costituita nel 1905, in contrapposizione al

sindacalismo di mestiere dell’AFL col fine di organizzare tutti i lavoratori su base di industria

indipendentemente da divisioni di razza, sesso, nazionalità, ecc.

Nonostante alcuni aspetti dell’esperienza IWW siano connessi alla tradizione anarcosindacalista e

sindacalista rivoluzionaria europea (azione diretta, antiparlamentarismo, federalismo), gli IWW il

sviluppano in maniera originale e li adeguano alla lotta contro una struttura capitalista assai più

matura.
 
KAPD: Partito Operaio Comunista di Germania
 
 
Partito che riunisce la sinistra del KPD(s) espulsa nell’ottobre del 1919 dalla direzione del partito,

ad eccezione del gruppo di Amburgo che evolve su posizioni “nazional bolsceviche” (Laufenberg e

Wolffheim) e di quello di Brema (Becker e Frohlich) rientrato nel KPD dove formano una corrente

di sinistra. La scissione si sviluppò sulla questione sindacale e parlamentare ma la direzione

preferì condurre la battaglia interna sull’accusa di anarcosindacalismo di sinistra. Il KAPD è diviso

in tre tendenze, quella nazional-bolscevica che se ne stacca immediatamente, quella maggioritaria

favorevole a un dualismo organizzativo (KAPD e AAU) e quella favorevole a uno scioglimento del

KAPD nelle AAU (tendenza AAU-E)
 
KPD(s): Partito comunista tedesco – lega spartaco
 
 
Fondato alla fine del 1918 si iniziativa dell’IKD e con la partecipazione della Lega di Spartaco, la

maggior parte dei suoi membri viene da iniziative e raggruppamenti di base esterni all’esperienza

delle minoranze di sinistra dell’SPD. Sin dall’inizio vede una divergenza fra i radicali di sinistra e la

direzione luxemburghiana più legata alla tradizione del movimento operaio tedesco e timorosa

degli effetti della rottura radicale con l’USPD. Nel marzo del 1919 conta circa 90.000 aderenti.
 
Nazional bolscevici
 
 
Raggruppamento di Amburgo che partecipa alla costituzione del KPD(s) e poi del KAPD, per un

breve periodo. Viene sviluppando l’idea che il primo nemico del proletariato tedesco sia l’Intesa

contro la quale sia opportuna un’alleanza con la stessa borghesia tedesca. Sulla questione

sindacale e parlamentare mantiene posizioni simili a quelle del KAPD. I suoi esponenti o

abbandoneranno la politica (Laufenberg) o evolveranno su posizioni di sinistra nazionalsocialista

come Wolffheim che morrà in un campo di concentramento nazista.
 
Lega di Spartaco
 
 
Raggruppamento della sinistra dell’SPD prende questo nome nel 1916 dopo essersi chiamato nel

1915 “Die Internationale” dal nome del giornale che edita clandestinamente. Raccolgie gli
 


 
esponenti più prestigiosi della sinistra dell’SPD (Rosa Luxemburg, Liebknecht, Mehring, Pieck,

Levi, Meyer). Aderisce poi all’USPD da cui si staccherà nel novembre del 1918, per partecipare

alla formazione del KPD(s)
 
SPD: Partito Social democratico tedesco

SDAP: Partito operaio socialdemocratico olandese
 
 
Partito riformista sulle posizioni dell’SPD
 
SDP: Partito socialdemocratico olandese
 
 
Scissosi nel 1909 dall’SDAP, su posizioni marxiste radicali, i suoi esponenti detti anche tribunisti

dal loro organo “Die tribune” svolgeranno un importante ruolo teorico a livello internazionale.

I più noti sono Pannekoek, Gorter ed Henriette Roland Holst. Nel 1918 si trasformerà in Partito

Comunista dei Paesi Bassi (KPN)
 
USPD: Partito social democratico indipendente di Germania



Fondato nell’aprile 1917, raggruppa degli importanti settori dell’SPD, che erano già usciti in

maniera autonoma dal partito. L’USPD contesta la politica di guerra della direzione dell’SPD ma

conserva le posizioni socialdemocratiche classiche. Può essere definito un partito centrista con

una sinistra che sviluppa un lavoro di agitazione (Lega di spartaco) e una destra parlamentarista.
 
VKPD: Partito comunista unificato di Germania
 
 
Partito sorto alla fine del 1920 dall’unificazione del KPD(s), dopo l’espulsione del KAPD, con la

sinistra (tendenza proletaria) dell’USPD.
 
KAI: Internazionale Comunista Operaia
 
 
Organizzazione internazionale costituita nel 1922. Di fatto la costituzione della KAI comporta la

scissione del KAPD fra una maggioranza (tendenza Berlino) favorevole a centrare gli sforzi

dell’organizzazione sulle lotte salariali e una minoranza (tendenza di Essen) che raccoglie la

maggior parte degli intellettuali del KAPD che darà vita alla KAI. Di fatto raccolse il Partito

Comunista Operaio bulgaro, quello olandese e qualche piccolo gruppo e si dissolse velocemente.
 
KAUD: Unione comunista operaia tedesca
 
 
Fondata nel 1931 da una fusione fra AAU-E e AAUD separatasi dal KAPD. Entrambi sono ormai

dei piccoli gruppi (qualche centinaio di membri) che conducono un’attività illegale di propaganda

dei principi comunisti dei consigli. La scissione fra KAUD e AAUD deriva dalla diversa valutazione

che si dà delle lotte economiche in questa fase. Di fatto la KAUD è abbastanza simile, dal punto di
vista dei principi, all’AAU-E, anche se non crede alla possibilità di diventare un’organizzazione di

massa, mettendo al centro maggiormente la categoria di autonomia proletaria.
 
Sinistra risoluta
 
 
Gruppo uscito nel 1927 dal KPD e confluito nel KAPD (tendenza di Berlino) dopo aver denunciato

le collusioni fra l’esercito tedesco e l’Unione Sovietica. Il suo esponente più noto è Karl Korsch
 
GIC: Gruppi comunisti internazionali
 
 
La GIKH fu un raggruppamento nato alla metà degli anni 20 in Olanda (interruppe la sua attività

nel 1938), La GIKH non era un partito, ma un rete di gruppi comunisti che si ponevano su un piano

di analisi/inchiesta sul piano internazionale, non disdegnando tuttavia l’intervento attivo dentro le

lotte quando questo era possibile. Assieme ai gruppi comunisti dei consigli negli Usa,

rappresenterà il centro di sviluppo delle teoria comunista dei consigli.
 
Opposizione Operaia
 
 
L’Opposizione operaia era una fazione del Partito comunista russo che emerse nel 1920 come

risposta alla percepita eccessiva burocratizzazione che stava avvenendo nella Russia sovietica.

Tra i suoi principali animatori, Alessandro Shlyapnikov, presidente del Sindacato dei

Metalmeccanici russi e la femminista Alexandra Kollontaj. Divenne forza irrilevante e si sciolse nel

periodo della NEP in Russia.
 


 
“…KAPD si costituisce avendo come fine immediato la Rivoluzione. In altri tempi, in un periodo di declino della Rivoluzione, non si sarebbe assolutamente potuto pensare di fondare una tale organizzazione; ma essa sopravvisse agli anni rivoluzionari…”
Anton Pannekoek, 192
 
 

                                                                                                                                                                    
 
 
 
 

          

Nessun commento:

Posta un commento