Se c'era un rammarico, un cruccio, di cui Stefano avrebbe voluto liberarsi, e del quale ha tentato invano di liberarsi era il fatto di non essere riuscito, secondo lui, a operare all'interno di una organizzazione che gli permettesse di dare altro corpo e altro vigore al suo lavoro di intellettuale politico, al suo compito di formare ed aiutare giovani compagni a crescere teoricamente per quelle che lui definiva imprescindibili conoscenze necessarie a chi si propone di rivoluzionare il mondo. Naturalmente non era così, nel senso che molti sono stati nel tempo i compagni, capaci, che hanno tratto vantaggio nel seguire i suoi corsi, che si sono confrontati con lui, che hanno aperto gli occhi ad una realtà che solo apparentemente sembrava chiara, e il suo lavoro è stato sempre più che generoso di riscontri positivi. Però forse aveva ragione quando lamentava come il danno più grave l'abbandono del lavoro teorico che riscontrava nelle organizzazioni comuniste. Tutte. Fosse stato per lui al primo posto avrebbe messo il lavoro teorico, lo studio, e poi certo, il lavoro pratico politico. Tutto il contrario di quello che accade oggi. E, a nostro parere, aveva ragione.
Prendiamo, tramite un compagno che ha seguito e partecipato in questi ultimi tempi al lavoro del collettivo di cui Stefano era il pilastro portante, questi versi di B. Brecht che sono stati scritti per uomini come Lui, perché con Stefano noi perdiamo non solo un amico, di più un compagno, ma soprattutto, perdiamo un'arma potente per battere il nostro nemico:
'Ci sono uomini che lottano un giorno e sono bravi, altri che lottano un anno e sono più bravi, ci sono quelli che lottano più anni e sono ancora più bravi, però ci sono quelli che lottano tutta la vita: essi sono gli indispensabili'.
Ciao Stefano!
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