“La situazione politica del mondo e’, nel suo insieme,
caratterizzata da una storica crisi della direzione del proletariato. Da lungo
tempo, i presupposti economici per la rivoluzione proletaria hanno raggiunto il
punto della massima maturità possibile all’interno del capitalismo, Le forze
produttive dell’umanità sono in fase di ristagno. Nuove scoperte e
perfezionamenti non hanno riguardato il tenore di vita materiale (delle stesse
masse). Alla crisi sociale dell’intero sistema capitalistico si accompagna,
contemporaneamente, la comparsa di crisi congiunturali delle masse, sottoposte
a sempre maggiori rinunce e sofferenze. Da parte sua, la crescente
disoccupazione inasprisce la crisi finanziaria dello Stato e scuote lo stesso
labile sistema finanziario. Regimi democratici, come anche regimi fascisti,
passano da una bancarotta all’altra. Alla stessa borghesia non si presenta una
via d’uscita. Nei paesi dove fu costretta a scegliere alla fine la carta del
fascismo, essa precipita ad occhi chiusi in una catastrofe economica e
militare”.
Così Trockij, all’alba della ormai prossima II guerra
mondiale, tratteggiava con estrema lucidità la situazione politica mondiale:
“le
contraddizioni imperialistiche conducono a un vicolo cieco, in cui
inevitabilmente si devono estendere in un rogo mondiale i singoli scontri e i
torbidi sanguinosi limitati localmente (Etiopia, Spagna, Lontano Oriente,
Centro-Europa). La borghesia naturalmente è consapevole del pericolo mortale,
che minaccia con una nuova guerra il suo potere. Ma questa classe oggi è infinitamente
più lontana dalla possibilità di impedire una guerra, di quanto non lo fosse
all’ inizio del 1914.”…” Il momento è ora quello del proletariato, cioè della
sua avanguardia rivoluzionaria. La crisi storica dell’ umanità ritorna ad
essere quella della direzione rivoluzionaria.”…” L’impedimento maggiore sulla
strada di un cambiamento della situazione pre-rivoluzionaria in rivoluzionaria
è il carattere opportunistico della direzione proletaria: la viltà della
piccola borghesia nei confronti della grande borghesia e il suo legame
surrettizio con essa, anche quando è già in agonia….”
L’evolversi
successiva della situazione ha dimostrato quanto giusta fosse l’analisi, non
solo nella previsione della guerra, ma anche, riguardo la caratterizzazione
rivoluzionaria e la sua “possibilità”. Possibilità negata, come mostreranno gli
anni dalla fine della guerra ad oggi. Per Trockij “la crisi della direzione
proletaria conduce ad una crisi della cultura umana”, quindi non solo la
negazione della rivoluzione ormai matura, ma anche e addirittura più grave:
“senza una rivoluzione socialista nel più prossimo periodo storico, l’ intera
cultura dell’ uomo si rovescia in una catastrofe.” Inutile rimarcare
quanto è oggi sotto i nostri occhi: la decadenza morale delle società occidentali
tocca limiti impensabili e l’individualismo estremo, vero e proprio
“egoismo”, unito ad una falsa ma ferrea logica di ”mercato” stanno
nuovamente portando il mondo sulla soglia di una ennesima guerra mondiale. Ma
questo è un altro discorso… Per quel che ci riguarda sarà utile porre
l’attenzione su come, per Trochij si debba, per difendere prima e rilanciare
poi, costruire un percorso di “transizione” che metta il proletariato in
generale e i lavoratori in particolare in grado di difendere i propri interessi
vitali e salvaguardarli da questa situazione distruttiva. “Bisogna aiutare
le masse, nel processo della lotta quotidiana, a trovare l’aggancio tra i
compiti presenti e il programma della rivoluzione socialista. Questo passaggio
dovrebbe consistere in un sistema di obiettivi transitori, che faccia
progredire dalle condizioni attuali e dall’attuale livello di coscienza vasti
strati di classe operaia e li indirizzi verso un solo e decisivo obiettivo,
ovvero la presa del potere.”
E’ interessante notare come Trockij focalizzi l’attenzione
su pochi punti fondamentali ben definiti: la difesa del lavoro, la difesa del
salario, i comitati di fabbrica, l’abolizione del segreto commerciale,
l’esproprio dei grandi gruppi capitalistici (multinazionali), delle banche e la
statalizzazione del sistema creditizio, la milizia operaia e l’armamento del
proletariato. L‘insieme di questi punti dovrà formare il nucleo centrale del
programma con cui l’internazionale socialista potrà rovesciare il capitalismo
mondiale. E, dunque, non un singolo partito comunista ma l’insieme di tutti i
partiti soltanto potrà ingaggiare la lunga lotta, che è anche lotta
d’emancipazione, contro il sistema capitalistico e contro la borghesia fino al
suo definitivo rovesciamento. Da qui la necessità di una azione
internazionalista che vada oltre i limiti degli stati nazionali. In questo
senso una ripresa e un rilancio dell’internazionalismo che ha sempre
caratterizzato il movimento comunista fin da Marx. In questo progetto di
percorso assumono una importanza fondamentale anche le organizzazioni
sindacali. Per Trockij, il sindacato dovrebbe essere la voce del movimento
comunista all’interno del mondo del lavoro, ma che così non sia è evidente per
la natura stessa dell’organizzazione sindacale che vede al suo interno la
presenza di posizioni “subalterne” o anche solo riformiste, tendenti alla
semplice rivendicazione salariale immediata, oltretutto inefficace “perché la
borghesia con la mano destra si riprende il doppio di quello che è stata costretta
a cedere con la mano sinistra”.
E allora sarà compito dei comunisti essere presenti
all’interno delle organizzazioni sindacali in ogni vertenza per riaffermare i
diritti dei lavoratori e per strappare, comunque e sempre, quanto più possibile
per i lavoratori, pur sapendo che:
a) “I Sindacati non sono portatori di nessun programma
rivoluzionario, né questo è il loro compito né lo è il loro stesso modo di
reclutamento, dunque non possono sostituire il partito”.
b) “I sindacati, anche i più potenti, non possono
organizzare oltre il 20-25% dei lavoratori ed in più prevalentemente i più
qualificati e meglio retribuiti. La più parte maggiormente oppressa della
classe operaia solo col tempo verrà trascinata nella lotta, in periodi di
eccezionale ripresa del movimento dei lavoratori”.
c) “I sindacati
sviluppano insieme una forte tendenza a compromessi con i regimi
democratico-borghesi. In momenti di acuta lotta di classe, la direzione dei
sindacati si impegna a conquistarsi la direzione del movimento di massa allo
scopo di renderlo innocuo … in tempi di guerra o di rivoluzione, nei quali la
borghesia si trova di fronte a situazioni eccezionalmente difficili, i leaders
sindacali divengono abitualmente ministri borghesi”…
E’ evidente come Trosckij abbia ben chiari i limiti del
sindacato: “I sindacati non sono un fine in sé, ma solo uno strumento per
costruire la via della rivoluzione proletaria”. Per questi motivi è necessario
“non solo di rinnovare (frequentemente) l´apparato sindacale, ma anche
costruire nuove e per quanto è possibile indipendenti organizzazioni, le quali
esprimano sempre meglio i compiti della lotta di massa contro la società
borghese e non rifuggano spaventate da uno scontro diretto con il “sistema”
conservativo dei sindacati. Se è criminale scrollar le spalle di fronte alle
finzioni settarie delle organizzazioni di massa, non è meno criminale tollerare
passivamente la sottomissione del movimento rivoluzionario di massa sotto il
controllo di cricche burocratiche, neanche tanto nascostamente conservatrici
("progressiste")”.
Un’altra struttura di estrema importanza sarà il comitato di
fabbrica che permetterà di indire: “gli scioperi con occupazione di fabbriche,
che superano i limiti del `normale´ regime capitalistico. A prescindere dalle parole
d´ordine degli scioperanti, la prolungata occupazione delle fabbriche fa
brutalmente saltare l´idolo della proprietà privata. Ogni sciopero con
occupazione pone, nella pratica (Praxis), chi sia il padrone della fabbrica, il
proprietario o l´operaio? … Il comitato di fabbrica, che è in primo luogo
eletto da tutti gli operai e da tutti gi impiegati della fabbrica, da subito
rappresenta un sostegno alla volontà di gestione … I burocrati sindacali, di
regola, si oppongono alla costruzione di comitati di fabbrica, così come si
oppongono al minimo passo nella direzione della mobilitazione delle masse.”
Un altro nodo cruciale da sciogliere sarà l’abolizione del
segreto commerciale: “Il rapporto contabile fra il singolo capitalista e
la società resta un segreto dei capitalisti: non è che riguardi la società! Il
fondamento, cui si richiama il diritto al segreto negli affari è quello stesso
dell´epoca della libera concorrenza, cioè del capitalismo liberale … Il
capitalismo liberale, che si basa sulla concorrenza e sul libero commercio
appartiene irrimediabilmente al passato; i loro eredi, i capitalisti
monopolisti, non solo lasciano vivere l´anarchia dl mercato, ma anzi le danno
una particolare sfrenatezza. In realtà, i trusts non hanno segreti l´un verso
l´altro. Il segreto commerciale di oggi è solo un lato della cospirazione
continua del capitale monopolistico contro la società … L´abolizione dei
segreti commerciali è il primo passo per un effettivo controllo dell´industria
… Non meno dei capitalisti, gli operai hanno il diritto di conoscere i
`segreti´ della fabbrica, dei trusts, di tutti i rami dell´economia nazionale
nel suo insieme”.
Ma è nei momenti di particolare crisi economica che diventa
importante, per i lavoratori, l’istituzione di meccanismi ‘automatici’ di
tutela del lavoro e del salario: “due fondamentali sciagure economiche, nelle
quali è possibile cogliere la crescente assurdità del sistema capitalistico
sono la disoccupazione e l´aumento dei prezzi, che richiedono parole d´ordine e
metodi di lotta universali … contro l'impennata improvvisa dei prezzi, che con
l'avvicinarsi della guerra assumerà un carattere ancor più sfrenato, si può
lottare solo con la parola d'ordine della scala mobile dei salari. Ciò
significa che i contratti collettivi devono assicurare l' aumento automatico
dei salari in relazione all'aumento dei prezzi dei beni di consumo. Per evitare
la propria distruzione, il proletariato non può accettare la trasformazione di
un numero sempre maggiore di operai in poveri perennemente disoccupati, che si
nutrono delle briciole di una società in disgregazione, Il diritto al lavoro
è l’unico diritto serio rimasto all’operaio in una società basata sullo
sfruttamento. Di questo diritto egli è oggi continuamente privato. Contro la disoccupazione
sia ‘strutturale’ che ‘congiunturale’, è giunta l’ora di avanzare , insieme
alla parola d’ordine dei lavori di pubblica utilità, quella di una scala mobile
delle ore lavorative. I sindacati e le altre organizzazioni di massa devono
unire operai e disoccupati in un legame di solidarietà basato sulla
responsabilità reciproca. Su queste basi tutto il lavoro disponibile potrà poi
essere diviso tra tutti i lavoratori in relazione alla durata della settimana
lavorativa. I salari, con un minimo rigorosamente garantito, verranno adeguati
all’andamento dei prezzi … non si tratta di un «normale» scontro tra interessi
materiali contrapposti. Si tratta di difendere il proletariato dalla disfatta,
dalla demoralizzazione e dalla rovina. Si tratta di una questione di vita o di
morte per l'unica classe feconda e progressiva e, quindi, del futuro
dell'umanità. Se il capitalismo è incapace di soddisfare le rivendicazioni che
inevitabilmente sorgono dai disastri che esso stesso genera, allora che
perisca. La «realizzabilità» o «irrealizzabilità» è, nel caso in questione, un
problema di rapporti di forza, che può essere deciso solo con la lotta.
Mediante questa lotta, indipendentemente dal suo successo pratico immediato,
gli operai arriveranno a comprendere meglio la necessità di liquidare la
schiavitù capitalistica”… Ed è per questo che i lavoratori e le loro
organizzazioni e strutture: partiti, sindacati, comitati di fabbrica, non
devono rinunciare, anzi devono rilanciare, soprattutto nei momenti di profonda
crisi dell’economia, la minaccia dell’esproprio delle aziende che formano il
nucleo centrale dell’economia e delle banche che ne organizzano e ne
strutturano l’accesso al credito, la speculazione finanziaria, le coperture in
tempo di crisi, gravandone i costi sulle spalle dei soli lavoratori con
licenziamenti, riduzioni di salario, precariato. Naturalmente Trosckij è
ben consapevole che solo dopo una rivoluzione tutto ciò si potrebbe avverare ma
la parola d’ordine dell’esproprio senza indennizzo serve anche per concretizzarne
ai lavoratori la futura possibilità: “Solo l’esproprio delle banche private e
la concentrazione dell’intero sistema creditizio nelle mani dello Stato
forniranno a quest’ultimo risorse reali, cioè materiali e non meramente
fittizie o burocratiche, per la pianificazione economica” ...
Naturalmente con l’intensificarsi della lotta, con
l’occupazione delle fabbriche, con gli scioperi ad oltranza, inevitabilmente si
alzerà il livello di scontro tra borghesia e proletariato: “Non appena la lotta
degli operai si farà sentire ancora con forza, immediatamente le bande fasciste
triplicheranno, quadruplicheranno, aumenteranno di dieci volte per trasformarsi
in crociate sanguinarie contro gli operai … La lotta contro il fascismo non
comincia nelle redazioni dei giornali liberali, ma nelle fabbriche, per
terminare nelle strade. I crumiri e le guardie armate private che si trovano
negli stabilimenti delle fabbriche sono i nuclei di base delle milizie
fasciste. I picchetti degli scioperanti sono i nuclei di base delle milizie
proletarie … E’necessario dare un’espressione organizzata all’odio legittimo
degli operai nei confronti dei crumiri e delle bande di delinquenti fascisti.
E’ necessario avanzare la parola d’ordine della milizia operaia, unica seria
garanzia dell’incolumità delle organizzazioni, delle riunioni e della stampa
operaie.”
e.se. (Collettivo di formazione marxista "Stefano
Garroni")
Toppe parole. Alziamo le mani e basta.
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