George Orwell è stato impiegato per denigrare il socialismo, ma in realtà il suo atteggiamento era più problematico.
Per comprendere come accettiamo acriticamente la propaganda, che necessita di straordinari apparati, potenziata dai più recenti mezzi informatico-tecnologici, ricostruirò brevemente la biografia di George Orwell, soffermandomi sul modo in cui alcune sue opere – non tutte perché di segno opposto – sono state utilizzate e continuino a esserlo, benché siano in pochi ad averle effettivamente lette. L’autore britannico è utilissimo per trasmettere un certo schema interpretativo (frame), con il quale ci abituiamo a interpretare la realtà che ci circonda, in particolare l’idea che l’Unione Sovietica sia sempre stata un paese totalitario. Ed è proprio a questo scopo che è stata creata la figura di George Orwell e il suo successo, di fatto fomentato non a caso, dei suoi libri 1984 e La fattoria degli animali, che ogni intellettuale di vario orientamento si sente di citare.
Il suo vero nome era Eric Arthur Blair ed era nato in India nel 1903 in una famiglia piccolo-borghese. Tornato in Inghilterra, studiò all’Eton College, dove ebbe come insegnante Aldous Huxley, che fu sua fonte di ispirazione per i suoi romanzi distopici, di cui esistono molteplici esempi spesso dimenticati. Lasciati gli studi, lavorò per la Polizia imperiale birmana, ossia nell’apparato colonialistico, per distaccarsene nel 1928, recandosi a Parigi, dove condusse una vita difficile e cominciò la sua attività di scrittore. Lì adottò lo pseudonimo di George Orwell, quando nel 1933 pubblicò il libro Senza un soldo a Parigi e a Londra.
I servizi segreti cominciarono a occuparsi di lui, spirito ribelle e bohémien, quando negli anni ’30 iniziò a lavorare per il giornale «Worker’s Life» e visse per un certo periodo a Wigan, una città mineraria nel Nord dell’Inghilterra, dove svolgeva ricerche sulla vita della classe operaia e abitava in un appartamento fornitogli dal partito comunista locale. In quegli anni anche in Gran Bretagna forti erano i timori per l’espansione del comunismo sovietico e non era facile cosa pensare di un personaggio così originale e anticonformista come Blair. La Special Branch (Sezione speciale dei servizi segreti britannici) lo definì un uomo di “opinioni comuniste avanzate”, ma l’MI5 (Military Intelligence, Sezione 5) comprese che in realtà non si trovava d’accordo con il Partito Comunista. Il frutto delle sue ricerche di quegli anni fu il libro La strada verso Wigan Pie (1937), sulle condizioni miserevoli della classe operaia inglese prima della Seconda guerra mondiale, che ovviamente è caduto nel dimenticatoio.
Probabilmente Orwell, avvicinatosi al comunismo, dopo aver combattuto nella guerra di Spagna ed essere stato ferito alla gola, divenne un convinto antistalinista. Atteggiamento documentato nel suo Omaggio alla Catalogna, pubblicato nel 1938, prima della fine della sanguinosa guerra civile. Mentre in precedenza era stato vicino al Poum (Partito Operaio di Unificazione Marxista), giunto a Barcellona, dopo essere stato 3 mesi al fronte, egli scrisse di sentirsi più affine agli anarchici, la cui tradizione in Spagna era molto forte. Avrebbe voluto essere incorporato nella Colonna internazionale comunista e partire per difendere Madrid. Purtroppo la situazione di Barcellona era assai critica a causa dell’aspro conflitto tra l’organizzazione sindacale anarchica Cnt e la socialista Unione generale dei lavoratori vicina ai sovietici. Il conflitto, generato dalla contraddizione tra la necessità di portare la guerra contro Franco e la volontà di intraprendere al contempo la rivoluzione sociale, sfocerà nel maggio del 1937 in uno scontro armato, cui egli stesso parteciperà, per poi allontanarsi dal paese, insieme con la moglie Eileen Blair; entrambi erano sorvegliati dalla polizia segreta sovietica Nkvd, come risultò da documenti resi noti successivamente.
È diventato un luogo comune che 1984, forse ispirato dalla sua prima moglie, e La Fattoria degli animali siano stati scritti da Orwell per denunciare il funzionamento del regime totalitario di Stalin, benché l’aggettivo totalitario venga usato spesso in maniera generica e semplicistica. In realtà, come sempre accade, le cose sono molto più complicate. Benché Orwell avesse conosciuto gli stalinisti in Spagna e avesse combattuto contro di loro (in realtà il fronte comunista era diviso), non era mai stato in Unione Sovietica e i suoi scritti sulla classe operaia inglese mostrano che certamente non nutriva un’idea positiva del capitalismo e del suo inerente sfruttamento, tanto che – come s’è detto – era sorvegliato. Ragione per la quale probabilmente egli scrisse – credo – per denunciare ogni tipo di regime oppressivo, predatorio e disumano, animato soprattutto dalle sue idee anarchiche, che tuttavia – come vedremo – non si fece scrupolo di contraddire con i suoi comportamenti successivi.
Infatti, sin dal 1949 lo scrittore britannico aveva cominciato a lavorare per l’intelligence britannica, che come le istituzioni di questo genere attirano personaggi dissenzienti e critici per infiltrarsi nei gruppi antigovernativi allo scopo di spiarli e di utilizzarli a loro vantaggio. È nota una sua lista, pubblicata nel 2003 e tratta da un suo taccuino privato, composta grazie alle sue frequentazioni negli ambienti intellettuali, nelle quali comunicava i nomi di comunisti non dichiarati al Dipartimento di ricerca sull’informazione (IRD) del Foreign Office britannico, creato nel 1948 nello scenario della Guerra fredda. Tra i menzionati figurano personaggi come Edward H. Carr, noto diplomatico e storico dell’Unione Sovietica, definito “appeaser only” (conciliante), Charlie Chaplin, cui corrisponde un punto interrogativo, Gordon Childe, studioso della preistoria contrassegnato da due punti interrogativi, John Steinbeck, definito scrittore spurio e pseudonaïf.
Una donna, Celia Kirwan, manteneva i contatti tra l’intelligence e Orwell, ricoverato in un sanatorio perché malato di tubercolosi, e vari documenti palesano la condivisione da parte dello scrittore dell’operato e delle finalità antisovversive dell’Ird.
Lo scrittore morì nel 1950, quando aveva portato a termine la seconda versione di 1984, che già prima della sua pubblicazione era finito nelle mani dell’Fbi, che decise di utilizzare il romanzo nella battaglia ideologica contro l’Unione Sovietica. Da parte loro, a conferma dell’ambiguità del romanzo, i sovietici lo considerarono una rappresentazione critica del mondo capitalistico, e i servizi segreti statunitensi si preoccuparono sempre di controllare l’impatto delle pubblicazioni di Orwell negli ambienti universitari. Anche oggi, qualcuno si riferisce a questo romanzo per illustrare il carattere disumano della società neoliberale, liberticida e bellicista.
Quanto, invece, alla Fattoria degli animali, il suo impiego ideologico fu più imponente. I servizi segreti britannici e statunitensi presero contatto con la seconda moglie di Orwell per comprare i diritti del libro, il cui finale fu cambiato, per mostrare che i regimi illiberali possono essere sconfitti e per dare così qualche speranza al “mondo libero”.
Questa operazione, che costò milioni di dollari, ebbe uno straordinario successo: furono vendute milioni di copie dei due libri, al contempo il cartone animato, ispirato alla Fattoria degli animali, ha avuto milioni di spettatori e una diffusione capillare. D’altra parte, benché spia, ideologo controverso e forse plagiatore, non si può negare che Orwell sia stato un grande scrittore, che non disdegnò di essere usato contro quelli che definiva, non so quanto convintamente, “compagni di viaggio”.
Così Raymond Williams, marxista britannico, spiega la duplicità dello scrittore dovuta sostanzialmente ai suoi ideali anarchici, fondata su un paradosso. Da un lato, in quanto anticapitalista, era attratto di varie forme di associazione socialista, che inevitabilmente implicano certi gradi subordinazione e di accettazione, verso le quali mostra tutta la sua insofferenza, esiliandosene e allontanandosene. In questa sua ricerca inquieta finisce per affiliarsi ai servizi segreti, la cui natura innegabile sta proprio nella negazione della libertà, nella pratica della sorveglianza, nella manipolazione delle menti.
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