Se questa è la fotografia (terribile) della situazione attuale non ci resta che trarne le dovute conclusioni . E qui cominciano i problemi... come contrastare, anzi come combattere e vincere una battaglia che, appare evidente, è enormemente sbilanciata a favore del nostro nemico mortale: il potere del capitale? Chiaramente questa non è problematica risolvibile a livello individuale o di piccolo gruppo e neanche, come lo stesso Bauman evidenzia, a livello locale, nazionale. Se il potere ormai si esprime globalmente sarà lì che lo scontro dovrà giocarsi. E solo se sapremo costruire solide organizzazioni a livello internazionale ci si potrà confrontare col nemico da pari a pari. Starà alla capacità delle organizzazioni dei lavoratori trovare fronti comuni di lotta che superino i vincoli di un perdente localismo.

Ma noi ancora annaspiamo, insultandoci e, peggio, massacrandoci in assurde dispute intestine additando i nostri stessi compagni come i peggiori nemici da abbattere. (c'è ancora chi inneggia a Stalin maledicendo Trockij e viceversa... ridicolo). C'è da credere che ci sia lo zampino del nemico nel favorire tutto ciò... personalmente credo sia arrivato il momento di accantonare simili dispute e pensare seriamente a costruire Altro, che non vuole dire necessariamente nuovo, di nuovo sotto il sole c'è davvero poco. Altro significa, per esempio, recuperare quanto (tanto) di buono il movimento comunista ha saputo teorizzare nel corso della sua breve storia, rielaborarlo alla luce della situazione attuale e, possibilmente, evitare di rifare gli errori che hanno segnato le nostre dure sconfitte (allora sì, l'analisi dei comportamenti giusti e sbagliati dei protagonisti della nostra storia passata può aver senso). Ma Altro significa anche la consapevolezza che le idee che il movimento esprime sono il portato di un lungo cammino che vuole superare i confini, nobili ma limitati, della stessa lotta di classe, perché è dell' emancipazione di tutti che stiamo parlando. Ma, per l'appunto da dove ri-partire? Io credo che ripartire dallo studio, soprattutto lo studio della storia, che è anche storia di civiltà, di scienza, di cultura, sia un percorso vincente. Un'altra via sarà quella di difendere il lavoro dalle bordate distruttive del potere finanziario. Chi l'ha detto che le regole del gioco che stiamo giocando siano le uniche possibili? Seguitare a giocare con regole simili significa condannarsi a priori alla sconfitta. Perché, per esempio, non rilanciare sostenendole richieste quali il ripristino di una scala mobile e l'abolizione del precariato? Perché non imporre dei limiti, sia in basso che in alto, alle pensioni, agli stipendi ai salari? In nome di una equità che sia anche giustizia? Io, noi, pensiamo che ciò sia possibile, e che, semplicemente, serva che se ne ri-cominci a parlare. Ci dicono che bisogna flessibilizzare e precarizzare di più e noi gli rispondiamo che vogliamo un lavoro certo con una retribuzione dignitosa che ci consenta di dedicarci alla nostra vita ai nostri figli in altri termini alla nostra felicità. Dobbiamo tornare a pretendere quelle cose che sono necessarie, per tutti, alla vita: una scuola pubblica valida, una sanità pubblica degna, una previdenza giusta, che ci garantisca una vecchiaia il più lieve possibile... Ci diranno che allora se ne andranno dove le loro regole saranno possibili, e noi gli risponderemo di andare pure dove vogliono ma scalzi e nudi, perché solo così gli sarà permesso d'andare... (Il collettivo)
Zygmunt Bauman e la sua società
individualizzata