Víctor Taibo de la Comisión Ejecutiva de Izquierda Revolucionaria en el Estado Español.
Leggi anche: Intervista a Joseph Halevi sull’esito delle elezioni in Gran Bretagna.
Le circostanze oggettive per una vittoria di Corbyn sono state presenti negli ultimi quattro anni, ma gli errori politici si pagano, ed a volte sono molto costosi.
Le
elezioni in Gran Bretagna hanno stabilito un’impattante vittoria di
Boris Johnson e del Partito Conservatore. Con 13.966.565 voti, il
43,6%, i Tory hanno raggiunto una comoda maggioranza assoluta di 365
deputati, ottenendo 47 nuovi scranni rispetto alle elezioni del 2017.
Nonostante il fatto che l’incremento di consenso sia stato
abbastanza limitato, di solo 329.881 voti (l’1,2%), la notizia del
forte arretramento del Partito Laburista capeggiato da Jeremy Corbyn
ha sconvolto le fila della sinistra, di ampi settori della classe
operaia e della gioventù britannica, e di attivisti in tutto il
mondo.
Capire
cosa è successo è un compito primario per preparare le future
battaglie di lotta di classe che,
inevitabilmente, scoppieranno con forza sotto il mandato di questo
sciovinista reazionario. E questo esige, senza dubbio, un serio esame
delle cause di questa sconfitta, non solo per rispondere alle
menzogne della classe dominante e dei suoi mezzi di comunicazione –
infangati fino al collo in una campagna di falsificazioni e calunnie
contro il candidato laburista -, ma anche per non cadere in
spiegazioni superficiali che cercano di nascondere le responsabilità
di Corbyn, dei dirigenti di Momentum e dei vertici sindacali in
quanto accaduto. Solo traendo lezioni politiche da questi eventi, per
amare che siano, si potrà rinforzare e costruire un’alternativa
capace di superare l’incubo dei governi Tory.
Campagna
di diffamazioni… e qualcosa in più
La
chiave di queste elezioni è stata l'emorragia di voti subita da
Corbyn, che rispetto alle elezioni del 2017 ne ha persi 2.582.853,
scendendo dal 40% al 32,2%. I mezzi di comunicazione borghesi hanno
mentito in maniera lampante, presentando questo risultato come il
peggiore dal 1935, ma in realtà Corbyn ha raccolto oltre 10 milioni
di voti, più di quelli che prese Blair nella sua ultima vittoria
elettorale del 2005, e molto più del 29% raggiunto da Gordon Brown
nel 2010.
Numerose
spiegazioni, molte delle quali fornite da organizzazioni che si
dichiarano marxiste, hanno posto la causa principale di questi
risultati nella selvaggia campagna di screditamento e bugie velenose
che la borghesia ed i suoi mezzi di comunicazione di massa hanno
orchestrato contro Corbyn. Le accuse reiterate del suo presunto
antisemitismo sono state ripetute continuamente in tutti i forum e
amplificate dall'ala vicina a Blair dei laburisti, che non si è
risparmiata dal sabotare la sua candidatura con dichiarazioni ostili
che hanno riempito le pagine dei giornali e numerosi incontri in
televisione.
Queste
menzogne hanno fatto in modo di presentare Corbyn come un “demone
rosso”, desideroso di vendetta contro gli imprenditori e
responsabile della bancarotta economica che il Regno Unito subirebbe
nel caso si attuasse il suo programma di “nazionalizzazioni”. È
impossibile negare la valanga di attacchi furiosi contro il candidato
laburista che hanno mostrato, in ultima istanza, il terrore della
classe dominante per il suo possibile trionfo. Tutto questo è
sicuro. Ma dobbiamo anche ricordare che una campagna simile si è
svolta nel 2017, e i risultati sono stati diversi, con una grande
rimonta di Corbyn. È chiaro che la borghesia britannica non sarebbe
rimasta a braccia conserte permettendo l'applicazione di un programma
che avrebbe potuto spezzare l'agenda dei tagli e dell'austerità
fissata da più di tre decenni. Ciò che era in gioco era molto.
Quello
a cui bisogna rispondere è perché la direzione laburista, nelle
mani di Corbyn, non è stata in grado di resistere a questa
pressione, e quali sono state le ragioni per cui più di due milioni
di elettori, per lo più della classe operaia, gli hanno voltato le
spalle. In questo senso ci sono domande importanti da sollevare.
Primo.
Qual è stato l'atteggiamento di Corbyn nei confronti della Brexit e
della campagna a favore di un secondo referendum, e come
si è posizionato rispetto alla chiusura del parlamento britannico lo
scorso agosto?
Secondo.
La classe operaia e la gioventù britanniche stanno soffrendo una
tempesta di controriforme del lavoro, attacchi salariali, estensione
della precarietà, deterioramento del sistema sanitario pubblico,
privatizzazione dell'istruzione universitaria, controlli migratori
razzisti, speculazioni abitative dilaganti, affitti abusivi e
crescita della povertà... Ma i sindacati hanno mantenuto una
strategia generale di pace sociale e smobilitazione. Cosa ha fatto
Corbyn di fronte alla politica della burocrazia sindacale?
Terzo.
Migliaia di consiglieri e sindaci laburisti sparsi in tutto il Regno
Unito continuano ad applicare politiche di tagli. Qual è stata la
posizione di Corbyn?
Quarto.
In Scozia, il Labour è stato spazzato via dalle urne: mantengono
solo 1 seggio dei 59 in palio. È importante sapere come il leader
laburista si è posizionato davanti al diritto all'autodeterminazione
del popolo scozzese e alle crescenti aspirazioni di indipendenza.
La
Brexit e la posizione di Corbyn
Non
pochi “rivoluzionari da salotto” si lamentano amaramente di
quanto sia stato negativo il dibattito sulla Brexit per la classe
lavoratrice. Protestano dai loro computer per la “polarizzazione”
attorno a questo tema, che ha “diviso” la società britannica non
in linee di classe ma sotto “argomentazioni reazionarie” creando
una nebbia di confusione e sfiducia di cui Johnson ha approfittato.
Argomenti che ricordano quelli che vengono utilizzati, nello Stato
Spagnolo, dai dirigenti di Unidas Podemos, quando si lamentano per lo
scoppio della questione nazionale catalana, e anelano i bei vecchi
tempi in cui non venivano disturbati da questi problemi.
Le
dinamiche della lotta di classe raramente rispondono agli schemi
degli indottrinati e degli opportunisti. È vero che la Brexit è
nata come una manovra della classe dirigente britannica per trovare
una via d'uscita dalla grave crisi economica e politica del momento,
e quindi nascondere la maggior parte delle loro responsabilità
sventolando la bandiera dello sciovinismo. Ma il risultato del
referendum sulla Brexit ha riflettuto anche la stanchezza dei
lavoratori per le misure di austerità e per i tagli da parte
dell'élite capitalista europea, diventando un grande strumento per
rompere con unostatus quo completamente sfavorevole agli interessi degli oppressi.
Alcuni
“teorici marxisti” affermarono che dopo il referendum si sarebbe
vissuta una baldoria reazionaria in Gran Bretagna. Ma ciò che
realmente accadde fu una dura divisione della borghesia, la più
grave crisi istituzionale della storia recente, e una lotta interna
senza precedenti all'interno dei partiti Tory e Labour. Proprio in
questo periodo assistiamo all’irruzione di Corbyn sulla scena
politica e alla sua schiacciante vittoria contro i candidati
dell'apparato blairiano. Tutto ciò confermava l'enorme
polarizzazione sociale e politica che colpisce la Gran Bretagna, e la
svolta a sinistra di ampi settori delle masse.
L'affiliazione
di centinaia di migliaia di giovani e lavoratori al Labour - anche se
è vero che una parte considerevole non ha partecipato alla vita
interna del partito - è avvenuta dopo la prima elezione di Corbyn
come leader del partito, il 12 settembre 2015, ed è stata alla base
della sua seconda rielezione il 24 settembre 2016, quando ottenne il
sostegno del 61,8% dei militanti sconfiggendo il candidato blairiano
Owen Smith. Il referendum sulla Brexit si è tenuto esattamente il 23
giugno 2016, cioè tra l'emergere di Corbyn e la sua rielezione.
Quindi c’erano tutte le condizioni affinché il labourismo di
sinistra potesse trarre vantaggio dalle condizioni create dalla
Brexit.
Tuttavia,
invece di difendere duramente la rottura con l'UE del grande capitale
sollevando un'alternativa socialista, invece di affrontare le potenze
economiche dentro e fuori la Gran Bretagna attraverso la
mobilitazione indipendente della classe lavoratrice, iniziando dallo
spingere per un cambiamento di 180 gradi nella politica sindacale,
Corbyn cedette alle posizioni dei blairiani allineandosi con la
richiesta di un secondo referendum.
Questa
fu una politica disastrosa che si fece sempre più profonda in questi
due anni. I lavoratori con il loro voto al referendum avevano aperto
un vuoto che si sarebbe potuto colmare di contenuto di classe e
socialista, ma i leader di Momentum - molti dei quali piccoli
borghesi colmi di pregiudizi europeisti - hanno lasciato il campo
libero perché Johnson potesse utilizzare la sua demagogia accusando
Corbyn di non rispettare la volontà popolare.
Quando
la crisi della Brexit raggiunse l'apice il 28 agosto, data in cui
Boris Johnson decise di chiudere il Parlamento britannico, l’azione
errata di Corbyn e della sua squadra ebbe conseguenze molto negative.
La sua richiesta di un governo “sensato” di unità nazionale con
i conservatori pro-UE ed i liberali con il fine di frenare la Brexit
fece solo gli interessi del governo Tory. Corbyn ricorse a manovre
parlamentari con rappresentanti dell'establishment invece di
promuovere la lotta indipendente della classe operaia e esigere dai
sindacati un'azione di sciopero contro la deriva autoritaria di
Johnson.
La
sconfitta dei laburisti ha portato a una fuga di voti in tutte le
direzioni ma, senza dubbio, è evidente la sua retrocessione nelle
zone operaie che tradizionalmente votavano Labour, il cosiddetto
“muro rosso”, come i collegi elettorali dell'Inghilterra
settentrionale e del Galles, tra altri. Nelle aree in cui il voto per
la Brexit è stato maggioritario, superiore al 60%, il partito
laburista perde in media il 10%, arrivando a perdere, in alcuni
collegi, il 16% e persino il 24%. La seguente tabella è
significativa.
Circoscrizione
|
% di voti a favore della Brexit
|
Variazione di voti al Partito Laburista
|
Variazione di voti al Partito Conservatore
|
Variazione di voti al Brexit Party
|
Bassetlaw
|
67,80%
|
-24,90%
|
11,90%
|
10,60%
|
Redcar
|
66,20%
|
-18,10%
|
12,80%
|
7,10%
|
Don Valley
|
69%
|
-17,80%
|
1,40%
|
13,70%
|
Sedgefield
|
57,50%
|
-17,10%
|
8,40%
|
8,50%
|
Rotter Valley
|
67,90%
|
-16%
|
4,80%
|
12,90%
|
Bolsover
|
70,80%
|
-16%
|
6,90%
|
9%
|
Blyth Valley
|
53,40%
|
-15%
|
5,40%
|
8,30%
|
Stoke-on Trent North
|
69,40%
|
-14,30%
|
7%
|
5,90%
|
Newcastle-under-Lyme
|
63%
|
-12,30%
|
4,40%
|
4,30%
|
Workington
|
58,60%
|
-11,90%
|
7,50%
|
4,20%
|
Birmingham Northfield
|
50,40%
|
-10,70%
|
3,60%
|
3,80%
|
Ovviamente,
la borghesia utilizza ogni tipo di strategia per diluire e nascondere
gli aspetti di classe e dividere la classe lavoratrice. Questo è
l’ABC. Ecco perché incolpare la Brexit, o, qui nello Stato
spagnolo, la questione nazionale catalana, delle battute d'arresto
elettorali di Corbyn o Podemos, è ridicolo. Il punto centrale è
quale strategia politica è necessaria per invertire questa
situazione e combattere la demagogia ed i piani della borghesia. La
Brexit è stata un fattore centrale in queste elezioni. Tuttavia, ciò
non implicava che dovesse necessariamente danneggiare Corbyn. La sua
posizione su questo tema cruciale ha contribuito a questa sconfitta
elettorale aprendo la strada ai conservatori.
Corbyn
e la lotta di classe
Se
queste elezioni hanno dimostrato qualcosa, è che non è sufficiente
tenere discorsi ed avere un programma scritto, ma è necessario che
alle parole seguano i fatti. Il programma di Corbyn e del Labour in
queste elezioni, sicuramente il più a sinistra da decenni, ha avuto
un ampio sostegno sociale secondo molti sondaggi, ma l'azione
politica pratica di Corbyn durante questi mesi è andata nella
direzione opposta, togliendogli credibilità.
L'idea
diffusa dai media della borghesia, e da settori della sinistra
riformista, secondo cui la sconfitta laburista è il risultato di
questo programma radicale non corrisponde alla realtà. Come spiegare
altrimenti i risultati storici di Corbyn nel 2017, con quasi 13
milioni di voti, con un programma dello stesso tipo?
In
molte città dell'Inghilterra e del Galles, centinaia di comuni
laburisti rimangono dominati dall'ala blairiana e mantengono le
politiche di austerità e attacchi ai servizi pubblici, seguendo lo
stesso percorso dei comuni conservatori. Lo stesso Boris Johnson ha
utilizzato questa situazione, sottolineando demagogicamente durante
la campagna elettorale come anche i laburisti facciano tagli,
promettendo intanto più investimenti nella sanità pubblica.
I
laburisti di destra hanno attivamente boicottato la campagna di
Corbyn, lo hanno denunciato in tutti i forum in cui sono stati in
grado di farlo, hanno persino chiesto di non essere votati sui
cartelloni pubblicitari e sugli annunci a pagamento. Tuttavia, la
domanda è: cosa ha fatto Corbyn in questi quattro anni riguardo
questa cosa? Perché non ha denunciato pubblicamente e apertamente le
politiche di tagli dei consigli laburisti? Perché non ha fatto
affidamento sulla base del partito per aprire un nuovo processo di
rielezione di questi consiglieri, sostituendoli con militanti
anti-austerità? Perché non si è basato sull'organizzazione e sulla
mobilitazione dei lavoratori e dei giovani, rompendo la politica di
pace sociale della burocrazia sindacale, al fine di promuovere nei
fatti la svolta a sinistra che predicava a parole?
Quest'ultimo
aspetto è decisamente decisivo. Le elezioni borghesi sono un aspetto
in più della lotta di classe e non rappresentano il terreno più
favorevole per i lavoratori e le loro organizzazioni. Da qui
l'importanza di sostenere l'attività elettorale con la mobilitazione
nelle strade, gli scioperi, l'organizzazione consapevole delle e dei
lavoratori.
Le
potenti leve che la borghesia ha a disposizione (i mezzi di
comunicazione, l'apparato statale, i leader riformisti e la
burocrazia sindacale, ecc...) possono essere bloccati solo dalla
lotta di classe. Dopo la crisi costituzionale di settembre, Corbyn,
invece di fare affidamento sulla mobilitazione esigendo dai leader
del TUC la convocazione di uno sciopero generale e promuovendolo in
modo efficace, ha deciso di scommettere tutto sui canali
parlamentari, istituzionali ed elettorali, in modo che il governo
cadesse come frutta matura nelle sue mani. Ma le cose non sono così
semplici, e men che mai in questi tempi di grande sconvolgimento e
volatilità!
La
mancanza da molto tempo di mobilitazioni di massa unificate dei
lavoratori contro la politica dei conservatori – non scioperi di
settore con funzione difensiva e separati l'uno dall'altro, ma grandi
manifestazioni che diventano l'asse della politica nazionale (come
ora, ad esempio, succede con lo sciopero generale in Francia) – è
stata decisiva per la sopravvivenza dei vari governi conservatori. E
questa è la diretta conseguenza della passività del TUC e della
burocrazia sindacale, sia di quella di destra che dei settori che si
avvolgono di un linguaggio più di sinistra e "sostengono"
Corbyn.
Tutti
i fattori menzionati spiegano perché la crisi dei Tory, la più
acuta in 150 anni, non si è risolta a beneficio della classe
lavoratrice o del Labour. Fenomeni simili si trovano frequentemente
nella storia della lotta di classe. Indubbiamente, le circostanze
oggettive per una vittoria di Corbyn sono state presenti negli ultimi
quattro anni, ma gli errori politici si pagano, ed a volte sono molto
costosi.
Scozia
ed Irlanda del Nord
Uno
dei grandi vincitori di queste elezioni è stato il Partito Nazionale
Scozzese (SNP), che ottiene 264.803 voti in più rispetto al 2017,
1.242.372 voti (3,9% dei voti totali) e 48 dei 59 deputati della
Scozia.
La
Scozia era decenni fa un feudo dei laburisti e molti dei suoi
deputati erano allineati con la sinistra del partito. Tuttavia,
decenni di brutali attacchi contro le conquiste storiche della classe
lavoratrice e di offensiva furiosa contro i servizi pubblici, sia
sotto i governi blairiani che conservatori, hanno creato le
condizioni per il rafforzamento della questione nazionale e
l'avanzata dell'indipendentismo scozzese.
Questo
è ciò che è successe nel referendum sull'indipendenza tenutosi il
18 settembre 2014. Il Partito Laburista è stato uno dei pilastri
della campagna per il NO unendo le sue forze a quelle dei
conservatori, ma la vittoria di questo blocco è stata di misura. Il
rifiuto dell’indipendenza da parte dei laburisti è stato visto da
ampi settori della classe lavoratrice e dei giovani come un colpo
alle loro aspirazioni di liberazione nazionale e sociale. Ma qui le
cose si fanno ancora più complicate, perché la leadership del SNP,
che ha beneficiato notevolmente di queste elezioni, si è opposta
alla Brexit e collega l'indipendenza alla permanenza nell'UE.
Invece
di difendere chiaramente il diritto
all'autodeterminazione e
lottare per una Scozia socialista, la politica di Corbyn si è
risolta in un'aperta opposizione alla tenuta di un nuovo referendum
sull'indipendenza. Allineandosi all’unionismo britannico, il
laburismo ha conseguito il peggior risultato in Scozia in tutta la
sua storia, con 511.838 voti (18,6%). In un decennio, il Partito
Laburista ha perso il 50% del suo elettorato.
La
Scozia, dove il voto di permanenza nell'UE fu maggioritario, sarà
uno dei conflitti centrali per il governo conservatore di Johnson. Le
tensioni intorno alla questione nazionale sono un altro riflesso
della profonda crisi che colpisce il capitalismo britannico.
Infine,
per la prima volta in un'elezione generale nell'Irlanda del Nord,
vince la somma delle candidature favorevoli alla permanenza
nell'Unione Europea (Sinn Féin e Partito Socialdemocratico
Laburista), mentre gli unionisti del DUP, alleati tradizionali dei
Tory, perdono 48.188 voti e un deputato.
Un
periodo di instabilità e battaglie decisive
Nonostante
i risultati elettorali, il governo Boris Johnson ed il partito
conservatore continueranno ad essere colpiti da contraddizioni e
dovranno affrontare un contesto generale di crisi che non è cambiato
molto. Il capitalismo britannico, come il sistema su scala mondiale,
sta attraversando un periodo di declino e convulsioni, in cui prevale
la completa volatilità. Una situazione a cui ora si aggiunge la
prospettiva di un rallentamento economico che si può trasformare in
qualsiasi momento in una situazione di aperta recessione.
La
prima cosa che Boris Johnson dovrà affrontare è proprio la gestione
della Brexit, da realizzare nei prossimi mesi, mentre non sono state
chiarite molte delle domande su come farlo e sui suoi effetti
sull'economia. Come abbiamo spiegato in altri articoli, la Brexit è
un'altra faccia della guerra commerciale e della feroce lotta tra le
varie potenze imperialiste per avere il controllo e l'egemonia del
mercato mondiale.
Trump
si è rapidamente congratulato con Johnson, sollevando la necessità
che la Gran Bretagna renda efficace la Brexit in modo tale da
allinearsi con l'imperialismo USA, ed anche una parte significativa
della borghesia britannica è favorevole a questa alternativa.
Tuttavia, il trattato di libero scambio con gli Stati Uniti potrebbe
accelerare le contraddizioni e alimentare la lotta di classe mettendo
sul tavolo una nuova ondata di privatizzazioni e deregolamentazione
del lavoro. La minaccia di smantellamento del Servizio sanitario
nazionale (NHS) a beneficio di potenti compagnie private
nordamericane e britanniche, che hanno già piani molto avanzati,
scatenerebbe senza dubbio una guerra aperta e mobilitazioni molto più
massicce e aspre di quelle già avvenute in questi anni.
Il
governo reazionario di Johnson significherà un periodo amaro per la
classe lavoratrice e la gioventù. La borghesia, sia quella
favorevole che la più contraria alla Brexit, deve continuare con le
sue politiche di austerità, e ancora di più di fronte a una
prospettiva di recessione economica. Nessuno dei problemi alla base
del caos in Gran Bretagna, come la crescita esponenziale della
povertà e della disuguaglianza, l'enorme occupazione precaria o il
degrado dei servizi pubblici, saranno risolti o mitigati da questo
governo.
Anche
le dimissioni di Corbyn e alcuni dei suoi più stretti collaboratori
rappresentano un duro colpo per migliaia di giovani e attivisti che
sono attualmente demoralizzati e disillusi. Sarebbe un errore
concludere che non ci sono possibilità di sollevare un'alternativa
di sinistra che affronti i tories e i blairiani. È esattamente il
contrario! Ciò che è necessario è porre fine alle esitazioni e
all'ambiguità e adottare la stessa determinazione dei nostri
avversari per conquistare la vittoria.
La
lotta di classe offrirà grandi opportunità ai marxisti
rivoluzionari nel Regno Unito, ma prima di tutto è necessario capire
cosa sia successo, con il fine di raggruppare migliaia di
combattenti, molti dei quali appartenenti ai ranghi del laburismo di
sinistra, ai sindacati, ai movimenti giovanili... e andare avanti
nella costruzione di un partito operaio che rompe con la logica del
capitalismo e non ceda alle pressioni delle classi nemiche, per
quanto siano forti.
Nessun commento:
Posta un commento