giovedì 17 aprile 2014

FORMALISMO E CRITICA MARXISTA (G. LUKÀCS, A. SCHAFF, H.H. HOLZ). - Stefano Garroni -


                                                                                                        

"Cosa possiamo ricavare dal rapido profilo, che abbiamo tracciato? Varie considerazioni, che tuttavia non consentono di valutarlo come qualcosa di definitivo, di conclusivo –al contrario, codesto profilo non può essere giudicato, se non come il semplice inizio (parziale) di una riflessione, che è tutta da svolgere. Quell’importante pensatore che certamente Lukàcs fu, non è stato solo oggetto di censure e pressioni, che ne hanno ostacolato le possibilità di espressione; né tanto meno è stato, solo, una sorta di ‘fiore all’occhiello’ della cultura marxista in epoca staliniana. Perché in effetti Lukàcs è stato, anche, oggetto di confronti critici, nello stesso campo marxista, di notevole qualità teorica e, dunque, certamente attuali (dacché <attuale> in ambito scientifico e filosofico non è ciò di cui si parla con insistenza e larghezza in un momento dato, piuttosto lo è ciò che si colloca a livelli teorici profondi e, quindi, in una certa misura, che si sottrae alla rapidamente consumatesi ‘attualità’, nell’accezione comune del termine). 

Se la riflessione lukàcciana ha dato luogo a confronti critici di grande qualità culturale, ciò significa che l’opera del filosofo ungherese ha svolto un’effettiva funzione di stimolo, di creazione, di sviluppo del pensiero, che nasce da Marx.  Si noti il modo assai più articolato, in cui Holz –a differenza di Lukàcs- motiva il rapporto tra neopositivismo e tecniche organizzative (e, dunque, di sfruttamento) della moderna industria: non è il neopositivismo, in quanto tale, a riflettere sul piano teorico le esigenze e lo sviluppo della moderna organizzazione capitalistica del lavoro, piuttosto il neopositivismo può svolgere questo ruolo, per il fatto di inserirsi nella situazione culturale ed etico-politica, che Holz ha già descritto. 

Ma tutto questo non impedisce, è chiaro, che la stessa elaborazione lukàcciana possa rivelarsi più densa di contraddizioni e limiti, di quanto molti marxisti non siano ancora disposti a riconoscere. Un punto che, a mio parere, dobbiamo certamente accogliere da Lukàcs è la convinzione che la questione del rapporto tra filosofia e scienza sia intimamente legata a ciò che si intende per <dialettica> e, dunque, a come si risolve la questione non solo del rapporto di Marx ad Hegel, ma anche quello dell’interpretazione di Hegel e del peso che la filosofia classica tedesca in generale ha sulla formazione del pensiero di Marx. Ovviamente ciò non significa che Marx appartenga alla tradizione culturale europeo-occidentale in un senso limitativo dell’universalità del suo pensiero. 

Ma significa, forse, che trapiantare la lezione di Marx in un terreno diverso da quello profondamente segnato dalla filosofia classica tedesca (si ricordi che Marx sosteneva perfino –e forse con ragione- che Proudhon non era in grado di capire la dialettica, perché non conosceva la lingua tedesca), implicita che, nello stesso tempo questo terreno venga trasformato, nel senso di renderlo meno sostanzialmente estraneo al quadro europeo occidentale (non solo in senso culturale, ma anche economico e sociale). Non approfondisco la questione, perché essa meriterebbe una trattazione specifica e non marginale, come ora sto facendo, anche per evitare che il lettore cada in equivoci interpretativi. 

Tornando a Lukàcs ed ai suoi critici, un punto voglio ancora una volta sottolineare: c’è dello schematismo, della meccanicità nel modo di concepire la dialettica, particolarmente nel Lukàcs maturo e, forse, ‘metafisico’ in un senso pre-critico. Ed è questo –mi pare- il punto su cui si son concentrate le riserve e le osservazioni di altri marxisti, come Adam Schaff e H.H. Holz, le cui pagine mostrano un’ ‘attualtà’ (ma nel senso, che ho prima chiarito) di grande interesse, nella prospettiva di uno sviluppo effettivo dell’eredità di Marx e per rendere sensato qualunque discorso sul rapporto tra filosofia (marxista) e scienze."    (S. Garroni) 


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