venerdì 18 aprile 2014

SULLA DIALETTICA - Stefano Garroni -



INTERVISTA A STEFANO GARRONI SULLA DIALETTICA 
Compagni, in risposta a diverse richieste che sono pervenute, dedico quest’incontro al tema “dialettica” tenendo presente che si tratta solo di un primo intervento sull’argomento e che ne seguiranno ulteriori interventi in forma forse diversa da quella di un’intervista.

L’altra premessa necessaria è questa: noi cominciamo a parlare della logica dialettica, Ora, il termine “logica dialettica” può indurre in qualche equivoco. Ad esempio si può avere l’impressione che dire “logica dialettica” significa dire qualcosa che appartiene allo stesso ambito della logica simbolica, della logica formale, della logica matematica ecc. E invece no, si tratta di campi diversi, di finalità diverse. Voglio dire questo: se nella logica formale moderna il problema è quello di stabilire regole del corretto ragionare e la verifica della correttezza logico-formale di un’argomentazione o di un’inferenza -  di un argomento, cioè, che sia stato ricavato da precedenti proposizioni – quando invece dice “logica dialettica” si intende qualcosa di profondamente diverso.
Si intende cioè lo studio delle regole di cambiamento, di mutamento, di sviluppo, di una situazione data. Come  Marx diceva, il concetto è la linea di sviluppo della cose stessa: cioè il concetto non è altro che il mettere in evidenza le leggi di movimento di un contesto determinato.


Ora, un’analisi un tantino più approfondita di cosa significa dialettica – perché quanto ho detto ha delle implicazioni di grande rilievo – uno sguardo un po’ più profondo su cosa è dialettica, possiamo averlo considerando le  famose “Tesi su Feuerbach” che Marx scrisse nel 1845: io qui vorrei leggere o, almeno, cominciare a leggere queste Tesi tenendo presente che la traduzione del testo è mia e quindi, chi avesse sottomano le “Tesi” e trovasse delle differenze nella versione italiana, la cosa si spiegherebbe semplicemente con ciò che ho detto.
Quindi, un primo approccio al tema dialettica si può avere leggendo queste Tesi su  Feuerbach. Ora, lo dico molto rapidamente,  in queste pagine del  1845 Marx critica Feuerbach sula base di ciò che, l’anno precedente, aveva indicato come aspetti essenziali del pensiero di Hegel. Dunque Si potrebbe dire che nelle Tesi su Feuerbach, Hegel viene usato da Marx contro Feuerbach.

La prima Tesi suona in questa maniera : “L’errore chiave del materialismo avutosi finora,compreso quello di Feuerbach, sta nel concepire l’oggetto, la realtà, ciò che attiene ai sensi, solo nella forma dell’oggetto dell’intuìto.”
Non è l’intero testo delle prima Tesi ma voglio fermarmi per chiarire queste poche righe che già hanno una loro complessità.

Marx sta affrontando la questione del rapporto soggetto-oggetto; e, da buon pensatore dialettico, non accetta l’impostazione per cui l’oggetto costituisce un mondo che, per così dire,  sta “di fronte” al soggetto essendo del tutto estraneo rispetto al soggetto stesso. Posizione, questa, che renderebbe del tutto improbabile ogni attività conoscitiva: perché se l’oggetto appartenesse a un mondo totalmente altro rispetto a quello del soggetto, non si riuscirebbe a capire come l’oggetto, in qualche modo, potrebbe a un certo punto “entrare” nel soggetto e quindi essere da esso riespresso e ritematizzato. L’errore del materialismo finora, dice invece Marx, è stato appunto quello di considerare l’oggetto come una realtà ferma in se stessa,  collocata in una dimensione altra rispetto al soggetto: come un mondo che si giustappone a quello del soggetto. Per questo, la relazione fra soggetto e oggetto viene immaginata sotto la forma dell’intuizione. E invece, dice Marx, “l’oggetto va concepito come  attività umana sensibile, come praxis”.
Bisogna  badare a questo  termine (praxis) perché non significa esclusivamente “pratica”. Ha un sogno focato più di fondo:  la praxis è una pratica rivoluzionaria, una pratica che trasforma profondamente (il mondo ndr.) ; non è quindi  un semplice fare, ma un fare che va alla radice della cosa e la trasforma. Il rapporto soggetto – oggetto, quindi, non va visto in modo speculativo (cioè come se soggetto e oggetto costituissero due mondi giustapposti) ma va visto come rapporto attivo in cui l’uomo interviene sul mondo cambiandolo: ecco il ruolo della praxis.

Centralità, dunque, dell’attività umana: ovviamente, il senso in cui qui si dice “attualità” non ha niente a che vedere con l’attualismo di cui Preve parlava quando voleva dare delle anticipazioni al suo futuro biografo intorno al suo pensiero (ndr: qui probabilmente Garroni introduce il termine “attualità” per intendere il carattere  dell’agire umano nella sua effettività e non come parte di un  “divenire” di cui l’uomo sarebbe oggetto e non attore). Qui si tratta invece di quella praxis che trasforma un mondo cambiandolo e dando del mondo la prova che, primo, esso non è esterno al soggetto e, secondo, che non costituisce una barriera ultima ma la scena, per così dire, dell’agire dell’uomo stesso.
Insomma, il materialismo, “finora”,  non concepisce il rapporto soggetto – oggetto come azione, come “attività umana sensibile”, come momento, cioè, in cui si esprime e si realizza la soggettività umana. Al contrario, quello che è successo e che Marx denuncia, è che questo senso dell’azione, dell’attività e della capacità dell’uomo di trasformare il mondo di fatto  è stato svolto unicamente dalla tradizione idealistica, mentre invece il materialismo si è limitato a quella visione intellettualistica e di separazione netta  mondo del soggetto e mondo dell’oggetto. Il problema sarà per Marx  quello di riprendere, di ritematizzare il momento della prassi, cioè del cambiamento dell’oggetto, in termini che non siano idealistici.

Ora, anche su questo si deve fare una piccola premessa, anche se comporta un uscire un po’ dal testo.
In definitiva, quando Marx dice “idealismo”, intende una certa concezione della storia per cui le istituzioni storiche cambiano sulla base di motivazioni soggettive, morali, religiose, e non sulla base di conflitti che sorgono dalla vita quotidiana, dalla vita che gli uomini effettivamente conducono.

Feuerbach, per riprendere Marx, “vuole oggetti sensibili totalmente distinti dagli oggetti di pensiero, ma la stessa attività umana egli non  la  concepisce  come  attività oggettuale”.
Credo che non ci sia bisogno di illustrare il senso di queste proposizioni perché non sono altro che la conferma di quanto dicevamo prima.
Ora, saltando alcune righe di questa prima Tesi, passiamo alla seconda.

“La questione se al pensiero umano tocchi una verità oggettuale non è una questione della teoria,ma piuttosto una questione pratica. E nella praxis che l’uomo deve mostrare la verità e la realtà, cioè la potenza, la mondanità del suo pensiero. La disputa intorno alla realtà o  non- realtà del pensiero isolato dalla praxis è una pura questione scolastica”.
Questa è una pagina molto importate e che, bisogna dire, non sempre è stata rispettata dalla tradizione  marxista: la quale spesso – faccio come esempio il libro di Lenin “Materialismo ed empiriocriticismo” – si è posta il problema di come fondare o giustificare  la pretesa conoscitiva dell’uomo. E su questo Marx è netto: la questione del rapporto soggetto –oggetto non è una questione teoretica ma una questione pratica: la prova che l’uomo conosce il mondo  sta nella sua capacità di agire su di esse  e di trasformarlo. Ovviamente, intanto è possibile agire sul mondo e trasformarlo, in quanto si conoscono le regole di comportamento degli oggetti da  trasformare: le regole di funzionamento, ad esempio, della società che si vuol cambiare.

Ancora: “Feuerbach non comprende” dice Marx “il significato dell’attività rivoluzionaria, dell’attività pratico-critica”.
Qui mi tocca fare un po’ il filologo, nel senso che Marx usa i termine begreifen quando dice,appunto, che “Feuerbach non concepisce il significato dell’attività rivoluzionaria, dell’attività pratico-critica”. “Comprende” lo rende con il termine “begreifen”. La cosa interessante è che  begreifen  è il termine da cui deriva il sostantivo begriff, cioè “concetto”; e Marx aveva già precedentemente, nel 1844,  contrapposto il begreifen  al fassen (fassen è l’intuire, l’intuizione) dicendo che l’economia politica “intuiva” il senso dell’attività economica ma non sapeva produrne il concetto, cioè non riusciva a ridurla a begriff , non agiva secondo il begreifen.

Torniamo a considerare questo testo:  “La questione se al pensiero umano tocchi una verità oggettuale non è una questione della teoria,ma piuttosto una questione pratica. E nella praxis che l’uomo deve mostrare la verità e la realtà, cioè – attenzione -  la potenza, la mondanità del suo pensiero. La disputa intorno alla realtà o  non - realtà del pensiero isolato dalla praxis è una pura questione scolastica”.

Come commenta un autore marxista francese, in questa Tesi “Marx formula semplicemente la posizione dialettica in  base alla quale il criterio secondo il quale il livello di verità di un pensiero si colloca nella pratica e nella possibilità di trasformare il mondo  sociale  e  naturale”.

Ovviamente, la capacità di trasformare il mondo significa che il pensiero fa parte di quel mondo che intende trasformare: cioè, non esiste una paratia stagna tra soggetto e oggetto. Nella trasformazione, il pensiero mostra la propria capacità, la propria potenza, ma anche il proprio appartenere al mondo, la propria mondanità, il proprio essere qualcosa che fa parte del mondo e che non viene da un’altra fonte, da un’altra origine e che, ad esempio, non esrima l’esistenza di un’anima che trascenda  il corpo e così via.

Porsi il problema del rapporto  fra pensiero e realtà isolando questo problema dalla praxis, dice Marx, è una pura questione scolastica. Ripeto, questo è molto importante perché, per certi versi, la tradizione marxista ha dimenticato questa posizione  ed ha ripreso  invece il tema del rapporto soggetto-oggetto come rapporto fra due mondi distinti, pensando cioè l’oggetto come il limite del soggetto,  un limite invalicabile che indica l’esistenza di un mondo diverso da quello del pensiero stesso. Invece, nell’impostazione di Marx , è chiaro che c’è un reciproco implicarsi di soggetto e oggetto che vengono a costituire un’ unità dinamica,complessa, contraddittoria, che produce sviluppo: è questa chiaramente, l’impostazione dialettica.

 Ancora, passando alla quarta Tesi, leggiamo: “Feuerbach prende le mosse dal fatto dell’autoestraniazione religiosa, dalla duplicazione del mondo in uno religioso ed in un altro mondano. Il suo impegno consiste nel dissolvere il mondo religioso nel suo fondamento mondano. Ma che il fondamento mondano si elevi su se stesso e si fissi nelle nuvole come un regno a  sé stante si può spiegare solo con la scissione e opposizione di sé con sé di questo fondamento mondano. E’ questo fondamento stesso, dunque, che deve essere sia compreso nella sua contraddizione radicale, sia rivoluzionato. Ad esempio, quando si è compreso che  la famiglia terrena è il segreto di quella celeste, è la prima che deve essere annullata sia teoricamente che praticamente”.

Questa mi sembra che sia una pagina estremamente chiara dal punto di vista dell’illustrazione della procedura dialettica, della logica dell’argomentazione dialettica: della logica nel senso dialettico, cioè del modo contraddittorio di muoversi, di costruirsi, di realizzarsi della realtà stessa.

Dunque, Feuerbach pensa la religione come la proiezione nell’aldilà della realtà umana, dell’essenza umana, del mondo umano. Ma, dice Marx, quando si è capito che questo mondo umano ha necessità di duplicarsi in un mondo celeste per le proprie contraddizioni interne, allora il problema non è solo quello semplicemente di mostrare come la religione sia la autoestraniazione dell’uomo, ma bisogna cambiare quella situazione di fatto che consente, che favorisce, che ha bisogno dell’autorealizzazione estraniata.

Quindi,di nuovo,torna il motivo della prassi: della prassi come attività rivoluzionaria. Intendiamoci, questo è molto importante, perché ogni richiamo a Gentile, come  ha fatto Preve, è del tutto fuori luogo, nel senso che qui (in Marx ndr.)  il punto di vista è quello rivoluzionario di chi vuol cambiare il mondo e non quello di chi vuol consolidare l’autorità dello Stato, l’autorità delle potenze esistenti: insomma il punto di vista del fascista Gentile.

 Saltiamo qualche cosa è arriviamo alla Tesi ottava: “Tutta la vita sociale” dice Marx “ è essenzialmente pratica. Tutti i misteri che conducono la teoria al misticismo trovano la loro dissoluzione razionale nella praxis umana e nella concettualizzazione di questa praxis”.

Qui torna il motivo d’apertura: non esiste un limite invalicabile da parte del pensiero. Non esiste un mondo oggettivo nel quale il pensiero possa naufragare e abbandonarsi in un abbraccio senza più limiti e confini. No, la vita sociale è essenzialmente pratica, è essenzialmente attività di cambiamento della realtà data. Cambiamento che non avviene fuori da una comprensione razionale dell’oggetto da trasformare. Infatti, Marx parla di “concettualizzazione” (begreifen) come condizione della praxis. Quindi la vita sociale è l’azione, mirata a uno scopo e guidata dalla ragione, di cambiamento radicale della realtà.

 Come ultima osservazione che facciamo, saltando alcune delle Tesi, andiamo direttamene all’ultima, l’undicesima, che suona in questo modo:  “I filosofi hanno solo interpretato il mondo diversamente: importa cambiarlo”.

Questo è un testo molto interessate nel senso ce spesso viene tradotto basandosi su una contrapposizione : “mentre i filosofi  hanno interpretato il mondo, invece bisogna cambiarlo.”

Non è questo il testo di Marx: Marx dice “i filosofi hanno solo interpretato il modo diversamente” - e per Marx l’interpretazione è fondamentale  perché, appunto, si tratta di costruire il concetto del mondo da cambiare – e aggiunge: “importa cambiarlo”. Quindi, una volta interpretato, una volta capito nella sua logica il mondo da cambiare, bisogna intervenire e cambiarlo: così, come quando con Feuerbach abbiamo scoperto che il mondo religioso non è altro che l’autoestraniazione del mondo umano, il problema non è più solo quello di smascherare il mondo religioso, ma è quello di cambiare il mondo umano, quel mondo,cioè, che ha bisogno di estraniarsi in una visione paradisiaca della realtà.

Dunque, interpretare il mondo è un’attività fondamentale: ma l’interpretare va completato con il cambiare il mondo. Non si tratta di una contrapposizione,ma di una sequenza.

Per questa volta io  mi fermo a questo punto perché successivamente vorrei poter affrontare il tema della dialettica sotto altri profili. Nel senso che il tema dialettica può essere affrontato sotto un profilo propriamente teoretico, sotto un profilo storico, sotto un profilo economico – nel senso di come Marx usa lo strumento dialettico nell’analisi delle società capitalistica – e sotto il profilo morale, cioè il tipo di concezione del’uomo che è sottesa alla posizione dialettica.

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