mercoledì 18 novembre 2020

Due o tre cose che so di Gramsci. Antonio Gramsci ai Giovani. - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7


Leggi anche: Su Gramsci e la fondazione del Pci - PIERO GOBETTI


"Se si volesse sintetizzare in termini estremi il messaggio di Antonio Gramsci ai giovani del suo tempo, e del nostro - in particolare i giovani proletari ai quali egli si rivolge - esso potrebbe essere un pressante invito all'istruzione (i proletari non possono concedersi il lusso dell'ignoranza, a differenza dei padroni) e all'impegno (ossia alla lotta per l'emancipazione dal dominio borghese) . Il giovane Antonio scelse questa duplice strada quando era ancora studente liceale in Sardegna e vi rimase fedele fino alla morte dopo una lunga penosa detenzione."

                                                                       


martedì 17 novembre 2020

Crisi capitalistica, socializzazione degli investimenti e lotta all’impoverimento - Riccardo Bellofiore, Laura Pennacchi

 Da: Economisti-di-classe-Riccardo-Bellofiore-Giovanna-Vertova - https://sinistrainrete.info - Introduzione all’edizione italiana di Ending Poverty. Jobs not Welfare. In: Hyman P. Minsky, Combattere la povertà. Lavoro non assistenza, traduz. di Anna Maria Variato, Ediesse, Roma, 2014.

Laura Pennacchi è un'economista e politica italiana. - Riccardo Bellofiore, Università di Bergamo, Professore ordinario di Economia politica. -

Leggi anche: IL PROFETA DELLA CRISI. TRIBUTO A HYMAN MINSKY - intervento di Riccardo Bellofiore - 

Fine di un’epoca - Vladimiro Giacché

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio 


Il pensiero di Hyman P. Minsky è tornato d’attualità con l’approssimarsi e poi lo scoppio della crisi finanziaria dell’estate del 2007, la cosiddetta crisi dei subprime, sin dai primi mesi di quell’anno [1]. Era già capitato almeno un paio di volte nel decennio precedente: Paul McCulley di PIMCO aveva evocato un Minsky moment a proposito della crisi russa del 1998 e George Magnus di UBS aveva ripreso il termine nella prima metà del 2007. I più attenti erano stati i bloggisti e gli analisti finanziari. La crisi era giunta come una sorpresa per i più. In realtà, essa covava da tempo, e le sue ragioni tutto avrebbero dovuto apparire meno che misteriose.


La Grande Recessione

La sequenza degli avvenimenti è stata classica. Lo sgonfiamento della bolla immobiliare nel 2005 ha generato, prima, la crisi del mercato dei subprime, con annessi e connessi: fallimento di hedge fund, blocco di leveraged buy out, crisi di banche di investimento. Poi sono venuti i segnali di illiquidità e di stretta creditizia, che hanno fatto temere che l’illiquidità si mutasse in insolvenza. Il castello delle relazioni di debito-credito è andato in fibrillazione, le banche hanno cessato di farsi credito l’un l’altra e la preferenza per la liquidità e per i titoli di Stato si è innalzata drasticamente, così come il premio per il rischio. Il bisogno di un intervento delle banche centrali quali prestatori di ultima istanza è divenuto parossistico, e la spinta ad una riduzione dei tassi di interesse irresistibile. Una successione nota, ma che ha visto stavolta qualche novità nei protagonisti, gli strumenti finanziari che hanno costruito il castello della speculazione.

Questa volta, la crisi dei debitori ultimi, famiglie povere con lavori precari, ha avuto come anello di trasmissione il fatto che le proprietà pignorate perdevano di valore ormai da un po’ e sono iniziate le esplosioni nel campo minato della nuova finanza. Ormai anche l’uomo della strada sa cosa siano i «derivati», le «condotte», i titoli «cartolarizzati» appoggiati sulle ipoteche, le obbligazioni del debito «collateralizzate». Ciò che doveva rendere trasparente il mercato e minore il rischio ha fatto invece collassare le relazioni tra operatori per l’opacità dell’informazione, per la corruzione delle agenzie di rating, per l’impossibilità di sfuggire all’azzardo morale.

Come è noto, quella crisi si è poi sviluppata, almeno a partire dalla metà del 2008, in una Grande Recessione globale che si è estesa, con caratteristiche proprie, al vecchio continente europeo. Una «grande crisi» capitalistica paragonabile soltanto a quel Grande Crollo degli anni Trenta del Novecento (di cui aveva scritto magistralmente John Kenneth Galbraith) e che ha fatto impallidire il ricordo della Grande Stagflazione degli anni Settanta. Da quella crisi non siamo in realtà ancora usciti. Non a torto Paul Krugman e Brad DeLong sostengono che saremmo entrati in una Depressione Minore. Qualcosa che a nostro avviso male si farebbe a ridurre ai problemi, pur gravi e reali, di una distribuzione del reddito squilibrata a danno del lavoro o di semplice insufficienza di domanda aggregata.

domenica 15 novembre 2020

"I Sette Re di Roma" Omaggio a Gigi Proietti



"Leggenda musicale in due tempi" di Luigi Magni, con Gigi Proietti e Gianni Bonagura, per la regia di Pietro Garinei e con le musiche di Nicola Piovani.
Lo spettacolo, rappresentato per diverse stagioni al teatro Sistina (Roma) a partire dal 1989, narra la fondazione di Roma attraverso le gesta dei suoi re, tutti interpretati da Gigi Proietti: ironici, smargiassi, dissoluti, problematici.

                                                                           

sabato 14 novembre 2020

Social e capitalismo crepuscolare (living in a box) - Roberto Fineschi

 Da: https://www.lacittafutura.it Roberto Fineschi è un filosofo italiano (Marx. Dialectical Studies).

Leggi anche: Fenomenologia della Ferragni - Roberto Fineschi

Razzismo e capitalismo crepuscolare - Roberto Fineschi

Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi

Epoca, fasi storiche, Capitalismi - Roberto Fineschi 

Vedi anche: Marx, Hegel ed il metodo. Note introduttive - Roberto Fineschi 

"Le nuove forme di controllo sociale nella società artificiale" - Renato Curcio 

L'impatto delle tecnologie sul lavoro - Renato Curcio

Funzionamento e funzione dei social nelle dinamiche del capitalismo crepuscolare.


Che cosa ci sia dietro ai social è ormai noto a chiunque lo voglia sapere. [1] Mi permetto di fare una breve sintesi di letture e visioni in una prospettiva personale legata ad altre riflessioni recentemente sviluppate sul capitalismo crepuscolare.

1) Costruire la “scatola”

I proprietari di Facebook, Twitter e compagnia cantante sono degli scienziati sociali. Non è una mia nomina ad honorem, lo sono veramente, in particolare sono esperti di psicologia sociale e “comportamentismo”. La nuova alleanza che hanno instaurato è con web designers ed esperti di calcolo, progettisti questi ultimi dei fantomatici algoritmi. Vediamo come funziona questa triplice alleanza. 

1.1) Lo scienziato sociale

I comportamentisti mettono sul tavolo la loro psicologia sociale, ovvero lo studio del comportamento umano spontaneo, automatico, precosciente. Forti di evidenze sia teoriche sia sperimentali sulle modalità di reazione a stimoli di diverso tipo, individuano reazioni standard, soprattutto quelle legate alle pulsioni più profonde e condizionanti dell’animale uomo (piacere, dolore, paura, rabbia, autoconservazione, socialità, appartenenza ecc.). Studiano come innescare delle reazioni automatiche, utilizzando scientemente stimoli che attivino queste pulsioni profonde. In particolare sono interessati a produrre comportamenti in tutto e per tutto identici a quelle che chiamiamo “abitudini”, ovvero che si ripetono senza il ripetersi di uno stimolo esterno, ma che vengono compiuti “spontaneamente” da chi agisce: lo stimolo viene in sostanza introiettato.

Radio Quarantena

 




La radio che ti accompagna durante l'emergenza del Covid-19 con l'obiettivo di favorire la circolazione di idee, esperienze e testimonianze in una dimensione collettiva e d'inchiesta. Sul nostro canale troverete approfondimenti, analisi, interviste e altro materiale informativo sui temi più disparati dell’attualità, con particolare riferimento a problematiche sociali, crisi economica, emergenza sanitaria, situazione del mondo del lavoro, esperienze di lotta e di solidarietà. Chiunque può partecipare, curare una puntata o testimoniarci la propria esperienza!

Seguici ogni mattina per l'Editoriale con Francesco Schettino e a pranzo e a cena con le nostre rubriche di approfondimento a cura di Carla Filosa, Luca De Crescenzo, Marco Morra e Francesco Schettino e tanti altri collaboratori e collaboratrici! 

https://www.spreaker.com/show/radioquarantena


venerdì 13 novembre 2020

I veri responsabili della pandemia e delle sue drammatiche conseguenze - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco

 Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Antropologa) e Aristide Bellacicco (Medico) fanno parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni".

Ascolta anche: Fabio Marcelli: Covid, Trump e Bolsonaro, i flagelli del momento - https://www.spreaker.com/user/11689128/covid-trump-e-bolsonaro-i-flagelli-del-m 

Pandemie: cattiva gestione, uso politico della scienza e disinformazione. A. Ciattini intervista Ernesto Burgiohttps://www.spreaker.com/user/11689128/121120-intervista-burgio


Stiamo vivendo in una situazione assurda e drammatica, chiediamoci chi ci ha portato a questo punto.


Siamo tutti i giorni informati e allertati sull’andamento della pandemia, che è certamente un fatto innegabile e che mette a rischio soprattutto coloro che per vivere debbono uscire di casa ogni giorno, lasciando alla cura di qualcuno (la scuola?) i loro figli. Nonostante questa gran mole di informazioni, spesso contraddittorie e confuse, che suscitano stati d’ansia e di forti preoccupazioni, nulla ci viene detto, a parte la famosa favola della zuppa di pipistrello, sulle origini del virus. Eppure sappiamo che questi virus, il cui arrivo del resto era stato annunciato almeno dal 2003, si producono a causa dell’allevamento intensivo degli animali, da cui si ricava la cattiva carne di cui ci nutriamo. A ciò bisogna aggiungere la deforestazione e la conseguente estinzione di specie animali e vegetali, l’urbanizzazione disordinata che ha provocato l’addensamento abitativo in dimore insalubri e inadeguate; fenomeni questi che hanno fatto saltare le barriere protettive tra mondo umano e mondo animale, dal quale derivano questi virus che trasformandosi colpiscono l’uomo.

Nessuno può affermare che le misure prese dai vari governi abbiano tentato di incidere su questo aspetto, limitandosi questi a blaterare di vaccini che risolveranno tutti i problemi, quando invece, se la complessiva spoliazione della natura continua in questo modo, nuove pandemie si ripresenteranno e saranno necessari sempre nuovi vaccini, nell’attesa dei quali la gente si ammalerà e in alcuni casi morirà. Né per ora ci si è preoccupati di risanare il servizio sanitario nazionale che, come mostrano queste situazioni di emergenza, deve essere completamente ristrutturato per adeguarlo alle necessità attuali, né si sono presi provvedimenti adeguati a rendere pienamente sicure le scuole e le università, i luoghi di lavoro, affidando agli stessi lavoratori – i maggiori interessati – il controllo dell’efficacia delle misure e la loro piena applicazione.

Uno solo è il responsabile delle cause della pandemia e dell’inefficacia del suo controllo: il capitalismo nelle sue forme rapaci quale si è sviluppato dalla fine del miracolo economico per riprendersi i suoi profitti e che, in particolare, nei paesi europei, tra i quali l’Italia, non ha utilizzato i mesi tra la prima ondata e la seconda per affinare le metodologie antipandemia.

martedì 10 novembre 2020

"Nome in codice Ramsay" - Alessandro Barbero

Da: Alessandro Barbero Fan Channel - Alessandro Barbero è uno storico, scrittore e accademico italiano, specializzato in storia del Medioevo e in storia militare.

L' adrenalinica vita di Richard Sorge, nome in codice "Ramsay" , che fu assoldato come agente segreto dall'Unione Sovietica con la copertura di giornalista, ed inviato in diversi paesi europei con il compito di sondare la possibilità per l'insorgere di rivolte comuniste.
                                                                       

lunedì 9 novembre 2020

Usa 2020, la ribellione populista resta ancora lì - Lorenzo Castellani e Giovanni Orsina

 Da: https://open.luiss.it - https://www.huffingtonpost.it - 

Lorenzo Castellani, Ricercatore di Storia delle Istituzioni Politiche alla Luiss di Roma. - Giovanni Orsina è un politologo e storico italiano. 

Leggi anche: Arriva dagli Usa un’altra epidemia: migliaia di morti per mancanza di senso - Vittorio Pelligra 

Il fallimento dell’America - Cornell West 

la fine del sogno americano - Alessandro Carrera 

MAX WEBER. Una riflessione sul destino dell'Occidente e sui limiti del capitalismo contemporaneo - Francesco Fistetti 

La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense - Alessandra Ciattini 

Intervista a Noam Chomsky - a cura di CJ Polychroniou 

Populismo, punti di partenza - Roberto Fineschi 

Stiamo vivendo la prima crisi economica dell’Antropocene - Adam Tooze


Se i dati riportati in questo articolo sono veri, devono farci pensare. La vittoria democratica, che forse in se stessa può anche non dispiacerci, nasconde di fatto una realtà sociale che, anche in virtù del particolare sistema elettorale statunitense, non si sente e non è rappresentata da Biden? E, a quanto sembra, si tratta di settori non irrilevanti della stessa classe operaia e di altri gruppi socialmente svantaggiati, che forse avevano visto nel populismo di Trump una sorta di difesa dagli effetti della globalizzazione.  Ė pur vero che Biden ha raccolto i voti degli afro-americani, i quali certo non potevano stare con Trump. Ma a nostro avviso c'è di che riflettere sullo scollamento fra i progressisti "liberal" e il ventre arrabbiato, impoverito ed emarginato di una parte consistente dei cittadini statunitensi bianchi. Si può anche fare un paragone con il referendum sulla Brexit, dove risultò decisivo il voto delle classi povere che dell'Europa non volevano più saperne. Forse, anche se ci costa dirlo, ha ragione D' Alema quando, proprio ieri, ha detto che queste elezioni non hanno risolto nessun problema. Basterà mettersi le mascherine come sicuramente raccomanderà il neo-eletto? È possibile che l'intellettualità nordamericana, compresa quella di colore, non sia più, se mai lo è stata, in sintonia con gli umori dei più poveri e dei meno politicizzati. Che però sono operai e contadini.  Come la mettiamo? (il collettivo)

Biden e le radici persistenti del populismo 

L’onda blu mancata

L’impatto della vittoria di Joe Biden non può essere sottovalutato: com’è ovvio, è tutt’altro che irrilevante – per gli Stati Uniti, ma anche per l’Europa e l’Italia – se alla Casa Bianca nei prossimi quattro anni vivrà Trump o alloggerà un Presidente democratico. Ma è pure tutt’altro che irrilevante che l’“onda blu” pronosticata da sondaggi e osservatori, la “landslide victory” di Biden, abbia mancato di materializzarsi. In un’elezione quanto mai combattuta e partecipata, segnata dall’emergenza pandemica, un presidente uscente estremamente controverso, detestato dall’establishment governativo e imprenditoriale, più che disprezzato dal ceto intellettuale e dalla maggior parte dei media, accusato nientemeno che di essere un pericolo per la democrazia, è riuscito a conservare quasi intatto il blocco elettorale che lo aveva portato alla Presidenza quattro anni fa. Con ogni evidenza quel blocco – minoritario, ma a malapena – ha radici profonde. E altrettanto evidentemente, la sinistra non riesce a scalfirlo altro che in misura marginale, anche se ha messo in campo tutta la sua considerevole potenza di fuoco politica, mediatica e culturale.

Un’America profondamente divisa

domenica 8 novembre 2020

50 anni di relazioni (Italia-Cina) ed un futuro tutto da scrivere - Francesco Maringiò

Da: http://italian.cri.cn - https://www.marx21.it - Francesco Maringiò, Presidente dell’Associazione italo-cinese per la promozione della Nuova Via della Seta e curatore del libro "La Cina nella Nuova Era, Viaggio nel 19°Congresso del PCC", LA CITTA' SEL SOLE 

Ascolta anche: Alessandra Ciattini intervista Francesco Maringiò - USA vs Cina - La visita di Mike Pompeo in Asia (https://www.spreaker.com/user/11689128/051120-pompeo-in-asia-maringio-online-au?fbclid=IwAR3S2qsE_g9AHuLFXkkvWwlYyfngy76WX8tJKUjnwsHlCl2UEyYQ1lVjk2I)

Leggi anche: La Cina corre... 

- La Nuova Era cinese tra declino Usa e debolezze Ue - 

I rischi della guerra economica Usa-Cina - Vincenzo Comito

La nuova via della seta. Un progetto per molti obiettivi - Vladimiro Giacché

La Cina nel processo di globalizzazione*- Spartaco A. Puttini

Questioni relative allo sviluppo e alla persistenza nel socialismo con caratteristiche cinesi - Xi Jinping

Una teoria del miracolo cinese*- Cheng Enfu, Ding Xiaoqin**

La trappola di Tucidide - Andrea Muratore

"Cina 2013" - Samir Amin

L'Occidente arretrato e l'Oriente avanzato*- Emiliano Alessandroni

Giovanni Arrighi, “Adam Smith a Pechino” - Alessandro Visalli

Cos’è davvero la Cina? - Intervista a Domenico Losurdo

L’economia reale è sulla Via della seta - Pino Arlacchi

Vedi anche: - OLTRE LA GRANDE MURAGLIA. LA CINA E' DAVVERO UN PERICOLO? -

LA CINA SPIEGATA BENE - Michele Geraci

L’Italia e la Cina hanno avviato scambi culturali già dal II sec. a.C.: la prima legazione romana in Cina fu registrata nel 166 a.C., sessant'anni dopo le spedizioni del generale Ban Chao e l’invio di un emissario a Da Qin, esonimo con cui i cinesi indicavano l’impero romano. Questa affascinante storia si è poi arricchita di altre straordinarie gesta che sono diventate leggendarie non solo per la storia dei due paesi, ma per il confronto stesso tra Oriente ed Occidente.

È con questo importante bagaglio storico che quest’anno celebriamo il cinquantesimo delle relazioni bilaterali tra i due paesi. È una tappa importante, che merita non solo di essere approfondita tra gli esperti ma sperimentare una riflessione più vasta, come quella che sta promuovendo questa prestigiosa rivista a cui sono grato per l’invito rivoltomi a svolgere alcune riflessioni.

Possiamo individuare cinque diverse fasi nel rapporto diplomatico tra Italia e Cina: 1) dalla fondazione della RPC allo stabilimento delle relazioni nel 1970, 2) dall’apertura dell’Ambasciata italiana a Pechino ai primi anni ’90, 3) dalla fine della Prima Repubblica in Italia (1992) alla firma della partnership strategica (2004), 4) da questa al 18° Congresso del PCC ed infine 5) la fase attuale, ancora tutta da scrivere.

La prima fase (non ufficiale) delle relazioni ha posto le basi per la normalizzazione dei rapporti ed il riconoscimento della RPC e del suo governo. Sono stati anni importanti di contatti e relazioni che ci danno la percezione del lungo embargo diplomatico a cui è stato sottoposto il gruppo dirigente cinese. Alla Repubblica Popolare in quegli anni veniva negato anche il seggio alle Nazioni Unite (vi entrerà nel 1971). Il riconoscimento italiano ha favorito il percorso di riconoscimento di Pechino nella comunità internazionale.

Con l’apertura dell’Ambasciata d’Italia in Cina (1970) è iniziata per il Belpaese una fase pioneristica di conoscenza e comprensione della realtà cinese, così profondamente cambiata dall’epoca delle concessioni e della terribile esperienza coloniale. Sono stati anni intensi che hanno permesso di cogliere anche la portata delle trasformazioni che la Politica di Riforme ed Apertura aveva cominciato a produrre.

I primi anni ’90 sono stati invece un passaggio di fase molto delicato per l’Italia: lo sgretolamento dei partiti tradizionali ed i cambiamenti internazionali con la fine del mondo bipolare hanno innescato una lunga fase di transizione ed incertezza, con ripercussioni anche nelle relazioni tra i due paesi e relative occasioni mancate ed opportunità perse. La svolta si è avuta con la firma del Partenariato Strategico che ha costruito un meccanismo permanente di dialogo tra Italia e Cina. Questo avvenimento ha incentivato gli investimenti diretti esteri italiani nel paese asiatico (appena entrato nel WTO), migliorando la percezione in patria delle trasformazioni in corso e delle opportunità che si presentavano per la comunità internazionale: sono l’economia ed il commercio a suscitare principale interesse all’estero.

Questa percezione muta con il 18° Congresso del PCC e le riforme adottate: la Cina entra in una fase di “nuova normalità” modificando completamente le direttrici strategiche del suo sviluppo economico, diventa sempre più un attore globale grazie al contributo fornito alla cooperazione internazionale ed alla politica di sicurezza e, non da ultimo, si fa portatrice di una iniziativa globale che, sotto il nome di Belt and Road Initiative, è destinata ad avere un impatto sullo sviluppo di tutta l’area eurasiatica e del mondo intero. Da questo momento la classe dirigente italiana ha capito che non si poteva più restringere il campo della cooperazione bilaterale con la Cina ai soli dossier commerciali e che bisognasse dare vita ad una relazione omnicomprensiva, riguardante tutti gli aspetti centrali della diplomazia, dell’economia e della cultura. È per queste ragioni che i settori più accorti del paese hanno lavorato per giungere alla firma del Memorandum of Understanding del marzo del 2019, attestando l’Italia a primo paese del G7 ad entrare nel club delle nazioni aderenti alla BRI.

Tuttavia questa consapevolezza non è ancora pienamente matura in tutta la società italiana, complice l’assenza di interessi radicati e capaci di strutturare una strategia nazionale condivisa, assieme ad una percezione esatta di cosa sia oggi la Cina contemporanea. Per queste regioni si sente l’esigenza, oggi più di ieri, della nascita di un pensatoio strategico comune tra i due paesi, capace di costruire e sedimentare un insieme di visioni ed esigenze in grado di essere raccolte dalla classe imprenditoriale e politica ed essere trasformate in una proposta strategica di grande visione prospettica.

Mentre si staglia all’orizzonte il pericolo di una recrudescenza delle relazioni internazionali, si apre un nuovo spazio di manovra per paesi che vogliono ambire ad operare attivamente per scrivere un futuro di pace e cooperazione. E l’Italia può ambire ad operare un ruolo importante in questa direzione. Anche per questo abbiamo bisogno che nasca questa fucina di idee, capace di corroborare il lavoro diplomatico ed istituzionale tra due paesi che, per storia e cultura, sono destinati a scrivere pagine importanti di mutua cooperazione e sincera amicizia.

venerdì 6 novembre 2020

La Rivoluzione d'Ottobre - Angelo d'Orsi

Da: Angelo d'Orsi - Angelo d'Orsi è professore ordinario di Storia del pensiero politico all’Università di Torino. (https://www.facebook.com/angelo.dorsi.7)

Come funziona il Soviet*- John Reed 

LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA 1917–1923. Il comunismo di guerra - Edward H. Carr

DEMOCRAZIA E RIVOLUZIONE - Bertrand Russel

La donna, la nuova morale sessuale e la prostituzione*- Joseph Roth

Rivoluzione d’Ottobre e democrazia*- Domenico Losurdo

Un “ponte sull’abisso”. Lenin dopo l’Ottobre*- Alexander Höbel 

La terra della rivoluzione d'Ottobre: un paese di donne in cammino verso l'emancipazione - Armağan Tulunay

Vedi anche: La Rivoluzione Russa - Luciano Canfora 

Il ricordo vivo del grande Ottobre - Andrea Catone


                                                                           

Davanti al grottesco spettacolo che ci giunge dalla patria della democrazia (già lodata da Tocqueville nel secolo XIX), davanti ai conteggi del voto, alle minacce di riconteggio, alla prospettiva di una Corte di nomina governativa che decide l'esito del "libero voto" (come del resto già accadde nello scontro fra Al Gore e Bush junior, decretato vincitore pur essendo stato sconfitto nelle urne) mi viene una nostalgia di Vladimir Ili'c, detto Lenin capace di bruciare i vascelli alle sue spalle, metttere fine alla farsa della Costituente, e ordinare l'assalto al Palazzo d'Inverno, il 7 novembre 1917. 

Del resto la rivoluzione non è un pranzo di gala (questo lo disse Mao Zedong); ma in quell'assalto praticamente non ci furono vittime, se non qualcuna fra gli assalitori. Le vittime, a centinaia di migliaia, giunsero dopo, in seguito alla guerra civile scatenata dalle forze reazionarie interne con l'aiuto delle potenze imperialistiche esterne. 

Certo, oggi è difficile pensare, in Occidente, come spiegava Gramsci, a una rivoluzione secondo il modello bolscevico, ossia l'assalto frontale; e ci si deve attrezzare per lavorare sul piano culturale e ideologico per conquistare l'egemonia, una controegemonia delle classi subalterne da contrapporre a quella delle classi borghesi. I proletari potranno così diventare prima classe dirigente, ossia egemonica ideologicamente e culturalmente, per poi diventare dominante, ossia capace di esercitare il potere nella società, avviandola al socialismo. 
 
Eppure ci sono fasi e momenti in cui una bella rivoluzione, una rivoluzione "come si deve", appare come la sola soluzione alla crisi. 

Naturalmente, non è all'ordine del giorno, mancano i soggetti, l'organizzazione, persino la cultura rivoluzionaria. Se non a chiacchiere. E proprio Lenin ci ha insegnato che è molto più dilettevole e utile provare a fare una rivoluzione che non teorizzare o discutere su di essa. Perciò chiudo qui il discorso. E invito a seguire l'ultima mia "lectio brevis" dedicata appunto alla Rivoluzione d'Ottobre.  (A. d'Orsi) 

giovedì 5 novembre 2020

Il mondo nell’abisso del caos sistemico - Alessandra Ciattini


  Da: https://www.lacittafutura.it Alessandra Ciattini (Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni) insegna Antropologia culturale alla Sapienza di Roma.

Leggi anche: La battaglia delle idee: come è stata costruita l’egemonia statunitense - Alessandra Ciattini

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio

Che fare nella crisi? Ne parliamo con Alan Freeman

Persona, Razzismo, Neo-schiavismo: tendenze del capitalismo crepuscolare. - Roberto Fineschi

Arriva dagli Usa un’altra epidemia: migliaia di morti per mancanza di senso - Vittorio Pelligra

Il Covid-19 negli Stati Uniti - Alessandra Ciattini 



La situazione di incertezza nella quale viviamo non è frutto solo dei Dpcm, che si susseguono incalzanti, ma anche dalla fase da passaggio da un’egemonia internazionale ad un’altra. 


Viviamo da molto tempo in una situazione in cui la sensazione più diffusa è quella dell’incertezza, che genera inquietudine e angoscia. Le misure per contrastare la pandemia si susseguono sempre più severe, nello stesso tempo i dati forniti dalle autorità ci fanno pensare che essa avanzi, ciò nonostante misure come quella di quadruplicare i tamponi e di creare strutture mobili sul territorio per sorvegliare la diffusione del virus non sono state prese.

Ma questo clima di insicurezza non è generato solo dalle inefficienze italiane, ben rappresentate dalle lunghe file cui debbono sottoporsi coloro che devono controllare la loro salute con il famoso tampone. Esso ha radici più ampie e collegamenti più estesi: secondo alcuni stiamo vivendo l’epoca del caos sistemico generato dal fatto che stiamo passando da una fase in cui l’egemonia globale stava nelle feroci mani degli Stati Uniti a un’altra fase che probabilmente sarà caratterizzata dall’egemonia cinese, ci auguriamo più benevola.

Per chi si occupa di tali faccende il caos sistemico non costituisce una novità: esso ha caratterizzato per esempio la fine dell’egemonia britannica dopo la Grande Guerra, che ha creato le condizioni sin dagli anni ’20 del Novecento dell’ascesa degli Stati Uniti quale nuovo dominus del mondo. Infatti, in quegli anni si sviluppa la forte sensazione che la civiltà europea sta declinando e appare un libro significativo come Il tramonto dell’Occidente di Oswald Spengler (1918), che ebbe all’epoca un successo straordinario.

mercoledì 4 novembre 2020

CATASTROFE O RIVOLUZIONE - Emiliano Brancaccio

 Da: https://www.ilponterivista.com - Anticipazione del nuovo libro di Emiliano Brancaccio con Giacomo Russo Spena, “Non sarà un pranzo di gala. Crisi, catastrofe, rivoluzione”, Meltemi edizioni (in uscita il 12 novembre). - Emiliano Brancaccio è professore di Politica economica presso l'Università del Sannio - www.emilianobrancaccio.it  

Leggi anche: Le contraddizioni delle soluzioni “keynesiane” al problema della disoccupazione e la sfida del “piano del lavoro” - Riccardo Bellofiore

Ideologia ed Apparati Ideologici Statali Di Louis Althusser (Appunti per una ricerca) Traduzione di Bassi Gianmarco 

Su Piketty e il “suo” capitale del nuovo secolo - Francesco Schettino

La socializzazione degli investimenti: contro e oltre Keynes - Riccardo Bellofiore 

IL MARX DI DAVID HARVEY - Giorgio Cesarale 

intervista a Emiliano Brancaccio*- Giacomo Russo Spena

Vedi anche: There is (no) alternative: pensare un’alternativa. Dibattito con Olivier Blanchard e Emiliano Brancaccio 

Ascanio Bernardeschi intervista Emiliano Brancaccio: https://www.lacittafutura.it/video/intervista-a-emiliano-brancaccio

L’ex capo economista del Fondo monetario internazionale ha sostenuto che per scongiurare una futura “catastrofe” serve una “rivoluzione” keynesiana della politica economica. La sua tesi viene qui sottoposta a esame critico sulla base di un criterio di indagine scientifica del processo storico definito «legge di ripro­duzione e tendenza del capitale». Da questo metodo di ricerca scaturisce una previsione: la libertà del capitale e la sua tendenza a centralizzarsi in sempre meno mani costituiscono una minaccia per le altre libertà e per le istituzioni liberaldemocratiche del nostro tempo. Dinanzi a una simile prospettiva Keynes non basta, come non basta invocare un reddito. L’unica rivoluzione in grado di scongiurare una catastrofe dei diritti risiede nel recupero e nel rilancio della più forte leva nella storia delle lotte politiche: la pianificazione collettiva, intesa questa volta nel senso inedito e sovversivo di fattore di sviluppo della libera in­dividualità sociale e di un nuovo tipo umano liberato. Una sfida che mette in discussione un’intera architettura di credenze e impone una riflessione a tutti i movimenti di lotta e di emancipazione del nostro tempo, tuttora chiusi nell’an­gusto recinto di un paradigma liberale già in crisi


Prologo

Per scongiurare una futura “catastrofe” sociale serve una “rivoluzione” della politica economica. Così parlò Olivier Blanchard, già capo economi­sta del Fondo monetario internazionale, in occasione di un dibattito e un simposio ispirati da un libretto critico a lui dedicato (Blanchard e Brancac­cio 2019; Blanchard e Summers 2019; Brancaccio 2020). Che un grande cardinale delle istituzioni economiche mondiali adoperi espressioni così av­venturistiche è un fatto inusuale. Ma l’aspetto davvero sorprendente è che tale fatto risale a prima del tracollo causato dal coronavirus. Tanto più dopo la pandemia, allora, diventa urgente cercare di capire se l’evocazione blanchardiana del bivio “catastrofe o rivoluzione” sia mera voce dal sen fuggita o piuttosto segno di svolta di uno spirito del tempo che inizia a muovere da farsa a tragedia. A tale interrogativo è dedicato questo scritto.

A chi intenda cimentarsi nella lettura, sarà utile lanciare un avvertimento. Sebbene intessuto di fili accademici, questo saggio risulterà estraneo alle pratiche discorsive dell’ordinario comunicare scientifico. Qui si cercherà in­fatti di rinnovare un antico esercizio, eracliteo e materialista: di intendere logos come scienza. Scienza non parziale ma generale, per giunta, quindi ine­vitabilmente colma di vuoti come un formaggio svizzero. Su questi vuoti, prevediamo, gli specialisti contemporanei avvertiranno insofferenza mentre sarà indulgente l’osservatore avvezzo alla critica e alla crescita della cono­scenza (Lakatos e Musgrave 1976). Costui è consapevole che solo una visio­ne generale consente di visualizzare quei vuoti, e quindi crea le premesse per tentare di perimetrarli e superarli.

martedì 3 novembre 2020

Essere curati - Aristide Bellacicco

  Da: https://www.lacittafutura.it Aristide Bellacicco (Medico) fa parte del "Collettivo di formazione marxista Stefano Garroni" 

Leggi anche: Epidemia e potere - Aristide Bellacicco

La diffusione pandemica della pseudoscienza - Alessandra Ciattini e Aristide Bellacicco 



La classe politica che governa l’Italia è presa nella tenaglia, da cui non sa come uscire, fra la difesa del mercato e quella della salute dei cittadini. La demolizione del servizio sanitario pubblico dovuto alle politiche di contenimento della spesa negli ultimi decenni ha seriamente compromesso la capacità, pura e semplice, di curare i malati. 


La crescita dei positivi al coronavirus è ormai fuori controllo. I tamponi di massa, in questa fase, non hanno più alcuna efficacia sul piano della prevenzione. Quando un’epidemia si diffonde – come l’attuale – su scala nazionale, e con l’andamento di cui i numeri ci danno una stima sebbene approssimativa, diventa illusorio pensare di poterla contenere attraverso misure di isolamento. Queste ultime, infatti, risultano utili quando di tratta di contenere focolai circoscritti, ma sono del tutto inefficaci, e anche inapplicabili, nel caso in cui la diffusione dei contagi abbia un andamento di massa coinvolgendo, di fatto, l’intero territorio nazionale.

lunedì 2 novembre 2020

Il denaro nel Capitale - Roberto Fineschi

Da: http://marxdialecticalstudies.blogspot.com -Trascrizione leggermente rivista dell’intervento tenutosi il giorno 11 gennaio 2018 all’interno del 4° ciclo (2017-2018) - L’anima nell'era della tecnica. Denaro. Natura, storia, religione? Ciclo di incontri su autori e temi della filosofia contemporanea organizzati dal Liceo Da Vinci di Casalecchio, dal Liceo Marco Minghetti di Bologna, con il sostegno e la collaborazione della Casa della Conoscenza e dal Comune di Casalecchio. Video. Sbobinatura e trascrizione di Rosalba Scinardo Ratto. - Roberto_Fineschi è un filosofo ed economista italiano.

Vedi anche: Il Denaro nel Capitale - Roberto Fineschi

Leggi anche: Del denaro. I mezzi e i fini - Remo Bodei

L'uomo e il denaro*- Carlo Sini

SUL 3° DE "Il CAPITALE" di Marx - CARLO SINI



Prima di tutto vorrei spendere due parole su Karl Marx, che voi sicuramente conoscerete, perché so che i vostri docenti vi hanno preparato per queste lezioni e anche perché fino a qualche anno fa era un autore molto popolare. Non c’era bisogno che i docenti lo introducessero, perché era conosciuto di per sé, perché al di là della sua teoria economica e sociale era un autore che aveva un forte impatto politico e, come saprete certamente, era addirittura l’autore di riferimento dell’ideologia di una parte del mondo, dell’Unione Sovietica, dei cosiddetti paesi oltrecortina, la cui visione politica e istituzionale si rifaceva a quest’autore.

Il venir meno di questa esperienza storico-politica, con la caduta del muro di Berlino e con la fine dell’Unione Sovietica ha reso meno popolare automaticamente anche l’autore a cui questi paesi si riferivano e quindi è un po’ sparito. Per un certo periodo è addirittura più che sparito, c’è stata una damnatio memoriae, non se ne poteva parlare perché il crollo del socialismo reale appariva come l'evidenza che aveva sbagliato tutto: se il socialismo reale era la verifica della bontà delle sue teorie, il crollo del Socialismo reale automaticamente sembrava la verifica del contrario.

Adesso, a distanza di un po’ di anni, è rinato l’interesse verso quest’autore perché finalmente si è presa la giusta direzione, cioè si è iniziato a distinguere tra quello che Marx ha detto, scritto e teorizzato da una parte e dall’altra le esperienze politiche, non solo del Socialismo reale ma anche in altri paesi, che a lui si sono ispirate. Senza dire che le due cose sono identiche, ma distinguendo i piani si può ancora vedere che cosa ha da dire Marx all’oggi per la comprensione del mondo reale, al di là delle esperienze storiche del passato.

In questo senso, anche solo semplicemente ascoltando le notizie al telegiornale, avrete risentito parlare di Marx in relazione alla crisi finanziaria e anche industriale, che negli ultimi anni purtroppo hanno attanagliato gran parte del mondo. Perché hanno ripescato Marx per parlare di questa cosa? E lo hanno fatto anche figure che non sono particolarmente vicine a questo autore. Perché nonostante tutto, la teoria di Marx fornisce delle spiegazioni alle tendenze di fondo dello sviluppo del modo di produzione capitalistico, che ci permettono di capire più di altre teorie mainstream, in particolare per esempio proprio nella spiegazione della crisi. Secondo la teoria di Marx, la crisi è normale che ci sia, se studiate la sua teoria si vede che lo sviluppo economico ciclicamente incorre in delle crisi, sia finanziarie che produttive e in questo senso l’esperienza pratica conferma la teoria. Mentre le teorie più ortodosse e mainstream non conoscono crisi cicliche, ma solo crisi di mancato equilibrio frizionale, che poi in qualche modo si riappiana.