La teoria Marxista poggia la sua forza sulla scienza... che ne valida la verità, e la rende disponibile al confronto con qualunque altra teoria che ponga se stessa alla prova del rigoroso riscontro scientifico... il collettivo di formazione Marxista Stefano Garroni propone una serie di incontri teorici partendo da punti di vista alternativi e apparentemente lontani che mostrano, invece, punti fortissimi di convergenza...
sabato 31 marzo 2018
giovedì 29 marzo 2018
"L'idea di filosofia pratica dall'antichità ad oggi" - Enrico Berti
Da: Rosmini TV - Philosophical Channel - Enrico_Berti è un filosofo italiano, professore emerito di storia della filosofia, presidente onorario dell'Istituto internazionale di filosofia.
Vedi anche: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/aristotele-e-letica-lagire/4329/default.aspx

Lezione2 - https://www.youtube.com/watch?v=1fy_qzdPfAY
Lezione3 - https://www.youtube.com/watch?v=bTym4hccm_o
Lezione4 - https://www.youtube.com/watch?v=lCGMFI4JtJc
Lezione5 - https://www.youtube.com/watch?v=MXaTTnbqw_8
Vedi anche: http://www.raiscuola.rai.it/articoli/aristotele-e-letica-lagire/4329/default.aspx
Lezione1:

Lezione2 - https://www.youtube.com/watch?v=1fy_qzdPfAY
Lezione3 - https://www.youtube.com/watch?v=bTym4hccm_o
Lezione4 - https://www.youtube.com/watch?v=lCGMFI4JtJc
Lezione5 - https://www.youtube.com/watch?v=MXaTTnbqw_8
martedì 27 marzo 2018
Philosophie - Hans Heinz Holz.
Da: AAVV, H.H.Holz, Philosophie,
Hamburg 1990:672ss. Hans_Heinz_Holz was a German Marxist philosopher.
La filosofia è quel modo di conoscenza,che non tanto si orienta
mediante gli oggetti indagati dalle scienze particolari, quanto
piuttosto sulle condizioni e la struttura dei loro insiemi ordinati,
sul modo del loro esser dati nella conoscenza, sul loro significato
per l‘uomo e, dunque, in fine, sull’orientamento teorico e
pratico dell’uomo nel mondo.” (672). La filosofia si interroga
anche sull’essenza del singolo essere e del mondo come tutto, sulla
verità e le forme del pensiero, nonché circa il senso della vita e
lo scopo dell’agire. A differenza di altre forme di visione del
mondo, la filosofia sottopone la propria teoria ed argomenti e
criteri razionali, per opera dei quali essa generalmente risulta
comprensibile e nei migliori dei casi si può dimostrare che essa
dovrebbe esser vincolante. Poiché il movimento di pensiero della
filosofia non si pone al livello dell’oggetto, ma a ciò giunge
partendo dai rapporti tra gli oggetti, ovvero dal rapporto tra essere
e pensiero, inizialmente la filosofia si pone in contraddizione
rispetto ad altre forme di visione del mondo, quali ad es. il mito,
la religione, la concezione naturalistica, che procedono da qualcosa
di presupposto. La filosofia,invece, non procede da altro se non da
se stessa: la filosofia deve –e in ciò consiste la sua difficoltà-
intraprendere il tentativo di iniziare senza presupposti, in modo da
potere, nel corso del suo sviluppo, esplicitare i presupposti
nascosti in un inizio che apparentemente ne è privo. Ciò significa
che il suo movimento, che la fonda, è circolare e si verifica nella
costruzione non viziosa di questo circolo (673)1.
Paul Tillich ha espresso questa visione della filosofia, come la
scienza che si distingue da ogni scienza particolare: “L’inizio
della filosofia è il non tener conto di qualunque altra istanza
oltre se stessa … La filosofia non consente che nulla, oltre a se
stessa, avanzi pretese; essa non ha alcun inizio, se non l’iniziare
stesso.” Ma poiché tuttavia egli fonda solo antropologicamente
questa corretta concezione, particolarmente nel modo di essere
dell’uomo, che “in ogni movimento può essere nello stesso tempo
al di là di esso (e dunque) può interrogarsi sulla totalità di ciò
che gli si contrappone, sul mondo; egli non riconosce la razionalità
della posizione filosofica e, poiché l’inizio della filosofia non
è fondato su asserti fattuali delle singole scienze, lo abbandona
all’arbitrio. La fenomenologia dei gradi dell’organico, che con
le leggi dell’immediatezza mediante e dell’utopica posizione
(Plessner) appunto dà le condizioni naturali della nascita della
prospettiva filosofica nel processo dell’evoluzione giusta la sua
regola essenziale, non raggiunge il terreno dell’autofondazione
della dialettica-trascendentale, che il rapporto del pensiero con
l’essere deve potersi determinare solo dal pensare del pensare e
dunque dal pensare stesso, che ha da liberarsi dai reali presupposti,
che in esso son racchiusi. La struttura circolare della fondazione
della filosofia significa che questa rivolge a se stessa la sua
propria forma della riflessione a partire dagli oggetti del
pensiero/conoscere. Le forme di pensiero, che come principi apriorici
della ragione e come criteri della razionalità, entrano nella
determinazione del rapporto dell’essere e del pensiero ed il cui
carattere assiomatico, che rafforza in un primo momento l’autonomia
(apparente) della filosofia, sono forme della riflessione-in-sé,
nelle quali il pensiero esiste effettivamente come pensare
determinato, cioè come pensare di un determinato, dunque di un
contenuto distinguibile. La pura intelligibilità è sempre già
riempita di contenuto e solo in quanto tale di essa si può fare
esperienza e la si può pensare. Le forme categoriali del pensiero
sono riflessione della sua determinatezza contenutistica (e non forme
vuote staccabili dal contenuto). Solo in questo modo il problema del
rapporto dell’essere e del pensiero può chiarirsi. Ma ciò
significa anche che le forme della riflessione come ‘rispecchiamento’
(Widerspiegelungen) dei contenuti di pensiero sono in una
dipendenza funzionale rispetto a questi contenuti, e parimenti
rispetto all’aspetto, sotto il quale il contenuto si rappresenta
(ad es. un organismo vivente come identico sostrato o come processo
non identico), come pure riguardo alla sua forma storica di esistenza
… La filosofia come riflessione presuppone sempre il terreno della
positività (Faktizität) e la sua rappresentazione pensata, sia che
si tratti di natura di società, che di scienza e della generale
visione del mondo. Ma essa presuppone, anche, il modello filosofico
di pensiero, che gli è stato dato di fatto, dunque, presuppone la
sua stessa storia; quest’ultima in un modo particolare, poiché la
filosofia sviluppa il suo lavoro con i metodi e la razionalità
(Begrifflichkeit), che si sviluppano nella storia dell’uomo.
A ragione, dunque, Tillich afferma che l’essenza della filosofia è
essa stessa storica, non solo il sapere filosofico (Tillich). La
storicità della filosofia si manifesta sbucando dal presente, che si
vuol perenne, e trasformandola nella storicità delle sue
realizzazioni.(673)
domenica 25 marzo 2018
Rovesciare la piramide: incontro con Vladimiro Giacché sull'economia della rivoluzione russa
Da: Centro Studi Movimenti Parma - vladimiro-giacche è
un filosofo ed economista italiano.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/02/sulla-nep-e-sul-capitalismo-di-stato.html
http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/612/563
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/02/sulla-nep-e-sul-capitalismo-di-stato.html
http://ojs.uniurb.it/index.php/materialismostorico/article/view/612/563
giovedì 22 marzo 2018
DIECI TESI SUL REDDITO DI CITTADINANZA - Andrea Fumagalli
Da: http://www.ecn.org/ - Andrea_Fumagalli è un economista italiano.

0. INTRODUZIONE (prima stesura settembre 1998)
Negli ultimi anni, il numero delle persone al di sotto della soglia di povertà é fortemente aumentato in tutta Europa. Parallelamente, la polarizazzione dei redditi é proseguita senza sosta in tutto il mondo, sia quello cd. più sviluppato che nei paesi emergenti e poveri del terzo e quarto mondo. Sono fatti noti, su cui ogni tanto i grandi quotidiani mostrano una certa indignazione (come per lo sfruttamento dei bambini in Asia e in Africa) ma che di fatto non entrano nell'agenda della politica economica nazionale e sovranazionalea(1).
La trasformazione delle economie occidentali negli ultimi anni, quella trasformazione che in modo rapido e grezzo possiamo indicare nel passaggio dal fordismo al post-fordismo, non ha solo modificato i processi reali che sottendono i meccanismi di accumulazione, di creazione di ricchezza e miseria, ma ha anche omogeneizzato e conformato in modo unilaterale buona parte del pensiero economico. Non sempre è stato così. Ad esempio, le trasformazione reali dell'economia e i sommovimenti sociali degli anni Settanta hanno creato le premesse per un rivolgimento della stessa teoria economica. Di più, negli anni del dopoguerra, lo sviluppo del modello fordista era stato accompagnato dal diffondersi della teoria economica keynesiana e delle diverse varianti in tema di programmazione economica, sino alla pianificazione centralizzata (creando in tal modo un distorto ponte tra Keynes e Marx nel tentativo di fornire un fondamento teorico ad un capitalismo monopolizzato dominante a Ovest e ad un capitalismo di Stato a Est): teorie diverse che comunque si fronteggiavano sempre alla teoria economica liberista in una pluralità di impostazioni anche sul piano metodologico. A partire dai primi anni Ottanta, contemporaneamente alla caduta del muro di Berlino, si assiste, invece, al trionfo senza rivali della teoria neoliberista. Viene a mancare qualunque contrapposizione teorica se non, in termini puramente formali, all'interno dell'impostazione neoclassica dominante. L'economia politica si trasforma in scienza oggettiva, la cui promulgazione é ad appannaggio di "specialisti" e di "tecnici", al di fuori delle diatribe teoriche tipiche delle scienze sociali. Indipendentemente dalla formula di governo al potere (destra o sinistra), la politica economica diventa una tecnica di sostegno dei meccanismi di accumulazione in modo che siano sempre più compatibili con le esigenze dell'impresa e della finanza anche nel brevissimo periodo. L'omogeneizzazione del pensiero economico, che permea oramai qualsiasi meandro dell'accademia e qualsiasi centro di ricerca di destra e di sinistra, rappresenta il pericolo maggiore che oggi ci troviamo ad affrontare. E può sembrare paradossale che proprio nel momento in cui vige il più alto livello di frammentazione delle prestazioni lavorative e in cui non é possibile individuare un unico modello di organizzazione produttiva dominante, siamo di fronte ad unico pensiero (e credo) economico, una vera e propria manipolazione delle coscienze.(2)
* * * * *

0. INTRODUZIONE (prima stesura settembre 1998)
Negli ultimi anni, il numero delle persone al di sotto della soglia di povertà é fortemente aumentato in tutta Europa. Parallelamente, la polarizazzione dei redditi é proseguita senza sosta in tutto il mondo, sia quello cd. più sviluppato che nei paesi emergenti e poveri del terzo e quarto mondo. Sono fatti noti, su cui ogni tanto i grandi quotidiani mostrano una certa indignazione (come per lo sfruttamento dei bambini in Asia e in Africa) ma che di fatto non entrano nell'agenda della politica economica nazionale e sovranazionalea(1).
La trasformazione delle economie occidentali negli ultimi anni, quella trasformazione che in modo rapido e grezzo possiamo indicare nel passaggio dal fordismo al post-fordismo, non ha solo modificato i processi reali che sottendono i meccanismi di accumulazione, di creazione di ricchezza e miseria, ma ha anche omogeneizzato e conformato in modo unilaterale buona parte del pensiero economico. Non sempre è stato così. Ad esempio, le trasformazione reali dell'economia e i sommovimenti sociali degli anni Settanta hanno creato le premesse per un rivolgimento della stessa teoria economica. Di più, negli anni del dopoguerra, lo sviluppo del modello fordista era stato accompagnato dal diffondersi della teoria economica keynesiana e delle diverse varianti in tema di programmazione economica, sino alla pianificazione centralizzata (creando in tal modo un distorto ponte tra Keynes e Marx nel tentativo di fornire un fondamento teorico ad un capitalismo monopolizzato dominante a Ovest e ad un capitalismo di Stato a Est): teorie diverse che comunque si fronteggiavano sempre alla teoria economica liberista in una pluralità di impostazioni anche sul piano metodologico. A partire dai primi anni Ottanta, contemporaneamente alla caduta del muro di Berlino, si assiste, invece, al trionfo senza rivali della teoria neoliberista. Viene a mancare qualunque contrapposizione teorica se non, in termini puramente formali, all'interno dell'impostazione neoclassica dominante. L'economia politica si trasforma in scienza oggettiva, la cui promulgazione é ad appannaggio di "specialisti" e di "tecnici", al di fuori delle diatribe teoriche tipiche delle scienze sociali. Indipendentemente dalla formula di governo al potere (destra o sinistra), la politica economica diventa una tecnica di sostegno dei meccanismi di accumulazione in modo che siano sempre più compatibili con le esigenze dell'impresa e della finanza anche nel brevissimo periodo. L'omogeneizzazione del pensiero economico, che permea oramai qualsiasi meandro dell'accademia e qualsiasi centro di ricerca di destra e di sinistra, rappresenta il pericolo maggiore che oggi ci troviamo ad affrontare. E può sembrare paradossale che proprio nel momento in cui vige il più alto livello di frammentazione delle prestazioni lavorative e in cui non é possibile individuare un unico modello di organizzazione produttiva dominante, siamo di fronte ad unico pensiero (e credo) economico, una vera e propria manipolazione delle coscienze.(2)
lunedì 19 marzo 2018
La Cina corre...
Da: https://www.italiaoggi.it

La Cina corre e si prende un ruolo guida mondiale sui salari: ora la busta paga media cinese supera quelle dell'Est Europa - Tino Oldani
Ricordate ciò che tutti dicevano fino a ieri sulla povertà dei salari in Cina? Bastava investire dieci dollari per pagare cento operai, produrre scarpe da tennis a Shangai, e l'affare era fatto. Non è più così: la pacchia è finita. A Shangai le retribuzioni medie mensili ammontano a 1.135 dollari; a Pechino sono a 983 dollari, e a Shenzen poco di meno: 938 dollari. Un analista di Forbes, Kenneth Rapoza, le ha messe a confronto con le buste paga medie dei paesi dell'Est Europa, constatando che ora quelle cinesi sono più ricche. In Croazia, nuovo paese membro dell'Unione europea, lo stipendio medio netto è di 887 dollari al mese. I cinesi di Shangai, Pechino e Shenzen sono pagati meglio anche di quelli che lavorano in Romania, Bulgaria, Slovacchia, Albania e Montenegro, paesi nei quali molte imprese europee, italiane comprese, avevano delocalizzato gli impianti, prima di emigrare in Cina.
«La crescita dei salari in Cina è impressionante», scrive Rapoza. A conti fatti, tranne la Polonia (1.569 dollari) e la Repubblica Ceca (1.400 dollari), tutti i paesi dell'Europa orientale che fino al 1989 facevano parte dell'orbita sovietica, comprese Lituania, Lettonia ed Estonia, oggi hanno buste paga mensili inferiori a quelle cinesi. Un gap che si spiega con la maggiore velocità con cui l'economia cinese ha saputo integrarsi nell'economia globalizzata.
Nel 1990, sommando Cina e Europa orientale, la popolazione attiva potenziale tra 24 e 64 anni era pari a 820 milioni di persone: un serbatoio enorme di manodopera a basso costo che, grazie al crollo dell'Unione sovietica, alla globalizzazione e all'ingresso della Cina nel Wto (Organizzazione del commercio mondiale), è cresciuto fino a 1,2 miliardi di persone nel 2015. Un aumento di 380 milioni di lavoratori sottopagati, a cui si sono aggiunti circa 80 milioni di popolazione attiva nei paesi europei industrializzati, cresciuta da 685 milioni nel 1990 a 763 milioni nel 2014. «L'ingresso di questi due enormi bacini di manodopera a basso costo nella forza lavoro mondiale», scrive Rapoza, «ha posto le basi per la stagnazione dei salari tra i lavoratori meno qualificati delle catene di montaggio di tutto il mondo». Una stagnazione dalla quale la Cina sta uscendo più rapidamente dei paesi dell'Est europeo, grazie a due motori molto potenti: il commercio estero e gli investimenti strategici.
La quota del commercio cinese su scala mondiale, pari al 2% nel 1990, è oggi del 15%. Quanto agli investimenti, il presidente Xi Jinping (appena nominato a vita), con i 900 miliardi di dollari destinati alla conquista dell'economia globale attraverso il faraonico progetto chiamato «La nuova via della seta» (infrastrutture, trasporti e logistica), ha lanciato una vera e propria sfida agli Stati Uniti per la supremazia economica nel mondo. Un progetto immenso, a cui si affianca quello denominato «Risveglio cinese», che prevede, tra l'altro, un primo centro di studi sulle intelligenze artificiali del valore di 2,1 miliardi di dollari. Con un primo risultato clamoroso: in un solo anno, ben 440 mila tra ingegneri supertecnici, docenti universitari e colletti bianchi cinesi, cresciuti e arrivati al top negli Usa e in Canada, sono tornati in Cina per portarvi il meglio del sapere occidentale. Una fuga di cervelli verso Pechino, che sta attirando anche molti giovani laureati dei paesi europei.
Le statistiche dicono che la Cina è ormai a un passo dal sorpasso sugli Stati Uniti per quanto riguarda gli investimenti stranieri, con l'astronomica somma di 71 miliardi di dollari investiti dai «venture capitals» occidentali solo nel 2017. Inoltre, per quanto soggetto a restrizioni e censure governative, internet può contare in Cina su 751 milioni di utenti. Un fattore di crescita più che evidente, visto che, per ammissione di Bloomberg, «tre delle cinque più ricche startup del mondo sono in Cina, non in California».
In conclusione: la Cina sta assumendo un ruolo chiave nel mondo non solo per orientare in futuro le buste paga del settore manifatturiero, ma anche di quelli più evoluti, dall'e-commerce in su. Una tendenza che, proiettata sull'Europa intera, non solo su quella dell'Est, fa intravedere uno scenario impensabile fino a ieri: sperare che i salari cinesi salgano ancora di più, per avere poi buste paga più pesanti anche nella vecchia Europa. Quanto meno nei paesi europei che riusciranno a restare competitivi sul piano globale. Il che vale più che mai per l'Italia, ammesso che i partiti politici oggi vincitori, M5S e Lega, riescano a conservare per il nostro paese un posto nel G8. Impresa di cui, visti i programmi, è lecito dubitare assai.

La Cina corre e si prende un ruolo guida mondiale sui salari: ora la busta paga media cinese supera quelle dell'Est Europa - Tino Oldani
Ricordate ciò che tutti dicevano fino a ieri sulla povertà dei salari in Cina? Bastava investire dieci dollari per pagare cento operai, produrre scarpe da tennis a Shangai, e l'affare era fatto. Non è più così: la pacchia è finita. A Shangai le retribuzioni medie mensili ammontano a 1.135 dollari; a Pechino sono a 983 dollari, e a Shenzen poco di meno: 938 dollari. Un analista di Forbes, Kenneth Rapoza, le ha messe a confronto con le buste paga medie dei paesi dell'Est Europa, constatando che ora quelle cinesi sono più ricche. In Croazia, nuovo paese membro dell'Unione europea, lo stipendio medio netto è di 887 dollari al mese. I cinesi di Shangai, Pechino e Shenzen sono pagati meglio anche di quelli che lavorano in Romania, Bulgaria, Slovacchia, Albania e Montenegro, paesi nei quali molte imprese europee, italiane comprese, avevano delocalizzato gli impianti, prima di emigrare in Cina.
«La crescita dei salari in Cina è impressionante», scrive Rapoza. A conti fatti, tranne la Polonia (1.569 dollari) e la Repubblica Ceca (1.400 dollari), tutti i paesi dell'Europa orientale che fino al 1989 facevano parte dell'orbita sovietica, comprese Lituania, Lettonia ed Estonia, oggi hanno buste paga mensili inferiori a quelle cinesi. Un gap che si spiega con la maggiore velocità con cui l'economia cinese ha saputo integrarsi nell'economia globalizzata.
Nel 1990, sommando Cina e Europa orientale, la popolazione attiva potenziale tra 24 e 64 anni era pari a 820 milioni di persone: un serbatoio enorme di manodopera a basso costo che, grazie al crollo dell'Unione sovietica, alla globalizzazione e all'ingresso della Cina nel Wto (Organizzazione del commercio mondiale), è cresciuto fino a 1,2 miliardi di persone nel 2015. Un aumento di 380 milioni di lavoratori sottopagati, a cui si sono aggiunti circa 80 milioni di popolazione attiva nei paesi europei industrializzati, cresciuta da 685 milioni nel 1990 a 763 milioni nel 2014. «L'ingresso di questi due enormi bacini di manodopera a basso costo nella forza lavoro mondiale», scrive Rapoza, «ha posto le basi per la stagnazione dei salari tra i lavoratori meno qualificati delle catene di montaggio di tutto il mondo». Una stagnazione dalla quale la Cina sta uscendo più rapidamente dei paesi dell'Est europeo, grazie a due motori molto potenti: il commercio estero e gli investimenti strategici.
La quota del commercio cinese su scala mondiale, pari al 2% nel 1990, è oggi del 15%. Quanto agli investimenti, il presidente Xi Jinping (appena nominato a vita), con i 900 miliardi di dollari destinati alla conquista dell'economia globale attraverso il faraonico progetto chiamato «La nuova via della seta» (infrastrutture, trasporti e logistica), ha lanciato una vera e propria sfida agli Stati Uniti per la supremazia economica nel mondo. Un progetto immenso, a cui si affianca quello denominato «Risveglio cinese», che prevede, tra l'altro, un primo centro di studi sulle intelligenze artificiali del valore di 2,1 miliardi di dollari. Con un primo risultato clamoroso: in un solo anno, ben 440 mila tra ingegneri supertecnici, docenti universitari e colletti bianchi cinesi, cresciuti e arrivati al top negli Usa e in Canada, sono tornati in Cina per portarvi il meglio del sapere occidentale. Una fuga di cervelli verso Pechino, che sta attirando anche molti giovani laureati dei paesi europei.
Le statistiche dicono che la Cina è ormai a un passo dal sorpasso sugli Stati Uniti per quanto riguarda gli investimenti stranieri, con l'astronomica somma di 71 miliardi di dollari investiti dai «venture capitals» occidentali solo nel 2017. Inoltre, per quanto soggetto a restrizioni e censure governative, internet può contare in Cina su 751 milioni di utenti. Un fattore di crescita più che evidente, visto che, per ammissione di Bloomberg, «tre delle cinque più ricche startup del mondo sono in Cina, non in California».
In conclusione: la Cina sta assumendo un ruolo chiave nel mondo non solo per orientare in futuro le buste paga del settore manifatturiero, ma anche di quelli più evoluti, dall'e-commerce in su. Una tendenza che, proiettata sull'Europa intera, non solo su quella dell'Est, fa intravedere uno scenario impensabile fino a ieri: sperare che i salari cinesi salgano ancora di più, per avere poi buste paga più pesanti anche nella vecchia Europa. Quanto meno nei paesi europei che riusciranno a restare competitivi sul piano globale. Il che vale più che mai per l'Italia, ammesso che i partiti politici oggi vincitori, M5S e Lega, riescano a conservare per il nostro paese un posto nel G8. Impresa di cui, visti i programmi, è lecito dubitare assai.
venerdì 16 marzo 2018
"Il sapere e l'ignoto"- Carlo Sini
Vedi
anche: Lezione 1 - Hegel,"Filosofia e
Metodo"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/hegelfilosofia-e-metodo-carlo-sini.html
Lezione
2 - Heidegger,"Il
compito del
pensiero"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/11/il-compito-del-pensiero-carlo-sini.html
Lezione
3 - Nietzsche,"Il difetto ereditario dei
filosofi"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/12/il-difetto-ereditario-dei-filosofi.html
Lezione
4 - Nietzsche,"Il problema psicologico della
conoscenza"- https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/il-problema-psicologico-della.html
Lezione
5 - "Husserl
e la
Lebenswelt": https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/01/husserl-e-la-lebenswelt-carlo-sini.html
Lezione
6 - "Il neorealismo di Giulio Preti": https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/02/il-neorealismo-di-giulio-preti-carlo.html
Lezione 7 - "Il sapere e l'ignoto":
giovedì 15 marzo 2018
La casa in Unione Sovietica - Katt Cremer
Presentazione fatta da Katt Cremer alla Stalin Society stalinsociety.net - Traduzione per Resistenze.org a cura del Centro di Cultura e Documentazione Popolare 13/01/2017
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/la-donna-la-nuova-morale-sessuale-e-la.html
https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/01/perche-e-fallito-il-comunismo-domenico.html
l primo presupposto di ogni esistenza umana, e dunque di ogni storia, il presupposto cioè che per poter «fare storia» gli uomini devono essere in grado di vivere. Ma il vivere implica prima di tutto il mangiare e bere, l'abitazione, il vestire e altro ancora. (K. Marx, F. Engels, L'ideologia tedesca, 1846, Cap. II)
Compagni, prima del capitalismo, l'umanità ha costantemente sofferto della mancanza di beni essenziali per la vita. In parte, questo è accaduto a causa della tecnica primitiva che ha impedito di produrre quantità sufficienti di cose necessarie. I moderni metodi scientifici di produzione sono in grado di produrre in abbondanza. La scienza moderna e la tecnica avanzata, la grande industria e le macchine sono in grado di produrre molte più cose di quanto l'uomo possa consumare, ma a causa del capitalismo, a causa della proprietà privata, i lavoratori soffrono ancora la fame, la sete, il bisogno di alloggi, di vestiario e di molte altre cose ancora. Oggi in Gran Bretagna, tra i molti problemi e mali sociali, vi è una profonda crisi degli alloggi. Questo incontro alla Stalin Society, lungi dall'essere stato concepito come una rievocazione storica o una professione di fede, volgerà lo sguardo all'esempio dei lavoratori sovietici all'epoca della costruzione del socialismo, quando, guidati dal PCUS, con al timone il compagno Stalin, il popolo sovietico iniziò a sopprimere le terribili condizioni abitative che erano predominanti nella Russia pre-rivoluzionaria.
Prima di iniziare devo far notare che mi è stato chiesto di parlare di questo argomento oggi perché il segretario della Stalin Society ha pensato che potessi avere qualche informazione personale derivante dall'aver praticato come architetto in un tipico studio di architettura britannico. Posso dire che sulla base dell'esperienza maturata in tale veste, ho potuto apprezzare il ruolo positivo che la casa (e la pianificazione edilizia) può svolgere rispetto alle caratteristiche di un territorio e al benessere dei suoi abitanti. Mentre i centri delle città possono contenere i principali edifici simbolici o le piazze che danno loro un senso di unicità, non è lo spettacolo allestito dalle imprese capitalistiche e commerciali che da forma all'aspetto complessivo di una città - non fanno che occuparne il primo piano. Invece quelle strutture che indubbiamente arricchiscono un paesaggio e portano gioia allo sguardo, ciò che definisce lo spirito e l'aspetto complessivo di una città sono le centinaia di migliaia di edifici residenziali sullo sfondo, le strade e i viali che ne disegnano la forma, le milioni di case in cui il popolo lavoratore vive e fa vivere. Tenterò di illustrare alcuni esempi di ciò in questa mia presentazione.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/09/la-donna-la-nuova-morale-sessuale-e-la.html
https://ilcomunista23.blogspot.it/2017/01/perche-e-fallito-il-comunismo-domenico.html

Compagni, prima del capitalismo, l'umanità ha costantemente sofferto della mancanza di beni essenziali per la vita. In parte, questo è accaduto a causa della tecnica primitiva che ha impedito di produrre quantità sufficienti di cose necessarie. I moderni metodi scientifici di produzione sono in grado di produrre in abbondanza. La scienza moderna e la tecnica avanzata, la grande industria e le macchine sono in grado di produrre molte più cose di quanto l'uomo possa consumare, ma a causa del capitalismo, a causa della proprietà privata, i lavoratori soffrono ancora la fame, la sete, il bisogno di alloggi, di vestiario e di molte altre cose ancora. Oggi in Gran Bretagna, tra i molti problemi e mali sociali, vi è una profonda crisi degli alloggi. Questo incontro alla Stalin Society, lungi dall'essere stato concepito come una rievocazione storica o una professione di fede, volgerà lo sguardo all'esempio dei lavoratori sovietici all'epoca della costruzione del socialismo, quando, guidati dal PCUS, con al timone il compagno Stalin, il popolo sovietico iniziò a sopprimere le terribili condizioni abitative che erano predominanti nella Russia pre-rivoluzionaria.
Prima di iniziare devo far notare che mi è stato chiesto di parlare di questo argomento oggi perché il segretario della Stalin Society ha pensato che potessi avere qualche informazione personale derivante dall'aver praticato come architetto in un tipico studio di architettura britannico. Posso dire che sulla base dell'esperienza maturata in tale veste, ho potuto apprezzare il ruolo positivo che la casa (e la pianificazione edilizia) può svolgere rispetto alle caratteristiche di un territorio e al benessere dei suoi abitanti. Mentre i centri delle città possono contenere i principali edifici simbolici o le piazze che danno loro un senso di unicità, non è lo spettacolo allestito dalle imprese capitalistiche e commerciali che da forma all'aspetto complessivo di una città - non fanno che occuparne il primo piano. Invece quelle strutture che indubbiamente arricchiscono un paesaggio e portano gioia allo sguardo, ciò che definisce lo spirito e l'aspetto complessivo di una città sono le centinaia di migliaia di edifici residenziali sullo sfondo, le strade e i viali che ne disegnano la forma, le milioni di case in cui il popolo lavoratore vive e fa vivere. Tenterò di illustrare alcuni esempi di ciò in questa mia presentazione.
mercoledì 14 marzo 2018
Mario Vegetti
Da: PdCInazionale - Mario_Vegetti (Milano, 4 gennaio 1937 – Milano, 11 marzo 2018) è stato uno storico della filosofia, traduttore e accademico italiano, professore ordinario fino al 2005 di Storia della filosofia antica presso l'Università di Pavia.
mercoledì 7 marzo 2018
Cento anni dalla Rivoluzione d'Ottobre - Vladimiro Giacché - Domenico Losurdo
Da: Labaro TV - Libera Televisione Comunista
Vladimiro Giacché è un economista italiano - Domenico_Losurdo è un filosofo, saggista e storico italiano.
Vladimiro Giacché:
Vladimiro Giacché è un economista italiano - Domenico_Losurdo è un filosofo, saggista e storico italiano.
Vladimiro Giacché:
martedì 6 marzo 2018
Che durata hanno le Costituzioni? - Paolo Massucci
Da: https://www.lacittafutura.it - Paolo Massucci è membro del Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni
Quando lo scontro nel pensiero politico si riduce a opinioni tra generazioni diverse.
Quando lo scontro nel pensiero politico si riduce a opinioni tra generazioni diverse.
Sulla rivista Le Scienze di febbraio 2018 (n. 594, p. 16) compare un articolo di Piergiorgio Odifreddi, quotato intellettuale, noto professore di logica matematica dell’Università di Torino, dal titolo “Un principio rivoluzionario. Thomas Jefferson calcolò dopo quanto tempo dovrebbe decadere una costituzione”.
Qui l’autore, con l’occasione di richiamare i fondamentali concetti statistici di “media”, “mediana” e “moda”- che dovrebbero essere ben chiari anche a coloro i quali si occupano di scienze sociali - ci espone un esercizio di applicazione di tali concetti ad una specifica enunciazione del 1789 del futuro terzo presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson, la quale recita, a proposito della Costituzione americana, allora appena entrata in vigore: “La terra viene data in usufrutto ai viventi, e i morti non hanno poteri o diritti su di essa”, e continua: “le costituzioni e le leggi dei predecessori si estinguono naturalmente insieme a coloro che le hanno emanate”.
Partendo dal principio qui formulato, l’autore dell’articolo, che espressamente non entra nel merito della validità dello stesso, pur definendolo “rivoluzionario” (e “rivoluzionario” per l’autore è, si noti, il principio enunciato da Jefferson, non la Costituzione), ne deduce, assumendo l’enunciato come vero e applicando qualche calcolo di statistica delle popolazioni, che, ad esempio, la nostra Costituzione del 1948, sebbene non così vecchia come quella americana, sarebbe ormai da considerare decaduta, in quanto comunque risalente a “due generazioni” precedenti l’attuale.
L’argomento considerato nell’articolo, inerente le leggi fondamentali dell’ordinamento di uno Stato, merita una riflessione più articolata e sarebbe ingenuo ritenerlo semplicemente un mero mezzo, scelto casualmente dall’autore tra quelli più a portata di mano e utilizzato solo allo scopo di introdurre i sopracitati concetti statistici. Al contrario, proprio per il fatto che lo stesso autore non entra nel merito del giudizio sulla validità delle affermazioni di Jefferson, indica che viene dato per scontato, se non la validità, perlomeno la plausibilità delle stesse.
domenica 4 marzo 2018
"La notte dalle vacche nere" - Carlo Sini
Da: Dante Channel - Carlo_Sini è
un filosofo italiano. - CarloSiniNoema
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2010/12/sulla-vorrede-hegeliana-stefano-garroni.html
Lezione 2 - "La notte dalle vacche nere":
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2010/12/sulla-vorrede-hegeliana-stefano-garroni.html
Lezione 2 - "La notte dalle vacche nere":
sabato 3 marzo 2018
venerdì 2 marzo 2018
Telesur intervista Noam Chomsky - Alessandra Ciattini
Da: https://www.lacittafutura.it - Alessandra Ciattini insegna Antropologia culturale alla Sapienza.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/03/il-nemico-interno-limperialismo-usa-in.html
Pochi giorni fa Telesur, la televisione latinoamericana voluta da Hugo Chavez, ha intervistato Noam Chomsky, probabilmente il più importante studioso di linguistica al mondo e lucido analista politico controcorrente, le cui riflessioni hanno sempre una certa risonanza soprattutto al di fuori dei mass media dominanti. Infatti, non mi risulta che i mass media internazionali abbiano dato molto risalto a questo suo ultimo intervento, pur avendo dedicato spazio ad interviste precedenti [1].
Chomsky ha esordito affermando che il potere degli Stati Uniti è dannoso all’umanità, ma che assicura tutti i vantaggi possibili all’oligarchia governante. Nella sua interessante analisi ha osservato che la politica statunitense si sviluppa attualmente su due livelli; da un lato, l’attenzione del mondo è focalizzata sulla figura di Donald Trump, che è un uomo di spettacolo, presentato come un pazzo e non sappiamo se cosciente del proprio ruolo. Se non si agisse in questo modo, se non si desse spazio a tutte le bugie che racconta attirando moltitudini, nessuno si preoccuperebbe di lui né gli presterebbe attenzione. Dall’altro, nello sfondo dietro le quinte, l’oligarchia, in particolare nella persona di Paul Ryan, presidente ultraconservatore della Camera dei rappresentanti, opera con sistematicità per smantellare quel che rimane dei diritti del lavoro, della protezione dei consumatori, della difesa dell’ambiente.
Leggi anche: https://ilcomunista23.blogspot.it/2018/03/il-nemico-interno-limperialismo-usa-in.html

L’intellettuale americano afferma che il potere degli Stati Uniti è dannoso all’umanità e ne analizza le diverse sfaccettature.
Pochi giorni fa Telesur, la televisione latinoamericana voluta da Hugo Chavez, ha intervistato Noam Chomsky, probabilmente il più importante studioso di linguistica al mondo e lucido analista politico controcorrente, le cui riflessioni hanno sempre una certa risonanza soprattutto al di fuori dei mass media dominanti. Infatti, non mi risulta che i mass media internazionali abbiano dato molto risalto a questo suo ultimo intervento, pur avendo dedicato spazio ad interviste precedenti [1].
Chomsky ha esordito affermando che il potere degli Stati Uniti è dannoso all’umanità, ma che assicura tutti i vantaggi possibili all’oligarchia governante. Nella sua interessante analisi ha osservato che la politica statunitense si sviluppa attualmente su due livelli; da un lato, l’attenzione del mondo è focalizzata sulla figura di Donald Trump, che è un uomo di spettacolo, presentato come un pazzo e non sappiamo se cosciente del proprio ruolo. Se non si agisse in questo modo, se non si desse spazio a tutte le bugie che racconta attirando moltitudini, nessuno si preoccuperebbe di lui né gli presterebbe attenzione. Dall’altro, nello sfondo dietro le quinte, l’oligarchia, in particolare nella persona di Paul Ryan, presidente ultraconservatore della Camera dei rappresentanti, opera con sistematicità per smantellare quel che rimane dei diritti del lavoro, della protezione dei consumatori, della difesa dell’ambiente.
L'oligarchia repubblicana si preoccupa solo della borsa e non di due problemi fondamentali quali il riscaldamento della terra e la guerra nucleare, che provocherebbero lo sterminio dell'umanità e la fine della civiltà. Quest’ultima si realizzerà se non si rallenta il riscaldamento del globo terrestre o si scatena una guerra nucleare. Le azioni di Trump non fanno altro che acuire questi problemi, prefigurando da un lato una possibile guerra nucleare; dall’altro con la decisione unilaterale di ritirarsi dagli accordi di Parigi sul clima e con il non rispetto dei parametri stabiliti. Nel suo discorso annuale Trump ha parlato del carbone pulito, che è invece assai contaminante. Tutto ciò è accompagnato dai tagli agli investimenti alla ricerca sull’individuazione di fonti di energia rinnovabile.
giovedì 1 marzo 2018
Il nemico interno: l’imperialismo USA in Siria - Patrick Higgins
Da: Viewpoint Magazine - https://traduzionimarxiste.wordpress.com - Patrick Higgins è dottorando in storia araba moderna alla University of Houston.
“Tutti i complotti sono uniti tra loro; come le onde che sembrano fuggirsi eppure si mescolano”– Louis Antoine de Saint-Just
“… là dove non esiste il disordine, gli imperialisti lo creano…”– C.L.R. James, I giacobini neri
Nel 1971, al culmine della spaventosa e omicida guerra statunitense al Vietnam, un gruppo di cineasti radicali argentini e italiani, conosciuti come Colectivo de Cine del Tercer Mundo, realizzarono un film dal titolo provocatorio: Palestine, Another Vietnam. Un titolo che dice molto in poche parole, una breve dichiarazione gravida di possibili significati. La principale suggestione del titolo – ovvero, che tanto il Vietnam quanto la Palestina fossero obiettivi di un’aggressione imperiale, così come di una resistenza ad essa – non sarebbe stata in alcun modo fuori luogo, o insolita, negli ambienti della sinistra globale del 1971. In effetti, i rivoluzionari palestinesi dell’epoca prestavano non poca attenzione al Vietnam, studiando sia le brutali tattiche militari utilizzate dall’imperialismo USA al fine di schiacciare un movimento rivoluzionario di popolo, sia la storica resistenza del popolo vietnamita. Quale lezione si poteva trarre da tutto ciò?
A questo proposito, nel 1973, allorquando la rivoluzione anti-coloniale vietnamita proclamava la vittoria sulla superiorità militare degli Stati Uniti, un gruppo di rivoluzionari palestinesi e intellettuali arabi convocava una tavola rotonda moderata da Haytham Ayyoubi, capo della Divisione studi militari dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP). “Gli Stati Uniti, col loro violento intervento contro la rivoluzione e il popolo vietnamiti, hanno tentato di porre una questione, e lo hanno fatto nella pratica”, così dichiarava Tahsin Bashir, allora Assistente del Segretario generale della Lega araba. Gli Stati Uniti volevano lasciare intendere che “la scienza e tecnologia moderne, ricorrendo a computer e pianificatori, erano in grado di sconfiggere gli umani”. In risposta a questa arrogante affermazione, Bashir sosteneva quella che, a suo modo di vedere, era la principale lezione scaturita dalla fallimentare guerra USA al Vietnam: “Il successo dell’esperienza vietnamita si basa su quello degli umani sulla tecnologia”. Dawud Talhami, della Divisione studi mondiali del Centro di ricerche dell’OLP, proclamava il Vietnam come “l’esperienza più ricca fornitaci dall’eredità rivoluzionaria moderna nell’affrontare le più diverse forme di oppressione”. Dopo tutto, si trattava di una società, quella del Vietnam, che gli USA avevano cercato di distruggere – esattamente come le forze del colonialismo britannico e il sionismo in Palestina, anche prima delle devastanti vicende del 1948, quando le milizie sioniste, attuando una pulizia etnica, avevano espulso circa 750.000 palestinesi, riducendo la società palestinese in brandelli. Nel caso del Vietnam, ci si trovava di fronte ad una società che era riuscita a liberarsi dalle forze della distruzione
imperialista.
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