mercoledì 29 novembre 2017

Le parole sono importanti - Alessandra Ciattini 

Da:  https://www.lacittafutura.it -   insegna Antropologia culturale alla Sapienza.


Le parole non forniscono solo informazioni, ma forgiano la nostra mente.
Debbo dire che non ho mai molto apprezzato il cinema minimalista di Nanni Moretti, ma mi ha colpito il suo sottolineare, in più occasioni, per esempio in Palombella rossa (1989), che “Le parole sono importanti”, tanto che giunge in una scena a schiaffeggiare la sua interlocutrice perché gli ha attribuito espressioni a lui del tutto estranee come per esempio trend negativo, ribadendo che lui non parla né pensa così. Non solo, ma si incollerisce anche di fronte ad espressioni come kitchcheap, o di fronte a frasi fatte, ripetute senza immaginazione e prive di qualsiasi tentativo di riflessione, sollecitando a non farsi condizionare dall’ambiente che ci circonda, dalle espressioni giornalistiche più usate, da una maniera stravolta di parlare che ci conduce a pensare e a vivere male. Soprattutto ho condiviso l’idea che le parole contribuiscono a forgiare il nostro pensiero, divenendo così un potente strumento sia di manipolazione che di emancipazione. 

Sicuramente l’intuizione di Moretti è intelligente, anche se poi giunge a sostenere una posizione irrazionalistica, quando afferma, in altre sequenze del film, che odia la parola scritta perché in essa un pensiero una volta cristallizzato si trasformerebbe in una menzogna, dimenticando che anche le parole scritte come quelle parlate possono avere un diverso valore di verità e che, d’altra parte, nessuno può esprimersi se non attraverso la mediazione della parola o di altri strumenti comunicativi come per esempio i gesti. Pertanto, non possiamo fare a meno della parola scritta o parlata e dobbiamo sempre valutarne il significato e il contenuto, tenendo presente sia il contesto sociale in cui essa viene pronunciata, sia il ruolo sociale di chi la emette e di chi la riceve. Insomma, ogni forma di comunicazione prevede irrimediabilmente una mediazione, senza quale esiste solo la telepatia o la condivisione mistica, le quali non mi sembrano funzionare molto bene. 

sabato 25 novembre 2017

"Il compito del pensiero" - Carlo Sini


Da: CarloSiniNoema - Carlo_Sini è un filosofo italiano.

Vedi anche: Lezione1- Hegel,"Filosofia e Metodo" - https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/hegelfilosofia-e-metodo-carlo-sini.html

Lezione 2 - Heidegger,"Il compito del pensiero", parte prima:


Lezione 2 - Heidegger,"Il compito del pensiero", parte seconda:  https://www.youtube.com/watch?v=JXtN-gfzc_4 

venerdì 17 novembre 2017

"Riflessioni" 5.0 - Stefano Garroni



                                                                                        Feticismo 

...noi troviamo il termine "feticismo" usato da Marx per intendere in definitiva quella situazione per cui le conseguenze, del rapporto sociale che si stabilisce nel capitalismo tra capitale e lavoro, appaiono alla coscienza, che è immersa nell'esperienza della società capitalistica, e quindi che non ha un rapporto critico rispetto ad essa, come caratteristiche delle cose. Per esempio il valore è il valore della merce; la televisione ci dice che c'è l'inflazione, che cresce e si abbassa, ha la febbre, non ha la febbre; eccetera. Ecco, queste conseguenze, questo modo di strutturarsi dei rapporti sociali in un momento determinato appare, alla coscienza immersa nella società capitalistica, come una serie di qualità delle cose: della merce, del mercato ecc. Questo Marx indica con feticismo.

Il problema che si pone è il seguente: perché Marx usa questo termine? Che cosa esattamente vuole intendere? Che rapporto ha questo termine con il termine utilizzato appunto nella tradizione antropologica? Pongo questa domanda apparentemente erudita, da persona che ha il problema erudito di ricostruire l'esattezza di un testo. Il perché di questa problematica ce lo mostra per esempio Napoleoni, o per esempio Colletti; per Colletti faccio riferimento a un saggio compreso in Ideologia e società. Qui Colletti era ancora marxista, o almeno così veniva considerato. Il libro fu pubblicato nel 1969. Faccio riferimento al capitolo intitolato Teoria del valore e feticismo. Anche lasciando fuori la citazione precisa, un elemento è comune ai due i personaggi: quello di mostrare la contraddizione fondamentale della società capitalistica basata sulla contrapposizione, citando Napoleoni, di una tesi antropologica e morale di Marx da un lato, e dall'altro lato il rapporto tra capitale e lavoro.; in Colletti la contrapposizione tra                                                                                    individuo naturale feuerbachiano e rapporto capitale-lavoro. 

In sostanza dice Napoleoni: Marx ritiene che l'essenza dell'uomo sia la sua capacità produttiva. Questa è la tesi antropologica sull'uomo di Marx e, ovviamente, Napoleoni cita il Marx giovane Marx dei manoscritti parigini del '44. Questa essenza dell'uomo viene contraddetta dal rapporto capitale-lavoro, in quanto in questo rapporto il lavoro vivo, quindi l'attività, l'energia vitale dell'uomo, è subalterna rispetto al lavoro oggettivato, rispetto alla macchina, rispetto al capitale. È chiaro che qui c'è da inserire un terzo personaggio: c'è questa tesi antropologica di Marx (l'essenza dell'uomo è la sua capacità produttiva), c'è il rapporto di capitale, e terzo c'è un principio morale: l'essenza dell'uomo va rispettata, salvata e potenziata. Messo insieme il sillogismo diventa questo: l'essenza dell'uomo è la sua capacità produttiva, l'essenza dell'uomo va salvata, rispettata e potenziata, ma il capitalismo aggioga il lavoro vivo, cioè la capacità produttiva dell'uomo rispetto al lavoro morto, e quindi il capitalismo va condannato. 

giovedì 16 novembre 2017

Il circuito del capitale - Tony Norfield

Da:  https://traduzionimarxiste.wordpress.com/ - Link all’articolo originale in inglese  Economics of Imperialism

Questo articolo si basa su un saggio scritto ormai più di trent’anni fa. Saggio che, con alcune modifiche stilistiche minori, una conclusione rivista e qualche aggiornamento alle note, ripropongo qui come contributo alla comprensione del Capitale di Marx. Le note a piè di pagina sono numerose, in molti casi fanno riferimento sia a pagine specifiche di un’edizione del Capitale che alla collocazione precisa di un passo all’interno di un capitolo. Questo al fine di agevolare il lettore nel rintracciare i riferimenti in altre edizioni e nelle risorse online (specialmente l’ottimo Marxist Internet Archive, [per la traduzione italiana, in riferimento al Capitale, si rimanda al sito CriticaMente, n.d.t.]).

Dei tre libri del Capitale di Marx, il secondo, dedicato al processo di circolazione del capitale, è il più trascurato. Laddove ha riscosso una qualche attenzione, come riguardo all’utilizzo degli schemi di riproduzione per analizzare la “trasformazione” dei valori in prezzi di produzione, è stato spesso frainteso [1]. La prima sezione di questo saggio delinea il rapporto metodologico fra i tre libri del Capitale; la seconda affronta in modo più ampio gli argomenti del secondo libro e la sua relazione col primo.

1.  Distinzioni metodologiche 
Una concisa formulazione del rapporto tra i tre libri del Capitale si trova nella prima pagina del capitolo primo, libro terzo. Marx vi nota che il primo libro analizza il processo di produzione capitalistica immediato, “astraendo ancora da tutte le influenze secondarie di circostanze ad esso estranee”, e che il secondo studia il processo di circolazione del capitale, il quale andrebbe aggiunto al processo di produzione immediato così da completare “il corso dell’esistenza del capitale”. Il terzo libro, invece, va oltre questa sintesi, al fine di “scoprire ed esporre le forme concrete che sorgono dal processo di movimento del capitale, considerato come un tutto”. In contrasto con i primi due libri, il terzo considera quegli aspetti del capitale che:
si avvicinano quindi per gradi alla forma in cui essi si presentano alla superficie della società, nell’azione dei diversi capitali l’uno sull’altro, nella concorrenza e nella coscienza comune degli agenti stessi della produzione. [2]
L’analisi contenuta nei primi due libri viene dunque condotta al livello del “capitale in generale”, raggiungendo il piano dei “diversi capitali” e della concorrenza nel terzo libro. Le forme assunte dal capitale nella “superficie della società” non vengono esaminate immediatamente, e persino nel terzo libro vengono soltanto “avvicinate”.

lunedì 13 novembre 2017

Hegel e la rivoluzione - Domenico Losurdo:


Da:  Scuola di filosofia Roccella Jonica - Domenico_Losurdo è un filosofo, saggista e storico italiano.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.com/2017/01/perche-e-fallito-il-comunismo-domenico.html



Il dibattito:  https://www.youtube.com/watch?v=SFHLZM0YjWk

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“Per la coscienza virtuosa l’universale è verace nella fede o in sé; e non è ancora un’universalità effettuale, ma astratta […]. La virtù non somiglia soltanto a quel contendente che nella lotta era tutto occupato a mantenere immacolata la spada, essa è anche entrata in lizza per preservare le armi […]. La virtù vien dunque vinta dal corso del mondo perché suo fine è in effetto l’essenza astratta e ineffettuale […]. Così il corso del mondo ottiene la vittoria su ciò che, in contrapposizione a lui, costituisce la virtù […]. Ma esso non trionfa di alcunché di reale […]; trionfa di tale pomposo discorrere del bene supremo dell’umanità e dell’oppressione di questa; di tale pomposo discorrere del sacrificio per il bene e dell’abuso delle doti; – simili essenze e fini ideali si accasciano come parole vuote che rendono elevato il cuore e vuota la ragione; simili elevate essenze edificano, ma non costruiscono, sono declamazioni che con qualche determinatezza esprimono soltanto questo contenuto: che l’individuo il quale dà ad intendere d’agire per tali nobili fini e ha sulla bocca tali frasi eccellenti, vale di fronte a se stesso come un eccellente essenza; – ma è invece una gonfiatura che fa grossa la propria testa e quella degli altri, la fa grossa di vento [...]”.

“La nullità di quella chiacchiera sembra essere divenuta certa anche per la cultura del nostro tempo, sebbene in modo inconsapevole; giacché dall’intera massa di quelle frasi e dal vezzo di farsene belli è dileguato ogni interesse, il che trova la sua espressione nel fatto ch’esse producono soltanto noia […]".

"Ecco dunque in effetto qual è il risultato di tale opposizione: la coscienza si sbarazza, come di un vano mantello, della rappresentazione del bene in sé che non avrebbe ancora effettualità alcuna. Nella sua lotta la coscienza ha sperimentato come il mondo non sia tanto malvagio quanto pareva: la sua effettualità è, infatti, la realtà dell’universale”.
Hegel, fenomenologia dello spirito, La Nuova Italia 1960, pp. 319-324. (homolaicus)

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Utopismo vuol dire: preferisco che il mondo sia così e così invece che come è. Significa pretendere di dettare al mondo la regola del proprio essere, non ricavando questa regola dall’evoluzione del mondo, ma ricavandola dalle mie preferenze. In questo senso il marxismo è radicalmente antiutopista. 
(riflessioni-40-stefano-garroni)

sabato 11 novembre 2017

"Riflessioni" 4.0 - Stefano Garroni





"... È del tutto ovvio che non si fa politica senza capacità tattica, non si fa politica senza spregiudicatezza; ma la tattica e la spregiudicatezza hanno un senso in funzione di un obiettivo di fondo. Allora no, noi non siamo laici. Nel senso che l’obiettivo di fondo ce l’abbiamo, il principio ce l’abbiamo: lì vogliamo andare. Noi vogliamo la dittatura del proletariato, noi vogliamo la socializzazione dei principali mezzi di produzione e di scambio, noi vogliamo i soviet, noi vogliamo l’internazionalismo. Questo è l’obiettivo. Ovviamente una volta fissato l’obiettivo sarà possibile individuare tutte le spregiudicatezze tattiche, le quali hanno però senso in quanto sono i modi che si ricavano dalla realtà presente per arrivare là... 

Allora a questo punto il rapporto tra politica e cultura nel marxismo diventa una cosa molto complessa e densa, perché è il problema del rapporto tra tattica e strategia, tra spregiudicatezza imposta dalla condizione determinata e obiettivo di fondo. Allora bisogna prenderla molto sul serio la dimensione teorica e culturale perché si tratta del rapporto con l’obiettivo di fondo. Senza questo rapporto non c’è la possibilità di individuare una tattica. Perché qual è il criterio che mi fa scegliere una o un’altra mossa? Questa scelta è in funzione di cosa? Se non c’è un obiettivo di fondo chiaro, l’unico obiettivo reale è conservare o casomai aumentare stipendi di parlamentari e di assessori comunali. Questo bisogna bene che ce lo mettiamo in testa. 

Il marxismo nasce nettamente, subito, immediatamente e costantemente in funzione antiutopistica.

Utopismo vuol dire: preferisco che il mondo sia così e così invece che come è. Significa pretendere di dettare al mondo la regola del proprio essere, non ricavando questa regola dall’evoluzione del mondo, ma ricavandola dalle mie preferenze. In questo senso il marxismo è radicalmente antiutopista. 

Ed è un tema molto importante oggi perché questo atteggiamento circola largamente.. Però voi lo sapete perfettamente, non esiste riflessione scientifica che non produca previsioni. Attenti, l’essere antiutopista non significa non prefigurare tappe future, non prefigurare lo sbocco di…. L’essere antiutopista non significa non poter dire: così sarà, così sarà meglio, che sarà nel futuro. Fare un discorso sul futuro.  Non esiste nessuna elaborazione scientifica che non comporti anche un discorso sul futuro... Il comunismo fa delle previsioni, per esempio fa questa previsione: il comunismo sostituisce il parlamentarismo con forme di autogoverno dei produttori associati.

Questo è un punto fondamentale. Capire perché Lenin dice: il parlamento è cosa loro, della borghesia non nostra. Io posso discutere tutte le tattiche da usare in parlamento. Ma questo è chiaro: io vado al soviet, non al parlamento. Io il parlamento lo abbatto, voglio costruire il soviet. Per abbattere il parlamento posso anche andare in parlamento, certo. Ma il problema è che il mio risultato finale sarà il soviet non il parlamento e allora posso scegliere le tattiche. 

Che vuol dire una società in cui il produttore associato governa? Vuol dire che l’obiettivo fondamentale è quello di un prodigioso aumento qualitativo della preparazione culturale di massa. Ecco perché il giovane comunista - secondo Lenin nel ’21 - doveva prima di tutto studiare. Perché il problema è che tu non puoi avere un autogoverno dei produttori se i produttori non sono anche culturalmente in condizione di autogovernarsi. Cioè di controllare i meccanismi economici, di avere consapevolezza dal punto di vista giuridico ecc., ecc.

Allora l’obiettivo costante, inevitabilmente costante dei comunisti non può che essere quello di fare di tutto per elevare il livello culturale di massa. Noi possiamo rivendicare a merito del movimento operaio il fatto che fin dall’inizio – dal primo 800- si impegnò in una vasta attività di diffusione popolare della cultura. Darwin era uno degli autori che più venivano diffusi in opuscoli, libretti. Nell’800 c’è un fiorire di attività enorme promossa dal movimento operaio. Anche questo teniamolo presente perché noi dobbiamo anche fare un po’ i conti con la situazione attuale del movimento operaio e vedere se viene condotta quest’attività. Perché qui è un punto di fondo. Non si tratta di spocchia culturale, si tratta di capire questo: se l’obiettivo è quello comunista, cioè la dittatura del proletariato - cioè che  il proletariato diventa la classe dirigente che organizza lo stato, perché questo vuol dire dittatura del proletariato - se questo è l’obiettivo allora noi siamo vitalmente interessati fin da adesso a fare di tutto perché i livelli di coscienza crescano a livello di massa. Quindi non è un astratto ideale da accademia. Si tratta proprio di giocare la partita di quello che vogliamo perseguire. 

Voi lo sapete perfettamente che più il livello medio culturale dei membri di un partito è basso più il partito si burocratizza. Uno può fare tutti gli statuti libertari che vuole, ma se mediamente il livello dei membri del partito è basso i dirigenti si sostituiscono al partito, alla base, alla massa. E allora è vitalmente necessario un’attività per elevare i livelli di coscienza, se si vuole la democrazia nel partito. Cioè la partita della democrazia nel partito non si gioca a livello degli statuti. Si gioca per esempio sulla base del livello di consapevolezza culturale medio dei compagni. Si gioca al livello della capacità del partito di collegarsi agli strati oggettivamente interessati al socialismo. E' importante che il partito si leghi agli strati oggettivamente interessati al socialismo, perché questi poi pesano sul partito, lo condizionano, ne vincolano le scelte..." 

giovedì 9 novembre 2017

100 anni dopo. Ascesa e crisi del movimento comunista internazionale nel ‘900 - Francesco Piccioni


A 100 anni dalla Rivoluzione d’Ottobre, ci sembra utile accompagnare il ricordo per la prima e straordinaria vittoria duratura  della Rivoluzione con una riflessione che non si nasconde quel che è accaduto dopo. Ma che, al tempo stesso, non cade nel vecchio vizio di andare a “trovare l’errore decisivo” nel comportamento di Tizio o Caio o addirittura – come fanno i pentiti di ogni epoca – nell’idea stessa di Rivoluzione. Viene tracciata un’ipotesi di ricerca storiografica, certamente complessa ma almeno all’altezza dell’oggetto. 
A voi l’intervento elaborato da Francesco Piccioni per il convegno  ‘Il vecchio muore ma il nuovo non può nascere’, a dicembre 2016. 

                                                                                                 Idee per un programma di ricerca
Se si guarda alla storia del movimento comunista, oggi, l’impressione è spesso quella di trovarsi davanti a un deserto di macerie. In cui vagano alcuni fantasmi che, se si incontrano, si mandano a quel paese…
Dopo un secolo, bisogna però essere ambiziosi o rassegnarsi a scomparire. Sarebbe un peccato, perché solo ora il modo di produzione capitalistico funziona esattamente come lo aveva ricostruito Marx.
Perciò bisogna assumere su di sé, per quanto poco si sia adeguati allo scopo, il compito di fare il punto nella storia del movimento comunista internazionale e determinare le coordinate del possibile sviluppo.
La dico alla Mao Zedong: non si può fare più nemmeno un passo in avanti se tagliamo il piede per farlo entrare nella scarpa. Tradotto: saremo anche un piccolo insieme di sfigati e nostalgici, ma bisogna darsi il compito di pensare in grande. E agire di conseguenza. Naturalmente, pensare in grande è il contrario della supponenza boriosa. Significa misurarsi con compiti giganteschi, senza alcun provincialismo nella testa, sapendo in ogni istante che siamo troppo piccoli per “mettere le mutande al mondo”. Ma fare il contrario, ossia adattare la dimensione dei compiti alla nostra piccolezza non serve a nessuno, neanche a noi.
Per questo, qui, non si propone un lavoro conclusivo, ma un programma di ricerca. Uno sforzo come quello che bisogna fare richiede infatti un intellettuale collettivo – a livello internazionale, va da sé – che punti a superare il punto di crisi del movimento comunista

mercoledì 8 novembre 2017

Oriente e Occidente: i marxismi e le rivoluzioni - R.Finelli, D.Losurdo

Da:  Scuola di filosofia Roccella Jonica  
Roberto Finelli (Università degli Studi “Roma Tre” http://host.uniroma3.it/docenti/finelli/) - Domenico_Losurdo è un filosofo, saggista e storico italiano.
Leggi anche:  https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/10/per-la-rinascita-del-marxismo-in.html


martedì 7 novembre 2017

Il ricordo vivo del grande Ottobre - Andrea Catone

Da:  (http://www.marx21.it)

L'Internazionale !!! - Da:  Alberto Burgos


Ricordiamo il 7 novembre non per un esercizio retorico. Ogni anniversario di quella rivoluzione per i militanti comunisti deve essere occasione di riflessione per l’agire presente.

Il ricordo vivo del grande Ottobre ci dice prima di tutto che la rivoluzione è possibile, che la lotta dei popoli contro il giogo dell’oppressione e dello sfruttamento può essere vittoriosa, che il socialismo, un ordine nuovo antitetico a quello capitalista e imperialista, non è una chimera, ma il reale concreto. Questo ha un valore universale, che travalica le differenze che sono esistite ed esistono tuttora all’interno del movimento operaio. Per il solo fatto di affermare il diritto dei popoli alla rivoluzione, la possibilità concreta della rivoluzione, l’Ottobre dovrebbe essere commemorato e onorato da tutti coloro che si battono contro il capitalismo e l’imperialismo. In questo senso l’Ottobre è di tutti i popoli in lotta.

Ci sembra utile riproporre con lievi modifiche un testo pubblicato sul Calendario del popolo in occasione del novantesimo anniversario della rivoluzione bolscevica.

1917. La rottura dell’Ottobre 

martedì 31 ottobre 2017

Alexandre Kojéve, Introduzione alla lettura di Hegel (Fenomenologia dello Spirito) - Silvio Vitellaro

Da:  http://www.vitellaro.it - Silvio Vitellaro, docente di Storia e Filosofia.

Per comprendere l'edificio della storia universale e il processo della sua costruzione, occorre conoscere i materiali che sono serviti a costruirlo. Questi materiali sono gli uomini. Per sapere ciò che è la Storia, occorre dunque sapere ciò che è l'Uomo che la realizza. Certo, l'Uomo è tutt'altra cosa che un mattone. Prima di tutto, se si vuole paragonare la storia universale alla costruzione di un edificio, occorre dire che gli uomini non sono soltanto i mattoni che servono alla costruzione: sono anche i muratori e gli architetti. D'altra parte, l'Uomo è anche colui per il quale questo edificio viene costruito: ci vive, lo vede e lo comprende, lo descrive e lo critica.

L'insieme della Fenomenologia dello spirito, deve rispondere alla domanda: «Cos'è il Sapere assoluto e come è possibile?». Vale a dire: quali devono essere l'Uomo e la sua evoluzione storica perché, a un certo momento di questa evoluzione, un individuo umano, casualmente chiamato Hegel, si veda in possesso di un Sapere assoluto, cioè di un Sapere che gli rivela non più un aspetto particolare e momentaneo dell'Essere, ma l'Essere nel suo insieme integrale, qual è in sé e per sé?

O ancora, per presentare lo stesso problema nel suo aspetto cartesiano: la Fenomenologia dello spirito deve rispondere alla domanda: «Io penso, dunque sono; ma che cosa sono? ».
La risposta cartesiana alla domanda del filosofo: «che cosa sono?», la risposta «Io sono un essere pensante», non soddisfa Hegel. Domandandomi: «che cosa sono?», e rispondendo: «un essere pensante», io comprendo assai poco di me.

Non sono soltanto un essere pensante. Prima di tutto, sono un uomo in carne e ossa, che si sa tale. Poi, quest'uomo non sta sospeso nel vuoto. È seduto su una sedia, davanti a un tavolo, e scrive con una penna su un pezzo di carta. E sa che tutti questi oggetti non sono caduti dal cielo; sa che sono dei prodotti di quella cosa che si chiama il lavoro umano. Sa anche che questo lavoro si effettua in un Mondo umano, in seno a una Natura, di cui egli stesso fa parte. E questo Mondo è presente nel suo spirito. Così, per esempio, ode dei rumori che vengono da lontano. Ma non ode soltanto dei rumori. Sa anche che questi rumori sono colpi di cannone, e sa che i cannoni sono anch'essi prodotti di un Lavoro, fabbricati, questa volta, in vista di una Lotta a morte tra gli uomini.

Nella Fenomenologia dello spirito Hegel dice che il Sapere assoluto è diventato oggettivamente possibile, perché il processo reale dell'evoluzione storica, nel corso della quale l'uomo si è trasformato, è giunto al suo termine. Rivelare il Mondo, cioè rivelare l'essere nella totalità, è diventato possibile perché un uomo chiamato Hegel ha saputo comprendere il Mondo in cui viveva e comprendersi come uno che vive in questo Mondo e lo comprende. Comprendendosi mediante la comprensione della totalità del processo storico antropogeno, comprendendo questo processo mediante l'auto-comprensione, Hegel ha fatto penetrare l'insieme del processo reale universale nella sua coscienza particolare, e ha poi penetrato questa coscienza. Essa è dunque diventata altrettanto totale, universale quanto il processo che, comprendendosi, essa rivela: questa coscienza pienamente cosciente di sé è il Sapere assoluto che, sviluppandosi nel discorso, costituirà il contenuto della filosofia o della Scienza assoluta, di quella Enciclopedia delle scienze filosofiche, che è la summa di ogni sapere possibile.

lunedì 30 ottobre 2017

LA TRUFFA - Paolo Massucci


Nonostante l’impennata della mortalità registrata dall’ISTAT nel primo trimestre del 2017 andremo tutti in pensione cinque mesi più tardi, persino a 71 anni per chi ha iniziato a lavorare dal 1996, senza che il governo si curi se le aziende manterranno il posto di lavoro ai sessantenni e settantenni o se ne libereranno prima. 
Tale assurdità e malvagità svela la realtà del rapporto cittadini-governanti in un paese capitalista definito democratico.

Con il meccanismo attuale l'età della pensione può solo aumentare all'infinito.

Nel triennio 2014–2016 l’ISTAT ha certificato, con un complesso calcolo statistico peraltro contestato da alcune sigle sindacali, un aumento di cinque mesi dell’aspettativa di vita a 65 anni. Detto triennio costituisce il periodo di riferimento per l'adeguamento automatico dell'età della pensione (e dei coefficienti di trasformazione che ne stabiliscono l’importo) da applicarsi da gennaio 2019. Dal 1 gennaio 2019 pertanto l’età pensionabile sarà aumentata di cinque mesi e saranno applicati i nuovi coefficienti che ne riducono l’importo.

Sull’argomento, nel mio precedente articolo del 30/09/2017 pubblicato su La città futura (https://www.lacittafutura.it/interni/la-truffa-si-vive-meno-ma-aumenta-l-eta-per-andare-in-pensione.html) riportavo -riprendendo il giornale cattolico l’Avvenire (https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/il-vero-deficit-italiano)- l’impennata del tasso di mortalità generale del + 15% registrata dall’ISTAT  nel  primo trimestre del 2017, quindi nel periodo immediatamente successivo al triennio del calcolo suddetto. Circa l’andamento nei mesi successivi dell’anno in corso non sono ancora disponibili dati, ma non si può escludere che il gran caldo estivo ne possa aver determinato un ulteriore incremento.

domenica 29 ottobre 2017

“Perchè il socialismo..”- A.Einstein (1949)

Fonte: Pcdi - Da: http://www.tribunodelpopolo.it
Leggi anche:  https://ilcomunista23.blogspot.it/2015/06/perche-la-guerra-carteggio-albert.html

E’ prudente per chi non sia esperto in materia economica e sociale esprimere opinioni sul problema del socialismo? Per un complesso di ragioni penso di sì.

Consideriamo dapprima la questione dal punto di vista della conoscenza scientifica. Potrebbe sembrare che non vi siano essenziali differenze di metodo tra l’astronomia e l’economia: in entrambi i campi gli scienziati tentano di scoprire leggi generalmente accettabili per un gruppo circoscritto di fenomeni, allo scopo di rendere il più possibile comprensibili le connessioni tra questi stessi fenomeni. Ma in realtà tali differenze di metodo esistono. La scoperta di leggi generali nel campo economico è resa difficile dal fatto che i fenomeni economici risultano spesso influenzati da molti fattori difficilmente valutabili separatamente. Inoltre l’esperienza accumulata dal principio del cosiddetto periodo civile della storia umana è stata, come ben si sa, largamente influenzata e limitata da cause che non sono di natura esclusivamente economica.

Molti dei maggiori Stati, per esempio, dovettero la loro esistenza a conquiste. I conquistatori si stabilirono, giuridicamente ed economicamente, come classe privilegiata nel Paese conquistato. Essi si presero il monopolio della proprietà terriera e formarono un sacerdozio con uomini della loro classe. I preti, avendo il controllo dell’educazione, trasformarono la divisione in classi della società in un’istituzione permanente e crearono un sistema di valori dal quale, da allora in poi, il popolo si lasciò in gran parte inconsciamente guidare nella sua condotta sociale.

Ma la tradizione storica è, per così dire, di ieri; oggi noi abbiamo realmente superato quella che Thorstein Veblen chiamò la “fase predatoria” dello sviluppo umano. I fatti economici osservabili appartengono a quella fase e anche le leggi che noi possiamo ricavare non sono applicabili alle altre fasi. Poiché il vero scopo del socialismo è precisamente di superare e andare al di là della fase predatoria dello sviluppo umano, la scienza economica nelle sue attuali condizioni può gettare ben poca luce sulla società socialista del futuro.

In secondo luogo, il socialismo mira ad un fine etico-sociale. La scienza, viceversa, non può creare fini, e ancor meno imporli agli esseri umani; essa, al massimo, può fornire i mezzi con cui raggiungere certi fini. Questi sono concepiti da persone con alti ideali etici e se essi non sono sterili, ma vitali e forti, sono assunti e portati avanti da quella larga parte dell’umanità che, per metà inconsciamente, determina la lenta evoluzione della società.

Per queste ragioni, noi dovremmo guardarci dal sopravvalutare la scienza e i metodi scientifici quando si tratta di problemi umani; e non dovremmo presumere che gli esperti siano i soli che hanno il diritto di esprimersi su questioni che concernono l’organizzazione della società.

sabato 28 ottobre 2017

"Riflessioni" 3.0 - Stefano Garroni

Da:  https://www.facebook.com/notes/mirko-bertasi  -  Stefano_Garroni è stato un filosofo italiano.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/riflessioni-stefano-garroni.html
                      https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/10/riflessioni-20-stefano-garroni-2001.html


Esperienza ed Hegel

La dialettica nasce anche dal fatto che l’esperienza che abbiamo del reale, è contraddittoria e non si colloca in modo ben definito nel nostro pensare: dunque, ha bisogno di essere riplasmata in modo tale da essere assimilabile dal pensiero, “deve dunque esprimersi nella struttura della forma di pensiero” . (Qui, fai riferimento a Leibniz verità di fede e di ragione, ma anche al problema della tassonomia).

Questo sta a dire che, immediatamente, il reale è una gamma di possibilità, e che il passaggio da possibile a reale implica una ‘razionalizzazione’ del reale –la quale non ha una sola forma.

Questo pensare –o riplasmare l’esperienza- fa sì che il soggetto –ovvero, il pensante- si scopra nell’unità e nella differenza con tutta la realtà, che lo circonda.
Conoscere implica socializzare, cioè riconoscersi come un riannodo di rapporti con cose e persone. Ma significa, anche, che esistono forme di rapporti con l’uomo e la natura, che favoriscono oppure immiseriscono questo processo di socializzazione.

Da quanto detto non risulta ancora la differenza tra dialettica materialistica e/o idealistica.

Hegel ha chiaramente elaborato la struttura speculativa fondamentale della dialettica, ovvero l’unità delle differenze.
La dialettica va riconosciuta come essere, che è l’altro dallo spirito, in quanto realtà prodotta dallo spirito stesso.
La ragione è coscienza, che lo spirito ha di essere ogni realtà: è per questo che ogni problema immanente di questa costruzione dialettica giunge, alla fine, ad un felice compimento. Lo spirito muta mano a mano l’altro di se stesso nella realtà di se stesso.

Ciò che, all’inizio della Fenomenologia dello Spirito è solo presupposto –lo spirito è la realtà-, alla fine del movimento del pensiero dialettico , si rivela come realtà pensata dello spirito, perché l’esistenza  dell’uomo, interamente esteriore e sviluppatasi storicamente nel pensiero, diviene la realtà autocosciente.
L’hegeliana Fenomenologia dello Spirito descrive il processo dell’esperienza, in cui il pensiero muta la realtà estranea nella realtà propria, spirituale. Il suo scopo è rendere la realtà trasparente allo spirito.

L’esperienza è lo svilupparsi delle relazioni soggetto/oggetto.

La metafisica sostanziale di una volta, la quale pretende pensare in sé il reale, per poter ragionare senza la mediazione dei presupposti del pensiero. come nasce contro la moderna filosofia della coscienza, che fa del soggetto il fondamento universale e perde di vista la concreta realtà, in  sè determinata.
Hegel sviluppa la verità del rapporto con la realtà con la sua rappresentazione pensante, che egli chiama esperienza e che si sviluppa sia storicamente che individualmente.