Traduco una gran parte del manoscritto di Marx, risalente
al 1844 e dedicato al lavoro estraniato, con lo scopo di mostrare il nesso fra
analisi dialettica e costruirsi della critica marxiana dall’interno stesso
della elaborazione economica classica. Ciò significa che se il punto di vista
di Marx non è un’elaborazione solo individuale, per quanto geniale, lo si deve
proprio al suo profondo legame con l’oggettiva storia della teoria economica.
E’ partendo, infatti, dalla prospettiva, dal linguaggio e dalla grammatica
della esistente riflessione economica, che Marx può mostrarne le difficoltà, le
insufficienze ed il carattere ideologico (ovvero di coscienza, che sorge per
santificare determinati interessi di classe, spacciandoli per espressione
oggettiva di una condizione, sostanzialmente non modificabile). In altri
termini, è l’impostazione dialettica della sua critica, che consente a Marx di
prospettare il superamento della prospettiva (nazional-) economica –il che
ribadisce il carattere ‘scandaloso’ della dialettica, in quanto rivoluzionaria
per la sua stessa essenza.
Per il testo tedesco mi servo di K. Marx, Texte
zu Methode und Praxis II. Pariser Manuskripte 1844, Rowohlt 1966.
Siamo partiti –scrive Marx(50)- dai presupposti della
Nationalökonomie (wir haben ihre Sprache und ihre Gesetze
akzeptiert); ciò significa che Marx ha accolto questi presupposti e questo
vocabolario, cioè: la proprietà privata, la separazione (Trennung)
di lavoro, capitale e terra, così come la divisione del lavoro, la
concorrenza, il concetto di valore di scambio, ecc. Servendoci delle stesse
parole della Economia Nazionale (d’ora in avanti NE), abbiamo mostrato che il
lavoratore si abbrutisce nella condizione di merce e, perfino, della merce più
povera; abbiamo mostrato inoltre che la miseria dei lavoratori è in rapporto
inverso con il potere e l’ammontare della loro produzione. Abbiamo mostrato che
necessario risultato della concorrenza è l’accumulazione del capitale in poche
mani, dunque, la più spaventosa restaurazione del monopolio. Altra necessaria
conseguenza è che le diverse forme di proprietà e di lavoro dipendente si
riducono alla polarità proprietari/lavoratori privi di proprietà.[1] (51)
Die
Nationalökonomie geht vom Faktum des Privateigentums aus. Sie erklärt
dasselbe nicht. Sie faβt den materiellen Prozeβ des Privateigentums, den es in der Wirklichkeit duchmacht, in
allgemeine, abstrakte Formeln, die ihr dann als Gesetze gelten. Sie begreift
diese Gesetze nicht, d.h. sie weist nicht nach, wie sie aus dem Wesen des
Privateigentrums hervorgehn.[2] (51).
La NE non ci dà alcun chiarimento (Aufschluβ) circa
la separazione di lavoro e capitale e di capitale e terra; quando la NE
definisce il rapporto tra lavoro salariato e profitto di capitale, per essa
vale come fondamento ultimo l’interesse dei capitalisti – il che significa che
essa presuppone ciò che dovrebbe sviluppare; la NE ripete l’errore anche
rispetto alla concorrenza, la quale fa semplicemente la sua comparsa ad un
certo punto, senza che ne venga mostrata la necessità, dato il contesto storico
capitalistico –di nuovo, dunque, si dà un fatto, senza averne costruito il
concetto, ovvero la necessità, posta una certa legge di sviluppo/svolgimento (Entwicklung):
ciò che mette in movimento la NE è l’avidità e la concorrenza, ovvero la guerra
tra gli avidi.[3]
Proprio perché la NE non concettualizza la connessione,
propria del movimento, per la NE, concorrenza, libertà di impresa, divisione
proprietaria del suolo sono conseguenze casuali, arbitrarie e violente, non
vengono dunque concettualizzare e svolte (sott. mia, SG)[4]
come necessarie, inevitabili, naturali conseguenze del monopolio, della
corporazione e della proprietà feudale.
Le varie forme di estraniazione (Entfremdung) vanno
concettualizzate come conseguenze del sistema monetario (Geldsystem).
(51s). A p. 52a, Marx già usa la critica alla robinsonata la quale è, anche,
una forma di entificazione –un problema, che non viene né posto né risolto, ma
trasformato in una situazione originaria (Urzustand) – anche la
robinsonata, dunque, rientra nella denuncia della Entfremdung. Il
nazionaleconomista sottende nella forma di cosa, di un evento, ciò che dovrebbe
dedurre, precisamente il rapporto tra due cose, per es. il rapporto tra
divisione del lavoro e scambio (unterstellt in der Form der Tatsache, des
Ereignisses, was er deduzieren soll, nämlich das notwendige Verhältnis zwischen
zwei Dingen, z. B. zwischen Teilung der Arbeit und Austausch): analogia
con l’uso, che la teologia fa del peccato originario (una storia, un evento
dato come spiegazione di un problema).[5]
Prendiamo le mosse da un attuale fatto nazionaleconomico. Il
lavoratore diventa di tanto più povero, di quanto più ricchezza produce, di quanto
la sua produzione acquista in potere ed in estensione. Tanto più il lavoratore
diviene una merce a basso costo, quanta più merce egli produce. Stanno in
rapporto diretto la valorizzazione (Verwertung) del mondo delle cose e
la svalorizzazione (Entwertung) del mondo umano; la produzione di merci
non produce solo queste ultime, ma anche la figura del lavoratore salariato. Il
risultato di questo fatto non esprime altro che questo: l’oggetto, che il
lavoro produce, il suo prodotto, gli appare come ein fremdes
Wesen, come un potere indipendente, contrapposto ai lavoratori. Das Produkt der Arbeit ist die
Arbeit, die sich in einem Gegenstand fixiert, sachtlich gemacht hat, es ist
die Vergegenständlichung der
Arbeit. Diese Verwirklichung der Arbeit erscheint in dem nationalökonomischen
Zustand alsEntwicklung des Arbeiters, die Vergegenständlichung
als Verlust und Knechtschaft des
Gegenstandes, die Aneignung als Entfremdung, als Entäβerung. (Il prodotto del lavoro è il
lavoro, che si è fissato in un oggetto, che si è fatto ‘cosa’: esso è
l’oggettivazione del lavoro. Questa realizzazione del lavoro appare nella
condizione nazionaleconomica come sviluppo del lavoratore, l’oggettivazione
come perdita e schiavitù dell’oggetto, l’appropriazione come estraniazione, come
alienazione). La realizzazione del lavoro appare altrettanto
derealizzazione dell’operaio, che si sviluppa fino alla morte per fame.
L’oggettivazione appare di tanto perdita dell’oggetto, che il lavoratore è
derubato degli oggetti necessari non solo per vivere, ma anche per
il lavoro.(52)
Nella destinazione, secondo cui il lavoratore si rapporta al
prodotto del suo lavoro come ad un oggetto, che gli è estraneo,
sono implicite tutte queste conseguenze. Infatti da questo presupposto risulta
con chiarezza che quanto più il lavoratore si perfeziona (sich arbeitern),
d’altrettanto cresce la potenza del mondo reificato (gegenständliche),[6]
estraneo ed ostile (fremde), che egli stesso si pone di contro;
d’altrettanto diviene più povero egli stesso e il suo mondo interno, che sempre
meno gli appartiene. Lo stesso capita con la religione: tanto più l’uomo pone
in dio, tanto meno conserva in se stesso. Il lavoratore pone la sua vita
nell’oggetto; ma con ciò egli non appartiene più a se stesso, ma sì
all’oggetto. Tanto più grande è, dunque, questa attività, tanto più il
lavoratore è privo di oggetto. Ciò che è il suo prodotto, non lo è per lui
stesso: tanto più è grande il suo prodotto, tanto meno lo è egli stesso.
L’alienazione (Entäuβerung) del lavoratore nel suo prodotto ha il
significato non solo che il suo lavoro diviene un oggetto, cioè un’esistenza
esterna; ma che il lavoro esiste al di fuori di lui, indipendentemente
e come qualcosa di estraneo/nemico da lui e l’autonomo potere del lavoro gli si
contrappone, perché la vita, che egli ha dato all’oggetto, gli si oppone come
un che di estraneo (fremd) e nemico (feindlich).(52s)
Analizziamo più da vicino l’oggettivazione, il prodotto del
lavoratore e la sua estraniazione, la perdita dell’oggetto, del suo prodotto.(53)
Il lavoratore non può far nulla senza la natura, senza l’esterno mondo
sensibile. Questo mondo è la materia, in cui il lavoro si realizza, nella quale
esso è attivo, da cui e attraverso cui il lavoro produce. Ma come la natura
offre al lavoro il mezzo di vita, nel senso che il lavoro non può vivere senza
oggetti, sui quali si eserciti, d’altro lato essa offre anche gli strumenti di
vita in senso stretto, ovvero i mezzi per la sussistenza fisica del lavoratore
stesso. Sotto questo duplice rispetto, dunque, il lavoratore diviene
schiavo del suo oggetto: in primo luogo, perché egli è un oggetto del
lavoro, cioè egli contiene lavoro, in secondo luogo, perché egli
può esistere come oggetto fisico. Il culmine di questa schiavitù è che egli
solo come lavoratore può conservarsi come soggetto fisico e che egli è
lavoratore solo in quanto soggetto fisico.(53).
L’estraniazione del lavoratore nel suo oggetto, secondo le
leggi della NE, si esprime nel fatto che tanto più il lavoratore produce, tanto
meno ha da consumare; maggior valore egli produce, tanto più si svuota di
valore e perde in dignità; di tanto dà forma al suo prodotto, d’altrettanto il
lavoratore si deforma; di tanto civilizza il proprio oggetto, d’altrettanto il
lavoratore si imbarbarisce, di tanto si fa potente il lavoro, d’altrettanto si
fa impotente il lavoratore; di tanto si arricchisce di cultura il lavoro,
d’altrettanto si priva di cultura il lavoratore e lo si fa schiavo della
natura.
La NE nasconde l’estraniazione nell’essenza del lavoro(54)
col non analizzare l’immediato rapporto del lavoratore (del lavoro) con la
produzione. Tuttavia. Il lavoro produce cose meravigliose per i ricchi, ma
spoglia (entblöβen) il lavoratore. Il lavoro produce palazzi, ma tane
per i lavoratori. Il lavoro produce bellezza, ma per i lavoratori catapecchie (Verkrüppelung).
La NE sostituisce il lavoro con le macchine, ma riconsegna una parte dei
lavoratori ad un lavoro barbarico e riduce l’altra parte a macchina. La NE
produce spirito (Geist), ma anche idiozia e cretinismo per i lavoratori.
L’immediato rapporto del lavoratore con i suoi prodotti è il rapporto del
lavoratore con gli oggetti della sua produzione.[7] Il rapporto del ricco [letteralmente,
des Vermögenden] con gli oggetti della produzione e con questa stessa
è solo una conseguenza di quel primo rapporto – e così lo conferma. Quando ci
chiediamo quale sia il rapporto essenziale del lavoro, ciò che ci chiediamo è quale
sia il rapporto del lavoratore con la produzione.
L’Entfremdung non si mostra solo nel rapporto fra l’operaio
e il risultato della produzione, ma anche nell’atto della produzione … Il
prodotto è solo il risultato dell’attività di produzione. Se dunque il prodotto
del lavoro è l’Entäuβerung, allora la stessa produzione deve essere la
pratica Entäuβerung dell’attività, l’attività dell’Entäuβerung …
In cosa consiste la Entäuβerung del lavoro? In primo luogo,
che il lavoro è esterno al lavoratore, cioè non appartiene
alla sua essenza (Wesen), nel fatto cioè che nel suo lavoro egli non si
afferma, ma si nega, non si sente soddisfatto ma infelice, non sviluppa alcuna
energia libera e culturale (geistig), ma piuttosto si abbrutisce
fisicamente e rovina culturalmente. Il lavoratore si sente presso di sé al di
fuori (auβer) del lavoro, mentre nel lavoro si sente estraneo a
sé.(55)
Zu Hause ist er, wenn er nicht arbeitet, und wenn er
arbeitet ist er nicht zu Hause (Il lavoratore è presso di sé quando
non lavora, mentre quando lavora è estraneo a sé).
Non vi è dunque lavoro libero, ma lavoro coatto, obbligato.
Così il lavoro non è la soddisfazione di un bisogno, ma solo un mezzo per
soddisfare bisogni esterni al lavoro stesso. La sua (del lavoro) estraneità (Fremdheit)
si mostra in questo, che non appena venga a mancare una qualche costrizione
fisica o di altro tipo, il lavoro viene evitato come la peste… In fine,
l’esteriorità del lavoro per il lavoratore si mostra in questo, che il lavoro
non è suo proprio, ma di un altro, che non gli appartiene, ma appartiene ad un
altro.
Come nella religione l’attività propria della fantasia
umana, del cervello e del cuore umani opera indipendentemente dall’individuo,
dunque, come una attività estranea, divina o diabolica, analogamente l’attività
del lavoratore non opera come la sua stessa attività. La sua attività
appartiene ad un altro e, per il lavoratore è la perdita di se stesso.
Il risultato di ciò è che l’uomo (il lavoratore) si sente
fonte di libera attività solo nelle sue funzioni animali, nel mangiare, nel
bere, nel procreare, nell’abitare, vestirsi, ecc.; nelle sue funzioni umane,
invece, si sente nulla più che un animale. L’animalesco diviene l’umano e
l’umano diviene l’animalesco.
I due lati dell’Entfremdung: 1) dell’attività pratica
umana, cioè il lavoro, dunque l’Entfremdung del lavoratore
rispetto al risultato del suo lavoro, che gli diviene un’estranea e dominante (mächtig)
oggettività: dieses Verhältnis ist zugleich das Verhältnis zur sinnlichen
Auβenwelt, zu den Naturgegenstänstehenden als einer fremden, ihm feindlich
gegenüberstehenden Welt (questo rapporto è parimenti il rapporto con l’esterno
mondo sensibile, con gli oggetti naturali, come mondo contrapposto estraneo e
nemico).
2) il rapporto del lavoro con l’atto della produzione,
all’interno del lavoro: si tratta del rapporto del lavoratore con la sua stessa
attività, che non gli appartiene, dunque l’attività come sofferenza, la forza
come mancanza di forza, la generazione come svirilimento (Entmannung);
l’autoestraneazione.
Da questi due lati dell’estraniazione se ne ricava un terzo(56): l’uomo è un’essenza generica (Gattungswesen), non solo in quanto
egli fa, praticamente e teoreticamente, del genere –sia proprio che delle altre
cose- un suo oggetto, ma anche … perché egli si rapporta a se stesso come al
genere vivente e attuale, dunque a se stesso come essenza universale e, per
questo, libera.[8]
Abbiamo preso le mosse da un fatto nazionaleconomico,
dall’estraniazione del lavoratore e della sua produzione; abbiamo esplicitato
il concetto di questo fatto: il lavoro alienato, estraniato; abbiamo analizzato
questo concetto, dunque, abbiamo analizzato un fatto nazionaleconomico.[9]
Andiamo più avanti ora nel vedere come il concetto di lavoro estraniato,
alienato nella realtà debba esprimersi e rappresentarsi.
Quando il prodotto del mio lavoro mi diviene una realtà
estranea, nemica, a chi allora appartiene?(59)
Il rapporto estraniato dell’uomo col suo prodotto, proviene
dal rapporto che l’uomo ha con l’altro uomo.
Il lavoro estraniato è il risultato del movimento, che porta
alla proprietà privata.(60)
Note.
[1] - Non necessariamente questo significa che scompaiono le
differenti forme e tipi di proprietà e di lavoro dipendente, ma sì che, quali
che siano quelle diversità, non fanno che sostanzialmente riproporre la
polarità, di cui sopra: Insomma, tutto si riduce alla separazione
capitale/lavoro.
[2] - “L’Economia Nazionale procede dal fatto della
proprietà privata, ma non lo spiega; l’Economia Nazionale coglie il processo
materiale, che la proprietà privata in realtà percorre, sotto l’aspetto di
formule generali, astratte, che per essa valgono come leggi. L’Economia
Nazionale non concettualizza queste leggi, ovvero, essa non sa come derivino
dall’essenza della proprietà privata”. Se confronti questo brano con la
distinzione tra Gesetz (legge) e Wesen (essenza),
che il recensore russo della seconda edizione di Das Kapital.I.
giustamente sottolinea, hai il segno di un linguaggio di Marx, che nel 1844 non
è ancora ben chiaro allo stesso Marx. Ecco la sostanza della recensione russa
del primo libro di Das Kapital: il recensore russo giudica
strettamene realistico il metodo di ricerca di Marx, mentre il suo metodo di
esposizione è infelicemente tedesco-dialettico: di primo acchito, l’esposizione
marxiana è quella del più grande filosofo idealista (Idealphilosoph) –e
tale nel senso tedesco del termine; ciò non toglie che Marx sia ben più
realistico dei suoi predecessori e non certamente un idealista (Idealist)
(MEGA, Band 23: 25). Marx dichiara di aver esposto i tratti fondamentali del
suo metodo nell’Introduzione alla sua “Critica dell’economia
politica”. Così prosegue il recensore russo: per Marx conta solo trovare la
legge (Gesetz), che domina i fenomeni fino a quando hanno una certa forma e
sono in una certa connessione; ma non solo questo, dacchè a Marx interessa la
legge del mutamento, dello sviluppo dei fenomeni, del loro passaggio da una
forma ad un’altra, dall’ordinamento di un insieme ad un altro (MEGA, op.
cit.: 25s). Non appena ha scoperto tale legge, Marx ne studia in dettaglio
le conseguenze, che si manifestano nella vita sociale, scoprire la legge
significa, anche, scoprire il processo, che conduce alla fine di un ordinamento
dato ed al sorgere di un altro, lo vogliano gli uomini o no (MEGA,op.cit.:
26). Marx studia il movimento sociale come un processo di storia naturale:
necessità dell’ordinamento esistente, ma anche del suo superamento in un altro,
quale che sia la volontà e la coscienza umana. Il punto di partenza del
movimento storico non è l’idea, ma sono piuttosto le manifestazioni esteriori.
Va notato come Marx commenti lo scritto del recensore russo: questi non ha
fatto altro che esporre il metodo dialettico. (MEGA, op.cit.: 27).
[3] - Marx usa il verbo entwickeln, dunque, per
lui significa . Pagina di Hegel, che mi pare utile per comprendere in
che senso la storia sia la Entwicklung dello spirito, nel senso disvolgimento/costruzione :
"lo sono attitudine, facoltà, dapprima solo naturale; questa attitudine
non è dunque identica a me in quanto soggetto, in quanto pura soggettività, e
così ciò che in me è dapprima solo in quanto natura, poiché non è identico con
me, col mio sapere e col mio volere, non è in mio potere; io non ne sono in
possesso, si tratta di qualcosa di esterno di cui devo ancora prendere
possesso. E’qualcosa che debbo addomesticare, in modo da poterlo usare, da
poterlo padroneggiare. Perché le mie dita, il mio braccio, mi
obbediscano, devo prima addomesticare tali forze, in modo che l'obbedienza
diventi la loro propria natura. Lo stesso vale per le capacità spirituali: la memoria,
l'immaginazione, persino il pensiero deve essere educato, mi deve diventare
famigliare, spedito, in modo che mi sia presente quando voglio che venga
eseguita una determinata attività. Questa è una presa di possesso di
determinazioni inizialmente estranee a me, alla mia volontà, alla mia libertà.”
(Hegel, Le filosofie del diritto: 82-3).
[4] - A conferma del nesso tra begreifen ed entwickeln.
[5] - “So
erklärt die theologie den Urspung des Bösen durch den Sündenfall, d. h. er
unterstelt als ein Faktum,in der Form der Geschichte, was er erklären soll.” (Così
la teologia spiega l’origine del male mediante il peccato originale, vale a
dire che essa sottende come un fatto, nella forma di una storia, ciò che
dovrebbe spiegare).
[6] - Traduco così il termine, perché da tutta la pagina si
ricava la differenza tra il farsi oggetto (alienazione, Entäuβerung)
e il divenire una potenza autonoma, estranea e feindlich (Entfremdung).
[7] - Il senso di questa affermazione è che sfugge al
lavoratore il sistema di relazioni sociali, che rende possibile quel suo
rapporto con l’oggetto,ovvero con la sua attività, ma sotto forma di
oggetto, di cosa e non di
[8] - Sottolinea come solo uscendo dal limite della
individualità, della particolarità escludente, dunque, solo ponendosi dal punto
di vista della universalità, l’uomo è libero.
[9] - La strada da Marx seguita è dichiaratamente hegeliana,
nel senso che dapprima l’empirico è stato ricondotto al suo concetto; in
secondo luogo, questo concetto è stato analizzato, secondo un senso di che non
è puramente formale, ma si identifica piuttosto coll’ enucleare le proprietà
del concetto, che sono proprietà logico-storiche o formali-oggettive. E’ solo
tenendo presente questa precisazione, che si può comprendere come l’analisi di
un fatto nazionaleconomico, sia l’analisi di una oggettiva realtà o situazione
economica.
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