Le opere di Mattick pubblicate in Francia hanno avuto scarsa
eco e nessun commento favorevole. Non c’è da stupirsi, poiché gli scritti di
questo vecchio radicale tedesco, del tutto indifferente alle fisime degli
intellettuali, sono una vigorosa denuncia dei miti e delle ideologie, la cui
fioritura ha accompagnato il lungo consolidamento del capitalismo dopo la
Seconda guerra mondiale. Anche negli anni in cui il capitalismo in Germania, in
Italia e in Giappone passava di "miracolo in miracolo", Mattick non
ha assolutamente creduto che le politiche Keynesiane o neo-keynesiane mettessero
in discussione le previsioni di Marx sulle contraddizioni e i limiti
dell'accumulazione del capitale. Ma, soprattutto, Mattick non ha solo
perseverato nel contrapporre Marx a Keynes, ma ha pure, e ciò è molto meno
scontato, opposto Marx a tutti coloro che pretendono di parlare in suo nome. I
pretesi continuatori di Marx non sono altro che i suoi epigoni, colpevoli nel
modo più assoluto di aver affossato, dalla fine del XIX secolo, il significato
del marxismo, rifiutando di vederci una teoria del crollo del capitalismo o
deducendo il crollo da presupposti che non erano quelli di Marx. (Pierre Soury
- Pag 172)
Marx, laddove esamina le conseguenze ultime dello sviluppo
del macchinismo rispetto agli elementi costitutivi del rapporto capitalistico
di produzione ... sembra porre un problema squisitamente astratto,
poiché la realtà capitalista, allora, era ancora lontana dalla situazione limite,
che egli si sforzava di analizzare. La nascita e lo sviluppo dell’automazione
hanno oggi ridotto in modo significativo questa distanza, e i problemi che
porrebbe al capitalismo una decrescita continua del lavoro produttivo tende a
diventare sempre di più un problema attuale e concreto. Il poderoso sviluppo tecnologico,
cui è giunto il capitalismo nel corso degli ultimi decenni, non consente al sistema
di travalicare le contraddizioni dell’accumulazione e, agli occhi di Mattick,
rappresenta solo una fuga in avanti che – supponendo che debba proseguire –
avrebbe il solo effetto di avvicinare sempre di più il regime capitalista ai
suoi limiti storici. (Pierre Soury - Pag 174)
Mattick
si guarda bene dal pronosticare che, dagli abissi della società
«unidimensionale», la crisi faccia risorgere rapidamente la lotta
rivoluzionaria, come se la combattività e la lucidità politica del proletariato
si debbano elevare in funzione inversa al calo della redditività. Mattick
appartiene a una generazione che non ha l’ingenuità di credere che la
rivoluzione appare non appena il capitalismo entra in crisi. La rivoluzione, dice,
non è mai una certezza ma non è neppure un «semplice sogno marxista», perché se
il proletariato non può farsi affossatore del capitalismo, e non ne concepisce
l’idea stessa durante le fasi in cui il sistema riesce a consolidarsi –
ritrovando la capacità di accumulare –, nessuno può dare un giudizio preventivo
su quanto avverrà, se si conferma che le contraddizioni del regime sfasciano i
fondamenti economici su cui è stata costruita la società integrata. Il
catastrofismo di Mattick non è tanto più ottimista di quello di Marx o anche di
Rosa Luxemburg. Ma non è neppure tanto disperato. ( Pierre Soury - pag 175)
http://www.contra-versus.net/uploads/6/7/3/6/6736569/un_omaggio_a_paul_mattick__contra-versus.pdf
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