INTERVISTA A STEFANO GARRONI SULLA DIALETTICA
L’altra premessa necessaria è questa:
noi cominciamo a parlare della logica dialettica, Ora, il termine “logica
dialettica” può indurre in qualche equivoco. Ad esempio si può avere
l’impressione che dire “logica dialettica” significa dire qualcosa che
appartiene allo stesso ambito della logica simbolica, della logica formale,
della logica matematica ecc. E invece no, si tratta di campi diversi, di
finalità diverse. Voglio dire questo: se nella logica formale moderna il
problema è quello di stabilire regole del corretto ragionare e la verifica
della correttezza logico-formale di un’argomentazione o di un’inferenza - di un argomento, cioè, che sia stato ricavato
da precedenti proposizioni – quando invece dice “logica dialettica” si intende
qualcosa di profondamente diverso.
Si intende cioè lo studio delle regole
di cambiamento, di mutamento, di sviluppo, di una situazione data. Come Marx diceva, il concetto è la linea di
sviluppo della cose stessa: cioè il concetto non è altro che il mettere in
evidenza le leggi di movimento di un contesto determinato.
Ora, un’analisi un tantino più
approfondita di cosa significa dialettica – perché quanto ho detto ha delle
implicazioni di grande rilievo – uno sguardo un po’ più profondo su cosa è
dialettica, possiamo averlo considerando le
famose “Tesi su Feuerbach” che Marx scrisse nel 1845: io qui vorrei
leggere o, almeno, cominciare a leggere queste Tesi tenendo presente che la
traduzione del testo è mia e quindi, chi avesse sottomano le “Tesi” e trovasse
delle differenze nella versione italiana, la cosa si spiegherebbe semplicemente
con ciò che ho detto.
Quindi, un primo approccio al tema dialettica
si può avere leggendo queste Tesi su
Feuerbach. Ora, lo dico molto rapidamente, in queste pagine del 1845 Marx critica Feuerbach sula base di ciò
che, l’anno precedente, aveva indicato come aspetti essenziali del pensiero di
Hegel. Dunque Si potrebbe dire che nelle Tesi su Feuerbach, Hegel viene usato
da Marx contro Feuerbach.
La prima Tesi suona in questa maniera :
“L’errore chiave del materialismo avutosi finora,compreso quello di Feuerbach, sta
nel concepire l’oggetto, la realtà, ciò che attiene ai sensi, solo nella forma
dell’oggetto dell’intuìto.”
Non è l’intero testo delle prima Tesi ma
voglio fermarmi per chiarire queste poche righe che già hanno una loro
complessità.
Marx sta affrontando la questione del
rapporto soggetto-oggetto; e, da buon pensatore dialettico, non accetta
l’impostazione per cui l’oggetto costituisce un mondo che, per così dire, sta “di fronte” al soggetto essendo del tutto
estraneo rispetto al soggetto stesso. Posizione, questa, che renderebbe del
tutto improbabile ogni attività conoscitiva: perché se l’oggetto appartenesse a
un mondo totalmente altro rispetto a quello del soggetto, non si riuscirebbe a
capire come l’oggetto, in qualche modo, potrebbe a un certo punto “entrare” nel
soggetto e quindi essere da esso riespresso e ritematizzato. L’errore del
materialismo finora, dice invece Marx, è stato appunto quello di considerare
l’oggetto come una realtà ferma in se stessa,
collocata in una dimensione altra rispetto al soggetto: come un mondo
che si giustappone a quello del soggetto. Per questo, la relazione fra soggetto
e oggetto viene immaginata sotto la forma dell’intuizione. E invece, dice Marx,
“l’oggetto va concepito come attività
umana sensibile, come praxis”.
Bisogna
badare a questo termine (praxis)
perché non significa esclusivamente “pratica”. Ha un sogno focato più di
fondo: la praxis è una pratica
rivoluzionaria, una pratica che trasforma profondamente (il mondo ndr.) ; non è
quindi un semplice fare, ma un fare che
va alla radice della cosa e la trasforma. Il rapporto soggetto – oggetto,
quindi, non va visto in modo speculativo (cioè come se soggetto e oggetto
costituissero due mondi giustapposti) ma va visto come rapporto attivo in cui
l’uomo interviene sul mondo cambiandolo: ecco il ruolo della praxis.
Centralità, dunque, dell’attività umana:
ovviamente, il senso in cui qui si dice “attualità” non ha niente a che vedere
con l’attualismo di cui Preve parlava quando voleva dare delle anticipazioni al
suo futuro biografo intorno al suo pensiero (ndr:
qui probabilmente Garroni introduce il termine “attualità” per intendere il
carattere dell’agire umano nella sua
effettività e non come parte di un “divenire” di cui l’uomo sarebbe oggetto e non
attore). Qui si tratta invece di quella praxis che trasforma un mondo
cambiandolo e dando del mondo la prova che, primo, esso non è esterno al
soggetto e, secondo, che non costituisce una barriera ultima ma la scena, per
così dire, dell’agire dell’uomo stesso.
Insomma, il materialismo, “finora”, non concepisce il rapporto soggetto – oggetto
come azione, come “attività umana sensibile”, come momento, cioè, in cui si
esprime e si realizza la soggettività umana. Al contrario, quello che è
successo e che Marx denuncia, è che questo senso dell’azione, dell’attività e
della capacità dell’uomo di trasformare il mondo di fatto è stato svolto unicamente dalla tradizione
idealistica, mentre invece il materialismo si è limitato a quella visione
intellettualistica e di separazione netta
mondo del soggetto e mondo dell’oggetto. Il problema sarà per Marx quello di riprendere, di ritematizzare il
momento della prassi, cioè del cambiamento dell’oggetto, in termini che non siano
idealistici.
Ora, anche su questo si deve fare una
piccola premessa, anche se comporta un uscire un po’ dal testo.
In definitiva, quando Marx dice
“idealismo”, intende una certa concezione della storia per cui le istituzioni
storiche cambiano sulla base di motivazioni soggettive, morali, religiose, e
non sulla base di conflitti che sorgono dalla vita quotidiana, dalla vita che
gli uomini effettivamente conducono.
Feuerbach, per riprendere Marx, “vuole
oggetti sensibili totalmente distinti dagli oggetti di pensiero, ma la stessa
attività umana egli non la concepisce
come attività oggettuale”.
Credo che non ci sia bisogno di
illustrare il senso di queste proposizioni perché non sono altro che la
conferma di quanto dicevamo prima.Ora, saltando alcune righe di questa prima Tesi, passiamo alla seconda.
“La questione se al pensiero umano
tocchi una verità oggettuale non è una questione della teoria,ma piuttosto una
questione pratica. E nella praxis che l’uomo deve mostrare la verità e la
realtà, cioè la potenza, la mondanità del suo pensiero. La disputa intorno alla
realtà o non- realtà del pensiero
isolato dalla praxis è una pura questione scolastica”.
Questa è una pagina molto importate e
che, bisogna dire, non sempre è stata rispettata dalla tradizione marxista: la quale spesso – faccio come
esempio il libro di Lenin “Materialismo ed empiriocriticismo” – si è posta il
problema di come fondare o giustificare
la pretesa conoscitiva dell’uomo. E su questo Marx è netto: la questione
del rapporto soggetto –oggetto non è una questione teoretica ma una questione
pratica: la prova che l’uomo conosce il mondo
sta nella sua capacità di agire su di esse e di trasformarlo. Ovviamente, intanto è
possibile agire sul mondo e trasformarlo, in quanto si conoscono le regole di
comportamento degli oggetti da
trasformare: le regole di funzionamento, ad esempio, della società che
si vuol cambiare.
Ancora: “Feuerbach non comprende” dice
Marx “il significato dell’attività rivoluzionaria, dell’attività
pratico-critica”.
Qui mi tocca fare un po’ il filologo,
nel senso che Marx usa i termine begreifen
quando dice,appunto, che “Feuerbach non concepisce il significato
dell’attività rivoluzionaria, dell’attività pratico-critica”. “Comprende” lo
rende con il termine “begreifen”. La cosa interessante è che begreifen
è il termine da cui deriva il sostantivo begriff, cioè “concetto”; e Marx aveva già precedentemente, nel
1844, contrapposto il begreifen al fassen
(fassen è l’intuire, l’intuizione) dicendo che l’economia politica
“intuiva” il senso dell’attività economica ma non sapeva produrne il concetto,
cioè non riusciva a ridurla a begriff
, non agiva secondo il begreifen.
Come commenta un autore marxista
francese, in questa Tesi “Marx formula semplicemente la posizione dialettica
in base alla quale il criterio secondo
il quale il livello di verità di un pensiero si colloca nella pratica e nella
possibilità di trasformare il mondo
sociale e naturale”.
Ovviamente, la capacità di trasformare
il mondo significa che il pensiero fa parte di quel mondo che intende
trasformare: cioè, non esiste una paratia stagna tra soggetto e oggetto. Nella
trasformazione, il pensiero mostra la propria capacità, la propria potenza, ma
anche il proprio appartenere al
mondo, la propria mondanità, il proprio essere qualcosa che fa parte del mondo
e che non viene da un’altra fonte, da un’altra origine e che, ad esempio, non
esrima l’esistenza di un’anima che trascenda
il corpo e così via.
Porsi il problema del rapporto fra pensiero e realtà isolando questo problema dalla praxis, dice Marx, è una pura
questione scolastica. Ripeto, questo è molto importante perché, per certi
versi, la tradizione marxista ha dimenticato questa posizione ed ha ripreso
invece il tema del rapporto soggetto-oggetto come rapporto fra due mondi
distinti, pensando cioè l’oggetto come il limite del soggetto, un limite invalicabile che indica l’esistenza
di un mondo diverso da quello del pensiero stesso. Invece, nell’impostazione di
Marx , è chiaro che c’è un reciproco implicarsi di soggetto e oggetto che
vengono a costituire un’ unità dinamica,complessa, contraddittoria, che produce
sviluppo: è questa chiaramente, l’impostazione dialettica.
Questa mi sembra che sia una pagina
estremamente chiara dal punto di vista dell’illustrazione della procedura
dialettica, della logica dell’argomentazione dialettica: della logica nel senso
dialettico, cioè del modo contraddittorio di muoversi, di costruirsi, di
realizzarsi della realtà stessa.
Dunque, Feuerbach pensa la religione
come la proiezione nell’aldilà della realtà umana, dell’essenza umana, del
mondo umano. Ma, dice Marx, quando si è capito che questo mondo umano ha
necessità di duplicarsi in un mondo celeste per le proprie contraddizioni
interne, allora il problema non è solo quello semplicemente di mostrare come la
religione sia la autoestraniazione dell’uomo, ma bisogna cambiare quella
situazione di fatto che consente, che favorisce, che ha bisogno
dell’autorealizzazione estraniata.
Quindi,di nuovo,torna il motivo della
prassi: della prassi come attività rivoluzionaria. Intendiamoci, questo è molto
importante, perché ogni richiamo a Gentile, come ha fatto Preve, è del tutto fuori luogo, nel
senso che qui (in Marx ndr.) il punto di
vista è quello rivoluzionario di chi vuol cambiare il mondo e non quello di chi
vuol consolidare l’autorità dello Stato, l’autorità delle potenze esistenti:
insomma il punto di vista del fascista Gentile.
Qui torna il motivo d’apertura: non
esiste un limite invalicabile da parte del pensiero. Non esiste un mondo
oggettivo nel quale il pensiero possa naufragare e abbandonarsi in un abbraccio
senza più limiti e confini. No, la vita sociale è essenzialmente pratica, è
essenzialmente attività di cambiamento della realtà data. Cambiamento che non
avviene fuori da una comprensione razionale dell’oggetto da trasformare. Infatti,
Marx parla di “concettualizzazione” (begreifen)
come condizione della praxis. Quindi la vita sociale è l’azione, mirata a uno
scopo e guidata dalla ragione, di cambiamento radicale della realtà.
Questo è un testo molto interessate nel
senso ce spesso viene tradotto basandosi su una contrapposizione : “mentre i filosofi hanno interpretato il mondo, invece bisogna cambiarlo.”
Non è questo il testo di Marx: Marx dice
“i filosofi hanno solo interpretato il modo diversamente” - e per Marx
l’interpretazione è fondamentale perché,
appunto, si tratta di costruire il concetto del mondo da cambiare – e aggiunge:
“importa cambiarlo”. Quindi, una volta interpretato, una volta capito nella sua
logica il mondo da cambiare, bisogna intervenire e cambiarlo: così, come quando
con Feuerbach abbiamo scoperto che il mondo religioso non è altro che
l’autoestraniazione del mondo umano, il problema non è più solo quello di
smascherare il mondo religioso, ma è quello di cambiare il mondo umano, quel
mondo,cioè, che ha bisogno di estraniarsi in una visione paradisiaca della
realtà.
Dunque, interpretare il mondo è
un’attività fondamentale: ma l’interpretare va completato con il cambiare il
mondo. Non si tratta di una contrapposizione,ma di una sequenza.
Per questa volta io mi fermo a questo punto perché
successivamente vorrei poter affrontare il tema della dialettica sotto altri
profili. Nel senso che il tema dialettica può essere affrontato sotto un
profilo propriamente teoretico, sotto un profilo storico, sotto un profilo economico
– nel senso di come Marx usa lo strumento dialettico nell’analisi delle società
capitalistica – e sotto il profilo morale, cioè il tipo di concezione del’uomo
che è sottesa alla posizione dialettica.
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