Introduzione
I due scritti sono da leggere all’interno del contesto dell’opera, l’Enciclopedia unificata della scienza, che rappresenta l’approdo della riflessione, che si sviluppò tra le due guerre ad opera di un gruppo di studiosi scienziati e filosofi che facevano riferimento come origine all’esperienza del Circolo di Vienna.
L’ Enciclopedia è dunque un opera complessa che contiene lavori di taglio diverso il cui denominatore può essere ritrovato nel tentativo di raggiungere un metodo scientifico comune ed applicabile non solo nell’ambito delle discipline scientifiche in senso stretto, ma al complesso dell’attività umana e nell’attribuzione al linguaggio di una funzione determinante in questo processo..
I Il neopositivismo si affermò nel periodo tra le due guerre mondiali a partire dalle riflessioni che un gruppo di pensatori, scienziati e filosofi , il Circolo di Vienna, sviluppò e diffuse. L’iniziativa del Circolo di Vienna, di cui facevano parte studiosi come Moritz Schlick, Hans Hahn, Otto Neurath, Philipp Frank, Rudolf Carnap, Victor Kraft, Felix Kaufmann, Kurt Reidmeister, Herbert Feigl, fu affiancata da un altro autorevole gruppo di pensatori della Scuola di Berlino (Hans Reichenbach, Alexander Hezberg, Walter Dubilav, Kurt Grelling, Kurt Lewin, Wofang Koeler, Carl Gustav Hempel.
L 'avvento del nazismo e il conseguente scioglimento dei due gruppi spostò la riflessione dal continente europeo negli Stati Uniti. In realtà il neopositivismo aveva già trovato accoglienza in America soprattutto per opera di Charles Morris, ma con l’abbandono dell’Europa da parte di pensatori come Carnap, Hampel, Reichenbach, Franck e Kaufmann il neopositivismo assume i caratteri di una corrente filosofica americana.
L’impatto con il pensiero americano ed in particolare con il pragmatismo di Mead e di Dewey, aiutò, come afferma Brancatisano, il neopositivismo a liberarsi degli ultimi residui metafisici ed a mettere a fuoco il rapporto tra discorso teoretico ed esperienza.
Abbiamo sottolineato come la ricchezza e la varietà dei contributi che afferirono al neopositivismo non consentano di considerarlo come una scuola unitaria di pensiero, tuttavia è possibile identificare un denominatore comune nello sforzo di questi ricercatori che possiamo sintetizzare nella avversione per le posizioni irrazionali e preconcette e nello sforzo di trovare un linguaggio comune tra diversi settori di indagine tale da consentire una concezione scientifica del mondo.
Il contributo di Dewey consiste appunto nel proporre l’esperienza e non solo quella di laboratorio, ma l’esperienza umana nel suo complesso, come banco di prova del metodo scientifico, che deve dunque poter trovare applicazione in tutti gli ambiti dell’esperienza umana. Dunque il discorso sull’unità della scienza deve necessariamente potersi estendere alle discipline umanistiche.
Emerge nel saggio di Dewey la necessità di un fondamento etico di questo atteggiamento, che consenta di contrastare le molteplici resistenze ad un riferimento costante alla ragione nell’assumere decisioni relative al complesso ambito delle attività umana. Necessità etica di cui Dewey cercherà di impostare il fondamento scientifico nel saggio che pubblicherà nel secondo volume dell’Enciclopedia affrontando il problema dei fini e di una loro definizione operativa.
Emerge al tempo stesso la consapevolezza di una crisi della scienza costantemente ridotta ai suoi prodotti e ad una crisi strettamente collegata della scuola dove questi prodotti trasformati in nozioni vengono impartiti evitando accuratamente di trasferire la consapevolezza metodologica che ne ha consentito l’elaborazione.
Una crisi che purtroppo rimane attuale nonostante le ulteriori conquiste che nel mezzo secolo che ci separa dalle riflessioni di Dewey le singole discipline scientifiche hanno raggiunto. Che rimane attuale nonostante la accettazione della scienza come riferimento per le scelte sia stata proclamata anche dalla Chiesa Cattolica in forma solenne con il Concilio Vaticano II. Paradossalmente sono proprio i risultati della scienza a trasformarsi in strumenti sempre più potenti nelle mani degli oppositori del metodo scientifico, così comunicazioni, informatica e telematica piuttosto che essere veicoli di un atteggiamento scientifico hanno dato nuova forza a vecchi poteri e rafforzato la passività degli individui.
I due
saggi di John Dewey Unity of Scienze as a social problem e Theory of Valuation
sono stati pubblicati tra il 1938 e il 1939 nella raccolta di scritti curata da
Otto Neurath dal titolo International Encyclopedia of Unified Science
dall’University of Chicago Press.
I due scritti sono da leggere all’interno del contesto dell’opera, l’Enciclopedia unificata della scienza, che rappresenta l’approdo della riflessione, che si sviluppò tra le due guerre ad opera di un gruppo di studiosi scienziati e filosofi che facevano riferimento come origine all’esperienza del Circolo di Vienna.
L’Enciclopedia può a ragione essere considerata come un tentativo di
raccogliere assieme le voci più autorevoli di quel movimento filosofico che
avendo per obiettivo l’unità della scienza
paradossalmente, in relazione alle differenze tra i diversi autori viene
definito, ora neopositivismo, ora positivismo logico e ancora come empirismo
logico.
L’ Enciclopedia è dunque un opera complessa che contiene lavori di taglio diverso il cui denominatore può essere ritrovato nel tentativo di raggiungere un metodo scientifico comune ed applicabile non solo nell’ambito delle discipline scientifiche in senso stretto, ma al complesso dell’attività umana e nell’attribuzione al linguaggio di una funzione determinante in questo processo..
I Il neopositivismo si affermò nel periodo tra le due guerre mondiali a partire dalle riflessioni che un gruppo di pensatori, scienziati e filosofi , il Circolo di Vienna, sviluppò e diffuse. L’iniziativa del Circolo di Vienna, di cui facevano parte studiosi come Moritz Schlick, Hans Hahn, Otto Neurath, Philipp Frank, Rudolf Carnap, Victor Kraft, Felix Kaufmann, Kurt Reidmeister, Herbert Feigl, fu affiancata da un altro autorevole gruppo di pensatori della Scuola di Berlino (Hans Reichenbach, Alexander Hezberg, Walter Dubilav, Kurt Grelling, Kurt Lewin, Wofang Koeler, Carl Gustav Hempel.
L 'avvento del nazismo e il conseguente scioglimento dei due gruppi spostò la riflessione dal continente europeo negli Stati Uniti. In realtà il neopositivismo aveva già trovato accoglienza in America soprattutto per opera di Charles Morris, ma con l’abbandono dell’Europa da parte di pensatori come Carnap, Hampel, Reichenbach, Franck e Kaufmann il neopositivismo assume i caratteri di una corrente filosofica americana.
L’impatto con il pensiero americano ed in particolare con il pragmatismo di Mead e di Dewey, aiutò, come afferma Brancatisano, il neopositivismo a liberarsi degli ultimi residui metafisici ed a mettere a fuoco il rapporto tra discorso teoretico ed esperienza.
Abbiamo sottolineato come la ricchezza e la varietà dei contributi che afferirono al neopositivismo non consentano di considerarlo come una scuola unitaria di pensiero, tuttavia è possibile identificare un denominatore comune nello sforzo di questi ricercatori che possiamo sintetizzare nella avversione per le posizioni irrazionali e preconcette e nello sforzo di trovare un linguaggio comune tra diversi settori di indagine tale da consentire una concezione scientifica del mondo.
Il contributo di Dewey consiste appunto nel proporre l’esperienza e non solo quella di laboratorio, ma l’esperienza umana nel suo complesso, come banco di prova del metodo scientifico, che deve dunque poter trovare applicazione in tutti gli ambiti dell’esperienza umana. Dunque il discorso sull’unità della scienza deve necessariamente potersi estendere alle discipline umanistiche.
I limiti
della condizione di sviluppo della scienza portano gli autori dell’Enciclopedia
a limitare i loro obiettivi all’unità del linguaggio scientifico (Carnap), o
all’unità del metodo (Russell), o come propone Dewey alla ricerca di un
atteggiamento scientifico che sia di premessa ad un intenso lavoro di
cooperazione tra i ricercatori delle diverse discipline.
Emerge nel saggio di Dewey la necessità di un fondamento etico di questo atteggiamento, che consenta di contrastare le molteplici resistenze ad un riferimento costante alla ragione nell’assumere decisioni relative al complesso ambito delle attività umana. Necessità etica di cui Dewey cercherà di impostare il fondamento scientifico nel saggio che pubblicherà nel secondo volume dell’Enciclopedia affrontando il problema dei fini e di una loro definizione operativa.
Emerge al tempo stesso la consapevolezza di una crisi della scienza costantemente ridotta ai suoi prodotti e ad una crisi strettamente collegata della scuola dove questi prodotti trasformati in nozioni vengono impartiti evitando accuratamente di trasferire la consapevolezza metodologica che ne ha consentito l’elaborazione.
Una crisi che purtroppo rimane attuale nonostante le ulteriori conquiste che nel mezzo secolo che ci separa dalle riflessioni di Dewey le singole discipline scientifiche hanno raggiunto. Che rimane attuale nonostante la accettazione della scienza come riferimento per le scelte sia stata proclamata anche dalla Chiesa Cattolica in forma solenne con il Concilio Vaticano II. Paradossalmente sono proprio i risultati della scienza a trasformarsi in strumenti sempre più potenti nelle mani degli oppositori del metodo scientifico, così comunicazioni, informatica e telematica piuttosto che essere veicoli di un atteggiamento scientifico hanno dato nuova forza a vecchi poteri e rafforzato la passività degli individui.
In questo
contesto rimane attuale l’appello di Dewey tanto che merita confrontarlo con
l’introduzione del Libro Bianco della Commissione Europea Insegnare ad
apprendere. Verso la società conoscitiva (1995) dove tra i fattori di
cambiamento si afferma:
“
" La civiltà scientifica e tecnica: lo sviluppo delle conoscenze scientifiche , la loro applicazione ai metodi di produzione, i prodotti sempre più sofisticati che sono il risultato di questa applicazione, danno origine ad un paradosso: malgrado un effetto generalmente benefico, il progresso scientifico e tecnologico fa crescere nella società un sentimento di minaccia, addirittura una paura irrazionale. Ne consegue la tendenza a conservare della scienza soltanto una immagine violenta e preoccupante. Numerosi paesi europei hanno cominciato a reagire a questa situazione di disagio: promuovendo la cultura scientifica e tecnica sin dai banchi di scuola; definendo regole etiche, in particolare nei settori della biotecnologia e delle tecnologie dell’informazione; ovvero ancora favorendo il dialogo fra gli scienziati e i responsabili politici, se necessario tramite istituzioni create appositamente” (pag. 6).
" La civiltà scientifica e tecnica: lo sviluppo delle conoscenze scientifiche , la loro applicazione ai metodi di produzione, i prodotti sempre più sofisticati che sono il risultato di questa applicazione, danno origine ad un paradosso: malgrado un effetto generalmente benefico, il progresso scientifico e tecnologico fa crescere nella società un sentimento di minaccia, addirittura una paura irrazionale. Ne consegue la tendenza a conservare della scienza soltanto una immagine violenta e preoccupante. Numerosi paesi europei hanno cominciato a reagire a questa situazione di disagio: promuovendo la cultura scientifica e tecnica sin dai banchi di scuola; definendo regole etiche, in particolare nei settori della biotecnologia e delle tecnologie dell’informazione; ovvero ancora favorendo il dialogo fra gli scienziati e i responsabili politici, se necessario tramite istituzioni create appositamente” (pag. 6).
L'UNITA DELLA SCIENZA COME PROBLEMA SOCIALE di John Dewey
1)
L'ATTEGGIAMENTO SCIENTIFICO
Chiunque
tenti di promuovere l'unità della scienza, deve affrontare almeno due questioni
fondamentali «Come definire questa cosa, di cui si vuole promuovere l’unità, e
cioè la scienza?» e «Che tipo di unità è fattibile o desiderabile?» .Queste
pagine rappresentano le conclusioni che ha raggiunto chi scrive riflettendo su
questi due temi.
Rispetto alla
domanda sul significato di scienza, è necessario proporre una distinzione tra
scienza come atteggiamento e metodo e scienza come corpo di conoscenze. Non
voglio dire che le due cose possano essere separate, poiché un metodo è un modo
di trattare delle conoscenze, e la scienza come insieme di conoscenze è il
prodotto di un metodo. Ciascuna esiste solo in relazione all'altra. Un
atteggiamento diventa psicopatico se non è diretto agli oggetti fuori di sé.
Questo significa, in primo luogo, che atteggiamento e metodo vengono prima del
materiale contenuto nei libri, nei giornali, negli atti delle organizzazioni
scientifiche; e, in secondo luogo, che l'atteggiamento è rivolto
prioritariamente agli oggetti e agli eventi della vita quotidiana, e solo in
modo subordinato a ciò che è argomento di scienza.
Detto in altre
parole, il metodo scientifico non è patrimonio riservato di coloro che vengono
definiti scienziati. L'insieme di conoscenze e di idee che è il prodotto del
lavoro, è il risultato di un metodo che è stato
seguito da un numero molto più grande di persone, che hanno interagito
in modo intelligente e con apertura mentale con gli oggetti e gli eventi
dell’ambiente comune. La scienza, in senso tecnico, è un'elaborazione, spesso
altamente tecnologica, di operazioni quotidiane. A dispetto del tecnicismo del
suo linguaggio e delle sue procedure, il suo significato genuino può essere
compreso solo tenendo presente la sua relazione con atteggiamenti e procedimenti che possono essere usati da
tutte le persone nate con la capacità di agire in modo intelligente. Nel senso
comune troviamo atteggiamenti simili a quelli della scienza nel senso più specializzato, e
insieme altri atteggiamenti che sono completamente non scientifici. C'è chi
lavora per abitudine o con metodi basati su tentativi casuali, e chi è schiavo
di dogmi e guidato da pregiudizi, proprio come c'è chi usa le proprie mani, gli
occhi e le orecchie, per ricavare conoscenze da tutto ciò che passa per la sua
strada e usa il cervello di cui dispone per estrarre significato da ciò che
osserva.
Pochi
escluderebbero gli ingegneri dal campo della scienza, e quei pochi
cercherebbero di sostenere il loro punto di vista con una distinzione molto
dubbia fra un qualcosa chiamato scienza “pura” e qualcos’altro detto scienza
“applicata”.
Come Karl Darrow ha scritto nella sua Re¬naissance of
Science:
Molte delle cose che la scienza moderna ha da dirci sono fantastiche e davvero inconcepibili; ma queste cose vengono dette da quella stessa specie di uomini, con la stessa formazione e che usano lo stesso modo di ragionare di chi ha reso possibile di parlare su un cavo con San Francisco e attraverso le onde dello sp¬azio con Londra, di attraversare l'atlantico in 4 giorni per mare e in 24 ore in aeroplano, di far funzionare una ferrovia con una invisibile energia trasportata attraverso le rotaie, e di¬ fotografare le ossa all'interno del corpo con una luce ¬che nessun occhio può vedere e nessuna fiamma può emettere.
Molte delle cose che la scienza moderna ha da dirci sono fantastiche e davvero inconcepibili; ma queste cose vengono dette da quella stessa specie di uomini, con la stessa formazione e che usano lo stesso modo di ragionare di chi ha reso possibile di parlare su un cavo con San Francisco e attraverso le onde dello sp¬azio con Londra, di attraversare l'atlantico in 4 giorni per mare e in 24 ore in aeroplano, di far funzionare una ferrovia con una invisibile energia trasportata attraverso le rotaie, e di¬ fotografare le ossa all'interno del corpo con una luce ¬che nessun occhio può vedere e nessuna fiamma può emettere.
Quando i
risultati degli ingegneri sono disprezzati come "scienza applicata",
si dimentica che le ricerche e i calcoli richiesti per produrre questi stessi
risultati sono altrettanto impegnativi di quelli che producono la cosiddetta
scienza “pura”. La scienza pura non si applica automaticamente; l'applicazione
può avvenire soltanto attraverso l'uso di metodi che è arbitrario distinguere
da quelli usati in un laboratorio o in un osservatorio. E se abbiamo parlato
dell’ingegnere è perché, una volta che lo abbiamo accettato, non possiamo più
escludere nemmeno l'agricoltore, il meccanico e l'autista, in quanto queste
persone fanno il loro lavoro con una scelta intelligente dei mezzi e un
adattamento intelligente dei mezzi ai fini, e non per abitudine o a caso.
D'altra parte, è abbastanza possibile per lo scienziato essere in qualche modo
poco scientifico nel formare le sue concezioni al di fuori del suo ambito
disciplinare specifico, come fa quando lascia che queste concezioni siano
condizionate da premesse non accettate
per tradizione o raccolte dall'atmosfera sociale in cui è immerso.
In breve,
l'atteggiamento scientifico, com'è qui concepito, è una qualità che si
manifesta in ogni passo della vita. E allora che cos'è? Se lo definiamo per
negazione, è libertà dalla schiavitù, dall'abitudine, dal pregiudizio, dal
dogma, dalla tradizione accettata in modo acritico, dal puro egoismo. In
termini positivi è il desiderio di ricercare, esaminare, discriminare,
tracciare conclusioni solo sulla base dell’evidenza, dopo essersi presi la pena
di raccogliere tutti i dati possibili. E' l’intenzione di raggiungere credenze,
e di provare quelle che risultano accettabili, sulla base dei fatti osservati,
riconoscendo al tempo stesso che i fatti sono privi di senso a meno che non
indichino idee. E', d'altra parte, l'atteggiamento sperimentale che riconosce
come, mentre le idee sono necessarie per l'organizzazione dei fatti, esse sono
al tempo stesso ipotesi di lavoro da verificare sulla base delle conseguenze
che producono.
Soprattutto è
l’atteggiamento che ha radici nei problemi che sono posti e nelle domande che
sono sollevate dalle condizioni del contesto. L'atteggiamento non scientifico è
quello che sfugge questo tipo di problemi, che si allontana da questi o li
nasconde invece di affrontarli. E l'esperienza ci mostra che questa evasione è
complementare all’interesse per problemi artificiali e per pretese soluzioni
precostituite. Risultano, infatti artificiali tutti quei problemi che non
nascono, sia pure indirettamente, da quelle condizioni in cui si determina la
vita, compresa l’esperienza sociale. La vita è un processo che si realizza in
relazione a un ambiente complesso, sia dal punto di vista fisico sia dal punto
di vista culturale. Non c'è forma di interazione con l'ambiente fisico e con l'ambiente
umano, che non generi problemi che possono essere gestiti se non con un
atteggiamento obbiettivo e con un metodo intelligente. La casa, la scuola, il
negozio e l'ospedale presentano questi problemi con la stessa precisione di
quanto avviene in laboratorio. Queste situazioni anzi presentano i problemi in
modo più diretto e pressante. Questo fatto è così ovvio che sarebbe inutile
ricordarlo, se non perché esso dimostra la potenziale universalità
dell'atteggiamento scientifico.
L'esistenza di
problemi artificiali è anch’essa un fatto innegabile nella storia dell'uomo.
L'esistenza di tali problemi, e la spesa di energie per la loro soluzione, sono
le ragioni principali per cui le immense possibilità del metodo scientifico
sono tanto spesso incomprese e
frustrate. La parola ‘metafisica’ ha
molteplici significati, e tutti ritenuti così altamente tecnici da non
interessare l'uomo della strada. Ma nel senso in cui metafisico significa che è
fuori dall'esperienza, sopra o al di là di essa, tutti gli esseri umani sono
metafisici, quando si occupano di problemi che non vengono dall'esperienza e le
cui possibili soluzioni vengono cercate fuori dall'esperienza. Gli uomini sono
metafisici non solo in filosofia, ma anche in molte delle loro credenze e abiti
di pensiero in materia di religione, morale e politica. Lo spreco di energie
che ne consegue è decisamente grave. Ma diventa trascurabile in confronto a
quello causato da problemi e soluzioni artificiali, nell’impedire, ostacolare e deviare lo
sviluppo ¬dell'atteggiamento scientifico, che è la condotta propria
dell’intelligenza.
2.
L'UNITA SOCIALE DELLA SCIENZA
Quando passiamo dalla domanda relativa a cosa si intende per scienza
alla domanda su cosa si intenda con la sua unità, può sembrare, a prima vista,
di aver cambiato campo e di essere su un terreno diverso. Ci si riferisce
all'unità della scienza soprattutto in relazione all'unificazione dei risultati
della scienza. In questo terreno, il problema del raggiungimento dell'unità
della scienza è quello del coordina¬re l’immenso corpo di scoperte
specializzate in un tutto sistematico. Si tratta di un problema reale che non
può essere trascurato. Ma c'è anche un significato umano, un significato
culturale, dell'unità della scienza. C'è per esempio, il problema
dell'unificazione degli sforzi di tutti coloro che esercitano il metodo
scientifico nel proprio campo, in modo che questi sforzi possano arricchirsi
della forza che viene dall’unione. Anche quando un individuo è, o cerca di
comportarsi in modo intelligente nella gestione delle sue cose, i suo sforzi
vengono impediti, e spesso resi vani, da ostacoli dovuti non solo
all'ignoranza, anche all'opposizione attiva contro l’atteggiamento scientifico
da parte di coloro che sono influenzati dal pregiudizio, dal dogma,
dall'interesse di classe, da autorità esterne, da sentimenti nazionalistici o
razziali, o da agenzie altrettanto potenti. Visto in questa luce, il problema
dell'unità della scienza costitui¬sce un problema sociale di fondamentale
importanza.
Al giorno
d'oggi, coloro che si oppongono all’atteggiamento scientifico sono numerosi e
organizzati, molto più di quanto appaia
ad una analisi superficiale. Nondimeno è grande il prestigio della
scienza, soprattutto nelle sue applicazioni pratiche all'industria e alla guerra. In astratto, pochi verrebbero
allo scoperto a dire che sono contrari alla scienza. Ma l’esiguo numero di
questi non fornisce una misura dell’influenza di quanti usano i risultati della
scienza per favorire interessi privati, di classe o di nazione, attraverso
metodi assolutamente non scientifici o antiscientifici.
Gli uomini
possono ammirare la scienza, per esempio, perché dà loro possibilità di usare
la radio, e poi adoperano la radio per creare condizioni che impediscono lo
sviluppo di un atteggiamento scientifico nei campi più importanti dell'attività
umana, dove si soffrirà terribilmente per la perdita del metodo. Più in
particolare, la scienza non è bene accolta, ma frequentemente respinta, quando
“invade” (una parola usata spesso) il
campo già occupato da istituzioni religiose, morali, politiche ed economiche.
Portare avanti
l'unità dell'atteggiamento scientifico vuol quindi dire portare coloro che lo
accettano e coloro che lo influenzano a collaborare insieme attivamente. Questo
problema trascende in importanza quello più tecnico dell’unificazione dei
risultati delle singole scienze. Ha priorità rispetto a quest’ultimo argomento.
Per questo non è eccessivo affermare che la scienza, anche nel suo significato
più specialistico è oggi in una congiuntura critica. Essa è costretta a
procedere per salvaguardare i suoi risultati. Se arrestasse il suo procedere,
verrebbe confinata nel campo in cui ha già ottenuto i suoi risultati, e
vedrebbe i frutti delle sue vittorie fatti propri da coloro che li userebbero
con metodi antiscientifici e per fini inumani.
Di
conseguenza, c’è un grande bisogno per coloro che sono animati da un
atteggiamento scientifico di confrontarsi sulla collocazione e la funzione
della scienza nella complessa scena
della vita. Ne segue che un movimento a favore dell'unità della scienza non ha
bisogno, anzi non dovrebbe fermarsi a cercare
una base comune sulla quale cercare consenso.
Dovrebbe
essere invece un movimento essenzialmente cooperativo, in modo tale che
dettagliati e specifici riferimenti e idee comuni risultino dal processo di
cooperazione stesso. Pretendere di formularli in anticipo e insistere sulla
loro accettazione da parte di tutti è insieme ostacolare la cooperazione e
falsare lo spirito scientifico. La sola cosa necessaria in termini di accordo è
la fede nell'atteggiamento scientifico e nell'importanza umana e sociale di
preservarlo ed estenderlo.
Quello che è
stato detto non minimizza le difficoltà che nascono dall’alto grado di
specializzazioni parcellizzate che oggi caratterizzano la scienza o
l’importanza di superare queste difficoltà. Nella maggior parte dei casi coloro
che attualmente sono impegnati nelle diverse branche della scienza parlano
lingue diverse e non sono in grado di intendersi facilmente. Tradurre da un
settore ad un altro non è facile. Di conseguenza i lavoratori tendono a
rimanere privi di quegli utili strumenti intellettuali che sarebbero
disponibili nel loro settore specifico di interesse se ci fosse una maggiore
disponibilità a dare e a ricevere.
Ma il
necessario lavoro di coordinamento, non può essere fatto meccanicamente o dall’esterno. Esso stesso può essere solo
frutto della cooperazione tra coloro che sono animati da spirito scientifico.
La convergenza su basi comuni sarà raggiunta in modo più rapido ed efficace
attraverso lo scambio reciproco che accompagna un genuino impegno alla
cooperazione. Il tentativo di assicurare l'unità definendo i termini di tutte
le scienze in termini di una sola scienza è condannato a fallire in partenza.
Nell’edificio che la scienza potrà costruire ci sono diversi appartamenti. Il
primo compito, per cambiare metafora, è
costruire ponti tra una scienza e l'altra. Ci sono molti abissi da superare. Mi
sembra tuttavia che il bisogno principale è il collegamento delle scienze
fisico-chimiche con l’area delle scienze psicologico sociali, attraverso la
mediazione della biologia. Probabilmente esprimerò il mio punto di vista o quello
di un particolare e probabilmente piccolo gruppo se affermo che la convergenza
può essere più facilmente raggiunta considerando come le diverse scienze
possono essere insieme portate ad affrontare problemi sociali di natura
concreta.
Ma è pienamente
coerente con lo scopo di questo lavoro dire che l’impegno cooperativo
considerato come fine dall’attuale movimento per l'unità della scienza, è
indirizzato a chiarire gradualmente le cause delle grandi divergenze attuali e
ad indicare dove e come possono essere costruiti ponti sulle voragini che
ancora separano chi lavora in campi differenti.
Il metodo
scientifico libero ha una storia molto breve, se confrontata con la lunga
storia delle forze che non hanno mai provato l'influenza della scienza. Sono
ancora fra noi idee che provengono dall'epoca prescientifica, e sono
cristallizzate in istituzioni. Non possiamo esorcizzarle ripetendo
continuamente la parola "scienza”.
Ciascun ricercatore scientifico è ancora sottoposto alla loro influenza, certamente
al di fuori del suo specifico campo d’indagine e talvolta anche all’interno.
Solo una costante preoccupazione critica, esercitata con atteggiamento
scientifico può portare alla loro graduale eliminazione. In ultima analisi,
questa critica dev'essere autocritica. Ma le energie e gli strumenti per
l'autocritica possono essere ottenuti solo attraverso la più piena e libera
cooperazione.
Il progresso
del metodo scientifico ha portato con se, dove l’influenza del metodo è stata
sentita, un grande aumento della tolleranza. Siamo attualmente in un mondo in
cui c’è una crescita accelerata di intolleranza. Penso che parte delle cause di
questa crescita possano essere trovate nel fatto che la tolleranza è stata
finora una cosa passiva. Noi abbiamo bisogno di un cambiamento, dall'assunzione
responsabile della tolleranza passiva alla responsabilità attiva nel promuovere
la diffusione del metodo scientifico. Il primo passo è riconoscere la
responsabilità promuovere la
comprensione reciproca e la libera comunicazione.
3) EDUCAZIONE E UNITA' DELLA SCIENZA
Rientra
probabilmente nella finalità dell’argomento che sto trattando dire qualcosa
sulla relazione del movimento dell'unità della scienza con l’educazione. Ho già
ricordato che il metodo scientifico è giunto ad un momento critico della
sua storia, crisi dovuta, in ultima
analisi, al fatto che ultra-reazionari e
ultra-radicali, pur riconoscendo il prestigio della scienza in alcuni settori,
siano alleati nell'usare le tecniche della scienza per distruggere
l'atteggiamento scientifico. Abbiamo ricordato inoltre quanto sia relativamente
breve la storia della scienza in confronto a quella delle istituzioni oppongono
resistenza alla sua applicazione anche solo per la loro inerzia. Questi due
fattori insieme contribuiscono a rendere le agenzie educative il punto cruciale
di qualsiasi movimento per raggiungere una maggiore e progressiva unità dello
spirito scientifico.
Dopo una lunga
lotta, le diverse scienze hanno trovato una loro collocazione nelle istituzioni
educative. Ma in gran parte esse vivono fianco a fianco con ad altre
discipline, che hanno a malapena avvertito il tocco della scienza. E anche
questo è tuttavia lungi dall’essere il fatto più deprimente rispetto alla
collocazione della scienza nel sistema educativo. Infatti è anche vero che lo
spirito con il quale le scienze vengono spesso insegnate, e i metodi didattici
impiegati nel loro insegnamento, sono tratti in gran parte da materie
tradizionali non scientifiche.
Citerò alcuni
fatti che confermeranno questa affermazione. In primo luogo, la scienza non ha
scarsamente influenzato l'educazione elementare. Tranne poche eccezioni, ha
sfiorato i primi anni della scuola elementare. Di fatto questa è l'età in cui
la curiosità è più vivace, l'interesse per l'osservazione meno tardo, e il
desiderio di nuove esperienze più attivo. E' anche il periodo in cui si formano
le basi degli atteggiamenti che controlleranno, in modo più o meno cosciente,
atteggiamenti e modi di fare successivi.
In secondo
luogo, le materie scientifiche sono insegnate prevalentemente come insieme di
contenuti, invece che come metodo universale di approccio e di rapporto con la
realtà. Ci sono, certo, laboratori ed esercitazioni di laboratorio, e tuttavia
questa affermazione rimane fondata. Infatti questi verranno usati soprattutto
per fare in modo che gli allievi imparino un qualche insieme di informazioni.
L’insieme di informazioni che ne ricaveranno su fatti e su leggi, ha un
contenuto diverso da quello fornito in altri studi. Ma fin quando l'ideale
rimane l'informazione, le scienze insegnate risultano ancora sottoposte a idee
e procedure che hanno un'origine e una
storia prescientifiche. Le esercitazioni di laboratorio e le dimostrazioni in
classe possono far parte della normale routine di insegnamento, e tuttavia
contribuire poco allo sviluppo di abiti di pensiero scientifico. Infatti,
eccetto pochi casi, il semplice carico delle informazioni può esser un fardello
mantenuto nella memoria, e non una risorsa per ulteriori pensieri e
osservazioni.
In terzo
luogo, a parte alcuni istituti di ricerca e dipartimenti universitari per
laureati, che riguardano un numero di persone relativamente esiguo, la maggior
parte del denaro e delle energie vengono spese per istituzioni in cui le
persone vengono preparate ad una specifica attività professionale. Questo fatto
non è di per sé criticabile, come ho già spiegato parlando di scienza
“applicata” e scienza “pura”. Ma questa educazione professionalizzante, così
com'è condotta attualmente, è indirizzata a fini ristretti, invece che al fine
ampio e liberale di sviluppare interesse e abilità per usare il metodo
scien¬tifico in tutti i campi dello sviluppo umano. Ed è certamente possibile,
purtroppo, per una persona ricevere vantaggio da questo addestramento specifico
e al tempo stesso rimanere indifferente all'uso dell'atteggiamento scientifico
in campi che si trovano al di fuori della sua specializzazione professionale.
L’ultimo
punto è un corollario. Questa cosa che
chiamiamo “scienza” resta tagliata fuori e separata in un suo territorio
specifico. Esistono specifici e potenti interessi che si ingegnano per
mantenere la scienza separata in modo che la vita quotidiana possa rimanere
immune dalla sua influenza. I portatori di questi particolari inte¬ressi temono
l’impatto del metodo scientifico nelle questioni sociali.
Essi temono
questo impatto senza neppure aver formulato la natura e il fondamento del loro
timore. Ma ci sono influenze interne alla condizione della scienza nel sistema
educativo, che promuovono il suo isolamento. Se le scuole vengono usate con lo
scopo di instillare la fede in certi dogmi - un uso in ciò che chiamiamo
educazione diventa semplicemente un mezzo di propaganda - e questa tendenza
continua a crescere, ciò avvene, in qualche modo, perché la scienza non è concepita e praticata come il solo metodo
universale per affrontare in modo intelligente tutti i problemi. Il movimento
per l'unione di quanti lavorano nei diversi campi della scienza è anch'esso un movimento educativo per quelli
che vi prendono parte. Esso è anche precondizione dello sforzo per dare
all’atteggiamento scientifico quel ruolo nelle istituzioni educative che potrà
creare un sempre maggiore numero di persone che adottino abitualmente
l’atteggiamento scientifico nell’affrontare i problemi che incontrano.
Ho detto che
considero il riferimento all'educazione
coerente con lo scopo di questo lavoro. Da una parte, il futuro
dell'atteggiamento scientifico come forza socialmente unificata dipende più
dall'educazione dei bambini e dei giovani che da ogni altra singola forza.
D'altra parte, l'insegnamento della scienza potrà difficilmente prendere il
posto che gli spetta, quale atteggiamento di uso universale, finché coloro che
sono già animati da atteggiamento scientifico e preoccupati dalla sua diffusione non cooperino attivamente. La prima
condizione da soddisfare è che queste persone si attivino per diventare
consapevoli di che cosa sia l’atteggiamento scientifico e di che cosa riguardi
in modo da poter essere militanti assidui nello spiegare le sue legittime
richieste.
Il senso di
quanto è stato detto è che l'atteggiamento e il metodo scientifico non sono, in
sostanza, altro che il metodo dell'intelligenza libera ed efficace. Le scienze
partcicolari rivelano che cosa questo metodo sia e significhi e di che cosa sia
capace. Non è fattibile né desiderabile che tutti gli esseri umani diventino
esperti di una scienza particolare. Ma è decisamente desiderabile, e in certe
condizioni realizzabile, che tutti gli uomini diventino scientifici nei loro
atteggiamenti : genuinamente intelligenti nei loro modi di pensare e di agire.
Si tratta di un obiettivo realizzabile perché tutte le persone normali hanno
quelle potenzialità che rendono questo risultato possibile. Ed è un obiettivo
da auspicare, perché questo atteggiamento costituisce in sostanza, la sola e
definitiva alternativa al pregiudizio, al dogma, all'autorità, all'uso
coercitivo della forza in difesa di interessi particolari. Coloro che sono
impegnati nel fare scienza nel suo significato più tecnico, sono ovviamente
coloro che dovrebbero assumere un ruolo guida, cooperando tra loro, nel rendere
tutti partecipi dell’intrinseca universalità del metodo scientifico.
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