Il processo di concentrazione di potere capitalistico e politico impone a ogni movimento di qualche importanza sociale l’obbligo o di distruggere il capitalismo o di porsi coerentemente al suo servizio.
Il vecchio movimento operaio tedesco non poteva optare per la per la seconda alternativa, né voleva né era in grado di realizzare la prima. Esso non agì coerentemente alla sua ideologia originaria né in accordo con i suoi interessi reali e immediati. Per un certo periodo servì da strumento di controllo nelle mani della classe dominante. Perdendo prima la propria indipendenza, doveva ben presto perdere la sua effettiva esistenza.Essenzialmente la storia di questo movimento è la storia del mercato capitalistico considerata da un punto di vista ‘proletario’. Le cosiddette leggi di mercato dovevano essere utilizzate a vantaggio della merce forza lavoro. Le azioni collettive dovevano portare ai più elevati salari possibili. Il ‘potere economico’ conquistato in tal modo doveva essere difeso mediante riforme sociali. Anche i capitalisti accrebbero il controllo organizzato sul mercato. Da entrambi i lati si favorì la riorganizzazione monopolistica della società capitalista sebbene, senza dubbio, dietro le loro attività coscientemente concepite in ultima analisi non vi erano altro che le esigenze di sviluppo del capitale stesso. Le loro politiche e le loro aspirazioni, per quanto fondate su concrete considerazioni di fatti e di necessità particolari, erano tuttora determinate dal carattere feticistico del loro sistema di produzione.
A parte il feticismo della merce, qualunque sia il significato che le leggi di mercato possano assumere rispetto ad arricchimenti o perdite particolari e per quanto possano essere manovrate da questo o quell’altro gruppo di interesse, in nessuna circostanza possono essere utilizzate a vantaggio della classe operaia considerata nel suo complesso. Non è il mercato che controlla gli individui e determina le relazioni sociali prevalenti ma piuttosto il fatto che nella società un gruppo separato possiede o controlla i mezzi di produzione e gli strumenti di repressione.
Per sconfiggere il capitalismo sono necessarie azioni esterne alle relazioni di mercato tra lavoro e capitale, azioni che aboliscono entrambi, il mercato e le relazioni di classe. Limitando le azioni all’interno del perimetro capitalistico il vecchio movimento operaio doveva autodistruggersi o ad essere distrutto dall’esterno. Era destinato o ad essere scisso internamente dalla propria opposizione rivoluzionaria, che avrebbe dato origine a nuove organizzazioni, o condannato ad essere distrutto dalla trasformazione capitalistica di una economia di mercato in una economia di mercato controllata, e dai concomitanti mutamenti politici.
La prima guerra mondiale rivelò più di ogni altra cosa che il movimento operaio era parte e
componente passiva della società borghese. Le varie organizzazioni di ogni nazione dimostrarono di non avere né l’intenzione né i mezzi per lottare contro il capitalismo, di essere interessate solo ad assicurare la propria esistenza all’interno delle struttura del capitale. In Germania ciò era particolarmente facile poiché nel movimento internazionale le organizzazioni tedesche erano le più grandi e le più unitarie. Al fine di tenersi aggrappati a quanto era stato costruito fin dall’epoca della legislazione anti-socialista di Bismarck, la minoranza di opposizione all’interno del partito socialista mostrò un’attitudine all’autolimitazione di una portata sconosciuta in altri paesi. Ma a quel tempo l’opposizione russa in esilio aveva meno da perdere; inoltre essa aveva rotto con i riformisti e i collaborazionisti di classe un decennio prima dello scoppio della guerra. Ed è molto difficilescorgere nei blandi argomenti pacifisti del partito laburista indipendente una qualsiasi opposizione reale al patriottismo socialista che aveva impregnato il movimento operaio britannico.
Ma dalla sinistra tedesca ci si aspettava di più che da ogni altro gruppo della Internazionale e il suo comportamento al momento dello scoppio della guerra fu quindi particolarmente deludente. Oltre che della condizione psicologica degli individui questo comportamento fu il risultato del feticismo per l’organizzazione dominante nel movimento.
Il feticismo esige disciplina e una stretta adesione alle regole della democrazia – la minoranza deve sottomettersi alla volontà della maggioranza. E sebbene risulti evidente che nelle condizioni del capitalismo tali prescrizioni ‘democratiche’ semplicemente occultano i fatti con il loro contrario, l’opposizione non riesce a rendersi conto che nel movimento operaio la democrazia non differisce dalla democrazia borghese in generale. Una minoranza ha la proprietà e il controllo delle organizzazioni allo stesso modo in cui la minoranza capitalista possiede e controlla i mezzi di produzione e l’apparato dello stato. In entrambi i casi le minoranze in virtù di questo controllo determinano il comportamento delle maggioranze. Ma, forzata da procedure tradizionali, in nome della disciplina e dell’unità, a disagio e contro le sue migliori convinzioni, la minoranza che si opponeva alla guerra finì per appoggiare lo sciovinismo dei socialdemocratici. Nell’agosto del 1914 vi fu solamente un uomo nel Richstag tedesco – Fritz Kunert - che non se la sentì di votare in favore dei crediti di guerra, ma che pure non seppe votare contro di essi e così, per tacitare la propria coscienza, si astenne affatto dalla votazione. Nella primavera del 1915 Liebknecht e Ruhlefurono i primi a votare contro la concessione di crediti di guerra al governo. Essi rimasero isolati per un bel po’ di tempo e trovarono nuovi aderenti solo nella misura in cui le prospettive di una pace vittoriosa sfumavano in una situazione di stallo militare. Dopo il 1916 la corrente di opposizione radicale alla guerra venne appoggiata e presto fagocitata da un movimento borghese alla ricerca di un negoziato di pace, un movimento che infine doveva ereditare il bilancio fallimentare dell’imperialismo tedesco.
Poiché avevano violato la disciplina di partito Liebknecht e
Ruhle vennero espulsi dal gruppo socialdemocratico del Reichstag. Insieme a
Rosa Luxemburg, Franz Mehring e altri, ora più o meno dimenticati, essi
organizzarono il gruppo Internationale, pubblicando una rivista dello
stesso nome, al fine di sostenere in un mondo in guerra l’idea
dell’internazionalismo. Nel 1916 organizzarono la Spartakusbund che
cooperò con altre formazioni di sinistra come la Internationale socialisten,
il cui portavoce era Julian Borchardt, e il gruppo che si raccoglieva attorno a
Johann Knief e il giornale radicale di Brema Arbeiterpolitik.
Retrospettivamente sembra che il gruppo citato per ultimo fosse il più
avanzato, cioè avanzato in quanto lontano dalla tradizione della socialdemocrazia
e rivolto verso un nuovo modo di rapportarsi con la lotta di classe proletaria.
Quanto la Spartakusbund aderisse ancora al feticismo dell’organizzazione
e dell’unità che dominava il movimento operaio tedesco divenne chiaro con il
loro incerto comportamento rispetto ai primi tentativi di riorientamento del
movimento socialista internazionale che ebbero luogo a Zimmerwald e Kienthal.
Gli spartachisti non erano favorevoli ad una rottura netta con il vecchio
movimento operaio, nella direzione mostrata dal precedente esempio bolscevico.
Essi speravano ancora di conquistare il partito alle loro posizioni ed
evitarono scrupolosamente linee politiche non mediabili. Nell’aprile del 1917
la Spartakusbund si fuse con i Socialisti indipendenti, che costituivano
il centro del vecchio movimento operaio, ma che non era più disponibile a
fornire una copertura allo sciovinismo della maggioranza conservatrice del
partito socialdemocratico.
Relativamente indipendente ma ancora all’interno del partito
socialista indipendente, la Spartakusbund uscì da questa organizzazione
solo alla fine del 1918. La posizione di Liebknecht e della Luxemburg
all’interno della Spartakusbund era stata attaccata dai bolscevichi
definendola incoerente. E incoerente era realmente ma per motivi pertinenti. A prima
vista, il motivo principale sembrava riferirsi alla illusione che il partito
socialdemocratico potesse essere riformato.
Con un mutamento delle circostanze, così si sperava, le
masse avrebbero cessato di seguire i loro dirigenti conservatori e avrebbero
appoggiato la sinistra del partito. E sebbene tali illusioni esistessero
realmente, prima rispetto al vecchio partito e più tardi riguardo i Socialisti
indipendenti, esse non spiegano completamente l’esitazione mostrata dalla
dirigenza spartachista nell’adottare la linea dei bolscevichi.
Effettivamente gli spartachisti da qualsiasi parte si
muovessero si trovavano di fronte a undilemma. Non tentando - al momento giusto
- di rompere risolutamente con la socialdemocrazia, persero l’occasione di
costituire una forte organizzazione in grado di svolgere un ruolo decisivo nelle
auspicate rivolte sociali. Tuttavia considerando la reale situazione della
Germania e la storia del movimento operaio tedesco, era molto difficile credere
nella possibilità di costituire rapidamente una organizzazione alternativa alle
organizzazioni operaie dominanti. Ovviamente sarebbe stato possibile costituire
un partito alla maniera leninista, un partito di rivoluzionari professionali,
intenzionati a usurpare il potere, se necessario, contro la volontà della
maggioranza della classe operaia. Ma questo era esattamente ciò cui la gente
intorno a Rosa Luxemburg non ambiva. In tutti gli anni della loro opposizione
al riformismo e al revisionismo non avevano mai ridotto la distanza che li
separava dalla ‘sinistra’ russa, dall’idea leninista di organizzazione e
rivoluzione. Nel corso di aspre controversie Rosa Luxemburg aveva evidenziato
che i concetti di Lenin erano di carattere giacobino e inapplicabili
nell’Europa occidentale, dove non una rivoluzione borghese ma una proletaria
era all’ordine del giorno. Sebbene anch’essa parlasse di dittatura del
proletariato, per lei ciò significava, a differenza di Lenin, “il modo in cui
la democrazia viene applicata, non la sua abolizione: - deve essere opera di
tutta la classe, non di una piccola minoranza in nome della classe.”
Pur salutando entusiasticamente il rovesciamento dello
zarismo, gli spartachisti non smarrirono le loro capacità critiche, né
dimenticarono il carattere del partito bolscevico né i limiti storici della rivoluzione
russa.
Ma al di là delle realtà immediate e dell’esito finale di questa
rivoluzione essa doveva essere difesa in quanto prima incrinatura nello
schieramento imperialista e precorritrice della attesa rivoluzione tedesca. Di
quest’ultima molti segnali erano apparsi come scioperi, sommosse della fame, ammutinamenti
e ogni genere di resistenza passiva. Ma la crescente opposizione alla guerra e
alla dittatura di Ludendorff non riusciva a trovare sbocchi organizzativi di
portata significativa. Invece di volgersi a sinistra le masse seguivano le loro
vecchie organizzazioni, le quali erano allineate con la borghesia liberale. Le
sommosse nella flotta tedesca e infine la ribellione di novembre erano continuate
nello spirito della socialdemocrazia, cioè nello spirito della borghesia
tedesca sconfitta. La rivoluzione tedesca apparve più significativa di quanto
lo fosse nella realtà. L’entusiasmo spontaneo degli operai era rivolto più a
terminare la guerra che a cambiare i rapporti sociali esistenti. Le loro
rivendicazioni, espresse tramite consigli di operai e soldati, non trascendevano
le possibilità della società borghese. Anche la minoranza rivoluzionaria, e qui
in particolare la Spatakusbund, non riuscì a sviluppare un programma
rivoluzionario coerente. Le sue richieste politiche ed economiche erano di
duplice natura: erano formulate da una parte per servire come richieste sulle
quali trovare un accordo con la borghesia e i suoi alleati della
socialdemocrazia, e dall’altra come parole d’ordine di una rivoluzione con la
quale farla finita sia con la borghesia che con i suoi difensori.
Naturalmente, dentro quell’oceano di mediocrità politica
rappresentato dalla rivoluzione tedesca vi furono correnti rivoluzionarie che
scaldavano i cuori dei radicali e li spingevano a intraprendere azioni
storicamente del tutto fuori luogo. Successi parziali, dovuti ad un temporaneo
stordimento della classe dominante e alla generale passività delle grandi masse
– esauste come erano da quattro anni di fame e guerra – alimentarono la
speranza che la rivoluzione potesse sfociare in una società socialista. Solo
che nessuno sapeva che cosa fosse una società socialista, quali passi si doveva
compiere per portarla all’esistenza. “Tutto il potere ai consigli degli operai
e dei soldati,” per quanto attraente come parola d’ordine, lasciava tuttavia
aperte tutte le questioni essenziali. Le lotte rivoluzionarie successive al
novembre 1918 furono così determinate non da piani coscientemente elaborati
dalla minoranza rivoluzionaria, ma furono sospinte a ciò da un controrivoluzione
che si sviluppava lentamente ed era sostenuta dalla maggioranza del popolo. Il
fatto era che le grandi masse tedesche dentro e fuori il movimento operaio non
guardavano avanti verso l’istituzione di una nuova società ma indietro verso la restaurazione
del capitalismo liberale senza i suoi aspetti negativi, le sue diseguaglianze
politiche, il suo militarismo e l’imperialismo. Essi semplicemente desideravano
il completamento delle riforme iniziate prima della guerra che erano concepite
per l’instaurazione di un capitalismo benevolo.
L’ambiguità che caratterizzò la politica della Spatakusbund
fu in gran parte il risultato delconservatorismo delle masse. I dirigenti
spartachisti erano pronti, da una parte, a intraprendere ilchiaro percorso rivoluzionario
auspicato dalla cosiddetta ‘ultrasinistra’, e dall’altra erano persuasiche tale
politica non poteva avere successo considerando l’orientamento prevalente delle
masse ela situazione internazionale. Gli effetti della rivoluzione russa sulla
Germania difficilmente sipossono considerare degni di nota. Né vi era motivo di
attendersi che una svolta radicale inGermania avrebbe causato maggiori
ripercussioni in Francia, Inghilterra e America. Se era statoarduo per gli
Alleati intervenire in modo decisivo in Russia, avrebbero incontrato minori
difficoltà aschiacciare una insurrezione comunista in Germania. Uscito
vittorioso dalla guerra, il capitalismo diqueste nazioni si era enormemente
rafforzato: non vi era alcuna indicazione che le loro masse patriottiche
avrebbero rifiutato di combattere contro una debole Germania rivoluzionaria. In
ognicaso, non vi era motivo di credere che le masse tedesche, impegnate a
sbarazzarsi delle loro armi,avrebbero rincominciato una guerra contro il
capitalismo al fine di liberarsi del proprio capitalismo.La politica che era
apparentemente la più realistica per gestire la situazione internazionale e chedoveva
essere presto proposta da Wolfheim e Lauffenberg con il nome di
nazionalbolscevismo,era tuttavia irrealistica considerando i reali rapporti di
forza esistenti nel dopoguerra.
Il piano di riprendere la guerra contro il capitalismo degli
Alleati con l’aiuto della Russia erainadeguato in quanto non prendeva in
considerazione il fatto che i bolscevichi non erano preparatiné in grado di
partecipare ad una tale avventura. Naturalmente i bolscevichi non avversavano
laGermania e qualsiasi altra nazione che suscitasse difficoltà all’imperialismo
vittorioso, tuttavia nonincoraggiavano l’idea di una di nuova guerra di
equilibrio per portare avanti la ‘rivoluzionemondiale.’ Essi desideravano
l’appoggio per il loro regime, la cui permanenza era ancora posta indubbio dai
bolscevichi stessi, ma non erano interessati a sostenere rivoluzioni in altri
paesi conmezzi militari. Sia il perseguimento di una deriva nazionalistica,
indipendente dal problema dellealleanze, sia la prospettiva di unirsi una volta
ancora con la Germania per una guerra di‘liberazione’ dall’oppressione
straniera furono alternative fuori discussione per il motivo ulterioreche
quegli strati sociali che i ‘rivoluzionari nazionali’ dovevano coinvolgere
nella loro causa eranoprecisamente la gente che mise fine alla guerra prima
della sconfitta completa delle armatetedesche allo scopo di prevenire una
ulteriore diffusione del ‘bolscevismo.’ Incapaci di divenire ipadroni del
capitalismo internazionale, avevano preferito mantenere il ruolo dei suoi
servitori piùfedeli. Tuttavia non vi era modo di trattare i problemi
internazionali della Germania che nonimplicasse una politica estera definita.
Pertanto la rivoluzione tedesca radicale venne sconfittaanche prima che potesse
iniziare, ad opera sia del proprio che del capitalismo mondiale.
Tuttavia la necessità di considerare seriamente le relazioni
internazionali non si presentò mai allasinistra tedesca. Forse questo fu il più
chiaro segno della sua irrilevanza. Neppure venne postaconcretamente la
questione di cosa fare del potere politico, una volta conquistato. Nessunosembrava
credere che a queste domande sarebbe stato necessario rispondere. Liebkneekt e
laLuxemburg davano per certo che il proletariato tedesco dovesse fronteggiare
un lungo periodo dilotta di classe senza alcuna prospettiva di una prossima
vittoria. Essi vollero scegliere la soluzionemigliore possibile, proponendo un
ritorno in parlamento e all’attività sindacale. Tuttavia nella loropratica
precedente avevano già oltrepassato i confini della politica borghese; non
potevanoritornare nella prigione della tradizione. Avevano radunato attorno a
sé gli elementi più radicali delproletariato tedesco, i quali erano ora
determinati a considerare ogni battaglia come lo scontrofinale contro il
capitalismo. Questi operai interpretavano la rivoluzione russa secondo le
proprieesigenze e la loro mentalità; ad essi importava meno delle difficoltà
celate nel futuro che didistruggere il più possibile le forze del passato. Di
fronte ai rivoluzionari si aprivano solo due vie: osoccombere con forze la cui
causa era persa in anticipo, oppure ritornare nell’ovile dellademocrazia
borghese e svolgere attività sociale a vantaggio della classe dominante. Per un
verorivoluzionario naturalmente esisteva solo una strada: soccombere con i
lavoratori in lotta. Perquesto Eugene Levine parlò dei rivoluzionari come di
‘morti in licenza’ e per questo RosaLuxemburg e Karl Liebknecht andarono
incontro alla morte quasi come sonnambuli. Il fatto che la borghesia
internazionale potesse concludere la sua guerra con nulla di più che laperdita
temporanea dell’area russa determinò l’intera storia del dopoguerra fino alla
secondaguerra mondiale.
Retrospettivamente la lotta del proletariato tedesco dal
1912 al 1923 appare come un attritomarginale concomitante il processo di
riorganizzazione capitalistica successivo alla crisi bellica.Ma è sempre
esistita la tendenza a considerare i sottoprodotti di mutamenti violenti nella
strutturacapitalistica come espressione della volontà rivoluzionaria del
proletariato. Tuttavia i radicaliottimisti stavano semplicemente fischiando nel
buio. Certamente l’oscurità era reale e loschiamazzo incoraggiante, tuttavia a
quell’ora tarda non era il caso di prendere ciò sul serio. Perquanto sia
entusiasmante richiamare alla memoria i tempi delle azioni del proletariato in
Germania– le assemblee di massa, le manifestazioni, gli scioperi, i
combattimenti per le strade, lediscussioni accalorate, le speranze, le paure e
le delusioni, l’amarezza della sconfitta e lesofferenze della prigione e della
morte – tuttavia da tutte queste imprese non si possono ora trarreche
insegnamenti negativi. Tutta l’energia e tutto l’entusiasmo non erano
sufficienti a provocare uncambiamento sociale o a modificare la mentalità
corrente. La lezione appresa fu quella di comenon si deve procedere. Ma il come
realizzare i bisogni del proletariato non era stato scoperto. Lo sconvolgimento
emotivo fornì un inesauribile incentivo alla ricerca. La rivoluzione, che così
alungo era stata una semplice teoria e una vaga speranza era apparsa per un
momento come una possibilità pratica.
L’occasione era stata mancata, nessun dubbio, ma sarebbe
ritornata per essere meglio utilizzatala prossima volta. Se non gli individui
almeno i ‘tempi’ erano rivoluzionari e le prevalenti condizioniche portavano
alla crisi avrebbero presto o tardi rivoluzionato le menti degli operai. Se le
azionierano state bloccate dai pompieri della polizia socialdemocratica, se una
volta ancora l’iniziativadegli operai era stata vanificata attraverso
l’evirazione dei loro consigli mediante la legislazione, sei loro dirigenti
stavano nuovamente operando nelle diverse istituzioni capitalistiche non con laclasse
ma ’in nome della classe’– nondimeno la guerra aveva chiarito che le
contraddizionicapitalistiche fondamentali non potevano essere risolte e che le
condizioni della crisi erano ora lecondizioni ‘normali’ del capitalismo. Nuove
azioni rivoluzionarie erano probabili e avrebbero trovato i rivoluzionari
meglio preparati.
Sebbene le rivoluzioni in Germania, Austria e Ungheria
fossero fallite rimaneva ancora larivoluzione russa a ricordare al mondo la
realtà delle rivendicazioni proletarie. Tutte le discussionigravitavano attorno
a questa rivoluzione, ed a ragione, perché questa rivoluzione dovevadeterminare
il corso futuro della sinistra tedesca.
Nel dicembre del 1919 venne fondato il Partito comunista
tedesco. Dopo l’assassinio di Liebknechte della Luxemburg venne diretto da Paul
Levi e Karl Radek. Questa nuova dirigenza venne subitoattaccata da una
opposizione di sinistra a causa della sua tendenza a sostenere il ritorno allepratiche
parlamentari. Al momento della fondazione del partito i suoi elementi radicali
erano riuscitia conferirgli un carattere antiparlamentare e un ampio controllo
democratico, a differenza del tipodi organizzazione leninista. Venne adottata
anche una politica contraria al sindacalismo. Liebknecht e la Luxemburg
subordinarono i loro diversi punti di vista a quelli della maggioranzaradicale.
Non altrettanto fecero Levi e Radek. Già nell’estate del 1919 manifestarono
chiaramentel’intenzione di scindere il partito al fine di partecipare alle
elezioni del parlamento. Al contempo essisi prodigarono a diffondere l’idea di
un ritorno all’attività sindacale, non tenendo conto del fatto cheil partito
era già impegnato nella formazione di nuove organizzazioni non più fondate su i
mestieri oanche sulle industrie ma sulle fabbriche. Queste organizzazioni di
fabbrica erano unite in un’unicaorganizzazione di classe, l’Unione generale del
lavoro (AAU).
Nell’ottobre del 1919, al congresso di Heidelberg, furono
espulsi tutti i delegati che erano indisaccordo con il nuovo comitato centrale
e mantenevano la posizione adottata alla fondazione delPartito comunista. Il
febbraio seguente il comitato centrale decise di sbarazzarsi di tutti i
distretticontrollati dall’opposizione di sinistra. L’opposizione aveva dalla
sua parte l’ufficio di Amsterdam dell’Internazionale comunista, ciò che portò
allo scioglimento di quell’ufficio da partedell’Internazionale al fine di
sostenere il gruppo Levi-Radek. Infine nell’aprile del 1920 la sinistra fondava
il Partito comunista dei lavoratori.
Il Partito comunista operaio (KAPD) non aveva ancora
compreso che lo scontro con il gruppo diLevi e Radek era la ripresa del vecchio
conflitto della Sinistra tedesca contro il bolscevismo, e in senso lato contro
la nuova struttura del capitalismo mondiale che stava lentamente prendendo forma.
Esso decise di entrare nell’Internazionale comunista. Appariva più bolscevico
deibolscevichi stessi. Ma per l’Internazionale comunista non era necessario
prendere nuovamente posizione contro l’ ‘ultrasinistra’; i suoi dirigenti
avevano preso la loro decisione già vent’anni prima.
Nondimeno il comitato esecutivo dell’Internazionale
comunista tentava tuttora di mantenere irapporti con il Partito comunista dei
lavoratori, non solo perché esso comprendeva la maggioranzadel vecchio Partito
comunista, ma anche perché sia Levi che Radek, sebbene portassero avanti inGermania
la politica bolscevica, erano stati i discepoli più vicini non a Lenin ma a
Rosa Luxemburg.
Al secondo congresso mondiale della Terza Internazionale del
1920 i bolscevichi russi erano giànella condizione di imporre la politica
dell’Internazionale. Le reazioni del Partito comunista deilavoratori sono
riassunte nella ‘Lettera aperta a Lenin’ di Herman Gorter, che è la risposta a‘L’estremismo,
malattia infantile del comunismo’ di Lenin. Le azioni dell’Internazionale
contro l’‘ultrasinistra’ furono i primi tentativi di intervento e controllo
sulle varie sezioni nazionali. Lepressioni esercitate sul Partito comunista dei
lavoratori perché ritornasse al parlamentarismo e alsindacalismo crebbero
costantemente, ma il Partito comunista dei lavoratori uscìdall’Internazionale
dopo il suo terzo congresso.
Al secondo congresso mondiale i dirigenti sovietici, allo
scopo di assicurarsi il controllodell’Internazionale, proposero l’istituzione
di ventuno condizioni di ammissione all’Internazionalecomunista. Poiché
controllavano il congresso non ebbero difficoltà a far adottare queste
condizioni.
Da quel momento lo scontro sulle questioni di
organizzazione, che venti anni addietro avevasuscitato tante polemiche tra la
Luxemburg e Lenin, fu ripreso apertamente. Dietro il dibattito sullequestioni
organizzative vi erano naturalmente le fondamentali differenze che dividevano
larivoluzione bolscevica e gli operai dell’occidente.
Queste ventun condizioni conferivano all’esecutivo
dell’Internazionale, cioè ai dirigenti del partitorusso, il controllo integrale
e un’autorità completa su tutte le sezioni nazionali. Secondo l’opinionedi
Lenin non era possibile realizzare una dittatura su scala internazionale “senza
un partitorigorosamente centralizzato, disciplinato, in grado di guidare e
amministrare ogni branca, ognisfera, ogni aspetto dell’attività politica e
culturale.” Questo atteggiamento – che consistevanell’ostinarsi ad applicare
l’esperienza russa all’Europa occidentale, dove prevalevano condizioni del
tutto differenti – appariva all’opposizione di sinistra come un errore, un
fraintendimento politico,una mancanza di comprensione delle peculiarità del
capitalismo occidentale, e il risultato dellafanatica preoccupazione di Lenin
per i problemi della Russia. La politica di Lenin sembrava esseredeterminata
dall’arretratezza dello sviluppo capitalistico in Russia, e sebbene dovesse
esserecombattuta nell’Europa occidentale poiché tendeva a favorire la
restaurazione capitalistica, non poteva essere considerata una forza
completamente controrivoluzionaria. Questo benevolo giudizio verso la
rivoluzione bolscevica doveva essere presto liquidato dalle ulteriori azioni
dei bolscevichi stessi.
I bolscevichi passarono da piccoli ‘errori’ ad ‘errori‘
sempre maggiori. Sebbene il Partito comunista tedesco, affiliato alla Terza
Internazionale, crescesse costantemente, soprattutto dopo la sua unificazione
con i Socialisti indipendenti, la classe proletaria, già sulla difensiva,
perdeva unaposizione dopo l’altra a vantaggio delle forze della reazione
capitalista. Trovandosi a competere con il partito socialdemocratico, che
rappresentava parte della classe media e della cosiddette aristocrazia operaia
sindacalizzata, il partito comunista non poteva non crescere, poiché questistrati
si impoverivano nella depressione permanente nella quale si trovava il
capitalismo tedesco.
Con una disoccupazione in crescita costante anche
l’insoddisfazione verso lo status quo e i suoipiù fedeli sostenitori, i
socialdemocratici, aumentava.Solo il lato eroico della rivoluzione russa venne
propagandato; il reale carattere della quotidianitàsotto il regime bolscevico
venne occultato sia dai suoi amici che dai nemici. Ciò in quanto, aquell’epoca,
il capitalismo di stato, che stava dispiegandosi in Russia, era ancora
sconosciuto allaborghesia, indottrinata dall’ideologia del laissez-faire,
quanto il socialismo autentico. E il socialismoera concepito dalla maggioranza
dei socialisti come una forma di controllo statale dell’industria edelle
risorse naturali. La rivoluzione russa divenne un mito potente ed abilmente
incoraggiato,accettato dai settori impoveriti del proletariato tedesco per
compensare la loro crescente miseria. Ilmito venne rafforzato dai reazionari
per accrescere nei loro seguaci l’odio per gli operai tedeschi e in generale
verso tutte le tendenze rivoluzionarie.
Contro il mito, contro il poderoso apparato propagandistico
dell’Internazionale comunista checostruiva il mito, accompagnato e sostenuto
dalla offensiva del capitale contro il lavoro in tutto ilmondo – contro tutto
questo la ragione non poteva prevalere. Tutti i gruppi radicali alla sinistra
delPartito comunista passarono dalla stagnazione alla disintegrazione. Non
servì a nulla che questigruppi avessero la linea politica ‘giusta’ e il Partito
comunista quella ‘errata’ in quanto qui nonerano in gioco questioni di
strategia rivoluzionaria. Ciò che emergeva era che il capitalismomondiale stava
attraversando una fase di stabilizzazione e si stava sbarazzando di quei
turbolentielementi proletari che durante le condizioni di crisi della guerra e
del collasso militare avevano tentato di affermarsi.
La Russia, che fra tutte le nazioni era quella che più
necessitava di essere stabilizzata, fu il primopaese a distruggere il suo
movimento operaio mediante la dittatura del partito bolscevico. Tuttavianelle
condizioni dell’imperialismo la stabilizzazione interna è possibile solo
perseguendo unapolitica di potenza verso l’esterno. Il carattere della politica
estera russa sotto il bolscevismo fudeterminato dalle peculiarità della
situazione europea postbellica. L’imperialismo moderno non silimita più ad
affermarsi semplicemente esercitando una pressione militare ed effettive
operazionibelliche; la ‘quinta colonna’ è un’arma apprezzata da tutte le
nazioni. Tuttavia quella che è oggiuna virtù imperialistica per i bolscevichi,
i quali stavano tentando di reggere il confronto in unmondo dominato dalla
competizione imperialistica, era ancora una assoluta necessità. Non vi eranulla
di contradditorio nella politica bolscevica che consisteva nel prendere tutto
il potere ailavoratori russi e allo stesso tempo tentare di costruire forti
organizzazioni operaie nelle altre nazioni.
Naturalmente i bolscevichi non consideravano le varie
sezioni della loro Internazionale comesemplici legioni straniere al servizio
della ‘patria dei lavoratori’ ; credevano che ciò che era d’aiutoalla Russia
favoriva il progresso anche altrove. Essi credevano, e a ragione, che la
rivoluzionerussa aveva dato inizio a un movimento generale e di portata
mondiale dal capitalismomonopolistico al capitalismo di stato, e ritenevano che
questo nuovo stato di cose costituisse unpasso verso il socialismo. In altre
parole, se non nella loro tattica almeno nella teoria essi eranoancora
socialdemocratici e da loro punto di vista i dirigenti socialdemocratici erano
realmente deitraditori della loro stessa causa quando favorivano la
conservazionedel capitalismo del laissez-faire di ieri. Nei confronti
dei socialdemocratici si percepivano come iveri rivoluzionari, in rapporto all’
‘ultrasinistra’ si ritenevano realisti, i veri rappresentanti del‘socialismo
scientifico’.
Ma quello che pensavano di se stessi e quello che erano
realmente sono due cose differenti. Nellamisura in cui essi continuavano a
fraintendere la loro missione storica essi operavanocontinuamente per il
fallimento della loro causa; nella misura in cui erano obbligati ad essereall’altezza
delle necessità oggettive della loro rivoluzione, divenivano la più grande
forzacontrorivoluzionaria del capitalismo moderno. Lottando come veri
socialdemocratici per l’egemonianel movimento socialista del mondo,
identificando gli angusti interessi nazionalistici della Russiadel capitalismo
di stato con gli interessi del proletariato mondiale, e tentando di mantenere a
tutti icosti le posizioni di potere che avevano conquistate nel 1917, essi
stavano semplicementepreparando la loro rovina, che si realizzò drammaticamente
in numerose lotte tra fazioni, alculminando nei processi di Mosca e
concludendosi nella Russia stalinista attuale - una nazioneimperialista fra le
altre.
In considerazione di questo sviluppo, ciò che fu più
importante della critica delle effettive politichedei bolscevichi, in Germania
e nel mondo in generale, fu il riconoscimento della reale portatastorica del
movimento bolscevico, cioè della socialdemocrazia militante. Quello che il
conservatoremovimento socialdemocratico era in grado di fare o non fare, i
partiti in Germania, Francia eInghilterra lo avevano rivelato fin troppo
chiaramente. I bolscevichi mostrarono che cosa costoroavrebbero fatto se
fossero stati ancora un movimento sovversivo. Avrebbero tentato di organizzareil
capitalismo disorganizzato e sostituito gli imprenditori individuali con
burocrati. Essi non avevanoaltri piani e perfino questi erano solo una
estensione del processo di cartellizzazione,trustificazione e centralizzazione
in corso in tutto il mondo capitalistico. Nell’Europa occidentale ipartiti
socialisti non potevano più agire seguendo il bolscevismo, in quanto la loro
borghesia stavagià istituendo tale genere di ‘socializzazione’. Tutto quello
che i socialisti potevano fare era dargliuna mano; cioè ‘crescere lentamente’
nella ‘società socialista emergente’.
Il significato del bolscevismo venne svelato completamente
solo con la comparsa del fascismo. Ealla luce del presente i gruppi dell’
‘ultrasinistra’ in Germania e in Olanda devono essereconsiderati le prime
organizzazioni antifasciste, avendo anticipato nella loro lotta contro i
partiticomunisti la futura necessità per la classe operaia di combattere la
forma fascista del capitalismo. Iprimi teorici dell’antifascismo sono da
rintracciare tra i portavoce delle sette radicali: Gorter e Pannekoek in
Olanda, Ruehle, Pfempfert, Broh e Fraenkel in Germania; ed essi possono essereconsiderati
tali in ragione della loro lotta contro il concetto del partito-guida e del
controllo statale,dei loro tentativi di attuare i contenuti del movimento dei
consigli verso la determinazione direttadel proprio destino, per il loro
sostegno alla lotta della Sinistra tedesca contro la socialdemocraziae insieme
contro la sua articolazione leninista.
I soviet russi e i consigli degli operai e dei soldati
tedeschi rappresentavano l’elemento proletario sia nella rivoluzione russa che
in quella tedesca. In entrambe le nazioni questi movimenti venneroprontamente
soppressi con strumenti militari e legislativi. Ciò che rimaneva dei soviet
russi dopo lostabile radicamento della dittatura del partito bolscevico fu
semplicemente la versione russa delposteriore fronte del lavoro nazista. Il
movimento dei consigli tedesco venne legalizzato e sitramutò in una appendice
dei sindacati e presto in una forma di controllo capitalistico. Finanche iconsigli
formatisi spontaneamente nel 1918 erano – la maggioranza di questi – lungi
dall’essererivoluzionari. La loro forma di organizzazione, fondata sulle
esigenze della classe e non e non suivari interessi particolari determinati
dalla divisione capitalistica del lavoro, fu tutto ciò che diradicale vi era in
essi. Ma qualunque fossero le loro carenze, va detto che non vi era nient’altro
sucui fondare le speranze di una rivoluzione. Sebbene si volgessero
frequentemente contro lasinistra, tuttavia c’era da attendersi che le necessità
oggettive di tale movimento l’avrebberoportato inevitabilmente a confliggere
con i poteri tradizionali. Questa forma di organizzazionedoveva essere
mantenuta nel suo carattere originario e costruita in preparazione delle lotte
che siprospettavano.
Considerando la situazione nella prospettiva di una
continuazione della rivoluzione tedesca, l’‘ultrasinistra’ era impegnata in una
lotta all’ultimo sangue contro i sindacati e contro i partitiparlamentari
esistenti; in breve contro tutte le forme di opportunismo e di compromesso.
Considerando la situazione nella prospettiva di una
probabile coesistenza a fianco delle vecchiepotenze capitaliste, i bolscevichi
russi non potevano pensare a una politica scevra dacompromessi. Gli argomenti
di Lenin a difesa delle posizioni bolsceviche in rapporto ai sindacati, alparlamentarismo
e in generale all’opportunismo elevavano le esigenze del bolscevismo a falsiprincipi
rivoluzionari. Tuttavia ciò non dimostrerebbe il carattere illogico delle
argomentazioni deibolscevichi, poiché per quanto tali argomenti siano illogici
da un punto di vista rivoluzionario, questiscaturivano logicamente dal ruolo
peculiare svolto dai bolscevichi all’interno dell’emancipazionecapitalistica
della Russia, e dalla politica internazionale bolscevica che sosteneva gli
interessi nazionali della Russia.
Una parte del movimento dell’ ‘ultrasinistra’ andò un passo
al di là dell’antibolscevismo del Partitocomunista operaio (KAPD) e dei suoi
aderenti all’interno della Unione generale del lavoro (AAU). Essa riteneva che
la storia dei partiti socialdemocratici e le pratiche dei partiti bolscevichiprovavano
a sufficienza quanto fosse futile tentare di sostituire dei partiti reazionari,
ciò per ilmotivo che il partito stesso come forma di organizzazione era
divenuta inutile persino pericolosa. Ilmovimento si spaccò: una parte abbandonò
del tutto la forma partito, l’altra restò come‘organizzazione economica’ del
Partito comunista dei lavoratori. La prima si avvicinò ai sindacatied ai
movimenti anarchici, senza tuttavia abbandonare la sua Weltanschauung marxiana.
L’altra siconsiderò l’erede di tutto quanto vi era stato di rivoluzionario nel
movimento marxista del passato. Tentò di realizzare una Quarta Internazionale
(KAI), ma riuscì solo a creare una cooperazione più stretta con gruppi analoghi
in pochi paesi europei.
La storia passò a lato di entrambi i gruppi; essi
discutevano nel vuoto. Né il Partito comunistaoperaio, né la frazione
antipartitica della Unione generale del lavoro superò la loro condizione diessere
sette dell’ ‘ultrasinistra’. I loro problemi interni divennero del tutto
artificiosi poiché, perquanto concerne l’attività pratica non esistevano
differenze effettive tra loro.
Queste organizzazioni – residui del tentativo proletario di
giocare un ruolo nelle sommosse del1918 – tentarono di indirizzare le loro
esperienze nell’ambito di uno sviluppo che si stavamuovendo costantemente nella
direzione opposta a quella in cui queste esperienze avevano avutoorigine. Solo
il Partito comunista, grazie al controllo russo, poteva realmente crescere
nell’ambitodi una situazione che andava verso il fascismo. Ma rappresentando il
fascismo russo, non quellotedesco, doveva anch’esso soccombere al movimento
nazista emergente il quale, riconoscendoed accettando le tendenze capitaliste
prevalenti, ereditò infine il vecchio movimento operaio tedesco nella sua totalità.
Dopo il 1923 il movimento dell’ ‘ultrasinistra’ tedesca
cessa di costituire un serio fattore politico nelmovimento operaio della
Germania. Il suo ultimo tentativo di forzare la linea di tendenza dellosviluppo
nella sua direzione venne dissipato nell’effimera azione del marzo del 1921,
intrapresasotto la guida popolare di Max Hoelz. I suoi militanti, costretti a
darsi alla clandestinità,introdussero nel movimento pratiche cospiratorie ed
espropriatorie, accelerandone così la dissoluzione. Sebbene organizzativamente
i gruppi dell’‘ultrasinistra’ continuassero ad esistere finoall’inizio della
dittatura di Hitler, la loro attività si restrinsero a quelle di gruppi di
discussione chetentavano di capire i propri fallimenti e quello della
rivoluzione in Germania.
Il declino del movimento dell’ ‘ultrasinistra’, i
cambiamenti in Russia e nella composizione dei partitibolscevichi, la nascita
del fascismo in Italia e in Germania avevano ripristinato i vecchi rapporti traeconomia
e politica, che erano stati turbati durante e posteriormente la prima guerra
mondiale. Intutto il mondo il capitalismo si era stabilizzato in misura
sufficiente a determinare la linea ditendenza principale. Fascismo e
bolscevismo, prodotti delle condizioni della crisi, erano – come la crisi
stessa – anche gli strumenti per una rinnovata prosperità, per una nuova
espansione del capitale e una ripresa delle lotte concorrenziali
dell’imperialismo. Ma proprio come ogni grande crisi appare a coloro che più
soffrono come la crisi ‘finale’, così i concomitanti cambiamenti politici apparivano
come sintomi del crollo del capitalismo. Ma il divario .tra apparenza e realtà
presto o tardi trasforma un eccessivo ottimismo riguardo le possibilità rivoluzionarie
in eccessivo pessimismo. Allora a un rivoluzionario rimangono aperte due
strade:può capitolare di fronte ai processi politici dominanti, oppure può
ritirarsi in una vita contemplativa e attendere un cambiamento di prospettiva.
Fino al collasso definitivo del movimento operaio in
Germania, la ritirata dell’ ‘ultrasinistra’ apparve come un ritorno
all’attività teorica. Le organizzazioni esistevano nella forma di pubblicazioni
settimanali e mensili, opuscoli e libri. Le pubblicazioni garantivano
l’esistenza delle organizzazioni,le organizzazioni quella delle pubblicazioni.
Mentre le organizzazioni di massa erano la servizio diristrette minoranze
capitalistiche, le masse dei lavoratori erano rappresentate da individui. La contraddizione
tra le teorie dell’ ‘ultrasinistra’ e le condizioni dominanti diveniva
insostenibile. Più ognuno pensava in termini collettivi e più si trovava
nell’isolamento. Il capitalismo, nella forma del fascismo, appariva come il
solo collettivismo reale, e l’antifascismo un ritorno al precedente individualismo
borghese. La mediocrità dell’uomo capitalista, e quindi del rivoluzionario
nelle condizioni del capitalismo, diveniva dolorosamente evidente nelle piccole
organizzazioni stagnanti.
Sempre più persone, partendo dalla premessa che le
‘condizioni oggettive’ erano mature per larivoluzione, spiegavano la sua
assenza con ‘fattori soggettivi’ quali la carenza di coscienza di classe e la
mancanza di comprensione e di carattere da parte degli operai. Queste carenze
stesse necessitavano a loro volta di essere spiegate mediante ‘condizioni
oggettive’, perché tale inadeguatezza del proletariato era senza dubbio un
prodotto della sua particolare posizione all’interno delle relazioni sociali
del capitalismo. La necessità di limitare l’attività ad un intervento didascalico
divenne virtù: sviluppare la coscienza di classe degli operai venne considerato
come il più essenziale dei compiti rivoluzionari. Ma il vecchio motto
socialdemocratico che ‘sapere è potere’ non era più persuasivo in quanto non vi
è un rapporto diretto tra la conoscenza e la sua applicazione. Il trionfo
del fascismo in Germania mise fine al lungo periodo di scoraggiamento,disinganno
e disperazione rivoluzionarie.
Tutto divenne una volta ancora estremamente chiaro; il futuro
immediato venne delineato in tutta la sua brutalità. Il movimento operaio
comprovò per l’ultima volta che la critica che gli veniva ad esso dai
rivoluzionari era più che giustificata. La lotta dell’ ‘ultrasinistra’ contro
il movimento operaio ufficiale si dimostrò essere stata la sola lotta coerente
contro il capitalismo fin allora intrapresa
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