venerdì 17 gennaio 2025

Iran: il prezzo della Resistenza. Reportage - L'altro italiano in Iran

Da: https://contropiano.org - 

Il mio secondo viaggio in Iran per motivi familiari (mia moglie è iraniana e tutta la sua famiglia è residente in Iran) è stato più volte rimandato. L’ultima volta questa estate dopo l’escalation di tensione dovuto all’ omicidio da parte di Israele del leader Palestinese Haniye a Teheran.

Torno quindi per la prima volta dal 2019. E trovo un Paese che resiste, pagandone ovviamente il prezzo. Un prezzo salato.

Innanzitutto rispetto a 5 anni fa ho notato un reale e pesante isolamento internazionale: ero l’unico straniero in strada, a parte ovviamente gli immigrati Afghani, Pakistani ed Iracheni (che insieme rappresentano il 10% della popolazione totale in Iran).

Negli hotel di lusso della città si registrano presenze russe, cinesi e arabe, ma si tratta di pochissima cosa: l’isolamento bancario è ancora inaggirabile e l’Iran è finanziariamente sigillato nelle sue frontiere, dato che i turisti devono portarsi tutto il denaro di cui necessitano e cambiarlo in aeroporto. È impossibile anche fare un bonifico o un assegno per pagare l’albergo.

La mia permanenza ha fatto base in una media città di provincia, ad un’ora di viaggio da Teheran, nei giorni dell’arresto di Cecilia Sala, contropartita per l’arresto, per conto e su ordine degli Stati Uniti, del cittadino iraniano Mohammad Abedini, detenuto per “possesso di materiale elettrico che potrebbe servire come componente di un drone”. Insomma un arresto basato su accuse fumose e capi d’imputazione non formalizzati, con l’Italia che dimostra ancora una volta di non essere un Paese sovrano ma una colonia statunitense.

Lasciando perdere considerazioni varie, è sulla situazione del Paese che vorrei concentrarmi, sulla generale propaganda che le nostre TV occidentali martellano, sul fatto che tale propaganda venga spesso rilanciata acriticamente anche da “antisionisti” facendo da grancassa alla propaganda israeliana ed all’Imperialismo euroatlantico.

Com’è l’Iran? Il livello di vita, di sviluppo e di infrastrutture è molto simile a quello del Sud Italia, della Turchia o della Grecia con alcune eccezioni di ricchezza come Teheran ed Esfahan (ma anche Qom ed altre città) e con alcune zone più arretrate come quelle al confine con il Pakistan.

In generale c’è comunque una certa omogeneità territoriale per quanto riguarda i servizi pubblici. Strade, autostrade, rete elettrica, metanizzazione, ospedali, scuole, controllo militare e giudiziario coprono tutto il territorio nazionale (ebbi modo nel precedente soggiorno di visitare le zone rurali del Mar Caspio) con un livello di vita minimo garantito a tutto il Paese.

Questo sicuramente va in contrasto con la narrazione di un Paese alla fame o fortemente diseguale. Ma non è l’unica informazione completamente falsa. Ce ne sono moltissime, addirittura alcune grossolane, a cominciare dalle costrizioni religiose. Per andare nell’ ordine, riassumerò in due filoni, società e politica, questo articolo.

SOCIETÀ.

1. La “libertà delle donne”. Non voglio avventurarmi in ragionamenti personali ma devo dire che provo un certo imbarazzo a parlare di “libertà delle donne” con riferimento al vestiario. Mi piacerebbe parlare di “emancipazione femminile” e per quanto riguarda questo argomento, credo che l’Iran sia in linea con i Paesi occidentali.

Se buttiamo nel gabinetto – e tiriamo lo sciacquone – tutte le balle più grossolane sulla poligamia, la lapidazione, le spose bambine, il divieto di canto, guida e lavoro per le donne, ed andiamo ai numeri, vediamo che l’Iran ha oltre il triplo delle donne laureate dell’Italia (il 66% contro il 23%: fonte Sole24Ore), il 60% di iscritti alle università iraniane è donna; l’alfabetizzazione femminile è più alta in Iran che in Italia.

Resta invece parecchio da fare dal punto di vista dell’occupazione femminile (inferiore al 30%). Ancora, nonostante il ruolo praticamente paritario in famiglia tra uomo e donna, tipico delle società industrializzate, se c’è da scegliere per necessità logistiche, le famiglie iraniane preferiscono ancora che sia la donna a rinunciare alla carriera e restare a casa. Sono queste le battaglie materiali da combattere per le donne iraniane (ed anche quelle italiane) o quelle per la nudità? Davvero è l’iscrizione ad Onlyfans a rendere le donne “libere”?

Passiamo al feticcio numero uno dell’Occidente: l’hijab. Il nuovo diffuso femminismo che reputa un calendario di nudo come una sfida al patriarcato, ci impazzisce sulla questione dell’hijab. Ebbene si resterà delusi. Innanzitutto non è mai stato legge il chador o addirittura il burqa.

Il volto di una donna in Iran non è mai stato né totalmente né parzialmente coperto. La legge islamica in Iran prevede però l’hijab. Tale copertura è rappresentata, in tempi moderni, più comunemente da un cappellino, una sciarpa o un foulard che lasciano libero il ciuffo sulla fronte. Questo è noto nel mondo, ma la propaganda guerrafondaia Occidentale (specialmente d’Israele e dell’Unione Europea) continua a mostrare immagini che in Iran non esistono e che probabilmente non sono mai esistite nemmeno in tempi remoti, se non ai funerali, forse.

Oggi la situazione è comunque cambiata. Ci sono molte donne, soprattutto giovani, che decidono di non indossare più nemmeno il foulard, lasciando la testa completamente scoperta e questo non costa loro alcuna ammenda o rimprovero. L’obbligo di copertura del capo è stato superato dalla consuetudine de facto. E le donne particolarmente religiose che decidono di indossare l’hijab o addirittura il chador, lo fanno secondo la propria volontà.

Questo è palese a chiunque non sia in malafede. Quindi i giornalisti occidentali presenti in Iran che non riportano questo fenomeno visibile, palese e diffuso sono semplicemente dei propagandisti (nella migliore delle ipotesi). Inoltre non esistono divieti inventati dall’Occidente: tenersi per mano tra fidanzati, viaggiare, festeggiare compleanni ed altre allucinazioni da razzismo islamofobico.

2. La “dittatura”. Questa è una questione più delicata. Innanzitutto l’Iran è un sistema repubblicano multipartitico con elezioni a suffragio universale. Gli “Ayatollah” hanno un doppio ruolo. Controllare la costituzionalità delle leggi promulgate dal parlamento e garantire la “collocazione internazionale” del Paese. Per capirci i ruoli ricoperti in Italia da Corte Costituzionale e Trattati internazionali che vincolano il Paese a NATO e UE.

La differenza è rappresentata dalla presenza di precetti religiosi in Costituzione e dal campo internazionale in cui è collocato il Paese. Oltre che dalla percezione della leadership: gli Ayatollah vestono male e parlano peggio. Ma gli Ayatollah sono democratici quanto l’articolo 81 della Costituzione Italiana.

Per quanto concerne la libertà di parola in Iran, l’argomento preferito delle persone è la politica. La gente parla liberamente e pubblicamente anche con gli sconosciuti ed in luoghi pubblici, esprimendo posizioni in linea o meno con le decisioni del Governo in carica. Il punto di di dibattito che spacca l’opinione pubblica locale è: “negoziare con l’imperialismo o resistere duramente?”.

Ho parlato con tantissime persone ed ho trovato, con sfumature varie, tre visioni:

A) persone vicinissime ideologicamente ai Guardiani della Rivoluzione che sono per puntare forte sulla deterrenza militare;

B) persone che auspicano senza mezzi termini il disimpegno totale dalla politica estera (Palestina e Siria) con un vera e propria “resa” dell’Iran agli USA;

C) persone che condividono l’orientamento della Repubblica in contrapposizione all’Imperialismo, ma che auspicano la negoziazione con gli USA per concentrarsi sull’economia interna.

Ecco, tutte queste persone discutono liberamente, litigano, e poi si salutano, senza odii o paure particolari. Poi magari il “guardiano della rivoluzione” vota per i Principalisti (islam in politica, Resistenza ad oltranza all’ Imperialismo, economia in mano pubblica), il “negoziatore” per i Riformisti di Pezeshkian (appeasement e privatizzazioni) e “l’arrendevole” non vota proprio. Ma tutti hanno una loro legittima opinione.

Certo, se un cittadino provasse attivamente a sovvertire l’ordine costituito in favore di potenze occidentali, è logico possa incappare in sanzioni giuridiche pesanti. Ricordiamoci che stiamo parlando di un Paese sempre sull’orlo della guerra con Israele e con gli USA quindi collaborare con nemici stranieri, o farne gli interessi, può costare caro.

Per fare un esempio analogo all’opposto: in Italia si può dire più o meno liberamente “viva la Russia!” (ovviamente anche questo può avere ripercussioni, tipo sul lavoro), ma cosa accadrebbe se si militasse in una ipotetica organizzazione che faccia propaganda fattiva per la vittoria della Russia, appoggi palesemente il governo Putin ed abbia contatti con politici o similari organizzazioni russe?

Altro punto di pressione della propaganda occidentale è l’oscuramento dei social in Iran e l’intolleranza religiosa. Quasi tutti i negozi espongono il proprio contatto Instagram e tantissimi negozi e ristoranti, anche tradizionali, espongono alberi di Natale con annessi auguri “Merry Christmas”. Avete mai visto in un Paese occidentale cristiano gli auguri di buon Ramadan ai musulmani in un negozio o in locale pubblico?

POLITICA

La situazione economica del Paese è invece indubbiamente peggiorata da 5 anni a questa parte. Questo si evince non tanto nelle città, seppur medie e periferiche, ma dalla degradata manutenzione dei piccoli centri isolati. Terreni di riporto a bordo strada, asfalto vecchio, insegne dei negozi non curate.

È l’inflazione però a balzare agli occhi. Decine di migliaia di ryal per comprare una bottiglietta d’acqua. Questo fa sì che anche per un pacchetto di chewing-gum o di sigarette, si paghi con carta che ha un circuito esclusivamente nazionale. In generale, il prezzo dei generi alimentari è aumentato in maniera contenuta (in Iran un kg di pomodori costa circa 0,45€), mentre quello delle automobili (anche di produzione nazionale) e delle case è salito vertiginosamente, ingenerando malcontento.

Per capirci, acquistare una casa da 120mq in una media città iraniana costa 300 stipendi di un operaio e l’affitto della stessa casa arriva al 100% dello stesso stipendio. I giovani dunque restano più a lungo in casa con i genitori nonostante lavorino, a meno che non si accontentino di case davvero minuscole in periferia.

Soprattutto questi ultimi fattori hanno determinato un invecchiamento generale del parco auto e del trasporto pubblico (con conseguente inquinamento ambientale) e, come tra l’altro negli altri paesi industriali, un decremento della Natalità (non siamo ancora all’inverno demografico italiano, ma la fecondità è scesa sotto 2).

Le sanzioni hanno condizionato sensibilmente anche la velocità di avanzamento delle tecnologie. L’Iran è un Paese sostanzialmente autarchico. Qualsiasi cosa è prodotta in Iran con tecnologie e materiali Iraniani. Un esempio sono le case, tutte nuove ed antisismiche, costruite in materiali locali e soprattutto marmo giallo estratto in loco, tanto che sembrano estensioni del deserto. Sembrerà strano ma l’Iran ha pochissimi “centri storici” come li intendiamo noi in Italia. Negli anni ‘90 sono iniziate ricostruzioni con tecnologie antisismiche, fatto dovuto allo shock procurato dal devastante terremoto del 1990.

Nonostante la completa sovranità energetica, alimentare, tecnologica e di materie prime, l’inflazione galoppa. Perché non dobbiamo dimenticarci che comunque l’Iran è un paese capitalista che segue le regole di mercato. Se quindi il prezzo dei generi alimentari è regolato in base alla produzione interna, mantenendosi abbastanza basso, il prezzo delle materie prime, di cui l’Iran è ricco, viene stabilito in base al mercato internazionale. Ed il mercato lo fanno ancora i dollari.

E questo non può essere indolore, date le privatizzazioni in atto e le concessioni anche internazionali. Perché la contraddizione capitalistica è che per quanto i rapporti diplomatici siano rotti, in Iran ci sono ancora delle fabbriche di Coca Cola e, ad esempio, l’Iran non ha nulla da invidiare ai Paesi scandinavi ed alla Germania.

La settimana lavorativa è di 6 giorni per 6 ore (8-14, sabato-giovedi) o 7 ore più un’ora di pausa pranzo, con pasto fornito dall’azienda anche se questa avesse un solo dipendente, per 5 giorni settimanali. Nelle piccolissime aziende non è raro che l’imprenditore prepari il pranzo a casa per i propri dipendenti.

Le ferie ammontano a 30 giorni annui con molti ponti e festività nazionali (ironizzano anche i dipendenti per quante festività ci siano in Iran, tra religiose, civili e tradizionali).

Sono entrato in una piccola azienda, uno studio di ingegneria con 7 dipendenti, di cui 3 donne (tutte sui 30/35 anni e sposate). Le donne hanno diritto a 9 mesi di maternità piena invece che ai 5 dell’ Italia. L’imprenditore mi ha riferito che è impensabile imporre uno straordinario, e tanto meno non pagarlo. I controlli sul rispetto dei contratti e dei diritti del lavoro sono stringenti e le sanzioni severissime. Straordinari non pagati od impiegare un lavoratore a nero possono avere come conseguenza la chiusura dell’azienda da parte delle autorità competenti. Tutto questo ha portato ritmi di lavoro non ossessivi.

Si nota subito inoltre che i luoghi di lavoro hanno molti dipendenti ed agli occhi di un occidentale certamente la parola migliore per definire la situazione è “over employment”. Ad esempio nei negozi ci sono di solito due persone dietro la cassa ed in un ristorante c’è la media di un cameriere ogni 3 tavoli. Nei supermercati anche uno scaffalista fisso ogni due corsie. Un esempio emblematico sono gli uffici comunali delocalizzati in alcuni parchi di quartiere con le giostrine per i bambini. Questi si occupano anche di coordinare la manutenzione e la sicurezza dei parchi. Una cosa improponibile in Italia che recinta i parchi, li privatizza e li chiude alle 8 di sera.

Questo determina un abbassamento fortissimo della disoccupazione volontaria (sotto il 7,5% al momento) un livello di burnout molto basso, gente poco stressata ed una vita notturna o serale molto attiva tutti i giorni della settimana. In pensione si va a 65 anni per gli uomini e 60 per le donne con 30 anni di anzianità lavorativa. L’importo della pensione si determina sugli anni di lavoro e le retribuzioni durante la carriera, ed è sensibilmente più basso dello stipendio.

L’economia è di tipo “misto” con lo Stato che tiene in mano i settori chiave (acqua, gas, elettricità, materie prime, carburanti), garantendo ai cittadini bollette di acqua-luce-gas praticamente “simboliche” (4 o 5 euro al mese), ma le privatizzazioni stanno iniziando anche in Iran, soprattutto nel campo dell’import-export, creando una nuova classe di ricchi che si concentra in piccole “Beverly Hills di montagna” a Nord di Teheran.

In un Paese che ha negozi di tappeti e librerie di proprietà di stato, il sistema sanitario è invece paradossalmente sempre stato molto privatizzato. Gli ospedali pubblici sono generalmente in buone condizioni, ma pochi e quindi con elevatissimi tempi di attesa. Le prestazioni sanitarie pubbliche sono insufficienti a soddisfare il fabbisogno della popolazione e per il resto delle cure vige un sistema di assicurazioni private sul tipo statunitense. Lo Stato dà comunque alcuni sussidi ed aiuti su medicinali e latti artificiali per i bambini.

Tra mille difficoltà, il welfare tiene ancora botta, con un sistema unico in Medio Oriente. A partire dal salario minimo per gli orfani e dalle vaccinazioni gratuite, direttamente in aeroporto, per i rifugiati afgani per finire con un’edilizia popolare estesa e di discreta qualità e servizi assistenziali sufficienti a non avere alcun mendicante o senzatetto in strada. Infatti esistono unità paramediche di cura e casa famiglia, in cui la persona può mangiare, dormire al caldo e lavarsi a spese dello Stato per un tempo anche prolungato.

La pulizia delle strade è decente, la raccolta rifiuti è differenziata in secco/organico. Esiste un’industria del riciclo abbastanza sviluppata. La normativa igienica per gli esercizi commerciali è stringente ed i negozi (anche fruttivendoli, pescherie e pollerie) sono estremamente puliti e curati. Nei ristoranti il pane non arriva tagliato nel cestino come in Italia ma sigillato in plastica in porzioni monouso direttamente dal panificio.

Nonostante le condizioni economiche non perfette non si ha la sensazione di un Paese in smobilitazione (non ci sono serrande abbassate, edifici in disuso etc) ma certamente la sensazione che le potenzialità siano ampiamente inespresse. L’isolamento ha rallentato l’avanzamento delle tecnologie con auto nuove di fabbrica che sembrano nella tecnologia e nella forma le Croma, le Tempra e le Tipo della fine degli anni ‘90. Ma come dicono gli iraniani “ci hanno rallentati, ma non fermati”.

Dove invece non si sono riscontrati rallentamenti è il Settore della deterrenza militare. Nonostante le sanzioni, l’Iran ha messo tutto quello che aveva, soldi, intelligenze, ricerca scientifica e risorse militari nella Resistenza all’Imperialismo. Avanzata tecnologia militare soprattutto nelle “forze missilistiche strategiche e tattiche” dimostrata soprattutto nell’attacco di ottobre ad Israele.

I media iraniani sostengono, con tanto di video, una tesi completamente diversa da quella israeliana: in primo luogo che gli israeliani hanno colpito solo siti dismessi nel deserto e che non hanno affatto sorvolato i cieli iraniani, tanto meno quelli della capitale (e questo è ampiamente dimostrato anche in occidente), sparando da oltre confine.

In secondo luogo che Iron Dome sia debole e che molti missili, ipersonici anche “datati” con testate depotenziate per evitare perdite civili, siano andati a bersaglio, ed a raffica, senza alcuna difesa nei pressi dell’aeroporto. Sinceramente su questo non commento: si sa, la cortina fumogena in guerra esiste da ambo le parti.

Ma è un fatto incontestabile che lanciare 200 missili, senza uccidere nessuno pur saturando le difese antiaeree, significa avere qualità e controllo. Oltre che quantità: 1 milione e mezzo di testate convenzionali stimate, tra cui missili ipersonici che l’Iran ha fornito anche agli Houthi dello Yemen. Ma la proiezione internazionale dell’Iran, come accennato precedentemente, non piace a tutti gli iraniani. Non tutti sono disponibili a pagare il prezzo della Resistenza.

Per esempio, in molti sono arrabbiati per la sconfitta subita in Siria, per i due miliardi di dollari buttati nel tenere artificialmente in piedi Assad. Ho sentito l’ opinione di molte persone sul tema ma una, molto interessante, espressa da più persone di diverso orientamento, mi ha davvero impressionato perché ribalta la prospettiva: alcuni sostengono che l’Iran abbia mollato Assad poiché non più conveniente né economicamente né militarmente e poiché il governo siriano stava comunque tentando una normalizzazione con i Paesi arabi moderati espellendo di fatto i commandos iraniani.

Riporto: “una cosa è intervenire su invito di un Governo legittimo come nel 2011, un’altra è invadere un Paese sovrano. Semplicemente non siamo stati invitati ad intervenire. Ma non si tratta di una sconfitta strategica. Gli occidentali hanno una concezione del tempo diversa da noi orientali. Noi sappiamo che l’ordine stabilito in Siria durerà poco. Avete idea di cosa si muova lì? Curdi, Daesh, Hts, lealisti di sinistra, milizie sciite, forze speciali di molti paesi, esercito sionista. Non è un Paese sotto il controllo di Al Jolani come non era un Paese sotto il controllo di Assad. Chi agiva allora agirà adesso. D’altronde il Governo Assad pagava un soldato 17€ al mese, che controllo del territorio credete potesse avere?”.

L’Asse della Resistenza, secondo loro, quindi, continua. Una Resistenza vista come doppia guerra per procura. Il nemico principale sono gli USA ed Israele è un suo proxy, da combattere con i propri proxy. Hezbollah, certo, ma anche gli Houthi, gli sciiti iracheni, le unità lealiste siriane. Anche la resistenza vincente dei talebani, secondo l’opinione di alcuni iraniani, ha ricevuto aiuti. Tutto molto più complicato di quanto si pensi, appunto. Per quanto invece concerne la Palestina, beh è impressionante vedere sui muri dei palazzi, ma anche nelle Moschee, gigantografie di Sinawar e Haniye insieme a quelle di Nasrallah, Solemaini ed a quelle di tutti i caduti nella Resistenza.

Sulle facciate dei condomini poi ci sono murales anni ‘80 anche giganteschi e belli di ragazzi del quartiere, in abiti militari, caduti nella guerra contro l’Iraq. La Resistenza che si respira ovunque. Dando il senso di assedio, ma anche di fierezza di essere indipendenti, parte di un blocco ma non subalterni, e di orgoglio di essere un Paese (ed un Popolo) che ha fatto la Storia e di non poter mollare di fronte a chi ha fatto capolino nella civilizzazione da un paio di secoli.

A proposito, come vedono l’altra civiltà millenaria? Beh, per gli iraniani ormai l’Italia è un esempio di paese-colonia, sia per la vicenda Abedini-Sala (a loro è chiaro che la decisione non sia italiana) sia anche perché ha indegnamente lasciato i propri soldati sotto le bombe israeliane in Libano, senza muovere un dito né diplomaticamente né tantomeno militarmente per evitare di contrariare gli USA.

Insomma ho ascoltato tanti pareri, su tanti argomenti e visto tante cose che da sole contraddicono senza appello la miserabile propaganda. Una propaganda ormai trita e ritrita, visibile ad occhio nudo e contraddittoria, che ha l’obbiettivo finale di convincere l’opinione pubblica occidentale a muovere guerra all’Iran, a tentare di cambiare il regime, tanto “anche se li bombardiamo e facciamo due milioni di morti…è sempre meglio di come stanno adesso”.

Lo stesso discorso utilizzato in Siria, Afghanistan, Libia, Iraq, Jugoslavia, Vietnam, etc. Ma la NATO non lo ha ancora fatto perché l’Iran evidentemente non è né l’Iraq né la Libia ed attaccarli massivamente potrebbe significare la distruzione totale di Israele senza per altro certezza di vittoria finale e sperando che la Cina, dipendente dall’energia iraniana, resti a guardare mentre le tagliano gas e luce.

Nel frattempo si continua con la propaganda e le bugie, che vengono sempre buone. Balle su balle vengono accreditate dagli stessi iraniani all’estero, molti dei quali cittadini americani che mai hanno visto l’Iran o personaggi vicini all’ultimo Scià, fantoccio degli Usa degli Inglesi, che imponeva i costumi dell’Occidente e ne faceva gli interessi. Un Paese di donne in minigonna ma senza diritto di voto, ottenuto solo con gli Ayatollah. Lo Scià, che impose un regime criminale che sparava sugli scioperi e che riteneva reato punibile con il carcere avere una foto di Khomeini. Ancora oggi gli Iraniani usano dire “nascondi bene Khomeini” per dire “guardati le spalle”.

Un regime, quello dello Scià, senza opposizione, senza diritto di associazione in partiti o sindacati, che praticava tortura ed omicidio politico. Ma la compagnia petrolifera nazionale era proprietà inglese, il sistema era capitalista, quindi tutto bene.

È obbiettivo il salto in avanti economico, infrastrutturale e di giustizia sociale apportato dalla Rivoluzione del 1979, ma ovviamente a questi “dissidenti” iraniani l’Occidente dà molto credito. E sorprendentemente anche in Iran le loro dichiarazioni circolano con grande facilità dato che le persone hanno tutti il satellite e guardano BBC e CNN. Non c’è repressione nel rendere fruibile a tutti la versione del nemico o di questi “dissidenti”, poiché tra l’altro questa è talmente irrealistica, sciocca ed offensiva per gli iraniani stessi che diventa un boomerang che rafforza la coesione interna.

E agli iraniani non frega nulla se gli Occidentali siano talmente stupidi da crederci. Siamo solo noi, suprematisti bianchi ed eurocentrici a prescindere da come la possiamo pensare politicamente, che crediamo che il Mondo dipenda dal nostro giudizio, in quanto esponenti della “cultura vera e dominante”.

Mentre il Mondo, in realtà, del nostro giudizio se ne fotte.

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