martedì 11 ottobre 2011

L'UNITA DELLA SCIENZA COME PROBLEMA SOCIALE - John Dewey

            Introduzione

           I due saggi di John Dewey Unity of Scienze as a social problem e Theory of Valuation sono stati pubblicati tra il 1938 e il 1939 nella raccolta di scritti curata da Otto Neurath dal titolo International Encyclopedia of Unified Science dall’University of Chicago Press.
                                  
           I due scritti sono da leggere all’interno del contesto dell’opera, l’Enciclopedia unificata della scienza, che rappresenta l’approdo della riflessione, che si sviluppò tra le due guerre ad opera di un gruppo di studiosi scienziati e filosofi che facevano riferimento come origine all’esperienza del Circolo di Vienna. 
          L’Enciclopedia può a ragione essere considerata come un tentativo di raccogliere assieme le voci più autorevoli di quel movimento filosofico che avendo per obiettivo l’unità della scienza  paradossalmente, in relazione alle differenze tra i diversi autori viene definito, ora neopositivismo, ora positivismo logico e ancora come empirismo logico.
       
L’     Enciclopedia è  dunque un opera complessa che contiene lavori di taglio diverso il cui denominatore può essere ritrovato nel tentativo di raggiungere un metodo scientifico comune ed applicabile non solo nell’ambito delle discipline scientifiche in senso stretto, ma al complesso dell’attività umana e nell’attribuzione al linguaggio di una funzione determinante in questo processo..
                       
 I      Il neopositivismo si affermò nel periodo tra le due guerre mondiali a partire dalle riflessioni che un gruppo di pensatori, scienziati e filosofi , il Circolo di Vienna, sviluppò e diffuse. L’iniziativa del Circolo di Vienna, di cui facevano parte studiosi come Moritz Schlick, Hans Hahn, Otto Neurath, Philipp Frank, Rudolf Carnap, Victor Kraft, Felix Kaufmann, Kurt Reidmeister, Herbert Feigl, fu affiancata da un altro autorevole gruppo di pensatori della Scuola di Berlino (Hans Reichenbach, Alexander Hezberg, Walter Dubilav, Kurt Grelling, Kurt Lewin, Wofang Koeler, Carl Gustav Hempel. 

           L 'avvento del nazismo e il conseguente scioglimento dei due gruppi spostò la riflessione dal continente europeo negli Stati Uniti. In realtà il neopositivismo aveva già trovato accoglienza in America soprattutto per opera di Charles Morris, ma con l’abbandono dell’Europa da parte di pensatori come Carnap, Hampel, Reichenbach, Franck e Kaufmann il neopositivismo assume i caratteri di una corrente filosofica americana.
            
              L’impatto con il pensiero americano ed in particolare con il pragmatismo di Mead e di Dewey,  aiutò, come afferma Brancatisano, il neopositivismo a liberarsi degli ultimi residui metafisici ed a mettere a fuoco il rapporto tra discorso teoretico ed esperienza.
           
        Abbiamo sottolineato come la ricchezza e la varietà dei contributi che afferirono al neopositivismo non consentano di considerarlo come una scuola unitaria di pensiero, tuttavia è possibile identificare un denominatore comune nello sforzo di questi ricercatori che possiamo sintetizzare nella avversione per le posizioni irrazionali e preconcette e nello sforzo di trovare un linguaggio comune tra diversi settori di indagine tale da consentire una concezione scientifica del mondo.
          
           Il contributo di Dewey consiste appunto nel proporre l’esperienza e non solo quella di laboratorio, ma l’esperienza umana nel suo complesso, come banco di prova del metodo scientifico, che deve dunque poter trovare applicazione in tutti gli ambiti dell’esperienza umana. Dunque il discorso sull’unità della scienza deve necessariamente potersi estendere alle discipline umanistiche.                                                                                                                                       
             I limiti della condizione di sviluppo della scienza portano gli autori dell’Enciclopedia a limitare i loro obiettivi all’unità del linguaggio scientifico (Carnap), o all’unità del metodo (Russell), o come propone Dewey alla ricerca di un atteggiamento scientifico che sia di premessa ad un intenso lavoro di cooperazione tra i ricercatori delle diverse discipline.
           
            Emerge nel saggio di Dewey la necessità di un fondamento etico di questo atteggiamento, che consenta di contrastare le molteplici resistenze ad un riferimento costante alla ragione nell’assumere decisioni relative al complesso ambito delle attività umana. Necessità etica di cui Dewey cercherà di impostare il fondamento scientifico nel saggio che pubblicherà nel secondo volume dell’Enciclopedia affrontando il problema dei fini e di una loro definizione operativa.
         
            Emerge al tempo stesso la consapevolezza di una crisi della scienza costantemente ridotta ai suoi prodotti e ad una crisi strettamente collegata della scuola dove questi prodotti trasformati in nozioni vengono impartiti evitando accuratamente di trasferire la consapevolezza metodologica che ne ha consentito l’elaborazione.
       
             Una crisi che purtroppo rimane attuale nonostante le ulteriori conquiste che nel mezzo secolo che ci separa dalle riflessioni di Dewey le singole discipline scientifiche hanno raggiunto. Che rimane attuale nonostante la accettazione della scienza come riferimento per le scelte sia stata proclamata anche dalla Chiesa Cattolica in forma solenne con il Concilio Vaticano II. Paradossalmente sono proprio i risultati della scienza a trasformarsi in strumenti sempre più potenti nelle mani degli oppositori del metodo scientifico, così comunicazioni, informatica e telematica piuttosto che essere veicoli di un atteggiamento scientifico hanno dato nuova forza a vecchi poteri e rafforzato la passività degli individui. 
                                                                                                                                                                                                
         In questo contesto rimane attuale l’appello di Dewey tanto che merita confrontarlo con l’introduzione del Libro Bianco della Commissione Europea Insegnare ad apprendere. Verso la società conoscitiva (1995) dove tra i fattori di cambiamento si afferma:
    “      
               " La civiltà scientifica e tecnica: lo sviluppo delle conoscenze scientifiche , la loro applicazione ai metodi di produzione, i prodotti sempre più sofisticati che sono il risultato di questa applicazione, danno origine ad un paradosso: malgrado un effetto generalmente benefico, il progresso scientifico e tecnologico fa crescere nella società un sentimento di minaccia, addirittura una paura irrazionale. Ne consegue la tendenza a conservare della scienza soltanto una immagine violenta e preoccupante. Numerosi paesi europei hanno cominciato a reagire a questa situazione di disagio: promuovendo la cultura scientifica e tecnica sin dai banchi di scuola; definendo regole etiche, in particolare nei settori della biotecnologia e delle tecnologie dell’informazione; ovvero ancora favorendo il dialogo fra gli scienziati e i responsabili politici, se necessario tramite istituzioni create appositamente” (pag. 6).
        
              L'UNITA DELLA SCIENZA COME PROBLEMA SOCIALE di John Dewey
             
              1) L'ATTEGGIAMENTO SCIENTIFICO
          
          Chiunque tenti di promuovere l'unità della scienza, deve affrontare almeno due questioni fondamentali «Come definire questa cosa, di cui si vuole promuovere l’unità, e cioè la scienza?» e «Che tipo di unità è fattibile o desiderabile?» .Queste pagine rappresentano le conclusioni che ha raggiunto chi scrive riflettendo su questi due temi. 

          Rispetto alla domanda sul significato di scienza, è necessario proporre una distinzione tra scienza come atteggiamento e metodo e scienza come corpo di conoscenze. Non voglio dire che le due cose possano essere separate, poiché un metodo è un modo di trattare delle conoscenze, e la scienza come insieme di conoscenze è il prodotto di un metodo. Ciascuna esiste solo in relazione all'altra. Un atteggiamento diventa psicopatico se non è diretto agli oggetti fuori di sé. Questo significa, in primo luogo, che atteggiamento e metodo vengono prima del materiale contenuto nei libri, nei giornali, negli atti delle organizzazioni scientifiche; e, in secondo luogo, che l'atteggiamento è rivolto prioritariamente agli oggetti e agli eventi della vita quotidiana, e solo in modo subordinato a ciò che è argomento di scienza. 

                     Detto in altre parole, il metodo scientifico non è patrimonio riservato di coloro che vengono definiti scienziati. L'insieme di conoscenze e di idee che è il prodotto del lavoro, è il risultato di un metodo che è stato  seguito da un numero molto più grande di persone, che hanno interagito in modo intelligente e con apertura mentale con gli oggetti e gli eventi dell’ambiente comune. La scienza, in senso tecnico, è un'elaborazione, spesso altamente tecnologica, di operazioni quotidiane. A dispetto del tecnicismo del suo linguaggio e delle sue procedure, il suo significato genuino può essere compreso solo tenendo presente la sua relazione con atteggiamenti e  procedimenti che possono essere usati da tutte le persone nate con la capacità di agire in modo intelligente. Nel senso comune troviamo atteggiamenti simili a quelli della  scienza nel senso più specializzato, e insieme altri atteggiamenti che sono completamente non scientifici. C'è chi lavora per abitudine o con metodi basati su tentativi casuali, e chi è schiavo di dogmi e guidato da pregiudizi, proprio come c'è chi usa le proprie mani, gli occhi e le orecchie, per ricavare conoscenze da tutto ciò che passa per la sua strada e usa il cervello di cui dispone per estrarre significato da ciò che osserva. 

                     Pochi escluderebbero gli ingegneri dal campo della scienza, e quei pochi cercherebbero di sostenere il loro punto di vista con una distinzione molto dubbia fra un qualcosa chiamato scienza “pura” e qualcos’altro detto scienza “applicata”. 

               Come Karl Darrow ha scritto nella sua Re¬naissance of Science: 
           Molte delle cose che la scienza moderna ha da dirci sono fantastiche e davvero inconcepibili; ma queste cose vengono dette da quella stessa specie di uomini, con la stessa formazione e che usano lo stesso modo di ragionare di chi ha reso possibile di parlare su un cavo con  San Francisco e attraverso le onde dello sp¬azio con Londra, di attraversare l'atlantico in 4 giorni per mare e in 24 ore in aeroplano, di far funzionare una ferrovia con una invisibile energia trasportata attraverso le rotaie, e di¬ fotografare le ossa all'interno del corpo con una luce ¬che nessun occhio può vedere e nessuna fiamma può emettere. 

             Quando i risultati degli ingegneri sono disprezzati come "scienza applicata", si dimentica che le ricerche e i calcoli richiesti per produrre questi stessi risultati sono altrettanto impegnativi di quelli che producono la cosiddetta scienza “pura”. La scienza pura non si applica automaticamente; l'applicazione può avvenire soltanto attraverso l'uso di metodi che è arbitrario distinguere da quelli usati in un laboratorio o in un osservatorio. E se abbiamo parlato dell’ingegnere è perché, una volta che lo abbiamo accettato, non possiamo più escludere nemmeno l'agricoltore, il meccanico e l'autista, in quanto queste persone fanno il loro lavoro con una scelta intelligente dei mezzi e un adattamento intelligente dei mezzi ai fini, e non per abitudine o a caso. D'altra parte, è abbastanza possibile per lo scienziato essere in qualche modo poco scientifico nel formare le sue concezioni al di fuori del suo ambito disciplinare specifico, come fa quando lascia che queste concezioni siano condizionate da premesse non  accettate per tradizione o raccolte dall'atmosfera sociale in cui è immerso. 

              In breve, l'atteggiamento scientifico, com'è qui concepito, è una qualità che si manifesta in ogni passo della vita. E allora che cos'è? Se lo definiamo per negazione, è libertà dalla schiavitù, dall'abitudine, dal pregiudizio, dal dogma, dalla tradizione accettata in modo acritico, dal puro egoismo. In termini positivi è il desiderio di ricercare, esaminare, discriminare, tracciare conclusioni solo sulla base dell’evidenza, dopo essersi presi la pena di raccogliere tutti i dati possibili. E' l’intenzione di raggiungere credenze, e di provare quelle che risultano accettabili, sulla base dei fatti osservati, riconoscendo al tempo stesso che i fatti sono privi di senso a meno che non indichino idee. E', d'altra parte, l'atteggiamento sperimentale che riconosce come, mentre le idee sono necessarie per l'organizzazione dei fatti, esse sono al tempo stesso ipotesi di lavoro da verificare sulla base delle conseguenze che producono.

           Soprattutto è l’atteggiamento che ha radici nei problemi che sono posti e nelle domande che sono sollevate dalle condizioni del contesto. L'atteggiamento non scientifico è quello che sfugge questo tipo di problemi, che si allontana da questi o li nasconde invece di affrontarli. E l'esperienza ci mostra che questa evasione è complementare all’interesse per problemi artificiali e per pretese soluzioni precostituite. Risultano, infatti artificiali tutti quei problemi che non nascono, sia pure indirettamente, da quelle condizioni in cui si determina la vita, compresa l’esperienza sociale. La vita è un processo che si realizza in relazione a un ambiente complesso, sia dal punto di vista fisico sia dal punto di vista culturale. Non c'è forma di interazione con l'ambiente fisico e con l'ambiente umano, che non generi problemi che possono essere gestiti se non con un atteggiamento obbiettivo e con un metodo intelligente. La casa, la scuola, il negozio e l'ospedale presentano questi problemi con la stessa precisione di quanto avviene in laboratorio. Queste situazioni anzi presentano i problemi in modo più diretto e pressante. Questo fatto è così ovvio che sarebbe inutile ricordarlo, se non perché esso dimostra la potenziale universalità dell'atteggiamento scientifico. 

                      L'esistenza di problemi artificiali è anch’essa un fatto innegabile nella storia dell'uomo. L'esistenza di tali problemi, e la spesa di energie per la loro soluzione, sono le ragioni principali per cui le immense possibilità del metodo scientifico sono tanto spesso  incomprese e frustrate. La parola ‘metafisica’  ha molteplici significati, e tutti ritenuti così altamente tecnici da non interessare l'uomo della strada. Ma nel senso in cui metafisico significa che è fuori dall'esperienza, sopra o al di là di essa, tutti gli esseri umani sono metafisici, quando si occupano di problemi che non vengono dall'esperienza e le cui possibili soluzioni vengono cercate fuori dall'esperienza. Gli uomini sono metafisici non solo in filosofia, ma anche in molte delle loro credenze e abiti di pensiero in materia di religione, morale e politica. Lo spreco di energie che ne consegue è decisamente grave. Ma diventa trascurabile in confronto a quello causato da problemi e soluzioni artificiali,  nell’impedire, ostacolare e deviare lo sviluppo ¬dell'atteggiamento scientifico, che è la condotta propria dell’intelligenza.
             
              2. L'UNITA SOCIALE DELLA SCIENZA
         
              Quando passiamo dalla domanda relativa a cosa si intende per scienza alla domanda su cosa si intenda con la sua unità, può sembrare, a prima vista, di aver cambiato campo e di essere su un terreno diverso. Ci si riferisce all'unità della scienza soprattutto in relazione all'unificazione dei risultati della scienza. In questo terreno, il problema del raggiungimento dell'unità della scienza è quello del coordina¬re l’immenso corpo di scoperte specializzate in un tutto sistematico. Si tratta di un problema reale che non può essere trascurato. Ma c'è anche un significato umano, un significato culturale, dell'unità della scienza. C'è per esempio, il problema dell'unificazione degli sforzi di tutti coloro che esercitano il metodo scientifico nel proprio campo, in modo che questi sforzi possano arricchirsi della forza che viene dall’unione. Anche quando un individuo è, o cerca di comportarsi in modo intelligente nella gestione delle sue cose, i suo sforzi vengono impediti, e spesso resi vani, da ostacoli dovuti non solo all'ignoranza, anche all'opposizione attiva contro l’atteggiamento scientifico da parte di coloro che sono influenzati dal pregiudizio, dal dogma, dall'interesse di classe, da autorità esterne, da sentimenti nazionalistici o razziali, o da agenzie altrettanto potenti. Visto in questa luce, il problema dell'unità della scienza costitui¬sce un problema sociale di fondamentale importanza. 

            Al giorno d'oggi, coloro che si oppongono all’atteggiamento scientifico sono numerosi e organizzati, molto più di quanto appaia  ad una analisi superficiale. Nondimeno è grande il prestigio della scienza, soprattutto nelle sue applicazioni pratiche all'industria e  alla guerra. In astratto, pochi verrebbero allo scoperto a dire che sono contrari alla scienza. Ma l’esiguo numero di questi non fornisce una misura dell’influenza di quanti usano i risultati della scienza per favorire interessi privati, di classe o di nazione, attraverso metodi assolutamente non scientifici o antiscientifici. 

                 Gli uomini possono ammirare la scienza, per esempio, perché dà loro possibilità di usare la radio, e poi adoperano la radio per creare condizioni che impediscono lo sviluppo di un atteggiamento scientifico nei campi più importanti dell'attività umana, dove si soffrirà terribilmente per la perdita del metodo. Più in particolare, la scienza non è bene accolta, ma frequentemente respinta, quando “invade”  (una parola usata spesso) il campo già occupato da istituzioni religiose, morali, politiche ed economiche. 

              Portare avanti l'unità dell'atteggiamento scientifico vuol quindi dire portare coloro che lo accettano e coloro che lo influenzano a collaborare insieme attivamente. Questo problema trascende in importanza quello più tecnico dell’unificazione dei risultati delle singole scienze. Ha priorità rispetto a quest’ultimo argomento. Per questo non è eccessivo affermare che la scienza, anche nel suo significato più specialistico è oggi in una congiuntura critica. Essa è costretta a procedere per salvaguardare i suoi risultati. Se arrestasse il suo procedere, verrebbe confinata nel campo in cui ha già ottenuto i suoi risultati, e vedrebbe i frutti delle sue vittorie fatti propri da coloro che li userebbero con metodi antiscientifici e per fini inumani. 

               Di conseguenza, c’è un grande bisogno per coloro che sono animati da un atteggiamento scientifico di confrontarsi sulla collocazione e la funzione della scienza  nella complessa scena della vita. Ne segue che un movimento a favore dell'unità della scienza non ha bisogno, anzi non dovrebbe fermarsi a cercare  una base comune sulla quale cercare consenso. 

               Dovrebbe essere invece un movimento essenzialmente cooperativo, in modo tale che dettagliati e specifici riferimenti e idee comuni risultino dal processo di cooperazione stesso. Pretendere di formularli in anticipo e insistere sulla loro accettazione da parte di tutti è insieme ostacolare la cooperazione e falsare lo spirito scientifico. La sola cosa necessaria in termini di accordo è la fede nell'atteggiamento scientifico e nell'importanza umana e sociale di preservarlo ed estenderlo. 

            Quello che è stato detto non minimizza le difficoltà che nascono dall’alto grado di specializzazioni parcellizzate che oggi caratterizzano la scienza o l’importanza di superare queste difficoltà. Nella maggior parte dei casi coloro che attualmente sono impegnati nelle diverse branche della scienza parlano lingue diverse e non sono in grado di intendersi facilmente. Tradurre da un settore ad un altro non è facile. Di conseguenza i lavoratori tendono a rimanere privi di quegli utili strumenti intellettuali che sarebbero disponibili nel loro settore specifico di interesse se ci fosse una maggiore disponibilità a dare e a ricevere. 

               Ma il necessario lavoro di coordinamento, non può essere fatto meccanicamente  o dall’esterno. Esso stesso può essere solo frutto della cooperazione tra coloro che sono animati da spirito scientifico. La convergenza su basi comuni sarà raggiunta in modo più rapido ed efficace attraverso lo scambio reciproco che accompagna un genuino impegno alla cooperazione. Il tentativo di assicurare l'unità definendo i termini di tutte le scienze in termini di una sola scienza è condannato a fallire in partenza. Nell’edificio che la scienza potrà costruire ci sono diversi appartamenti. Il primo compito, per cambiare metafora,  è costruire ponti tra una scienza e l'altra. Ci sono molti abissi da superare. Mi sembra tuttavia che il bisogno principale è il collegamento delle scienze fisico-chimiche con l’area delle scienze psicologico sociali, attraverso la mediazione della biologia. Probabilmente esprimerò il mio punto di vista o quello di un particolare e probabilmente piccolo gruppo se affermo che la convergenza può essere più facilmente raggiunta considerando come le diverse scienze possono essere insieme portate ad affrontare problemi sociali di natura concreta. 
        
                 Ma è pienamente coerente con lo scopo di questo lavoro dire che l’impegno cooperativo considerato come fine dall’attuale movimento per l'unità della scienza, è indirizzato a chiarire gradualmente le cause delle grandi divergenze attuali e ad indicare dove e come possono essere costruiti ponti sulle voragini che ancora separano chi lavora in campi differenti. 

                 Il metodo scientifico libero ha una storia molto breve, se confrontata con la lunga storia delle forze che non hanno mai provato l'influenza della scienza. Sono ancora fra noi idee che provengono dall'epoca prescientifica, e sono cristallizzate in istituzioni. Non possiamo esorcizzarle ripetendo continuamente la parola  "scienza”. Ciascun ricercatore scientifico è ancora sottoposto alla loro influenza, certamente al di fuori del suo specifico campo d’indagine e talvolta anche all’interno. Solo una costante preoccupazione critica, esercitata con atteggiamento scientifico può portare alla loro graduale eliminazione. In ultima analisi, questa critica dev'essere autocritica. Ma le energie e gli strumenti per l'autocritica possono essere ottenuti solo attraverso la più piena e libera cooperazione. 

              Il progresso del metodo scientifico ha portato con se, dove l’influenza del metodo è stata sentita, un grande aumento della tolleranza. Siamo attualmente in un mondo in cui c’è una crescita accelerata di intolleranza. Penso che parte delle cause di questa crescita possano essere trovate nel fatto che la tolleranza è stata finora una cosa passiva. Noi abbiamo bisogno di un cambiamento, dall'assunzione responsabile della tolleranza passiva alla responsabilità attiva nel promuovere la diffusione del metodo scientifico. Il primo passo è riconoscere la responsabilità promuovere  la comprensione reciproca e la libera comunicazione. 
              
                 3) EDUCAZIONE E UNITA' DELLA SCIENZA 

            Rientra probabilmente nella finalità dell’argomento che sto trattando dire qualcosa sulla relazione del movimento dell'unità della scienza con l’educazione. Ho già ricordato che il metodo scientifico è giunto ad un momento critico della sua  storia, crisi dovuta, in ultima analisi, al fatto  che ultra-reazionari e ultra-radicali, pur riconoscendo il prestigio della scienza in alcuni settori, siano alleati nell'usare le tecniche della scienza per distruggere l'atteggiamento scientifico. Abbiamo ricordato inoltre quanto sia relativamente breve la storia della scienza in confronto a quella delle istituzioni oppongono resistenza alla sua applicazione anche solo per la loro inerzia. Questi due fattori insieme contribuiscono a rendere le agenzie educative il punto cruciale di qualsiasi movimento per raggiungere una maggiore e progressiva unità dello spirito scientifico. 

               Dopo una lunga lotta, le diverse scienze hanno trovato una loro collocazione nelle istituzioni educative. Ma in gran parte esse vivono fianco a fianco con ad altre discipline, che hanno a malapena avvertito il tocco della scienza. E anche questo è tuttavia lungi dall’essere il fatto più deprimente rispetto alla collocazione della scienza nel sistema educativo. Infatti è anche vero che lo spirito con il quale le scienze vengono spesso insegnate, e i metodi didattici impiegati nel loro insegnamento, sono tratti in gran parte da materie tradizionali non scientifiche. 

               Citerò alcuni fatti che confermeranno questa affermazione. In primo luogo, la scienza non ha scarsamente influenzato l'educazione elementare. Tranne poche eccezioni, ha sfiorato i primi anni della scuola elementare. Di fatto questa è l'età in cui la curiosità è più vivace, l'interesse per l'osservazione meno tardo, e il desiderio di nuove esperienze più attivo. E' anche il periodo in cui si formano le basi degli atteggiamenti che controlleranno, in modo più o meno cosciente, atteggiamenti e modi di fare successivi. 

           In secondo luogo, le materie scientifiche sono insegnate prevalentemente come insieme di contenuti, invece che come metodo universale di approccio e di rapporto con la realtà. Ci sono, certo, laboratori ed esercitazioni di laboratorio, e tuttavia questa affermazione rimane fondata. Infatti questi verranno usati soprattutto per fare in modo che gli allievi imparino un qualche insieme di informazioni. L’insieme di informazioni che ne ricaveranno su fatti e su leggi, ha un contenuto diverso da quello fornito in altri studi. Ma fin quando l'ideale rimane l'informazione, le scienze insegnate risultano ancora sottoposte a idee e  procedure che hanno un'origine e una storia prescientifiche. Le esercitazioni di laboratorio e le dimostrazioni in classe possono far parte della normale routine di insegnamento, e tuttavia contribuire poco allo sviluppo di abiti di pensiero scientifico. Infatti, eccetto pochi casi, il semplice carico delle informazioni può esser un fardello mantenuto nella memoria, e non una risorsa per ulteriori pensieri e osservazioni. 

            In terzo luogo, a parte alcuni istituti di ricerca e dipartimenti universitari per laureati, che riguardano un numero di persone relativamente esiguo, la maggior parte del denaro e delle energie vengono spese per istituzioni in cui le persone vengono preparate ad una specifica attività professionale. Questo fatto non è di per sé criticabile, come ho già spiegato parlando di scienza “applicata” e scienza “pura”. Ma questa educazione professionalizzante, così com'è condotta attualmente, è indirizzata a fini ristretti, invece che al fine ampio e liberale di sviluppare interesse e abilità per usare il metodo scien¬tifico in tutti i campi dello sviluppo umano. Ed è certamente possibile, purtroppo, per una persona ricevere vantaggio da questo addestramento specifico e al tempo stesso rimanere indifferente all'uso dell'atteggiamento scientifico in campi che si trovano al di fuori della sua specializzazione professionale. 

             L’ultimo punto  è un corollario. Questa cosa che chiamiamo “scienza” resta tagliata fuori e separata in un suo territorio specifico. Esistono specifici e potenti interessi che si ingegnano per mantenere la scienza separata in modo che la vita quotidiana possa rimanere immune dalla sua influenza. I portatori di questi particolari inte¬ressi temono l’impatto del metodo scientifico nelle questioni sociali. 

               Essi temono questo impatto senza neppure aver formulato la natura e il fondamento del loro timore. Ma ci sono influenze interne alla condizione della scienza nel sistema educativo, che promuovono il suo isolamento. Se le scuole vengono usate con lo scopo di instillare la fede in certi dogmi - un uso in ciò che chiamiamo educazione diventa semplicemente un mezzo di propaganda - e questa tendenza continua a crescere, ciò avvene, in qualche modo, perché la scienza non  è concepita e praticata come il solo metodo universale per affrontare in modo intelligente tutti i problemi. Il movimento per l'unione di quanti lavorano nei diversi campi della scienza  è anch'esso un movimento educativo per quelli che vi prendono parte. Esso è anche precondizione dello sforzo per dare all’atteggiamento scientifico quel ruolo nelle istituzioni educative che potrà creare un sempre maggiore numero di persone che adottino abitualmente l’atteggiamento scientifico nell’affrontare i problemi che incontrano. 

                Ho detto che considero  il riferimento all'educazione coerente con lo scopo di questo lavoro. Da una parte, il futuro dell'atteggiamento scientifico come forza socialmente unificata dipende più dall'educazione dei bambini e dei giovani che da ogni altra singola forza. D'altra parte, l'insegnamento della scienza potrà difficilmente prendere il posto che gli spetta, quale atteggiamento di uso universale, finché coloro che sono già animati  da atteggiamento scientifico  e preoccupati dalla sua diffusione  non cooperino attivamente. La prima condizione da soddisfare è che queste persone si attivino per diventare consapevoli di che cosa sia l’atteggiamento scientifico e di che cosa riguardi in modo da poter essere militanti assidui nello spiegare le sue legittime richieste. 

           Il senso di quanto è stato detto è che l'atteggiamento e il metodo scientifico non sono, in sostanza, altro che il metodo dell'intelligenza libera ed efficace. Le scienze partcicolari rivelano che cosa questo metodo sia e significhi e di che cosa sia capace. Non è fattibile né desiderabile che tutti gli esseri umani diventino esperti di una scienza particolare. Ma è decisamente desiderabile, e in certe condizioni realizzabile, che tutti gli uomini diventino scientifici nei loro atteggiamenti : genuinamente intelligenti nei loro modi di pensare e di agire. Si tratta di un obiettivo realizzabile perché tutte le persone normali hanno quelle potenzialità che rendono questo risultato possibile. Ed è un obiettivo da auspicare, perché questo atteggiamento costituisce in sostanza, la sola e definitiva alternativa al pregiudizio, al dogma, all'autorità, all'uso coercitivo della forza in difesa di interessi particolari. Coloro che sono impegnati nel fare scienza nel suo significato più tecnico, sono ovviamente coloro che dovrebbero assumere un ruolo guida, cooperando tra loro, nel rendere tutti partecipi dell’intrinseca universalità del metodo scientifico.

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